martedì 5 luglio 2016

Da un feticcio all’altro

jappe

Per farla finita con la dittatura del valore
- di Anselm Jappe -

«Contrariamente a quel che dicono i suoi avversari, che l'accusano di "determinismo", di "oggettivismo" o di "fatalismo", la critica del valore non parla affatto di ferree leggi che sottraggono all'individuo ogni possibilità di intervento. Durante i passaggi storici da una forma feticista ad un'altra, l'influenza esercitata da tali forme si indebolisce. Così, la decadenza della società di mercato fa sì che allo stesso tempo si riduca il condizionamento deterministico che tale società è in grado di esercitare [...] Fra società schiavista, feudale, capitalista e comunista non vi è alcuna successione necessaria [...] Quel che Marx dimostra, è che, una volta che il valore è diventato la forma predominante di socializzazione, a questo deve seguire un percorso inevitabile che si conclude con la sua auto-dissoluzione.
Ma non vi era alcuna necessità che apparisse il capitalismo, né che ora esso lasci il posto al socialismo.
È soprattutto per le prime generazioni di marxisti che la crisi del capitalismo e l'avvento del socialismo sono strettamente legati, quasi fossero l'identica cosa: il capitalismo sparirà perché ci saranno delle masse popolari che vorranno instaurare il socialismo.
La critica del valore, che ritiene che la crisi significhi l'autodistruzione del capitalismo,  è assai meno ottimista in proposito: la fine del capitalismo non implica nessun passaggio garantito verso una società migliore. Al contrario, quello che sta già accadendo in molte situazioni e che rischia di essere il risultato finale su scala globale, è la caduta nella barbarie.
A minacciarci, più che il grande Stato totalitario, è l'anomia. La società di mercato va decomponendosi da una parte, in isole di benessere (molto relative) circondate di filo spinato, e dall'altra il resto del mondo che a gradi differenti collassa in guerre di bande intorno a quelle poche cose che hanno in sé ancora del valore. La disintegrazione della Jugoslavia è stato un avvertimento per gli altri paesi arretrati che avevano creduto di poter partecipare al festino della società di mercato.
L'ultima parola dell'economia di mercato è stata quella che ha dichiarato che l'umanità è diventata inutile per la valorizzazione.

Il totalitarismo del mercato si è rivelato ancora più forte del totalitarismo dello Stato. Ma l'implosione del capitalismo lascia un vuoro che potrebbe permettere l'emergere di un'altra forma di vita sociale. Contro il progredire della barbarie, oggi si piò affermare qualcosa che assomigli al punto di vista dell'umanità, al di là delle classi - ma senza dimenticare che alcune parti dell'umanità sono più interessate di altre al mantenimento della logica del valore.
Non c'è mai stato nella storia un periodo in cui la volontà cosciente degli uomini abbia avuto così tanta importanza come avverrà nel corso della lunga agonia della società di mercato. Non c'è bisogno che quest'agonia venga annunciata, dal momento che si sta già svolgendo sotto i nostri occhi [...]. Oggi, è più urgente che mai trovare delle alternative alla società presente. Bisogna "reinserire" effettivamente l'economia nella società, come vorrebbe Polanyi - ma non come integrazione di un'economia rimasta di mercato in una società che si pretende più grande, ma come superamento della divisione fra produzione e consumo e come abolizione della "economia" e del "lavoro", dello Stato e del mercato».

- Anselm Jappe - da  Les Aventures de la marchandise. Pour une nouvelle critique de la valeur, Denoël, 2003, pp. 277-279. -

fonte: Critique de la valeur-dissociation. Repenser une théorie critique du capitalisme


 

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