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giovedì 21 gennaio 2010
Frammenti
"Il capitalismo come religione è il titolo di uno dei più penetranti frammenti postumi di Benjamin. Secondo Benjamin, il capitalismo non rappresenta soltanto, come in Weber, una secolarizzazione della fede protestante, ma è esso stesso essenzialmente un fenomeno religioso, che si sviluppa in modo parassitario a partire dal Cristianesimo. Come tale, come religione della modernità, esso è definito da tre caratteri:
1. E’ una religione cultuale, forse la più estrema e assoluta che sia mai esistita. Tutto in essa ha significato solo in riferimento al compimento di un culto, non rispetto a un dogma o a un’idea.
2. Questo culto è permanente, è “la celebrazione di un culto sans trêve et sans merci”. Non è possibile distinguere, qui, tra giorni di festa e giorni lavorativi, ma vi è un unico, ininterrotto giorno di festa, in cui il lavoro coincide con la celebrazione del culto.
3. Il culto capitalista non è diretto alla redenzione o all’espiazione di una colpa, ma alla colpa stessa. “il capitalismo è forse l’unico caso di un culto non espiante, ma colpevolizzante…Una mostruosa coscienza colpevole che non conosce redenzione si trasforma in culto, non per espiare in questo la sua colpa, ma per renderla universale…e per catturare alla fine Dio stesso nella
colpa…Dio non è morto, ma è stato incorporato nel destino dell’uomo.”. Proprio perché tende con tutte le sue forze non alla redenzione, ma alla colpa, non alla speranza, ma alla disperazione, il capitalismo come religione non mira alla trasformazione del mondo, ma alla sua distruzione."
G. Agamben
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