sabato 28 gennaio 2012

Brutti, sporchi e cattivi

camion

La mia prima, e unica, tessera sindacale l'ho avuta per pochi mesi, molti anni or sono. Era il 1978, l'anno in cui uscì il bel film di Norman Jewison, F.I.S.T., e F.I.S.T era la sigla sulla tessera della Federazione Italiana Sindacati Trasporti della CGIL; dovrei averla ancora da qualche parte, quella tessera! No, non l'avevo presa in omaggio a Sylvester Stallone, anche se, sicuramente, poteva anche pungerti vaghezza di farlo, a quei tempi. No, il fatto è che lavoravo come impiegato in una ditta di trasporti industriali. Una ditta bella grossa con 5 sedi in tutt'Italia, con decine di camionisti salariati ed un parco macchine di tutto rispetto. Poi, il gioco era facile: quando il bilico, o l'articolato, diventava troppo vecchio ed i costi di manutenzione si avvicinavano pericolosamente ai margini di guadagno che garantiva, allora si faceva l'offerta all'autista, condendola di prospettive dorate. E l'autista si trasformava in un "padroncino", costretto a lavorare il doppio per poter onorare le cambiali che aveva dovuto firmare per comprarsi il mezzo "vantaggiosamente" offertogli. Già, gli autisti! Buoni solo a farti vedere dove fermarsi con la macchina per rimediare un buon pasto ad un buon prezzo. Per il resto, gentaglia, con i loro baracchini e con le loro case viaggianti, con il loro fondo spese di mance da elargire alla polizia stradale. Gente da evitare, le pance prominenti e il turpiloquio e la rissosità e la birra, gente che non dorme mai! Ci ho avuto a che fare, e non poco con questa gente. Mi ricordo ancora, il Provvedi che stava via una settimana e quando tornava la moglie gli preparava una frittatina con le salsicce che gli piaceva tanto, dodici uova! E di quella volta che senza volere, di notte, ammazzò un ragazzino. Col motorino, senza che lui se ne accorgesse, gli si era infilato sotto il camion. Quando s'era fermato, l'aveva visto, sdraiato, morto, sul serbatoio, e non smise di piangere per una settimana, e non aveva colpa. Gli s'era portato il sindacato, nell'azienda, volevano licenziare un paio di impiegati, fra cui me. Gli ultimi arrivati, ci dispiace il lavoro diminuisce, c'è crisi. Voi siete gli ultimi, non avete figli e andate a casa. No, dico io, aspetta un momento, e anche gli altri quelli che a casa non avrebbero dovuto andarci.E poi gli autisti, via via che si facevano vedere negli uffici. Cinquanta o più tessere, per quel sindacato che qualche mese dopo si sarebbe venduta la lotta per il salario integrativo, impedendo lo sciopero con la minaccia di dimissioni di tutta la segreteria. E la tessera venne stracciata, insieme a quella di molti altri, in un'infuocata assemblea. Certo, al momento della minaccia del licenziamento da parte del padrone, il loro lavoro l'avevan fatto bene. Erano arrivati cogli avvocati e pronti alla denuncia. Ma non c'è da stupirsi, se adesso, 35 anni dopo, di camionisti in cgil non ne hanno più. Continua ad essere una fabbrica, una fabbrica diffusa in grado di bloccare tutto, come hanno dimostrato in questi giorni. E bloccare tutto è l'unica strada percorribile, l'unica lotta in grado di pagare. Certo, sono brutti, sporchi e cattivi e fanno un migliaio di chilometri al giorno (Guido, che faceva i trasporti internazionali, mi diceva che, di ritorno da Londra, quando vedeva le luci di Parigi, sentiva di essere arrivato quasi a casa!), però, quando si fermano, si fermano davvero, e forse possono riuscire anche a fermare questa macchina infernale, che ci macina le ossa, che ci sta stritolando. sempre più, senza possibilità di salvezza. Ci vengono agitati davanti agli occhi, come spauracchio, e ci raccontano che dobbiamo ricordarci che sarebbero stati i camionisti a far cadere Allende per Pinochet. E si scordano che, anche se fosse vero, una lotta è un'arma, e di per sé, come un fucile, non sta né con Pinochet né con Monti! Sono brutti, sporchi e cattivi e, magari, in odor di mafia o di 'ndrangheta o di camorra e, per questo, dice, squarciano le gomme e tagliano i tubi dei freni ai camion dei crumiri, scordandosi che impedire al crumiro di lavorare è condizione per vincere. Magari pensano di essere fascisti, o hanno padre pio che occhieggia dalla loro cabina. Magari tutto questo insieme, oppure niente di tutto questo. Non lo so. Sono andato via da quel posto, l'ho lasciato pochi mesi dopo, avevo vinto un concorso che mi permetteva di lavorare quattro ore in meno la settimana, prendendo metà dello stipendio. Ma non ho mai smesso di frequentarla quella gente, non ho mai smesso di parlarci, ci ho anche viaggiato insieme per qualche giorno. Quando li incontro, li abbraccio, e so da che parte stanno. Quelli che ho smesso, da tempo, di frequentare, sono i sindacati, quelli che ora invocano a gran voce che il governo fermi la lotta dei camionisti, quelli che hanno fatto 3 ore di sciopero contro sette anni in più a testa di lavoro, contro sette anni in più di morti sul lavoro! No, niente sindacati, ché son fatti della stessa sostanza di cui è fatto il fumo delle ciminiere. La imparai da subito la lezione, dopo qualche mese, nel nuovo luogo di lavoro, organizzando uno sciopero di categoria, di quelli che allora venivano chiamati "meccanografi" (un modo per definire tutti i  nuovi assunti che scrivevano a macchina su degli stani attrezzi che assomigliavano a delle telescriventi), da soli, senza nessun sindacato. Noi altri. Sinn Fein! Ma questa è un'altra storia ...

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