martedì 1 marzo 2011

Thapsos

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Probabilmente, si tratta del più antico insediamento del mediterraneo occidentale. E' facile pensarla come una città fiorente e ricca, mentre dalla parte opposta di questo nostro mare, ad est, si combatteva ai piedi dell'altura dove sorgeva Troia. Ulisse ed Enea passarono di qui, sicuramente. Ed altrettanto sicuramente, ormeggiò qui la flotta che trasportava la spedizione greca di 30 mila uomini, guidata dagli ateniesi, contro Siracusa. Thapsos, è il nome che si perde, fra micenei e fenici. L'isola che qualcuno chiama penisola (di Magnisi) sta ancora lì. Dove è sempre stata. Assediata, accerchiata e sfregiata dagli stabilimenti mortiferi della Montedison. Ci hanno perfino fatto passare un oleodotto che porta il greggio, una volta al mese, su un pontile, dove una volta sorgeva una tonnara, alle petroliere. Eni, c'è scritto sul cartello. Uno sfregio in più. Non ci sono rovine visibili, sull'isola. Niente colonne che si alzano verso il cielo, niente tracciati di antiche costruzioni o di sontuosi palazzi. Eppure, ci cammini su quelle rocce, in mezzo a quella macchia mediterranea, di ligustro e di capperi, ed è come una macchina del tempo. Ci cammini, mentre ti auguri un terremoto, che distrugga quell'onta fatta di centinaia di ciminiere che sputano veleno contro il cielo, e un'onda di tsunami che lavi "le rocce vive della foce del Panagia, il golfo di Megara e le basse terre di Thapsos***"

*** Virgilio,Eneide,III,689-690: Vivo praetervehor ostia saxo / Pantagiae Megarosque sinus Thapsumque jacentem.

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