giovedì 27 settembre 2018

Raccontane un'altra!

jokester

La barzelletta e il suo rapporto con la coscienza
- di Carlo Frabetti -

Isaac Asimov era uno che raccontava un mucchio di barzellette. «E' la modestia ad impedirmi di dire qui, che fra tutti i presenti sono io ad avere grande repertorio di barzellette, ed essere quello che le racconta meglio; ma se non fossi modesto lo direi», era solito proclamare alle feste e alle riunioni. Ed era anche solito scherzare a proposito delle sue misteriose origini - quelle delle barzellette, non di Asimov - sostenendo che essere facevano parte di un esperimento condotto da un'avanzatissima civiltà extraterrestre, arrivando a scrivere un racconto a partire da questa ipotesi. «The Jokester» ["Il barzellettiere" 1956]. In questa storia, facente parte della serie Multivac, il supercomputer arriva alla conclusione che tutte le barzellette davvero divertenti ripetono quelli che sono alcuni schemi di base molto antichi, di cui non si conoscono gli autori per la semplice ragione che questi autori non sono, e non sono mai stati, fra noi. Ma ascoltiamo quel che dice il Gran Maestro Noel Meyerhof, il protagonista umano del racconto.

« Senta: circa un mese fa passai una serata a raccontare barzellette. Come al solito, ne raccontai un mucchio, e come al solito quei fessi risero. Forse pensavano davvero che le storielle fossero molto divertenti, e forse si prendevano semplicemente gioco di me. In ogni caso, uno di loro si permise la libertà di rifilarmi una pacca sulla schiena, dicendo: "Meyerhof, lei conosce più barzellette di qualunque altra persona che io conosca". Sono certo che avesse ragione, ma la cosa mi fece pensare. Non so quante centinaia o forse migliaia di barzellette io ho raccontato in questa o quell'occasione della mia vita: tuttavia è un fatto che io non ne ho inventata neppure una. Neppure una. Le ho soltanto ripetute. Il mio solo contributo è stato di raccontarle. All'inizio, le avevo sentite oppure le avevo lette, e la fonte delle mie cognizioni in proposito non le aveva certamente inventate. Non ho mai conosciuto nessuno che si vantasse di aver ideato una barzelletta. (...) Allora, chi è che crea le barzellette?" »

Incuriosito, il Gran Maestro, dopo aver fornito tutte le informazioni rilevanti e dopo aver raccontato un certo numero di barzellette, pone la domanda a Multivac, ed il supercomputer finisce per dare una spiegazione quanto meno inquietante: le barzellette sono state create da una super-intelligenza extraterrestre, per essere diffuse fra gli esseri umani e studiare la loro risposta ad un tale stimolo.
E' possibile che Asimov e Multivac non fossero poi così fuori strada. E' probabile che, in effetti, sia davvero una super-intelligenza a comporre le barzellette; anche se non è affatto extraterrestre, bensì molto terrestre: un'intelligenza collettiva che seleziona ed elabora materiali spontanei. C'è qualcuno che racconta un aneddoto divertente, oppure incorre in un buffo lapsus ; quelli che ascoltano l'aneddoto, o sono testimoni del lapsus, trasmettono l'informazione a loro volta, modificandola leggermente, o infiorettandola per renderla ancora più divertente; e mentre passa di bocca in bocca, l'aneddoto o il lapsus si condensano e si ripuliscono, come se si trattasse di una pietra che rotola, fino ad arrivare ad assumere la forma canonica di una barzelletta.
Ne "Il motto di spirito e la sua relazione con l'inconscio" ["Der Witz und seine Beziehung zum Unbewußten" 1905], Freud analizza alcune barzellette ebraiche, fra le quali quella del rabbino che dice:  «Io faccio un bagno all’anno, che ne abbia o no bisogno». A Freud non interessa la genesi delle barzellette, ma la loro funzione psichica (la quale, secondo lui, consiste nel castrare simbolicamente il padre), e non ci dice niente a proposito della loro possibile origine. In questo caso, quale potrebbe essere? Immaginiamo due uomini che stanno parlando delle loro abitudini igieniche; uno di loro dice che fa il bagno una volta al mese, e l'altro gli domanda se non sente la necessità di doverlo fare più spesso; il primo - che lo dica sul serio o per scherzo - risponde che lui non se sente la necessità neppure una volta al mese, ma che però la considera come una sana abitudine. Prendiamo il dialogo, ampliamo iperbolicamente il periodo estendendolo da un mese ad un anno, condensiamo l'aneddoto e aggiungiamo un pizzico di antisemitismo - non necessariamente in quest'ordine, e non una volta sola - ed ecco che abbiamo una barzelletta pronta per una diffusione di massa.
Questo ci porta al secondo aspetto notevole di tutta la questione: la velocità fulminea con la quale alcune barzellette si diffondono. In casi simili, è frequente - ed è indubbiamente appropriato - fare riferimento alla vertiginosa crescita che avviene secondo una progressione geometrica: si racconta qualcosa a due persone e ciascuna di quelle due persone la racconta ad altre due, che a loro volta... Però si dovrebbe parlare anche, e soprattutto, di successo riproduttivo. Perché alcune barzellette vengono così tanto accettate, mentre altre muoiono prima ancora di nascere, vale a dire, prima di arrivare a raggiungere il loro pieno sviluppo in quanto barzellette? La teoria dei memi, proposta dal biologo Richard Dawkins, la quale estende il concetto di gene anche ai prodotti della mente, descrivendo la forma in cui si diffondono determinate «unità di informazione culturali»; però ci dice poco circa le chiavi di adattamento all'ambiente e circa il processo evolutivo dei diversi tipi di meme, non svela il segreto della sua eventuale «viralità».

Forse, qualcuno dovrebbe riprendere l'idea di Asimov ed eseguire - o ripetere - l'esperimento. Immaginiamo di mettere insieme un'equipe selezionata composta di umoristi, psicologi, sociologi e matematici, i quali mettono a punto, classificano e raccontano tutta una serie di barzellette inedite, per poi misurare la velocità e l'ambito della loro diffusione, così come la loro capacità di creare tendenza, di suscitare imitazioni o di proporre nuovi modi di dire linguistici. Impareremmo sicuramente qualcosa sul funzionamento della mente umana e sulla nostra problematica società.

- Carlo Frabetti - Pubblicato su Jot Down Cultural Magazine nel mese di settembre 2018 -

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