Congedo dal valore d'uso
- di Robert Kurz -
L'abbiamo amato così tanto, il valore d'uso!
Per la sinistra, è stata sempre la categoria preferita dell'economia politica. Per il marxismo tradizionale - fissato con una versione positivista della teoria marxiana - che vede di fatto in tutto l'apparato concettuale de "Il Capitale" una definizione positiva, ontologica, la critica e la rivoluzione sociale devono avvenire dentro queste categorie, che devono essere regolate in maniera più razionale e filantropica, anziché essere abolite. Ma ciò nonostante è rimasto sempre qualcosa di sospetto, insito nel concetto di valore di scambio. Solamente il valore d'uso appariva come se fosse in uno stato di innocenza storica. Era perciò «l'orientamento al valore d'uso» la parola magica per poter contrabbandare un motivo trascendente, a prescindere dall'accettazione della produzione di merci. E non era forse stato lo stesso Marx ad aver dichiarato il valore d'uso condizione sovra-storica del processo di "metabolismo con la natura"?
Può darsi. Ma, a tal proposito, bisogna spingere l'intenzione critica di Marx oltre la lettera della sua teoria. Se i concetti centrali della critica dell'economia politica devono essere intesi come negativi, critici, la stessa cosa vale anche per il valore d'uso. Questo non descrive semplicemente la "utilità", bensì l'utilità sotto la dittatura del moderno sistema produttore di merci. Per Marx, nel 19° secolo, forse la cosa non era ancora chiara. Pane e vino, libri e scarpe, edilizia e sanità allora apparivano come se fossero sempre le stesse cose, che venissero o meno prodotte sotto forma capitalista. Tutto questo è profondamente cambiato. Gli alimenti vengono coltivati in modo da soddisfare le norme di confezionamento; i prodotti arrivano dotati di una "scadenza artificiale", di modo che se ne devono rapidamente comprare degli altri; il trattamento dei malati obbedisce a dei criteri economico-imprenditoriali, simili a quelli che riguardano le automobili nei centri di assistenza. Il dibattito circa le conseguenze distruttive del trasporto individuale e dell'urbanizzazione predatrice della natura, si trascina senza risultati ormai da decenni.
In maniera evidente, la "utilità" diventa sempre più discutibile. Che cosa ha ancora a che vedere con i vecchi ethos e patos del valore d'uso, il fatto che si possa guardare un film ad alta definizione su uno schermo delle dimensioni di un francobollo? Con il progressivo sviluppo capitalista appare evidente che la categoria stessa del valore d'uso è una categoria negativa del sistema di produzione di merci. Non si tratta di quello che si oppone in maniera sensibile e qualitativo al valore di scambio, ma del modo in cui le qualità sensibili stesse vengono adattate al valore di scambio. È la categoria del valore che unisce entrambi i lati, "l'uso" e la forma sociale astratta.
Più esattamente, si tratta di una riduzione del concetto stesso di "utilità". Il punto di partenza è il valore d'uso della merce forza lavoro. Com'è noto, per la forza lavoro non si tratta di produrre cose concretamente utili, ma si tratta di produrre plusvalore. In questo modo, il valore d'uso si trova già del tutto degradato in funzione del valore di scambio. E tale specifico valore d'uso della merce forza lavoro influenza sempre più in maniera crescente tutte le altre merci. Tutto questo si vede assai più chiaramente nelle cose, nella misura in cui esse alla fine sono tanto più prodotti residuali della valorizzazione del capitale. In termini di contenuto materiale, quello che rimane è soltanto il semplice "funzionamento". La mina antiuomo deve scoppiare in maniera ineccepibile, in questo sta la sua "utilità". Per il capitalismo non si tratta del "che cosa", non si tratta della qualità del contenuto, ma solamente del "come". Una "utilità" così unidimensionale non può che diventare distruttiva. Qui non si tratta di sottigliezze teoriche, ma dekka nostra vita pratica, quotidiana. Una critica del capitalismo nuova, più penetrante, non può più comportarsi in maniera ingenua nei confronti del valore d'uso.
- Robert Kurz - Pubblicato il 29 maggio 2004 su Neues Deutschland, col titolo "Abschied vom Gebrauchswert" -
fonte: EXIT!
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