domenica 2 settembre 2018

Per una critica della logica dell'identità

Roswitha

Critica della Dissociazione-Valore e Teoria Critica
- di Roswitha Scholz -

(Comunicazione iniziale presentata il 30/11/2013 nel quadro della conferenza "Teoria critica. Una memoria per il futuro".)

1 - Da dove arriva la critica della dissociazione-valore? In che misura il suo punto di partenza è la Teoria Critica? La mia socializzazione è avvenuta all'epoca dei cosiddetti movimenti sociali, e per me il movimento delle donne è stato il punto centrale di riferimento. A mio modo di vedere, ciò che è avvenuto allora è stato quello che una volta Silvia Bovenschen ha descritto, parlando del movimento delle donne: «Ci siamo svegliate e il mondo era diverso». Ad ogni modo, rimasi scioccata da quello che nella teoria critica viene chiamata "falsa immediatezza". Natura/ecologia, la questione delle donne, ecc. si trovavano ora ad essere separate a partire dall'intenzione originale della critica del capitalismo. Negli anni '80, un bestseller dal titolo "Technik und Herrschaft" [Tecnologia e Dominio] dislocava il problema del dominio sulla tecnologia, e madre natura  diventava il vero punto di riferimento per il femminismo di parte del movimento delle donne. In tale contesto, nella prima metà degli anni '80, mi imbattei nella "Dialettica dell'Illuminismo", che mi sembrò che offrisse un punto di partenza per quella che dal 1968 era la "questione primordiale": Come fare a mettere insieme Marx ed il femminismo, la questione ecologica ed altre cose, con la repressione della natura interiore? E allo stesso tempo, entrai allora in contatto con quelli che erano gli inizi di un marxismo critico del valore, che già verso la metà degli anni '80 aveva fatto delle previsioni (non delle profezie) a proposito della disintegrazione del capitalismo nei decenni successivi, previsioni che nel frattempo, in larga misura, erano state confermate empiricamente.

2 - Se mi riferisco a questa relazione, non lo faccio per sottolineare il mio interesse soggettivo per la teoria critica, e come questo sia avvenuto, ma per chiarire che la teoria mantiene sempre un suo nucleo temporale, e pertanto deve essere elaborata anche nella situazione sociale concreta vista nel suo divenire storico, a partire dal fatto che la teoria critica aveva già assunto da Hegel questa conclusione. Qui bisogna tenere sempre presente che la società - la socializzazione feticistica, che è preponderante, nonostante tutta la dialettica soggetto-oggetto - supera gli individui sociali; così come una comprensione positivista della scienza si basa su una struttura dualistica fra soggetto scientifico ed oggetto. In un simile contesto, è importante evidenziare che qui non sto facendo riferimento ai testi concreti della teoria critica di Adorno, ma che al contrario, si tratta di un modo di pensare, e della critica corrispondente, che cerco di portare il più avanti possibile proprio a partire da questo orientamento, e che è consapevole di questo contesto feticista e contraddittorio di feticcio globale, senza tuttavia andare a finire per navigare in acque funzionaliste.

3 - Proprio per il fatto che la teoria critica di Adorno & C. ha sempre un nucleo così temporale, essa stessa deve essere letta in un tale contesto. Se consideriamo che la teoria critica (anche quella esistente prima) è stata segnata soprattutto dal dominio nazionalsocialista e dall'Olocausto, riflettendo anche un "mondo amministrato" burocratico-fordista (quindi facendo anche un riferimento a Weber), allora bisogna constatare che qualcosa qui è cambiata. In quel momento, la teoria critica come critica sociale era adeguata, proprio perché non era sviluppata come le ideologie ML, ma aveva seguito un orientamento del tutto diverso. Da un lato, aveva visto che l'uscita dal capitalismo era completamente ostruita (questo si applicava quanto meno al discorso di Adorno), e dall'altro lato, tuttavia non era stato abbandonato un pensiero storico-filosofico che includeva essenzialmente una dimensione del processo storico. A partire da questa dimensione, non si poteva immaginare in alcun modo che la "storia" non esiste (contrariamente a quanto avveniva con alcuni rappresentanti della "Nuova Lettura di Marx"). Dal momento che in questo senso il processo storico ha superato la teoria critica, è dimostrato che essa stessa dev'essere storicizzata e, allo stesso tempo, continuata in maniera modificata.

4 - Qui entra in campo l'altra corrente cui mi riferisco, la critica del valore. Per la critica del valore, ad essere centrale è la contraddizione in processo ed i limiti e le barriere esistenti all'interno del capitale, e questo sul piano economico e non solo sul piano ecologico, il quale negli ultimi anni è stato di nuovo il tema che si è sempre più rafforzato. Per la critica del valore, concetti come collasso e disintegrazione del capitalismo - che oggi escono facilmente dalle bocche dei teorici/che ed autori/trici mediatici/che - sono sempre stati concetti centrali; questo orientamento critico del valore, tuttavia, sono anni che non viene considerato come una "pazza idea", anche dall'elaborazione teorica e dalla scienza di sinistra. A partire dalla prima metà degli anni '70, vengono notate delle tendenze di crisi, un capitalismo del mercato finanziario, la separazione della speculazione dall'economia reale, ecc., dal momento che il fordismo è passato al post-fordismo (parole chiave: globalizzazione, rivoluzione microelettronica, formazioni di bolle, relazioni di lavoro precario, Hartz IV in Germania, ecc.). Questi erano tutti sviluppi che la teoria critica non poteva vedere (a partire dal fatto che l'economia non era il suo tema principale). In tal misura, la teoria critica dev'essere modificata nella teoria della dissociazione-valore. Per le donne, questo ha come conseguenza che esse, in quanto "doppiamente socializzate" (Regina Becker-Schmidt) ed in quanto "piccole autonomie" individualizzate, sono responsabili per il denaro e per la sopravvivenza (Irmgard Schultz), e nel momento in cui le istituzioni del lavoro e della famiglia si disfano, l'uomo smette di avere il ruolo di sfamare la famiglia ed il patriarcato capitalista si inselvaggisce. Ora tutto questo non può essere semplicemente dedotto come conseguenza del principio di scambio, oppure a partire dalla forma del valore. Al contrario, è la dissociazione-valore come principio sociale fondamentale nel suo sviluppo storico, nella sua dimensione processuale, a dimostrarsi responsabile per questo sviluppo. Per esempio, nella Dialettica dell'Illuminismo, una difficoltà è costituita dal fatto che la dissociazione del femminile viene vista veramente, ma le viene attribuito una carattere meramente descrittivo. Essa non possiede uno status di categoria in un meta-piano che permetterebbe alla dissociazione-valore di essere definita come principio fondamentale del patriarcato capitalista in generale. Da questo, la motivazione e l'idea di riprendere in maniera più dettagliata un pensiero più speculativo nel senso di Adorno, e modificarlo in termini femministi. In sintesi, la valorizzazione del capitale non conosce i propri limiti: questo a causa dello sviluppo delle forze produttive, il quale sviluppo, a sua volta, ha le sue ragioni decisive proprio nella dissociazione del femminile dalle scienze naturali; dalla sfera riproduttiva, le donne vengono spinte nella sfera professionale (mantenendo simultaneamente la responsabilità principale relativa alla sfera della riproduzione).

5 - Va visto come questo processo non riguardi solamente il piano materiale, nella misura in cui esso viene inteso solo sul piano economico, ma bisogna che venga incluso anche il piano psicoanalitico-culturale-simbolico; qui andrebbe evidenziato quanto si faccia sentire oggi un inconscio sociale androcentrico. Per quanto mi è dato vedere, attualmente viene pubblicato assai poco su questo. I piani differenti, da un lato, devono essere trattati "di per sé", poiché non è possibile affrontarli solamente attraverso degli strumenti concettuali marxiani; dall'altro lato, tuttavia, devono essere determinati come tali facendo riferimento alla dissociazione-valore nel senso di un vincolo interno; situazione in cui, anche così, la dissociazione-valore, come forma di pensiero, è già sempre consapevole dei propri limiti. In particolare, per essa rimane chiaro che la società postmoderna è frammentaria.

6 - In questo contesto, è importante anche una critica della logica dell'identità, dal momento che essa stessa deriva dalla dissociazione-valore, come principio fondamentale, e non dal principio di scambio (come pensava Adorno), e neppure dal concetto di valore di una critica del valore androcentrica. Poiché quel che è decisivo non è l'aspetto comune - senza tener conto delle qualità - il tempo di lavoro sociale medio, che poi è il lavoro astratto, il quale in una certa maniera si trova dietro la forma di equivalenza costituita dal denaro, ma che, a sua volta, ha avuto ancora la necessità di segregare e considerare come inferiore ciò che viene connotato come femminile, vale a dire, il "lavoro domestico", il sensuale, l'emotivo, il non analitico, il non evidente, il non comprensibile ed il non localizzabile con metodi scientifici. Tuttavia, la dissociazione del femminile non coincide in alcun modo con il "non identico" in Adorno; piuttosto, rappresenta il rovescio oscuro del valore stesso. Pertanto, tuttavia, la dissociazione è una precondizione perché il mondo della vita, il contingente, il non analitico, ma anche ciò che non è concettualmente comprensibile, possa essere disprezzato e rimanga nell'oscurità, rispetto alle aree della scienza, dell'economia e della politica di dominio maschile nella modernità. Quel che è diventato rappresentativo, quindi, era un pensiero classificatorio che non riesce a vedere la qualità particolare, la "cosa in sé", e difficilmente riesce a sopportare le differenze, le rotture, le ambivalenze, ecc. che l'accompagnano.
Viceversa, tuttavia, per la "società socializzata" dal patriarcato capitalista, questo significa anche che i diversi momenti, piani e domini non devono essere collegati fra di loro come "reali", ma devono essere considerati anche - nella loro connessione oggettiva e quindi "interna" al livello fondamentale della dissociazione-valore - come principio formale sociale della totalità sociale, per mezzo del quale la società in generale viene costituita come essenza (nel senso di una meta-struttura universale), in cui quei momenti e domini specifici si presentano "realmente" come manifestazioni.

7 - Questo non ha niente a che vedere con l'ipostasi della differenza che può essere trovata nelle teorie post-strutturaliste; al contrario - per la critica della logica dell'identità, nel senso della critica della dissociazione-valore - si tratta di una determinazione del concetto e della differenziazione centrata sulla cosa. Invece, sul piano dell'elaborazione teorica, l'ipostasi della differenza che si trova nella postmodernità corrisponde all'inselvaggimento del patriarcato capitalista. D'altra parte, una determinazione della totalità definita nei termini di grande concetto androcentrico - perfino nella forma della Nuova Lettura di Marx - non farebbe altro che sottomettere tutto, indiscriminatamente, al concetto.

- Roswitha Scholz - Pubblicato sul n° 14, maggio 2017, della rivista EXIT!

fonte: EXIT!

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