«La struttura del romanzo di Manuel Puig è faulkneriana, una narrazione corale dei narratori che interferiscono e sono testimoni dei fatti. È il lettore che deve ricostruire e sintetizzare un guazzabuglio di frasi inframmezzate, frammenti di dialoghi, lettere, diari, che arrivano fino a mettere insieme una storia che non si trova da nessuna parte, che non è mai stata narrata, ma alla quale piuttosto sono state fatte delle allusioni. Romanzo di formazione, una grande destrezza nell'utilizzo dell'oralità.
Giovedì, 6 Giugno
Nel "Tradimento di Rita Hayworth" di Puig si viene a produrre un fenomeno di stilizzazione, una sorta di distorsione apparente che può essere vista come un "difetto" di composizione (simile allo shock e all'affettazione stilistica di Onetti). E tuttavia è proprio questa la sua maggior virtù, poiché il romanzo rivela la natura estrema di un mondo che si muove all'interno di un linguaggio comune basato su forme di espressione che provengono dal cinema hollywoodiano, dal fotoromanzo e dalla corrispondenza sentimentale, che danno forma ad un'esperienza vissuta (e che sono al di fuori di qualsiasi formulazione letteraria, o al di fuori della cultura alta). La cosa notevole è che egli maneggia questa forma di realismo verbale con così tanta qualità da riuscire a convertire il linguaggio in un'espressione della vita vissuta. Questo linguaggio è già una forma di vita. Il romanzo perciò costruisce la realtà già narrata (dai mass media).»
(Ricardo Piglia, Los diarios de Emilio Renzi, Los años felices (vol. II), Barcelona, Anagrama, 2016, p. 32-33)
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