L'ora della verità
- di Robert Kurz -
Un ordine sociale non muore mai prima di aver consumato le ultime riserve di ottimismo ufficiale. Anche se ora la crisi viene generalmente considerata "storica", continua ad esser vista come una mera crisi ciclica, che in breve potrà essere superata. È questo scenario quello che ci viene presentato anche dalla Banca Centrale Europea, la quale si aspetta un recupero a partire dalla metà del 2010, sebbene Trichet, presidente della BCE, abbia sottolineato che non si dovrebbe "insistere sulle previsioni". L'ottimismo, di fatto, ha i piedi d'argilla: si basa unicamente sulla speranza che i programmi nazionali di sostegno alla congiuntura inneschino una nuova crescita auto-sostenuta. Ma è assai più probabile che la reazione a catena globale della crisi sia cominciata solo adesso. Soprattutto la fine del circuito del deficit del Pacifico, fra gli Stati Uniti e l'Asia, non si è ancora riprodotta appieno sull'economia mondiale. Se i programmi nazionali di sostegno alla congiuntura non daranno inizio a nulla, ma riusciranno solo a tappare buchi sempre più grossi e per un tempo indeterminato, allora tanto più amaro sarà il momento della verità. Sarà ancora finanziabile il capitalismo? O diverrà possibile il paradossale fallimento di questa società a partire dai suoi stessi criteri.
Anche nella migliore delle ipotesi - quella del passaggio dal crollo alla stagnazione nel giro di un anno - le conseguenze sociali dovranno essere elaborate e pagate. Tutti sanno che le statistiche sulla disoccupazione sono manipolate. Attualmente, rimangono fuori dalle statistiche sulla disoccupazione in Germania tutti coloro che, in quanto disoccupati, sono stati oggetto di misure di appoggio alla riconversione professionale, sia quelli accompagnati da agenzie di mediazione commerciale, che quelli che semplicemente sono stati registrati come ammalati. I 3,4 milioni di disoccupati registrati statisticamente in realtà ammontano a cinque o sei milioni. E anche se il crollo della congiuntura non si aggraverà ulteriormente, ci si aspetta almeno cinque milioni di disoccupati a metà del 2010, secondo gli attuali metodi di conteggio, ossia, in termini reali, più di sette milioni. Allo stesso modo in cui non si può pettinare un calvo, anche qui non c'è manipolazione possibile. Un aumento della disoccupazione così tanto rapido scuote le basi già martoriate della previdenza sociale. Il calo delle entrate ai fini dei sussidi di disoccupazione, delle pensioni e dell'assistenza sanitaria minaccia, nei prossimi mesi, di far esplodere tutti i limiti del deficit. Anche questo è "storico".
Se i vari pacchetti di salvataggio ed operazioni di soccorso, così come i programmi di sostegno alla congiuntura, probabilmente ancora insufficienti, si ripercuono di già in maniera negativa sui conti, il calo delle entrate nelle casse della previdenza sociale trascinerà il deficit come in una valanga, le cui dimensioni supereranno di gran lunga i costi, amcora non pagati, della riunificazione tedesca. In contrasto con questi tempi della congiuntura delle bolle finanziarie, ora la diminuzione delle entrate fiscali accade simultaneamente all'esplosione dei costi della crisi; anche questa è in gran parte ancora da venire. Il "freno all'indebitamento" ancorato alla Legge Fondamentale, che a breve verrà approvata dalla Camera alta del Parlamento federale, è solo una fantasia finanziaria, che presuppone ingenuamente il successo delle attuali misure di amministrazione della crisi. Ma è anche un segnale della prossima progressione della catastrofe. Nella classe politica persiste nel tempo un'unità intorno al fatto che l'emissione monetaria possa essere applicata solamente nella misura in cui sia in qualche modo possibile, senza rottura sistemica, dominare l'inflazione, come conseguenza inevitabile della statalizzazione della crisi. Pertanto, è stato programmato un drammatico aggravamento dell'amministrazione sociale di emergenza, per ritardare il collasso delle finanze pubbliche. L'ora della verità, però, suonera solo dopo le elezioni di autunno; e fino a quel momento è tutta una corsa contro il tempo dei sondaggi elettorali.
Il programma di emergenza che ne deriverà verrà certamente rattoppato dalle burocrazie ministeriali sotto il sigillo di "top secret". I contorni sono facili da indovinare. Basta fare una proiezione delle misure fin qui adottate rispetto alla nuova dimensione della crisi. Il primo scenario potrebbe consistere in un aumento drastico dell'IVA, senza eccezioni; forse in un'azione concertata di tutti i governi, su scala europea. Questo è il metodo meno rumoroso di una pressione sui redditi più bassi, sebbene solo attraverso questo le finanze non siano sanabili e la congiuntura interna rimanga paralizzata. Ma si tratta solo di tattiche per guadagnare tempo e che devono muoversi in contraddizione. Il secondo scenario potrebbe consistere in un drastico taglio di tutti i trasferimenti sociali, per alleviare la situazione delle casse della previdenza sociale e mantenere i sussidi statali in un quadro che possa in qualche modo essere gestito. Ossia, riduzione delle pensioni, del sussidio di disoccupazione, del reddito minimo e (molto più drasticamente di quanto è avvenuto finora) del servizio pubblico di sanità.
Attraverso entrambi gli scenari, che sono complementari, verrà ridefinito al ribasso il minimo della sussistenza, ad un grado mai prima immaginabile.
La protesta prevista non potrà essere soffocata soltanto per mezzo dell'apparato di violenza, nonostante questo sia pronto, come ultima risorsa. C'è la necessità di una legittimazione ideologica, con il cui aiuto possano essere tracciate nuove linee di differenziazione sociale a seguito dell'orgia di tagli, quanto meno per mantenere in equilibrio la classe media impoverita. Così si può pensare, in funzione di un "imperativo della differenza", a ridurre un po' meno il sussidio di disoccupazione rispetto al reddito minimo e, simultaneamente, prolungarlo per qualche tempo. Allo stesso modo, le pensioni, che a causa della riduzione dovessero cadere al di sotto di un dato importo minimo potrebbero essere dislocate sul reddito minimo, a sua volta rivisto al ribasso. Dopo la fusione del sussidio di disoccupazione con il reddito minimo, questo sarebbe l'ultimo passo per creare uno strato unificato di paria, come categoria sociale più bassa, che verrà collocata al livello dei senzatetto, visto che tali condizioni precarie sono già a metà la strada che dev'essere percorsa per continuare a mantenere ragionevolmente gestibile la situazione.
Il nuovo "socialismo finanziario" potrebbe quindi legarsi nel modo migliore ad un nuovo socialismo da mensa dei poveri, che impedisca ai paria che non posseggono nulla di morire di fame e che, per tutto il resto, verrebbero affidati alle cure non remunerate delle brave persone ancora rimaste. Il programma di emergenza verrà probabilmente venduto attraverso campagne professionali, sotto l'aspetto di una sorta di solidarietà sociale a fronte delle catastrofi di natura sociale. Assumere tali condizioni come se fossero fatalità accettabili del destino, tuttavia, presuppone la concorrenza fra la povertà e la miseria. Chi per ora è diventato soltanto povero deve dire a sé stesso, guardando alla nuova categoria dei Lazzari: "Le cose per me non stanno ancora poi così tanto male, né arriveranno mai fino a quel punto". La questione è quella di sapere se il programma di emergenza del prossimo governo abbia ancora un margine sufficiente a cavalcare la crisi delle finanze pubbliche che, nel migliore dei casi. è inevitabile, e aspettare tempi migliori. Questo vale anche per una parte della classe media impoverita, che spera di poter continuare a tirare avanti per qualche tempo con il risparmio e l'ereditarietà. Ma se la crisi è realmente più profonda di quanto finora si è voluto credere, queste riserve in breve tempo si esauriranno.
La seconda grande questione, naturalmente, è quella di sapere fino a che grado il masochismo sociale degli indigenti oggetti dell'amministrazione di emergenza, in Germania ed in Europa, farà sì che si lascino andare fino all'esaurimento senza una massiccia resistenza.
Anche rispetto a questo, il prossimo anno sarà l'ora della verità.
- Robert Kurz - Pubblicato su Freitag, 12.06.2009 -
fonte: EXIT!
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