Negazione dell'economia
di Jean-Pierre Voyer
La negazione dell'esistenza di Dio è il prerequisito della critica* della religione.
* Tuttavia, tale critica non ha mai avuto luogo, malgrado le apparenze (ed è questo il motivo perché uso il verbo essere al presente)
La negazione dell'esistenza dell'economia è stato il prerequisito della critica** dell'economia politica.
** Tuttavia, tale negazione non ha mai avuto luogo, prima del 1976.
Si noti bene che, contrariamente a Marx e a tanti altri, m'importa assai poco della critica dell'economia politica (ed è questo il motivo per cui uso il verbo essere, al passato). Quello che m'importa è l'annichilimento della fede nell'esistenza di una realtà economica. Provare, come ho fatto, che l'economia non esiste, significa provare che coloro che ne parlano come di una cosa e non come di una classe - questo è il peccato di ipostasia - non sanno di cosa parlano e perciò, in effetti, nessuno sa che cosa ha luogo dal momento che manifestatamente benché l'economia non abbia luogo, qualche cosa ha luogo. Sicuramente, non una classe, ma una totalità concreta. Perciò, parlare di economia come di un oggetto reale è un atto di disinformazione, da qui la sua evidente utilità e la sua inflazione dopo gli anni 1960. Non è neppure una menzogna, poiché il disinformatore crede di dire la verità, e partecipa a ciò che deDefensa chiama virtualismo: il propagandista che crede alla sua propaganda.
L'economia sta all'economia politica come Dio sta alla religione. Così come Dio non esiste, mentre la religione esiste e comporta l'esistenza di numerosi preti e devoti, l'economia non esiste, benché esista l'economia politica e comporti l'esistenza di numerosi preti e devoti. E così come la religione è la menzogna che afferma che Dio esiste, l'economia politica è la menzogna che afferma che l'economia esiste. Così come non si può criticare la religione, senza negare, precedentemente, l'esistenza di Dio, non si può criticare l'economia politica se prima non si nega il fatto che l'economia esista. Come altri hanno negato che Dio esista, io nego che esista l'economia. Né Marx né Debord lo hanno fatto, benché essi pretendessero di criticare l'economia politica.
Marx si è trovato perciò nella situazione di chi vuole criticare la religione pur credendo all'esistenza di Dio. Critica la religione perché non la trova di suo gusto. Uno così, si chiama riformatore, e questo genere di critica, che può diventare violentemente pratica, si chiama riforma. Come ho scritto altrove, il riformatore Marx ha portato l'economia politica al suo più alto grado di perfezione. Ha fatto diventare coerenti, le menzogne, ed in tal modo ne ha preparato la denuncia, un po' come Hegel che ha proclamato che Dio era un risultato, che è ancora un modo per mettere in discussione l'esistenza di Dio.
Non c'è contraddizione nell'affermare che benché Marx abbia criticato l'economia politica per la maggior parte della propria vita, non è tuttavia riuscito a criticare l'economia politica, perché non ha pensato a negare l'esistenza dell'economia, preteso oggetto dell'economia politica. E' riuscito però a criticare perfettamente la religione, dal momento cha ha mostrato, a seguito di Feuerbach, che la critica della religione non consiste nel criticare tale questa fede, non più che negare l'esistenza di questa fede, ma consiste nel criticare il mondo che ha permesso, e reso necessaria, tale fede. Parimenti, la critica dell'economia politica non consiste nel criticare l'economia politica, come ha tentato di fare, ma nel criticare il mondo che permette, e rende necessaria, tale fede. La pretesa critica dell'economia politica, fatta da Marx, ha dato alla luce a quello splendore ben noto che è stato il marxismo, così come la critica della religione, fatta da Lutero, ha fatto nascere quello splendore che è il puritanesimo il quale, oggi, ci bombarda dall'alto. E' perciò perfettamente giustificato, rimproverare a Debord di indulgere, non solo, ad un rimaneggiamento della critica dell'economia politica senza nemmeno pensare per un istante (contrariamente a Marx che ci pensava ancora nei suoi scritti di gioventù, quando era ancora hegeliano) di negare l'esistenza del suo presunto oggetto, ma anche di pretendere di criticare questo presunto oggetto dandoci la seguente imperitura frase: "Lo spettacolo è l'economia che si sviluppa per sé stessa". Allo stesso modo, l'America è Dio che si sviluppa per sé stessa e che bombarda dall'alto. In God we trust.
E' ingiusto per Marx, essere rapportato a Debord, perché Marx intendeva criticare (evidentemente, fra le altre cose) solamente l'economia politica, contrariamente all'uomo dalla teoria esatta che pretendeva, niente di meno, che criticare l'economia. Debord ha preteso di criticare Dio, e come un Titano è stato precipitato nell'abisso, a causa della sua vanità, perché è vano voler criticare Dio, significa ancora rendergli omaggio.
Non si tratta di negare l'esistenza della religione, ma quella di Dio, non si tratta di negare l'esistenza dell'economia politica e dei suoi devoti, ma quella dell'economia. Non si tratta più di criticare Dio o l'economia. Non si tratta più di volerli distruggere (distruggere qualcosa che non esiste - è impossibile e ridicolo) ma solo di voler distruggere la fede nella loro esistenza che non è solo impresa più modesta ma, soprattutto, possibile. Non si tratta qui di negare l'esistenza di una fede, ma di negare il preteso oggetto di questa fede. Non si tratta più di criticare il preteso oggetto di questa fede ma di criticare la fede stessa, cioè a dire, come voleva Marx, mostrare come il mondo rende possibile e necessaria questa fede.
Così, evidentemente, Hitler, Goebbels, Himmler volevano negare l'esistenza degli ebrei, ma per farlo, dovevano gasati fino all'ultimo perché essi, gli ebrei, contrariamente a Dio o all'economia, esistevano. Gli ebrei non sono solo l'oggetto di una fede, benché lo siano anche, dal momento che sono l'oggetto dell'antisemitismo, che è una fede. Se economia politica, antisemitismo e religione sono tre fedi. Ci sono numerosi modelli di fede. La religione non ne è che uno.
Nel 1978, evidentemente pensavo che l'economia politica esistesse e lo penso ancora. Ma già nel 1978 pensavo che l'economia non esistesse e continuo a pensarlo ancora. Perciò, l'utilizzo del termine economia, a pagina 118 del mio "Rapporto sullo stato delle illusioni", non lascia alcun possibile dubbio: non ho mai scritto che l'economia, nel senso di "realtà economica", potesse essere una religione, ma che lo poteva essere la fede massicciamente diffusa nella sua esistenza e, a rigore, la teoria economica, a titolo puramente metaforico. Dio non è una religione. Contrariamente all'uso anglosassone, in francese si impiega la stessa parola per economia politica e per economia, è il contesto a dare il senso. Quest'uso è equivoco, è vero, ma non impedisce di capire a quelli che vogliono capire.
J-P Voyer
fonte: M. Ripley s’amuse
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