lunedì 23 giugno 2014

neolingue

sionismo

“ (…) Gli argomenti fondamentali dell'attuale 'antisionismo' «di sinistra» sono stati fabbricati dagli stalinisti sovietici, che erano antisemiti, come è stato dimostrato dall'arresto e dall'esecuzione dei dirigenti del Comitato ebraico antifascista nel 1952, dal processo dei camici bianchi in Unione Sovietica nel 1953 ("Ogni sionista è agente dei servizi americani" - dichiara Stalin - "I nazionalisti ebrei pensano che la loro nazione sia stata salvata dagli Stati Uniti, laddove essi pensano di poter diventare ricchi, borghesi. Pensano di avere un debito nei confronti degli americani. Fra i miei medici, ci sono un bel po' di sionisti"), poi dai processi antisemiti in Cecoslovacchia (1952) e dalle campagne antisemite in Polonia (1952, 1968). Sono stati gli stalinisti sovietici e i loro alleati nazionalisti di sinistra, in primo luogo nei paesi dell'Est, poi nei paesi arabi, e infine su scala planetaria, ad aver fatto della parola "sionista" un termine, allo stesso tempo, ingiurioso sul piano politico, diabolico sul piano religioso, e comodo per poter sostituire il termine "ebreo", e così dissimulare il loro antisemitismo.
Ma la questione è ancora più complessa. Infatti, l'antisionismo stalinista si è diffuso grazie anche ai "comunisti" ebrei, partigiani dell'assimilazione totale e convinti che il socialismo avrebbe messo fine ad ogni discriminazione:
- nelle democrazie popolari, e anche nei paesi dove gli stalinisti ebrei avevano un peso significativo nella giustizia, nella polizia, nell'amministrazione dell'apparato dello Stato e perfino ai suoi vertici. Questa sovrarappresentazione degli ebrei nelle sfere dirigenti di alcune democrazie popolari (l'Ungheria ne è stato l'esempio estremo) e i giochi cinici dell'Unione Sovietica e degli Stati pseudo-socialisti hanno fatto sì che agli ebrei stalinisti venisse addossata la responsabilità della repressione statale fatta contro gli operai ed i contadini dell'Est, anche perfino dei pogrom avvenuti nei primi anni dei regimi "comunisti", ma insieme a questo è avvenuta la cancellazione della specificità del "giudeocidio" e delle responsabilità delle popolazioni dell'Europa dell'Est. Questo silenzio assunto dagli ebrei stalinisti ha di fatto alimentato l'antisemitismo popolare, su diversi temi, contraddittori o complementari: "I comunisti e gli ebrei vanno a braccetto"; "Gli ebrei sopravvissuti al giudeocidio sono privilegiati"; "Gli ebrei non fanno veramente parte della nazione"; ancora perfino più folli: "I vecchi capitalisti ebrei e i comunisti ebrei al potere si sono messi d'accordo", ecc.. Oggi si vedono i risultati deleteri di quest'antisionismo che ha come obiettivo gli ebrei in tutti i paesi "comunisti";
- nei paesi del Vicino e del Medio Oriente, con la mediazione dei partiti pseudo comunisti locali, di cui gran parte dei membri e dei dirigenti erano ebrei. I partiti stalinisti locali, a cominciare da quello della Palestina, non avevano molto da dire contro l'antigiudaismo e l'antisemitismo musulmano, o contro i pogrom commessi in Palestina (per esempio, quello di Hébron, nel 1929, dove va sottolineato che non furono i nuovi coloni ebrei europei ad essere massacrati, ma quegli ebrei i cui antenati vivevano da secoli in Palestina, cosa che ce la dice lunga sull'anticolonialismo palestinese e sulla sua dimensione religiosa, fondamentalmente legata alla pace subalterna dei dhimmi ebrei, nelle società disciplinate dall'Islam) ...

fonte: Bataille Socialiste: Intervista con Yves Coleman, apparsa su Anarchosyndicalisme N°140 (estate 2014), revue de la CNT-AIT de Toulouse. Qui si può leggere tutta l’intervista, in francese.

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