Sul fotomontaggio (Conferenza tenuta per una mostra di John Heartfield, nel 1938, a New York)
di Günther Anders
1930. In un paese, non importa quale, un bambino muore di malnutrizione. Perché?
Suo padre è disoccupato. Perché?
La fabbrica dove lavora è chiusa. Perché?
La fabbrica non può fare più dei profitti. Perché?
Un altro paese molto lontano da quello dov'è morto il bambino può fabbricare il suo prodotto ad un costo minore. Perché?
Questo paese si permette di pagare salari più bassi. Perché?
In questo paese non ci sono sindacati forti. Perché? Perché? Perché?
Quale che sia l'ultimo perché, la serie di fatti che parte dalla morte del bambino per arrivare alla debolezza dei sindacati in quel paese lontano, di cui il bambino non ha mai sentito parlare, è una serie chiusa, essa forma un mondo.
Ora, supponiamo di chiedere ad un artista, un pittore o un fotografo, di rappresentare questa realtà. Cosa potrebbe rappresentare? Forse un medico che si china sul letto del bambino? oppure uno sciopero per il salario attaccato dalla polizia? Le sue immagini potrebbero essere realistiche o naturalistiche, ma sarebbero solo parte della realtà, non mostrerebbero altro che degli anelli della catena, non la realtà che è la catena stessa. La relazione, cioè a dire la realtà, rimarrebbe invisibile.
Heartfield rompe con questa invisibilità e con questa insufficienza. Oltrepassa il principio del naturalismo che intende rappresentare il mondo come si mostra, perché sa che le apparenze sono menzognere. Questo superamento, lo sapete, è quello che sostengono tutte le teorie progressiste. Il materialista progressista non si basa sulla testimonianza dell'occhio umano, ma fa ricorso alla dialettica per mettere insieme i frammenti visibili isolati, dal momento che solo ciò che è isolato è visibile. E' in tal senso che, per Heartfield, i frammenti isolati sono delle non-realtà, delle contraffazioni della realtà. Per superare queste falsificazioni, combina a livello della visibilità questi elementi effettivamente collegati nel quadro di un foglio di carta che possa essere abbracciato con un colpo dell'occhio.
Ricordo come, circa vent'anni fa, i primi pezzi di Heartfield venivano accusati di essere delle falsificazioni. Cosa senza dubbio esatta, in senso superficiale. Ma se Heartfield "falsifica" quando decompone la realtà per ricomporla in modo insolito, lo fa solo per correggerla. Quando la costruisce, non lo fa per fuggire la realtà come facevano i costruttori delle chimere classiche - Klinger, Böcklin o i Surrealisti - ma al fine di rendere visibile, per la prima volta ad un occhio disarmato, il mondo invisibile.
Di quali frammenti si impadronisce, Heartfield, per ricomporli? Di fotografie documentarie. Pertanto, non abbandona definitivamente l'area dell'occhio per sostituirla con dei semplici segni come, ad esempio, le statistiche che illustrano delle relazioni per mezzo di una curva grafica. Egli rimane nel dominio del visibile ma, a partire da dei frammenti visibili che combina, crea dei segni: crea un oggetto che unisce la verità della curva scientifica all'immediatezza dell'immagine artistica; procura all'occhio l'orizzonte lontano della ragione, allinea l'occhio sulla ragione. Una tale combinazione è già rimarchevole in sé ma, per Heartfield, non ha alcun interesse scientifico. E' un propagandista. E, se suppone che il mondo sia invisibile, non pensa all'invisibilità geografica, al fatto che non riesco a vedere Tokyo da qui, da New York. La sola invisibilità che gli interessa, e che combatte, è quella che viene prodotta dall'uomo stesso; l'invisibilità degli interessi politici che stanno dietro agli avvenimenti che presumibilmente si svolgono sotto i nostri occhi. Ciò che Heartfield aggiunge alle foto documentarie, è sempre lo sfondo o il dietro le quinte dei fenomeni che rappresenta: il motore nascosto dietro una visibilità in apparenza sincera. Non è perciò un caso se il vero nemico di Hartfield è il fascismo. Perché il fascismo non si accontenta del grado di visibilità degli oggetti di questo mondo. Se il fascismo tiene a rendere tutto particolarmente visibile nelle sue manifestazioni, questo è perché i suoi propri interessi rimangano invisibili. La diffidenza che nutre lo sguardo del mondo visibile deve dunque tanto più grande nei confronti del fascismo che utilizza la visibilità come un paravento. Una parata tedesca a maggio, per esempio, è così enormemente visibile che sembra non avere niente dietro. Fare entrare nella visibilità quello che viene tenuto dietro, far vedere il tuo avversrio laddove può essere colto in flagrante delitto, è in questo che consiste il lavoro di Heartfield. Ecco perché le sue immagini hanno molto spesso due distinte metà. Una delle due metà dell'immagine è la faccia che tutto il mondo conosce, quella che è identificabile, visibile; l'altra è la faccia nascosta. Guardate per esempio, l'immagine montata del Führer (all'inizio della dittatura di Hitler), la mano destra alzata, che assicura:"Ci sono milioni (di uomini) dietro di me". E' la faccia visibile. Ma dietro, si vede Thyssen, l'uomo che ha dato a Hitler i milioni (di marchi) con i quali ha potuto finanziare le sue azioni, che deposita nella sua mano i milioni (di marchi) in banconote. La stessa mano alzata diventa qualcosa di irreversibilmente ambiguo. E' allo stesso tempo la mano del saluto e quella del sobillatore che riceve il suo salario.
Un altro esempio che permette di stabilire come Heartfield renda sempre visibile lo sfondo, è il suo détournement del celebre quadro di Franz von Stuck, Der Krieg (la guerra). Si sa che in quel quadro la guerra viene rappresentata sotto forma di un giovane eroe nudo che attraversa a cavallo il campo di battaglia. Heartfield sistema il Führer sul cavallo, dietro il giovane, e gli fa stimolare la guerra, cioè punge il giovane con un pungiglione. Se quest'immagine è interessante, non lo è solo perché smaschera il mondo del nemico, ma anche perché, dal momento che Hitler è seduto dietro questa figura ideale di giovane uomo, come secondo cavaliere, essa rivela che l'allegoria della guerra di Stuck non dice niente, e che l'intenzione artistica, pretesa come pura, che l'animava, era solo un vuoto patetico.
Un altro grandioso esempio di ambiguità, un esempio nel quale il saluto fascista viene di nuovo utilizzato in doppio senso, è l'immagine di Röhm fucilato [N.d.T.:Ernst Röhm, capo delle SA e compagno storico di Hitler...]. Non è possibile dimenticare il modo in cui Heartfield qui fa coincidere la mano di quello che saluta e la mano di quello che muore, in una maniera tale che chiunque possa dire: questo saluto può anche uccidere. Se preferite, guardate l'altra immagine, il ritratto di cui non si può dire se rappresenti Hitler o l'imperatore Guglielmo e nel quale le due fisionomie coincidono in modo sorprendente. Confrontate quest'immagine con una semplice immagine di Hitler. Può suscitare paura o entusiasmo, ma non vuol dire niente. Quello che dice l'immagine di Heartfield, è che Hitler è l'imperatore Guglielmo. Una proposizione che, tenuto conto della nuova politica imperialista nei confronti dei paesi dell'Est, è ancora più vera oggi di quanto lo fosse nell'epoca in cui Heartfield ha montato quest'immagine. Mi direte che non è un'immagine, ma un giudizio. Il "ma" è falso. Infatti Heartfield è stato il primo ad aver rappresentato anche dei giudizi e non solo degli oggetti nelle immagini. Un'immagine abituale - un paesaggio o un ritratto - non è né vera né falsa: mantiene orgogliosamente una timorosa distanza dalla questione della verità, questa questione così decisiva per gli uomini. Fin dai suoi primi montaggi, Heartfield è riuscito a rimettere le arti plastiche in rapporto con "la serietà della vita", cioè a dire con la domanda: è vero o è falso? Se egli combina o compone, lo fa unicamente per presentare sotto forma di un giudizio quello che va realmente insieme; se inventa, lo fa unicamente per scoprire e fare circolare la sua scoperta. Questa formula: inventare per scoprire, è la formula più concisa per poter caratterizzare Heartfield. Ce n'è un'altra. Heartfield non si accontenta di rendere visibile ciò che esiste in modo invisibile; egli traduce anche le menzogne, le frasi e le metafore, in immagini per poterne rivelare - con l'aiuto di questa materializzazione - tutto l'assurdo. A questo genere di immagini appartengono, per esempio, il montaggio che prende in parola - o meglio, in immagine - la dichiarazione di Hitler per cui lui sarebbe socialista. In un certo modo, quest'immagine è un doppio montaggio, perché mostra Goebbels che sta montando la barba di Karl Marx sul Führer. Il montaggio di Heartfield rivela qui il montaggio del nemico. E' un contro-montaggio. A questo tipo di fotomontaggi appartiene anche uno dei rari pezzi di Heartfield che dà prova di senso dell'umorismo, allo stesso tempo in cui si indigna. Quest'immagine di una famiglia che mangia ferro prende in parola quello che ha detto Göring nel suo discorso di Amburgo, ossia "che lo strutto e il burro fanno ingrassare il popolo, ma che il minerale contribuisce a renderlo forte". Si noti anche, prego, il cane a terra, anche lui messo in riga.
Chi è l'uomo che ha introdotto questa nuova forma d'arte? Non è un caso che sia figlio di genitori che erano politicizzati. Rifugiati per sfuggire alle leggi antisocialiste di Bismarck, sono morti subito dopo la loro emigrazione. Divenuto orfano, Jonny è passato di mano in mano, ed è stato allevato in un convento - è da questo periodo che proviene il suo anticlericalismo - da cui scappa nel 1905, all'età di 16 anni, per tornare in Germania. Fa tutta una serie di lavori saltuari, compreso disegnare logo pubblicitari dei dadi per il brodo, mentre la sera studia in un'accademia. Nel 1914, ha dimenticato tutto il passato socialista dei suoi genitori ed è partito per la guerra. Bisogna farsi un'idea chiara della situazione artistica che Heartfield trova, quando torna dalla guerra. La pittura borghese è in piena effervescenza. Diventa espressionista. Cosa vuol dire questo? Vuol dire che gli artisti borghesi non hanno più alcun desiderio di rappresentare né di "feststellen" il mondo come lo si vede. Pensate al doppio senso del verbo "feststellen": significa sia constatare che fissare. Ma è anche facile che questo possa significare compiere il passo che separa l'artista che si accontenta di rappresentare dall'artista politico, cosa che fu difficile per ciascuno di loro, perché nessuno era preparato e nessuno dubitava che il mondo che si vedeva fosse il mondo borghese. Allora, ciascuno di loro cominciò a contestare il mondo; gli uni fecero atto di protesta diventando non-figurativi; gli altri lanciando dei manifesti nel mondo; ma ciascuno era nei fatti il proprio manifesto; nessuno aveva qualcosa da manifestare che non fosse sé stesso. Cominciarono ad "esprimersi" in modo programmatico. Credevano così di essere prodigiosamente rivoluzionari, ma c'è un "hic" con la funzione dell'espressione: non si può esprimere altro che quello che è in sé. L'espressione non cambia il mondo. per quale obiettivo espresso - l'immagine espressionista, all'occorrenza - ci si esprime e a quale fine? Non era chiaro. Dal momento che si diceva di non voler lavorare più per il pubblico borghese e che non si riusciva ad immaginare un altro pubblico, si lavorava veramente per la prima volta nella vita; l'artista espressionista ha reso vera - in un modo in cui in precedenza non eravamo abituati - l'estetica classica, quella per cui l'artista abita un luogo isolato della società. Bisogna confrontare le circostanze in cui è nato il fotomontaggio con una tale situazione. Lo stesso Heartfield ne ha parlato. Le condizioni di censura non permettevano ai soldati del fronte di dire la verità o di esprimersi contro la guerra nelle lettere che inviavano in Germania. Così, hanno fatto ricorso a tutte le astuzie possibili per poter tenere informati i loro parenti in Germania. I mezzi di cui i soldati disponevano erano del tutto insignificanti: si trattava dei giornali illustrati del fronte e degli opuscoli. Ecco come procedevano: incollavano insieme delle fotografie per rappresentare qualcosa che poi, per esempio, intitolavano, "Eroi caduti al loro posto". Per fare questo utilizzavano qualsiasi fotografia del giornale che mostrasse la vita che conducevano i parassiti della classe dominante. Due o tre parole appropriate completavano l'immagine. Queste parole non erano inquietanti in sé: quanto alle foto, si trattava di materiale preso dai giornali ufficiali. Dal momento che la censura non aveva il tempo di preoccuparsi del fatto che il tutto è più - e può significare più - della somma delle parti, i soldati potevano inviare impunemente a casa questi collage. E' lì che è nato il fotomontaggio. Ma essere nato, non è sufficiente per alcun fenomeno: raccontare come Heartfield ha preso in mano questo neonato - che era poco più di uno semplice scherzo che i soldati facevano al servizio postale - e ne ha fatto un'arma pericolosa, uno strumento che è stato poi ripreso dall'insieme della stampa borghese, dall'insieme dei pubblicitari dell'economia fondata sulla concorrenza, e perfino dal fascismo, raccontare questo sarebbe un'altra storia. Possiamo considerre senz'altro Heartfield come l'inventore del fotomontaggio.
Ho spesso sentito dire che è stato un caso che Heartfield fosse di sinistra. Certo, si riconosce che sia il più dotato nel campo del fotomontaggio, ma niente più di uno specialista che ha messo questa nuova forma d'arte al servizio del campo politico della sinistra. Considero falsa una tale teoria. In un certo senso, si può dire che il fotomontaggio è stato inventato dal nemico. Conoscete tutti quelle immagini truccate che i servizi di comunicazione dell'esercito di tutti i paesi fabbricano a partire da più fotografie, al fine di presentare ai riservisti le atrocità commesse dall'esercito nemico, o le meravigliose gesta realizzate dal proprio esercito. Tecnicamente, questo è sicuro, queste immagini sono dei fotomontaggi, ma la differenza fra queste e quelle di Heartfield è perfettamente chiara; Heartfield non afferma mai che Goebbels abbia realmente messo a Hitler la barba di Marx; la sua intenzione non è quella di far passare l'immagine per una fotografia autentica. L'ideale, con quei fotomontaggi di guerra realizzati al solo fine di modellare l'opinione pubblica e generare entusiasmo, sarebbe di montarli come se non fossero stati montati; si tratta di trucchi. La menzogna e la cattiva coscienza è quello che emerge da queste pseudo fotografie. Passiamo ad un altro tipo di fotomontaggio: quello che viene realizzato a fini pubblicitari in Germania, in Inghilterra ed in Olanda dopo la guerra mondiale. Cosa viene mostrato in queste immagini? Qui, per esempio, il disegnatore pubblicitario di una fabbrica di automobili, ha montato una vettura sul magnifico paesaggio della Riviera. Il montaggio significa: ecco dove puoi andare con una vettura. Il montaggio potrebbe benissimo essere sostituito dalla vera fotografia di una vettura che percorre la Riviera. Non è nient'altro che una foto truccata. La seconda forma di fotomontaggio borghese ha già più a che fare - storicamente, in ogni caso - col fotomontaggio di Heartfield. Qui, vedete, per esempio, una pubblicità per un grande magazzino in cui vi si assicura che ci sono merci di ogni tipo, oppure ancora una pubblicità per un o stabilimento che prometti di farvi divertire con un turbinio di bevande, jazz e ballerine, ecc..Il fotomontaggio pubblicitario consiste allora in un caos di strumenti di jazz, di coppe di vino, di gambe di giovani ragazze, ecc., suggerendovi la condizione che raggiungerete in un modo più conforme alla verità di quanto farebbe una fotografia dello stabilimento. Questo fotomontaggio ha già qualcosa a vedere con la verità. Infatti, il fotomontaggio permette di esporre in modo ammirevole la dissoluzione della realtà, l'anarchia di questo mondo. Quello che si chiama il dadaismo, quel movimento nei cui manifesti, poco dopo la guerra, è stata esposta l'anarchia del mondo, non è nient'altro che un modo per rappresentare l'assenza di ordine del mondo con l'aiuto di una completa assenza d'ordine nell'immagine. Dopo la guerra, il mondo sembrava talmente sconvolto che, per gli intellettuali, non c'era più alcun oggetto che appartenesse ad un dominio o ad un luogo determinato. Cercavano di rappresentare quest'anarchia completa ed è a questo fine che incollavano insieme, in maniera arbitraria, delle teste, delle foto di nudi, ritagli di giornale, immagini pubblicitarie e biglietti della metro. Di certo, questi montaggi ci hanno informato sullo shock che ha scosso gli intellettuali borghesi. Inoltre, si è rivelato divertente continuare a spaventare i loro concittadini, soprattutto una volta che era divenuto chiaro che il mondo borghese non era ancora crollato. Il dadaismo ha cominciato ad essere una presa di posizione del borghese a favore della distruzione del suo mondo, ma è diventato ben presto uno snobismo, dal momento che questo mondo ha tenuto botta e la rivoluzione non ha avuto luogo altro che sulla carta. Non è un caso se, all'inizio, quando era tornato dalla guerra, Heartfield è stato molto vicino al movimento dadaista, ma se n'è allontanato , al fine di unirsi ad un movimento più ampio, nel momento in cui, per ragioni storiche, il dadaismo era diventato uno snobismo.E' certo interessante osserva ciò che diviene, nel suo punto più alto, la tecnica artistica del montaggio - una tecnica costruita sul principio di contraddizione dialettica (sulle contraddizioni fra la teoria e la pratica, tra le parole e i fatti, tra l'apparenza e la realtà) - quando cade nelle mani del nemico, cioè a dire in quelle del fascismo, i cui sforzi sono tutti rivolti a dissimulare il suo background e a negare la dualità, che è la forza e l'aggressività di ogni montaggio. C'è tutta una serie di montaggi fascisti. Ma nessuno di quelli che conosco mostra una collisione fra l'apparenza e la realtà; si accontentano piuttosto di combinare due pezzi appartenenti al dominio delle apparenze. Le mie parole sono molto astratte, ma l'esempio che vado a mostrarvi, le illustrerà.
Vedete qui, da un lato, Mussolini e, dall'altro, la folla di fascisti che lo acclama. La giacca di Mussolini rappresenta una folla entusiasta. L'insieme non è altro che una specie di rompicapo, una cartolina postale della fantasia eroica. La sola verità che l'immagine mostra, a sua insaputa, è la differenza di taglia fra il dittatore ed il popolo che sciama sul suo petto. Se questa immagine produce uno shock giustapponendo due pezzi di realtà eterogenei - e qui si è cercato di produrre uno shock, altrimenti una semplice fotografia sarebbe bastata - lo shock che produce è comico. Del resto, è interessante fissare il momento in cui il fotomontaggio ha fatto la sua apparizione nell'Italia fascista. E' l'epoca in cui l'Italia prende veramente posto fra le potenze altamente industrializzate. La predilizione per il fotomontaggio, opera nella quale delle parti di immagini vengono assemblate come dei pezzi di macchine, e nel quale gli elementi dell'immagine collegati in modo organico ma come i pezzi di un apparecchio, ha molto a che fare con la divinizzazione dell'industria, una divinizzazione tanto più violenta dal momento che è nuova. Da questo, anche l'entusiasmo per il fotomontaggio in Russia. L'esempio italiano cui abbiamo fatto ricorso ci permette di delimitare l'unico ambito in cui il fotomontaggio è possibile. Il fotomontaggio è fatto per rivelare, non per lodare. Non si può utilizzare la collisione, che si trova eo ipso in ogni fotomontaggio, per invitare la gente a seguire un capo. Lo shock che è stato inventato per sparare a zero sui capi, non può essere utilizzata per sparare cannonate a salve in onore di un capo.
C'è, per esempio, un fotomontaggio di Heartfield che mostra la seguente immagine: in basso si vede un vecchio quartiere povero di Mosca che è stato trasformato in quartiere d'abitazione salubre e umano; in alto, un gigantesco ritratto di Lenin è sospeso al cielo. Non c'è dubbio che, in quest'immagine, Lenin è considerato come l'architetto di quel quartiere. Ma la sproporzione formale fra il ritratto sovrumano e la veduta della città ci fa supporre immediatamente un antagonismo a livello di contenuto. Anche se l'espressione di Lenin appare amichevole, egli ha un'aria minacciosa. Non credo di limitare troppo il fotomontaggio se dico che è fondamentalmente una tecnica di combattimento, una tecnica al servizio della rivoluzione.
Mi sono chiesto spesso dove si potesse affiggere un tale fotomontaggio. Non lo si può certo appendere nel proprio salotto a fini decorativi. Si può ancora guardare un Goya, anche un Goya violento, come un'opera violentemente decorativa, ma in quale luogo sociale si può affiggere un fotomontaggio? La domanda è del tutto legittima. Essa prova che Heartfield è riuscito a trasformare la funzione sociale della pittura come pezzo decorativo dell'interno borghese, la sua funzione usuale ed evidente a partire dalla pittura olandese. Dal momento che queste immagini mirano alla trasformazione del mondo, esse non hanno hanno alcun posto sociale - né in chiesa, né nel salotto - e, se devono essere esposte pubblicamente da qualche parte, è solo perché l'ordine economico e politico del paese dove vengono mostrate non è più sicuro di poter consentire e sostenere la propaganda direttagli contro. Queste immagini non sono assolutamente più delle immagini nel senso dell'arte dei secoli precedenti. Si cercherebbe invano, guardandole, la beatitudine che può procurare l'arte. Si cercherebbe invano, in esse, una "espressione artistica". Queste immagini hanno una funzione del tutto nuova. Non rappresentano la bellezza che si manifesta nella distanza, ma sono piuttosto come la testa della Gorgone: immagini spaventose che, presentate all'uomo, non l'attraggono, ma lo respingono. Lo respingono nella verità. Può essere collegato a questa nuova funzione il fatto che la distinzione fra l'originale e la riproduzione, che ha avuto un valore per secoli, è ormai completamente obsoleta. Chiamiamo "originali" ciò che vediamo esposto in questa mostra. Per quanto irrispettoso vi possa sembrare, io affermo che i veri originali di queste opere sono le riproduzioni. Già di fronte ad una foto, non potete domandarvi: è questo o no l'originale? Appendere il negativo nel proprio salotto con il pretesto che è l'originale, sarebbe puro snobismo. Queste immagini non sono state pensate da Heartfield perché venissero appese qui davanti a voi. Sono state concepite in modo che venissero mostrate le loro riproduzioni. Sono state lavorate per produrre un effetto di massa: è a questo che tendono. Ciò che vedete davanti a voi, non sono quindi gli originali, ma la penultima fase della produzione di queste immagini.
Ora, come si produce un simile fotomontaggio? A prima vista, potrebbe sembrare molto semplice, ed il preteso originale che avete qui, davanti a voi, sembra dire: basta che ritagli due foto da un giornale illustrato e che le metti insieme in maniera sorprendente. Lo stesso Heartfield, una volta ha dichiarato:"Spesso, basta aggiungere un leggero tocco di colore ad una fotografia per farne un fotomontaggio."
Qui, per esempio, avete la fotografia del retro di una caserma. Al terzo piano, su una finestra, c'è un minuscolo vaso di fiori. Dal vaso di fiori spuntano due miserabili foglie. Heartfield ha colorato in verde quelle due piccole foglie che non occupano nemmeno un millesimo della superficie dell'immagine. Di colpo, grazie a questo piccolo punto di colore, il muro della casa, che prima non aveva colore, ne ha uno: è grigio, di un grigio infinitamente grigiastro.
La produzione di un fotomontaggio, che sembra essere un'opera velocemente realizzata con l'aiuto di forbici e colla, nei fatti è il risultato di un lavoro preciso e riflessivo che non è meno importante di quello di un pittore, di un illustratore o di uno scrittore.
A questo proposito, vorrei leggervi come Sergei Tretyakov - che ha fatto un'analisi dettagliata e piena di spirito del lavoro di Heartfield, sulla Pravda, nel 1935, in occasione di una retrospettiva che aveva avuto luogo a Mosca - ha descritto la nascita di un fotomontaggio: « Ecco come Heartfield ha trascorso alcuni momenti a Mosca insieme ad un gruppo di soldati dell'armata rossa: insieme hanno costruito un fotomontaggio. Un bambino dice addio a suo padre che indossa, sul viso, una maschera antigas. Si comincia col definire le dimensioni della foto. Bisogna produrre una copertina di un libro di date dimensioni, un pagina di giornale e un manifesto da strada ed altro ancora. Si discute per sapere come ritagliare le fotografie, poi si cerca un testo capace di rafforzare il tema del soldato mandato in guerra nelle colonie. Si propone:"Comportati bene e prega per quelli che mi hanno mandato in guerra". Viene fatta una seconda proposta:"Prega per quelli che qui, portano via il loro padre ai bambini." Una terza:"Digiuna per quelli che mi hanno mandato lontano." Tutto questo viene pensato come una dichiarazione fatta dal padre. Gli errori di questo testo non tardano a mostrarsi. In primo luogo: il padre parla attraverso la sua maschera antigas. Ora, è impossibile. Secondo: in questa frase, c'è troppa rassegnazione perché venga creduto. Terzo: la frase stessa è troppo sentenziosa, troppo serena per una frase che deve uscire dalle labbra di un soldato che parte per la guerra. Se darà un consiglio al figlio, non sarà quello di andare a pregare. Una nuova proposta. Questa volta si cercano delle parole che potrebbe pronunciare il figlio: "Padre, perché sei vestito così?" La variante successiva rafforza ancora questa domanda: "Padre, dov'è il tuo viso?" E' un buon testo. Perché, in russo, oltre la fisionomia, la parola "viso" designa il "volto spirituale", cioè a dire il carattere. La domanda: "Dov'è il tuo viso?" perciò significa allo stesso tempo: "A chi hai permesso di distruggere il tuo volto?" ed è anche un modo di esortare: "Scopri il tuo vero volto!" »
Possiamo guardare anche l'immagine che contiene le figure di Dimitroff e di Göring. Non credo affatto che fossero a disposizione di Heartfield nelle proporzioni in cui sono rappresentate. Si è reso necessario stabilire le proporzioni tra l'una e l'altra. Poi ha dovuto mettersi a fare la foto; mi sembra improbabile che abbia avuto a disposizione una foto di Göring visto da dietro; ma prima, bisognava che avesse in testa questa situazione prodigiosamente umiliante in cui Göring non viene giudicato degno di avere un volto. E' molto sottile il fatto di farlo parlare malgrado tutto: da dietro si vedono delle parole volgare che escono dalla sua bocca. Allo stesso modo, è stato abile nell'avere ingrandito Dimitroff fino al punto di farlo uscire dal quadro dell'immagine. Questo ci dice che non basta una foto, mentre Göring, invece, non è degno di comparire interamente nell'immagine e viene solo brevemente citato davanti all'altro. Così come è grandioso l'atteggiamento preventivo di Dimitroff: nella fotografia originale, è l'atteggiamento tipico del conferenziere che guarda in faccia il pubblico, ma nondimeno guarda verso il basso, per raccogliere le idee. Nel montaggio, questo atteggiamento svolge una funzione del tutto nuova. Göring si trova ormai nella sfera d'influenza di Dimitroff e la testa di Dimitroff è sospesa al di sopra di lui come una spada di Damocle. Come vedete, benché il materiale del fotomontatore - foto, forbici, colla e parole - sia a disposizione di tutti, non tutti sono in grado di saper fare dei fotomontaggi. Chi, con delle forbici, della colla e delle parole, incolla e parla, non ha idea di come andare verso quest'arte politica. Bisogna essere capaci di disegnare con le forbici, con della colla e con delle parole, essere capaci di disegnare la propria vittima così come Dio ha disegnato Caino: in modo tale che rimanga disegnato una volta per tutte. Jonny Heartfield ne è stato capace e a lui lascio la parola.
- Gunther Anders -
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