martedì 20 dicembre 2011

seduto in una bettola …

auden460

SEPTEMBER 1, 1939
di W.H. Auden

Seduto in una bettola
sulla Cinquantaduesima
incerto e impaurito
man mano che spirano le speranze
di una decade furba e bugiarda:
ondate di rabbia e paura
si diffondono per le chiare
e scure regioni della terra,
opprimendo la nostra vita quotidiana;
l’indicibile odore della morte
offende la notte di settembre.

Le ricerche accademiche possono
mostrare intero il danno
che da Lutero ad oggi
ha reso folle una cultura,
scoprire cosa successe a Linz,
quale immensa immagine ha creato
un dio psicopatico:
io e voi sappiamo
quel che si impara a scuola, da bambini
Quelli cui è fatto del male,
col male ricambieranno.

L’esule Tucidide sapeva
tutto quel che può dire un discorso
sulla Democrazia,
e sapeva cosa fanno i dittatori,
le vecchie macerie che raccontano
davanti a tombe apatiche
analizzò tutto nel suo libro,
la ragione messa al bando,
la sofferenza che plasma l’abitudine,
il cattivo governo e l'angoscia:
tutto questo patiamo ancora una volta.

In questo cielo incolore
dove ciechi grattacieli
con la loro altezza proclamano
la forza dell’Uomo Collettivo,
ogni idioma fa a gara a mescere
la sua scusa inconsistente:
ma chi può vivere per troppo tempo
in un sogno euforico;
fuori degli specchi ci guardano,
la faccia dell’imperialismo
e il torto internazionale.

Le facce lungo il bancone
si aggrappano al loro giorno mediocre:
le luci sempre accese,
la musica che suona,
tutte le regole cospirano
perché questa fortezza abbia
l'arredamento di casa tua;
per non farci vedere dove siamo,
persi in un bosco stregato,
bambini timorosi della notte
mai stati felici o buoni.

Il più vuoto ciarpame di partito
gridato dalle Persone Importanti
non è volgare come la nostra voglia:
quel che scrisse il folle Nijinsky
su Diaghilev
è vero per ogni cuore normale;
perché l'errore allevato nelle ossa
di ogni donna e di ogni uomo
pretende quel che non si può avere,
non l’amore universale
ma di essere l'unico amato.

Dal buio della conservazione
fin dentro la vita etica
arrivano gli gli sciocchi pendolari,
ripetendo il voto di ogni mattino:
“Sarò fedele a mia moglie,
mi concentrerò di più sul mio lavoro”,
e i governanti incapaci si svegliano
per ricominciare il loro gioco forzoso:
chi può liberarli adesso,
chi può arrivare agli apatici,
chi può parlare per i muti?

Tutto ciò che ho è una voce
per distruggere la bugia,
la bugia romantica nel cervello
del sensuale uomo della strada
e la bugia dell’Autorità
i cui edifici palpano il cielo:
non esiste una cosa chiamata Stato
e nessuno esiste da solo;
la fame non lascia scelta
al cittadino o alla polizia;
dobbiamo amarci l’un l’altro o morire.

Indifeso dentro la notte
il nostro mondo giace attonito;
eppure, dovunque una costellazione
di ironici punti di luce.
Lampeggiano laddove i Giusti
si scambiano i loro messaggi:
Che io possa, calmo come loro
di Eros e di polvere,
assillato dalla stessa
negazione e disperazione,
mostrare una fiamma di conferma.

QUI, il testo originale

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