domenica 22 gennaio 2017

EXIT!

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EXIT! - Auto-Presentazione Programmatica -

Il capitalismo non ha vinto, ha solo guadagnato tempo. Affinché la critica radicale torni ad essere nuovamente efficace sul piano sociale, la forza della negazione dev'essere liberata in una nuova forma. EXIT! non è solo una rivista, ma un collegamento fra le persone, che assume su di sé questo compito di riformulare la critica radicale. Intendiamo acuire, non ammorbidire, tale critica. È la crisi stessa della situazione generale che si acuisce. Per questo si è reso necessario un riesame della storia.

Il socialismo reale non è stato un'alternativa storica al capitalismo, bensì un sistema di "modernizzazione di recupero", alla periferia del mercato mondiale. Il suo fallimento non va visto come la fine della storia, ma come l'inizio di una crisi mondiale delle basi comuni a tutti i sistemi sociali moderni. Con la terza rivoluzione industriale, le forze produttive eccedono la capacità di assorbimento della "valorizzazione del valore". La produzione di merci in quanto tale ha raggiunto il suo limite assoluto; il lavoro stesso sta diventando obsoleto; la riproduzione sociale per mezzo del reddito monetario sta diventando impossibile per un numero sempre maggiore di esseri umani; la distruzione delle basi naturali della vita, a causa della logica funzionale dell'organizzazione imprenditoriale, sta raggiungendo una massa critica. La storia della modernizzazione finisce in maniera catastrofica; perciò, il mondo del moderno sistema produttore di merci dev'essere superato. Giorno dopo giorno, diventa sempre più evidente il fatto che l'accumulazione del valore, indipendentemente dalla sua forma, rappresenta un fine in sé irrazionale.

Con ciò, però, anche la critica del capitalismo svolta dal marxismo tradizionale si pone definitivamente fuori dal tempo. La stessa sinistra si è resa parte integrante e, frequentemente, è arrivata ad essere perfino un'avanguardia della modernizzazione nella forma di merce. Anche il movimento operaio occidentale, il socialismo di Stato dell'Est ed i movimenti di liberazione nazionale del Sud sono rimasti ostaggio delle categorie del "lavoro astratto" e del valore in quanto fine in sé, della merce, del denaro, dello Stato, del diritto, della democrazia e della nazione.
Ma la crisi categoriale ora esige una critica categoriale (critica del valore). Quel che è in discussione è l'ontologia del lavoro, ereditata dal protestantesimo e dall'illuminismo, ed il positivismo riguardo le forme sociali, inclusa la cosiddetta politica, ad essa associato. Bisogna estendere la critica radicale all'ontologia ed alla metafisica della storia della modernità, che sono state impiantate nel pensiero riflessivo dalla filosofia illuminista. Tuttavia, diversamente dall'anti-modernità borghese, rifiutiamo conseguentemente qualsiasi romanticismo agrario, qualsiasi richiamo alle forme di coscienza premoderne e ai vincoli di parentela e di sangue. Quel che è in questione è la critica della necessità ontologica nel suo insieme. Non abbiamo alcuna galleria di antenati, né esempi storico-filosofici di riferimento.

La critica radicale del valore richiede la critica radicale dell'illuminismo, che è la forma fondamentale di riflessione teorica del soggetto della merce. Anche in questo consiste la critica categoriale, che non consiste nell'invocazione del soggetto, il quale contiene già in sé l'oggettivazione distruttiva del mondo e l'auto-oggettivazione dell'individuo. Questo soggetto dev'essere spogliato di ogni sua pretesa universalista; è un soggetto, sostanzialmente e strutturalmente, maschio, bianco e occidentale (MBO). La nostra critica del soggetto va oltre il postmoderno che, a causa della sua mancanza di critica della forma sociale (forma merce), fallisce necessariamente anche nella critica del soggetto. Contrariamente al marxismo tradizionale, noi vediamo la relazione fra i sessi come momento centrale della socializzazione negativa. Il moderno sistema produttore di merci non è un sistema chiuso, nonostante il suo totalitarismo, e non riesce a coprire e garantire tutta la riproduzione, sul piano socio-economico, socio-psichico e simbolico-culturale. Nel corso del processo di modernizzazione, tutti i momenti che non possono essere compresi sotto la forma del valore o della merce sono stati dissociati dalle relazioni sociali ufficiali, e sono stati connotati strutturalmente come femminili. La relazione del valore è sempre contemporaneamente una relazione di dissociazione, ragion per cui una critica categoriale del valore è possibile solamente in quanto critica categoriale della dissociazione. La dissociazione sessualmente definita non è un "ambito" subordinato, e neppure un ambito "totalmente altro", ma pervade la totalità della riproduzione in tutti i suoi piani.

Il lavoro/valore astratto e la dissociazione costituiscono una totalità negativa, di per sé spezzata. Perciò, anche i momenti dissociati non possono essere positivizzati, né malintesi come se fossero un punto di partenza per un superamento della forma merce; prima devono essere aboliti in quanto tali, insieme alla forma cui si riferiscono. Bisogna insistere sulla dissociazione in quanto categoria della totalità. È questa la pietra angolare della nuova teoria critica. La critica radicale del soggetto, in quanto critica della dissociazione, significa rifiutare, non solo il pensiero illuminista, ma anche il concetto hegeliano di totalità chiusa in sé. Qualsiasi tentativo di ridurre il concetto di dissociazione ad un semplice momento fra tanti altri, all'interno del concetto di totalità della società della merce, significa ricadere nell'oggettivismo hegeliano e, con esso, nella metafisica del MBO (maschio, bianco, occidentale).

Per EXIT!, l'elaborazione teorica nel senso di critica del valore-dissociazione, non avviene in una torre d'avorio, né come fine in sé, né come auto-affermazione della teoria dissociata. Pratica teorica significa mediazione, senza con questo voler stabilire una relazione tradizionale teoria-pratica nel senso della forma politica. Così come il concetto teorico di una totalità negativa di per sé spezzata dev'essere, esso stesso, un concetto teorico negativo e di per sé spezzato, anche l'elaborazione teorica corrispondente non può essere, in un empito di falsa immediatezza, ridotta ad un banale manuale di istruzioni, nel senso della domanda sul "Che fare?", proveniente dal leninismo fossilizzato.
Si tratta di una relazione di tensione, che dev'essere instaurata, fra la teoria critica del valore-dissociazione ed il movimento sociale, contro le offese dell'amministrazione di crisi. La nuova teoria critica non può estrarre dal cappello il coniglio della necessaria resistenza sociale, né darle istruzioni.; tuttavia, non deve nemmeno baciare il culo al movimento. Dopo Auschwitz, non è più possibile una prassi teorica senza una critica ideologica conseguente, anche dei movimenti sociali; segnatamente, facendo riferimento a modelli razzisti e antisemiti. La critica della forma del soggetto MBO (maschio, bianco e occidentale), trasversale alle classi, esclude qualsiasi schema gerarchico tradizionale. Il capitalismo non è qualcosa che sta là fuori, non è il progetto di politica e gestione imprenditoriale, ma è la relazione generale di tutti i soggetti della merce, inclusa la forza lavoro, i precari e tutti i portatori della relazione di dissociazione, nei confronti di sé stessi, nei confronti degli altri, e nei confronti della base naturale.

Proprio al fine di poter superare sé stessa e al fine di porsi in una prospettiva dove non c'è un oggetto, la nuova teoria critica deve mantenersi a distanza rispetto agli avvenimenti e alla falsa immediatezza dei meri stati d'animo. Per questo EXIT! rifiuta fermamente qualsiasi kitsch di costernazione e qualsiasi filosofia da paccottiglia che ideologizzi il quotidiano. In questo senso, il gruppo EXIT!, oltre a pubblicare l'omonima rivista teorica, organizza regolarmente dei seminari e gestisce un sito web ( www.exit-online.org ) dove si possono trovare tanto vecchi e nuovi saggi teorici quanto testi giornalistici che di motivazione critica del valore-dissociazione. Consideriamo il nostro progetto come un processo di discussione e di elaborazione teorica, aperto in qualsiasi momento ad intromissioni, ma che esclude una convivenza aleatoria e senza discussione fra posizioni non mediate, ed esige innanzitutto un coinvolgimento intellettuale. La libertà formale nella sfera della circolazione è l'opposto dell'emancipazione.

EXIT! è il risultato di una storia di elaborazione teorica caratterizzata da rotture di contenuto e rotture personali. Diversamente, non sarebbe stato e non sarebbe possibile un'uscita dall'immanenza categoriale della sinistra. Siamo sufficientemente immodesti da coniugare l'ammissione delle differenze e delle questioni aperte con la pretesa di definirci. EXIT! non vede sé stessa come l'avanguardia tradizionale di un soggetto sociale oggettivato, bensì come l'istanza più avanzata della critica radicale della relazione dominante della dissociazione-valore, la quale si estende a tutti i soggetti.

Originale: EXIT! - EINE PROGRAMMATISCHE SELBSTDARSTELLUNG - Dicembre 2004 -

fonte: EXIT!

1 commento:

Anonimo ha detto...

...aggiungo che, in primis bisogna rivoluzionare i rapporti sociali, con l'assunto - a chi piace il Capitalismo se lo deve difendere - accettandone tutte le sue tragiche conseguenze ecc.

Non ci sono scorciatoie o magie di sorta, la Specie Umana si è già estinta in passato ed oggi siamo dominati dall'uomo capitalista condannato a estinguersi.

Altro non è che un buon risultato...