martedì 8 febbraio 2011

L’uomo che aspettò Godot

Beckett1

Amava ridere, Samuel Beckett. Rideva e costruiva buffi giochi di parole, quasi per sorprendersi, più che per sorprendere. Aveva copiato il suo aspetto e la sua pazienza da quelli di uno spaventapasseri, quasi. E, con pazienza, i suoi primi diritti d'autore li aveva ricevuti ad un'età assai vicina ai cinquanta. Probabilmente l'avrebbe data vinta all'inedia, se non fosse stato per Suzanne, la sua minuta complice, e per le sue lezioni di piano. Durante la guerra, s'era fatto sistemare una tenda, nella mansarda, dove si era ritirato vivendo come un personaggio ... beckettiano. Aveva un solo polmone. Un giorno, nella stazione del metrò, un barbone mezzo ubriaco lo aveva accoltellato. Qualche tempo dopo, Beckett era andato dal suo aggressore, in galera, a chiedergli la ragione di quel gesto. "Io so?"  - aveva risposto, beckettianamente, il clochard!

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