Che scelta rimane alla Grecia dopo le elezioni?
- Tutto scorre - non solo in Grecia? -
di Richard Aabromeit
Le posizioni
"... E' stato proprio come se nessuno avesse detto niente". Nella traduzione tedesca di una conversazione fra Yanis Varoufakis con il "New Statesman", riportata su Neues Deutschland del 16 luglio del 2015, l'ex ministro greco delle finanze esprime il proprio stupore per il fatto che i suoi colleghi e le sue colleghe dell'eurogruppo, nel corso dei negoziati sul debito sovrano della Grecia e su un possibile terzo pacchetto di salvataggio, non hanno voluto avere con lui alcuna discussione sulle questioni economiche ed hanno semplicemente ignorato le sue osservazioni sul risultato finale. Tutti i suoi argomenti ed analisi sono stati in qualche modo recepiti dalle competenza e dai poteri riuniti della politica finanziaria europea, soprattutto dal Dr. Wolfgang Schäuble, ma anche così effettivamente ignorati. Questo indica quando fosse isolato il governo greco di Syriza, e personalmente Varoufakis, fin dall'inizio di questi negoziati con gli altri 18 membri del cosiddetto Eurogruppo, con la Commissione Europea e con l'FMI. Questo eurogruppo è una raggruppamento unico il quale, secondo il giudizio del parlamento tedesco, "fondamentalmente non alcun potere di prendere una decisione indipendente". Questo dev'essere visto in rapporto alla discussione attualmente in corso sui media, e fra il pubblico in generale, circa il tema della Grecia e del suo debito pubblico, in generale, e sopra le condizioni per ottenere il terzo pacchetto di aiuti recentemente approvato, in particolare.
Sebbene Syriza si sia di nuovo chiaramente imposto nelle elezioni del 20 settembre, non cambierà niente di decisivo, salvo rivelarsi, Alex Tsipras, definitivamente dome il Gerard Schröder greco, in quanto la situazione nella zona euro, circa il tema della Grecia, ed anche in generale, è innanzitutto segnata essenzialmente da due posizioni a prima vista fondamentalmente diverse:
da un lato ci sono quelli che, partendo dalle idee neoliberiste o economicamente conservatrici, considerano adeguata e promettente la politica dell'austerità. Le loro posizioni ed esigenze hanno finora essenzialmente prevalso , come si sperava: dev'essere promossa la privatizzazione delle imprese pubbliche (e redditizie) così come di porti ed aeroporti; il bilancio dello Stato deve prensetare, a medio termine, un avanzo primario del 3,5%, che può essere raggiunto solamente per mezzo di tagli, soprattutto nell'area sociale; la riformulazione del sistema pensionistico deve garantire che in seguito alla riforma l'età venga aumentata a 67 anni e che il pensionamento anticipato verrà significativamente penalizzato; l'IVA verrà aumentata dal 13% al 23%; le regole per la contrattazione collettiva dei salari verranno riviste.
Dall'altro lato ci sono quelli che rifiutano queste misure di austerità a scapito della maggioranza della popolazione e a favore degli istituti di credito della Grecia. A questo campo appartengono, in prima linea, tutti quelli che si inquadrano in senso ampio nelle posizioni del giornale TAZ, cioè, persone e gruppi che insistono nel difendere posizioni solidali, critiche della crescita e diffusamente anticapitaliste. Come esempio potremmo qui prendere i commenti pubblicati da TAZ sul suo sito (http:/taz.de) il 6 settembre 2015: "Allo stesso tempo, la crisi obbliga a trovare nuove forme di vivere e di lavorare insieme ed aumenta gli spazi dove applicarle. Progetti che da anni sono stati promossi da gruppi anarchici, antifascisti e di solidarietà, sperimentano ora una grande affluenza, nascono nuove idee. Gli spazi di autogestione ed i progetti di vicinato, cliniche di solidarietà, isole senza economia monetaria, negozi gratuiti, economia del dono, cooperative, laboratori e progetti di auto-aiuto. Modelli democratici di base con decisioni consensuali e lavoro collettivo diventano più conosciuti e più familiari. Alcuni greci quindi sono obbligati ad unirsi per costruire una società solidaria e pacifica a partire dal basso." A rigore, pensando allo spettro politico convenzione, anche i neo-keynesiani ne fanno parte; tuttavia, da parte loro, al di là dell'esigenza di un esteso, ma non specificato, programma di investimenti, così come di aumento della spesa pubblica, si sente dire ben poco, soprattutto nell'area sociale, anche per questo li lascerò sussunti in maniera indifferenziata dentro le posizioni di economia solidale di TAZ.
Una terza posizione che appare più marginale, archeomarxista da cima a fondo, si può trovare in Junge Welt del 18/19 luglio del 2015: "Una volta che tanto gli interessi della classe dominante quanto quelli delle classi dominate sono contraddittorie e la lotta di classe può sempre prendere direzioni differenti, non è chiaro in alcun modo, fin dall'inizio, come finirà il processo di negoziato fra il governo greco ed i creditori".
Un'altra argomentazione più periferica, costruita sulla base di una pura politica di potere, afferma che la posizione intransigente e la linea dura della troika e, in particolare del ministro tedesco delle finanze, ha solo due obiettivi: in primo luogo, il chiaro rifiuto del primo governo di sinistra radicale dell'Unione Europea e, in secondo luogo, impedire che si crei un precedente. Tuttavia, possiamo riconoscere frammenti di quest'ultima posizione, più o meno attenuata, in quasi tutte le posizioni.
Detto riassumendo, e leggermente semplificato, quindi, in prima linea si trovano i difensori di una ferrea politica di austerità, grandi privatizzazioni e drastici aggiustamenti strutturali, contro quello che difendono un aumento della spesa pubblica, un alleggerimento del debito e l'inizio di un programma di investimenti, così come l'esplorazione di possibili metodi alternativi di gestione attraverso misure più efficaci. Né i marxisti della lotta di classe né chiunque altro presenta proposte che debbano essere seriamente discusse. L'ultima delle posizioni di cui si è detto, ossia, quella della politica del potere, somigliando quasi ad una teoria della cospirazione, è diffusa in dosi più o meno forti un po' su tutti gli altri punti di vista e al di là di questo è difficilmente percepibile, di modo che preferisco concentrarmi sulle prime altre due. Dal momento che nessuno degli esperti presenti nella sfera pubblica, alla fine ha insistito sul tema del "Grexit", non metterò a fuoco neanche questo tema; di fatto finisce per essere di secondaria importanza, il che si deduce anche dalla mia argomentazione.
Ciò che queste posizioni dimenticano
Le somiglianze fra i punti di vista che ho brevemente delineato molto probabilmente non sono riconosciuti dai loro rispettivi rappresentanti, dal momento che le discussioni sulle misure da prendere e sulle cause delle disgrazie greche sono a volte talmente violente che si ha l'impressione di differenze inconciliabili. Queste somiglianze possono essere riassunte dicendo che dappertutto si verifica una situazione assolutamente statica e difficile da considerare, ma le ragioni perché avviene questo, inclusa la storia cronologica della formazione di questa miseria, vengono ignorate per una questione di semplicità. Anche la negazione o l'occultamento dei principali problemi con cui la Grecia si confronta sempre più a partire dal suo ingresso nell'eurogruppo, ossia, il suo forte ritardo nella produttività del capitale e del lavoro, secondo i criteri dell'economia politica - per non dire dei criteri marxisti - riunisce involontariamente la grande maggioranza dei commenti e delle ricette. Così, le differenti proposte per migliorare la situazione greca non si basano sulla percezione dei problemi reali, e neppure sul considerare tutti i dati empirici rilevanti, ma unicamente sul punto di vista politico di ciascuno dei partecipanti alla discussione.
Si è potuto ripetutamente vedere in quasi tutti i commenti, relazioni e dibattiti sul tema della Grecia un'incredibile mancanza di riconoscimento dei fatti - reale o simulata - e l'adesione a vecchi pregiudizi insieme alla creazione di nuovi, e assai spesso anche una semplice proiezione di altre situazioni sulla situazione greca. In alcuni casi, aggiungiamo pure dei patetici risentimenti e molta demagogia da bar. La domanda sarebbe: è questo un processo di occultamento e di negazione, e questo è davvero incredibile, ed è questa una condotta dei media cui da oggi dobbiamo abituarci - se non lo abbiamo già fatto? Forse, i rappresentanti dei media non possono o non vogliono "riferire" in maniera diversa, perché altrimenti avrebbero dovuto descrivere e spiegare nei loro giornali, nei loro blog e nelle loro trasmissioni, una situazione molto complicata, che probabilmente avrebbe infastidito i consumatori di questi media, ed avrebbe potuto rovinare le edizioni. il numero dei click e l'audience. Poiché è sufficientemente più semplice, più promettente e non ultimo, più redditizio, denunciare genericamente, arricchendo la cosa con un paio di episodio a proposito della presunta pigrizia di tutto un popolo, oppure, in alternativa, flagellare la presunta mancanza di fermezza dell'ex premier Alexis Tsipras.
Ma, indipendentemente dal fatto che si preferisca la politica repressiva di austerità completamente fallita oppure la politica del completamente disperato postulato neo-keynesiano unita ad un'idea illusoria di economia solidale, da entrambi i lati, alcuni fatti realmente complicati, ma abbastanza ovvi, non vengono affrontati, o quanto meno non vengono affrontati sufficientemente. Il gioco più recente, è quello di notare che in qualche modo tutte le parti esistenti nello spettro di sinistra sono segretamente a favore di una sorta di Grexit di sinistra - in maniera simile a quella della posizione di Schäuble - o quanto meno lo prendono in considerazione, come recentemente si è chiesto, sul Neues Deutschland del 14/8/2015, Tom Strohschneider: "Grexit di sinistra?"
La situazione
Anche la comparazione di principio - non espressa e spesso negligente, sia fatta consciamente che inconsciamente - fra l'economia greca e quella delle nazioni industriali tradizionali, come la Germania, il Regno Unito, l'Olanda, o la Francia, e perfino con gli Stati Uniti e con il Giappone, dimostra chiaramente che qualsiasi approccio differenziato, al di fuori delle idee dei due punti di vista principali, degli specialisti, continua a non essere preso in esame. A partire da questo confronto implicito, generalmente si trae la conclusione che la Grecia di oggi, semplicemente e senza penalizzazioni, non dovrebbe nemmeno poter essere liberata dalla sua situazione complicata. Se la Grecia aveva un debito così elevato, allora "i greci" non ne devono evitare le conseguenze e, in fin dei conti, devono prendere sul serio il risparmio, l'auto-regolamentazione, il rimborso, ecc..
Uno sguardo ai numeri dell'econometria già ci rivela alcune differenze in rapporto ai centri capitalisti dei paesi pienamente industrializzati: il settore terziario greco, ossia, il settore dei servizi, rappresenta attualmente circa il 71% del PIL, soltanto il settore del turismo contribuisce con il 16%, senza confronti con qualsiasi altro paese dell'Unione Europea in termini di percentuali del PIL. Il settore secondario, cioè l'industria, contribuisce in Grecia con circa il 16%, il settore primario (estrattivo), ossia, soprattutto l'agricoltura e la pesca, con circa il 6%, ancora una volta senza confronti con qualsiasi altro paese dell'Unione Europea. Questo significa: l'agricoltura ed il turismo contribuiscono per quasi un quarto del PIL; ora, se teniamo conto di una parte del settore secondario, ossia, la trasformazione industriale dei prodotti agricoli prodotti nel paese, allora ci avviciniamo ad un terzo del PIL che non ha niente a che vedere con l'industria classica; ma è solo qui che avvengono i guadagni di produttività rilevanti, e perciò si creano ancora - seppure in grado minore rispetto a prima - muovi posti di lavoro. Per non parlare del ritardo dell'economia greca sul tema della produttività industriale nel suo insieme; il livello di tale produttività è una categoria globale ed esige che tutti coloro che vogliono partecipare al mercato mondiale, o al mercato europeo, raggiungano almeno questo livello. E' proprio qui che la Grecia ha il suo problema centrale. E' vero che i dati dell'econometria borghese forniscono soltanto informazioni limitate e, soprattutto, solo indirette, a proposito della realtà economica; ma, come prima evidenza empirica, servono di certo: Mentre i greci lavorano in media 2.034 ore l'anno, in confronto in Germania si lavora solo 1.393 ore l'anno; tuttavia, in tutto questo tempo, in Grecia è stato prodotto un PIL per ora lavorata di solamente 36$ circa; in confronto, la media europea è di circa 50$, ed in Germania è di 62$. Viene quindi smentito il concetto dei greci "pigri", ma si dimostra anche che i problemi strutturali in Grecia consistono di fatto essenzialmente nella quasi irrecuperabile bassa produttività dell'economia. E' solo un'illusione credere che questa situazione possa cambiare in meglio per mezzo di risparmi e privatizzazioni.
Attualmente, il debito pubblico greco ammonta a più di 310 miliardi di euro, ossia circa il 177% del PIL, che nel 2103 è stato di circa 182 miliardi di euro. A titolo di confronto, nel 2007, ossia poco prima del crollo globale, il debito pubblico era solo poco più del 100% del PIL, e nel 1987 solo del 50%. L'aumento, che si è accentuato in particolare dopo il 2007, è dovuto al grande sforzo effettuato dallo Stato greco e dalle istituzioni (BCE, FMI, Commissione Europea) per il salvataggio delle banche (private) greche, e non alla stravaganza o alla dissolutezza di quello Stato. Con il salvataggio delle banche nel 2010, i debiti, prima privati (delle banche private greche) sono stati in gran parte nazionalizzati - ed ora è esattamente questa censura che viene fatta allo Stato stesso. A confronto, in Germania lo stesso rapporto del debito pubblico rispetto al PIL è aumentato, anche nel 2013, di circa il 78%, negli Stati Uniti di circa il 100%, in Spagna quasi dell'85%, in Cina soltanto del 25%. Il tasso di disoccupazione in Grecia, nel marzo del 2015, è stato del 26%, in Spagna quasi del 25% - in qualsiasi altro posto dell'Unione Europea (NB: includendo il Portogallo) significativamente meno. Questi dati verranno analizzati più in dettaglio.
Chiunque guardi queste cifre con ragionevole attenzione e le interpreti attraverso un minimo di cognizione di causa, sa che la Grecia non sarà mai in grado di ripagare il debito, ed è poco probabile che possa continuare a pagare gli interessi senza una ristrutturazione permanente e senza differimenti. Col terzo programma di aiuto recentemente adottato, di cui è il numero maggiore di misure di austerità che costituisce allegramente l'obiettivo principale, tutto questo non cambierà. Stranamente, il peso del debito in Grecia è stato quasi completamente nazionalizzato, e sono stati i governi di Tsipras che hanno dato inizio alle prime azioni nell'ambito delle richieste di austerità - tuttavia: i debiti praticamente non sono diminuiti. Anche così, i neoliberisti dicono ostinatamente che c'è solo bisogno di aspettare e si vedranno gli effetti benefici delle loro misure!
Nonostante sia minima la probabilità di pagamento del debito della Grecia, c'è stato, più implicitamente che esplicitamente, come un consenso fra tutti i partecipanti al dibattito, dai teppisti neoliberisti, passando per i codardi neo-keynesiani e per i sognatori dell'economia solidale, fino ai truffatori archeo-marxisti, procedendo tutti come se la Grecia dovesse in qualche modo per mezzo dei suoi contribuenti effettuare realmente questo pagamento. Solo così, può essere più o meno inteso il motivo per cui la rigidità di Schäuble e della "Troika" abbia assunto simili proporzioni, e su questo punto non ci sia stata una resistenza apprezzabile. E naturalmente: se si (cioè, il resto di Eurolandia) mostrasse tolleranza con la Grecia, in seguito anche tutti gli altri paesi con problemi vorrebbero un qualche sollievo o aiuto (finanziario)!
Ora, qui, bisogna insistere di nuovo vigorosamente sul fatto che i dati ed i commenti precedenti (ed anche quelli che seguiranno) si basano esclusivamente sui numeri borghesi dell'econometria. Se teniamo in considerazione il fatto che tra il 1986 ed il giugno del 2010, c'è stato in Grecia soltanto un istituto di statistica, alle dipendenze del Ministero dell'Economia e delle Finanze (ossia immediatamente influenzabile politicamente) e che soltanto nel luglio del 2010 è stato creato un istituto di statistica indipendente dal governo, sorgerà certamente qualche dubbio sulla validità dei numeri. Ma quello che, nonostante tutto, decorre dalla situazione incerta dei dati è duplice: in primo luogo, la Grecia, a causa del peso degli interessi e dei rimborsi, non disporrà di nessun margine di manovra per qualsivoglia sviluppo economico in un futuro prevedibile. In secondo luogo, il ritardo della Grecia rispetto alla produttività industriale relativamente agli altri paesi della UE e della zona euro è troppo grande per poter essere colmato nel medio periodo, ed ancor meno nel breve periodo. D'altra parte, e questo in generale non viene realmente silenziato, però viene poco riferito, la situazione sociale di una gran parte della popolazione greca non è soltanto di miseria, ma diventa ogni anno più miserabile a causa delle misure introdotte con la crisi economica avvenuta nel 2008. Ad esempio, il PIL in Grecia è crollato, in termini reali, dal 2008 al 2013, di più di un quarto del suo valore. Le conseguenze della crisi economica e finanziaria e delle misure imposte sono devastanti, come viene sottolineato, a titolo di esempio, da alcuni numeri:
- Dal 2011 al 2013, circa 70mila imprese hanno presentato istanza di fallimento, mentre sono a rischio di fallire un numero stimato di più di 180mila;
- Il reddito medio, tra il 2009 ed il 2013, è crollato di circa il 22%; assieme all'aumento dei prezzi, nello stesso periodo, di più del 10%, questo risulta in una perdita del potere di acquisto della maggioranza della popolazione di quasi un terzo, in quattro anni;
- Quasi metà dei pensionati ricevono al massimo 500 euro al mese;
- Il 38% dei greci vive sotto il limite di povertà;
- Quasi due terzi delle persone che hanno meno di 25 anni sono disoccupate;
- Circa 800mila persone (su circa 11 milioni, ossia, il 7% della popolazione greca, inclusi neonati e bambini) non hanno accesso al servizio sanitario.
Se Angela Merkel e Wolfgang Schäuble volevano fare realmente della Grecia un esempio, costi quel che costi, allora è proprio questo che fino ad oggi sono riusciti a fare molto bene - solo che la situazione da allora non è migliorata, né andrà a migliorare in futuro. Non si è (ancora?) aggravata drammaticamente solo perché in Grecia le famiglie e i clan (proprio grazie alle loro relazioni sociali tradizionali, ossia arretrate, dal punto di vista dei centri capitalisti) sono ancora in grado non solo di salvare i bisognosi (disoccupati, poveri, vedove, giovani, anziani, ecc.) dalla rovina finale e di mantenerli nel cerchio di coloro che sono ancora socialmente riconosciuti, ma anche di considerare questo una cosa del tutto naturale.
Le ragioni
Le ragioni della miseria in Grecia sono molto citate da tutti e da tutte le parti; la maggior parte delle volte servono a giustificare il fatto che la Grecia deve fare i conti con la sua situazione attuale, ma purtroppo sono pieni di calcolo, di preconcetti e di paura. Delle due posizioni principali sulla crisi della Grecia summenzionate, ossia, quella neoliberista e quella neo-keynesiana/dell'economia solidale, sono state di fatto immesse nella discussione alcune proposte per porre rimedio a questa crisi (vedi sopra); ma per quanto riguarda le ragioni dell'emergere della crisi, al di là delle banalità, c'è poco di cui tener conto. Ora, quasi nessuno vuol prendere seriamente atto di queste ragioni nel quadro della problematica della Grecia. Queste ragioni, di fatto, possono già essere lette nelle statistiche e nelle relazioni conosciute; ma possono essere comprese (quasi euristicamente) soltanto con l'aiuto di una riflessione ragionevolmente intensiva e che abbia la sua base su tutti i dati, quindi non solo sulla base di gradevoli dati empirici. A chi è riuscito ad innescare questo processo di riflessione in forma propositiva e consistente non sfuggirà che lo sviluppo della crisi del capitalismo contemporaneo porta problemi enormi anche nei centri del processo di valorizzazione; nelle estremità dei centri, ad esempio in Grecia, questi problemi si mostrano già in forma chiaramente aggravata; della situazione nelle periferie, qui non parleremo. Ora, questa propensione alla crisi consiste nel fatto che, per circa 50 anni, sono stati globalmente vittime dell'aumento della produttività più lavoratori di quanti hanno avuto accesso, di nuovo grazie all'espansione dei mercati, a nuovi prodotti, o per effetto della riduzione del costo del lavoro. Se questo ha portato già nei centri ad effetti secondari molto spiacevoli, ad esempio, in Germania, le relazioni di lavoro sempre più precarie, ed in paesi economicamente molto più deboli, come la Grecia, lo stesso meccanismo di azione poteva portare soltanto a conseguenza ancora peggiori. Purtroppo - e questo semplicemente non viene notato né preso in considerazione dalla cosiddetta sinistra o dai progressisti - le correnti principali summenzionate (neoliberisti e neokeynesiani/difensori dell'economia solidale) rispetto a questo non differiscono fra di loro. Ma esse lottano ancora fra di loro con molta forza - mi domando: a che scopo?
Quale dev'essere la direzione?
Misure politiche significative non possono essere misure strutturali o di austerità pseudo-realista, dal momento che in ogni caso non arrivano a niente, tranne che ad aumentare la sofferenza di una gran parte della popolazione ellenica. Al contrario, esse dovrebbero assumente un carattere che accetta l'affermazione della formazione sociale esistente, in quanto che, con qualsiasi altra misura a breve o a medio termine presa in Grecia, non può essere modificato niente nella valorizzazione del capitale, lì o altrove, o addirittura globalmente. Pertanto, misure significative che abbiano successo devono essere specifiche esclusivamente al fine di alleviare la sofferenza di circa un terzo della popolazione greca e, simultaneamente, mostrare a tutti quelli che ancora credono nel miracolo greco od europeo, che tali misure sono l'unica cosa che rimane da fare per le persone che non trovano il coraggio di mettere in discussione il tutto, la totalità sociale.
Conclusione
La vera conclusione può essere resa in maniera relativamente breve sotto forma di una semplice tabella, che contiene solo 6 punti e che può rappresentare un esempio di tipo diverso:
1 - La Grecia, a medio e a lungo termine, non potrà pagare gli interessi del suo debito, senza subire un danno economico e sociale ancora più massiccio;
2 - La Grecia è il paese della zona euro che ha mostrato la minore produttività economica;
3 - La Grecia è il paese della zona euro in cui possono essere avvertiti più chiaramente gli effetti della crisi generale e globale, soprattutto nella "popolazione media"
4 - Nel quadro di valorizzazione del valore capitalista, non vi è alcuna possibilità di offrire alla Grecia una prospettiva soddisfacente di un miglioramento sostenibile della situazione, sia in campo economico che in campo sociale;
5 - Solo il miglioramento della situazione sociale e finanziaria delle persone più colpite, può essere un obiettivo ragionevole delle proposte politiche da parte che si considera critico della società:
6 - Da tutto ciò ne consegue che una riduzione generale o una moratoria del debito, e la preparazione di un pacchetto sociale per quel terzo di più bisognosi dei residenti greci, sarebbe l'unica esigenza realista per non soccombere ad una qualche fantasmagoria neoliberista o neo-keynesiana, o perfino all'economia solidale.
Bisogna mettere in chiaro che le posizioni neoliberiste-conservatrici (parola chiave: austerità) devono essere criticate di fatto a causa delle loro conseguenze profondamente anti-sociali; e bisogna anche chiarire che le richieste neo-keynesiane (parola chiave: programma di investimenti) non possono che rimanere tanto irrealistiche quanto disperate ed inefficaci; non da ultimo, bisogna sottolineare, in particolare, che le possibilità indicate dai rappresentanti dell'economia solidale (parola chiave: autogestione e progetti di quartiere) non rappresentano affatto un contributo alla soluzione del problema globale, e devono essere classificate dagli interessati come ciniche ed arroganti. Ad ogni modo, dopo le recenti elezioni, alla Grecia non rimane alcuna scelta...
Quelli che, nella discussione sul problema Grecia, dovessero per caso avere delle fantasie grandiose circa la trasformazione, o addirittura circa il rovesciamento del capitalismo, devono considerare che il miglioramento della situazione degli svantaggiati va accolto come un atto umanitario e dev'essere appoggiato, ma anche che non si tratta di qualcosa in grado di contribuire in alcun modo a superare la nostra formazione sociale.
- Richard Aabromeit - Pubblicato su Exit! il 25/9/2015
fonte: EXIT!
Nessun commento:
Posta un commento