In Spagna, in Catalogna, nel 1934, prima del golpe militare di Francisco Franco e della conseguente Guerra Civile, c'era stata la proclamazione di un assai frustrato "Stato Catalano", e la cosa coincise - e non per caso - con l'insurrezione proletaria nelle Asturie dell'ottobre di quell'anno.
Ne parla Jacinto Toryho (direttore di Solidaridad Obrera dal 1937 al 1939), nel suo libro, "Del triunfo a la derrota" (Argos Vergara, 1977), :
"Contemporaneamente alla tragedia asturiana, ebbe luogo la tragicommedia della Catalogna. La prima fu un conato di rivoluzione autentica, mentre l'altra non fu che una misera caricatura, una buffonata che annegò nel ridicolo i suoi promotori. (...) Gli ispiratori, organizzatori e dirigenti della "epopea" erano due alienati che avevano preso le redini del potere con la complicità e la collaborazione di vari professionisti dell'ipocrisia, nelle sue molte sfumature. (...) Quando alludo agli ispiratori, organizzatori e dirigenti, mi riferisco a José Dencás Puigdollers, consigliere del Governo, capo dei servizi di Ordine Pubblico, inoltre separatista e capo degli "escamots", un gruppo armato in divisa mussoliniana. Dencas era un separatista che odiava la Spagna con fervore satanico. Aveva tutte le caratteristiche che lo psichiatra può trovare nel paranoico. Prima della Repubblica, aveva comabattuto nella Lliga (Regionalista, di estrema destra). Poi era patto alla "Esquerra y Estat Catalá". Quando era un deputato della Corte Costituente, il suo puerile fervore anti-ispanico lo aveva spinto a tagliare via con una lametta gli scudi della Repubblica Spagnola dagli schienali delle poltrone, corrispondenti agli scranni dei deputati di Esquerra Catalana.
Prima della "prodezza" di ottobre, gli "escamots", capitanati da Badìa, praticavano lo sport di bastonare quegli operai che avevano preventivamente sequestrato per sottometterli a vari tipi di tortura. Questo perché i lavoratori della Catalogna, o di altri punti della penisola, non hanno mai avuto niente in comune con i catalanisti di destra (la Lliga), né con quelli di sinistra (la Esquerra), i quali erano solo due espressioni reazionarie, separate solo da una sottile sfumatura elettorale. (...) L'insurrezione della Catalogna ebbe una nota originale: cominciò con uno sciopero generale imposto dal governo contro la volontà degli operai che rifiutarono di fare il gioco degli innovatori. E poi si trattava di un'innovazione assai singolare, dal momento che per la prima volta nella storia, lo sciopero generale veniva organizzato e diretto dai poteri pubblici. Gli "escamots" di Dencas e Badìa, armati fino ai denti, i giorni 5 e 6 di ottobre imposero la chiusura di fabbriche, officine, banche e negozi. Ma i lavoratori si rifiutarono di compiacerli. In alcune fabbriche, cedevano momentaneamente di fronte alle armi esibite dai rappresentanti della coalizione ufficiale, ma non appena questi si allontanavano, tornavano al lavoro. I mezzi di trasporto vennero paralizzati in grazia dell'eloquenza delle mitragliatrici vantate dagli uomini di Badìa. (...) Nel feudo di Dencas (...) dopo il fallito colpo di stato secessionista, venne trovato un mucchio di cenere di carte e documenti bruciati prima di scappare, però venne ritrovato, non bruciato, l'elenco, firmato da Miguel Badìa, con i nomi delle persone che dovevano essere fucilate, senza processo, il giorno dopo la vittoria. La maggior parte di questi nomi erano di militanTi della FAI e della CNT. (...) A proposito del "generalissimo" dell'insurrezione separatista (Dencas), e della Esquerra che lo spinse, scrive nel 1935 Joaquín Maurín (ex-segretario generale della CNT, poi passato alla fazione anti-stalinista del marxismo), leader del Blocco Operaio e Contadino: "Dencas, capo della frazione di "Stato Catalano", oscuro nei suoi obiettivi, non è riuscito a nascondere le sue intenzioni deliberatamente fasciste. Tutto il suo lavoro organizzativo, tutta la sua attività politica, tendeva ad un solo obiettivo finale: un fascismo catalano. La sua dichiarazione di guerra agli anarcosindacalisti, i suoi "escamots" dalle camicie verdi, irreggimentati, tutto questo aveva un denominatore comune: il nazionalsocialismo catalano"".
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