venerdì 11 aprile 2014

Ciompi

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E' l'anno 1378, quando i Ciompi, i più poveri fra i lavoratori dell'Arte della Lana, scuotono, con la loro rivolta, l'edificio sociale del nascente capitalismo, a Firenze. La borghesia, incapace di capire di cosa potesse essere capace questo piccolo popolo malmesso, dispiega immediatamente tutta la sua violenza repressiva, dimostrando così di temere che i Ciompi possano essere capaci di tutto, e che quindi andavano ridotti a niente, annientati. E' Machiavelli, nelle sue Historiae Fiorentinae, a testimoniare come i Ciompi si fossero organizzati, e anni dopo, nel 1934, sarà Simone Weil a vedere in questi avvenimenti la prima manifestazione di una rivoluzione proletaria, cercando nell'insurrezione dei Ciompi la possibilità di ripensare la la rivoluzione sociale fuori da una centralità operaia.
La Firenze del XIV secolo è gestita da delle corporazioni di artigiani, la nobiltà, di fatto, è già stata estromessa dal potere. I magistrati della città venivano eletti per brevi periodi, e devono rendere conto del loro operato e della loro gestione. Firenze, a quei tempi, assomiglia ad una Repubblica di artigiani. Il potere reale appartiene alle Arti maggiori, che comprendono, fra gli altri, giudici, notai e medici, banchieri e grossi commercianti. E' perciò una borghesia mercantile a governare la città, le sue corporazioni possono essere paragonate a dei sindacati padronali. Lungi dall'essere una democrazia, lo Stato fiorentino è direttamente nelle mani del capitale bancario, commerciale e industriale. I lavoratori, al contrario, sono privi di qualsiasi spazio di organizzazione; l'atelier somiglia ad una fabbrica ed è organizzato come un'officina, malgrado l'assenza di macchinari industriali: divisione del lavoro e specializzazione sono spinte fino all'estremo, un'equipe di supervisori assicura la sorveglianza, la disciplina è una disciplina da caserma. Gli operai, salariati, vengono pagati a giornata, senza né tariffe né contratti, e dipendono in tutto e per tutto dal padrone, in un quadro sociale che vede, alcuni lavoratori, come i tintori, per esempio, avere maggior privilegi.
Già, fra il 1343 ed il 1372, gli operai si sono sollevati, nel corso di più rivolte, ed i borghesi si sono organizzati, insieme ai nobili, in seno al "partito guelfo" che ha vinto tutte le elezioni, truccando gli scrutini elettorali. Contro tutto questo, è la piccola borghesia, a rivoltarsi nel 1378 e ad ottenere soddisfazione alle sue richieste. Gli operai rimangono in strada, e danno vita ad un'organizzazione del "popolo minuto" che può essere paragonata ad un sindacato operaio. A fianco del potere legale, del Palazzo, comincia ad aver luogo un potere non legale.
"Questo governo extra-legale assomiglia singolarmente ad un soviet; e vediamo apparire per qualche giorno, in questo primo risveglio del proletariato che si è appena formato, il fenomeno essenziale delle grandi insurrezioni operaie, la dualità del potere" - così analizza Simone Weil.
Come accadrà secoli dopo, con la socialdemocrazia, la piccola borghesia dell'epoca, spaventata dalla rivolta, si allea con la grande borghesia per reprimere il movimento. Solo che, una volta scomparsa la minaccia proletaria, è la borghesia a riprendere pienamente il potere, a detrimento dei suoi alleati piccolo borghesi: lo status quo precedente all'insurrezione, viene ristabilito nel 1382.

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La Firenze della fine del 1300, appare come l'inizio di quella che sarà l'economia. I rapporti di produzione capitalista vanno a sostituire la società feudale, e la plebe comincia ad essere quello che sarà il proletariato, e diventa soggetto politico. Per Machiavelli, lungi dall'essere un partigiano dell'anarchia, la plebe deve, malgrado la sua legittima aspirazione alla libertà, subire l'autorità di un "principe", e preconizza un governo strategico guidato dai problemi dell'interesse generale. I Ciompi in rivolta rivendicano, soprattutto, uno status di cittadini. Lontani da un desiderio di rottura, vogliono integrarsi nella società esistente. E' un movimento di rivolta che non si pensa come soggetto rivoluzionario, e neppure come entità collettiva costituita.
Le rivolte del passato permettono, a noi, di pensare l'insurrezione a venire. E quelli che potremmo definire i "Ciompi di oggi" non assomigliano affatto ad un soggetto rivoluzionario, ma forse sono solo la nuova plebe dal volto anonimo che possiede una forza che rimane ancora invisibile. Anch'essi, valorizzano la figura del cittadino, se vogliamo responsabile e sottomesso, pronto a confluire in quello "sbocco politico" che gli viene proposto dal "socialdemocratico" di turno che invoca la sovranità popolare e la rivoluzione attraverso le urne. Tutte cose che avranno ben poco a che fare con quella rottura che si rende necessaria per definire pensiero e mezzi di azione in grado di inventare una nuova soggettività rivoluzionaria.

1 commento:

Cirano ha detto...

Spartaco, i Ciompi e i Sanculotti!!