Era più o meno il tempo in cui Mosè decise che era giunto il momento di lasciare l'Egitto, quando in una città greca, ancora senza nome, scaturirono all'improvviso un ulivo e una fonte. L'oracolo delfico, interrogato come al solito, informò gli abitanti della giovane cittadina che si stava giocando una partita, mortalmente seria, fra la temibile dea Atena (l'ulivo) e l'incazzoso Poseidone (l'acqua). Decidessero, quindi, i cittadini, da chi prendere nome! Così, il re radunò il popolo e lo fece votare (magari nacque proprio lì, il voto!). In mancanza di altre divisioni, avvenne che gli uomini votassero per il dio del mare (che avrà maggior fama col nome di Nettuno), ed invece le donne, che si trovavano in maggioranza per quel famoso cinquanta per cento più uno, votassero per Atena (poi conosciuta come Minerva). Il fratello di Zeus non la prese propriamente bene e, come prima misura, inondò la città. Nel gioco della par condicio (che ancora non si chiamava così, visto che Roma non era stata neppure fondata), gli ateniesi (ora si chiamavano così) stabilirono tre punizioni da infliggere alle donne:
a) Tolsero loro il diritto di voto.
b) Impedirono che i figli prendessero il nome della madre.
c) Imposero che non venissero mai chiamate "le Ateniesi"!
Pazienza per le donne (anche se Bachofen riuscì a leggere, in questo avvenimento, addirittura la fine del matriarcato), oramai era fatta.
Solo un blog (qualunque cosa esso possa voler dire). Niente di più, niente di meno!
venerdì 12 marzo 2010
Donne ed ulivi
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