Keynesismo neoliberista
- di Robert Kurz -
Il ritorno alla regolamentazione statale viene generalmente considerato come il piano di gestione della crisi. Il neoliberismo dev'essere stato un errore storico, proprio come lo era stato prima il socialismo reale. L'obiettivo è un posizionamento ideologico sul terreno cui tende, con gli occhi chiusi, la coscienza dell'opinione pubblica: verso un "centro" dorato, una moderata re-regolamentazione keynesiana della politica economica. Ma, in primo luogo, la dottrina neoliberista non è stato un semplice errore, bensì una reazione alla mancanza di condizioni reali per la valorizzazione del capitale. E, in secondo luogo, il neoliberismo non avrebbe funzionato in nessun modo senza l'intervento statale; anche la politica della privatizzazione e della deregolamentazione era una politica. Non essendo cambiato nulla per quel che riguardava la difficoltà reale della valorizzazione, allora semplicemente la crisi è uscita alla luce del sole. Per cui non si può invocare la scolta keynesiana come un ritorno alla politica degli anni '70, visti come "secolo socialdemocratico".
E' questo quelle che si legge nelle istruzioni della nuova euforia della regolamentazionw. Il presidente Obama ha annunciato una grande riforma dei mercati finanziari, che deve stabile dei controlli severi. Ma, allo stesso tempo, vengono modificate le regole contabili di modo che i crediti inesigibili e i titoli senza valore possano essere ancora meglio nascosti e trasferiti. Il ruolo della banca di emissione statale dev'essere rafforzato. Ma, allo stesso tempo, è questa stessa banca ad ammettere sempre più che vengano accettati titoli finanziari dubbi come "garanzia" per il rifinanziamento del sistema bancario. La Banca Centrale Europea (BCE) si vede costretta a percorrere la stessa strada. Un controllo dell'economia del credito e delle bolle finanziarie non ne cambia il suo carattere. Su entrambi i lati dell'Atlantico, il problema irrisolto è stato semplicemente statalizzato e rinviato. La nuova regolamentazione keynesiana è più neoliberista di quanto sembri.
In termini sociali, una caratteristica essenziale della "rivoluzione" neoliberista è stata l'economificazione di tutte le aree della vita. Sotto il titolo di "gestione della qualità", tutte le relazioni sociali dovevano essere trasformate in "relazioni con i clienti", e le scuole, le istituzioni culturali, e perfino le famiglie, sono state trasformate in imprese. In parallelo con la propaganda della "responsabilità personale" si sperava che ciascun individuo assumesse sé stesso come un'impresa bipede ambulante. Anche questo è stato un tentativo di ridefinire in qualche modo la mancanza di condizioni reali per la valorizzazione e spingere il problema verso il basso. E' un'illusione pensare che ci possa essere un ritorno allo stato sociale e alle prestazioni di servizi pubblici, solo perché lo Stato assume di nuovo il comando. Come la crisi capitalista si è aggravata, l'economificazione totalitaria ha proseguito sotto la direzione statale. In Germania, ci potrebbe essere un brusco risveglio dopo le elezioni federali, quando l'amministrazione di crisi annuncerà ulteriori atrocità e manderà direttamente fuori, senza prospettive, per "responsabilità personale" le nuove vittime .
Non è sorprendente che il keynesismo di crisi si riveli essere la continuazione del neoliberismo con altri mezzi. Entrambe le dottrine si legano in maniera incondizionata al modo di produzione capitalista, visto come presupposto insormontabile. In questa crisi storica, diventano identici, dal momento che tanto lo Stato quanto il mercato possono solamente scaricare i limiti della valorizzazione del capitale sul corpo della società. Due morti viventi, uniti insieme, della politica economica, non costituiscono un nuovo avvio della macchina della valorizzazione.
- Robert Kurz - Pubblicato su Neues Deutschland del 19/6/2009 -
fonte: EXIT!
Nessun commento:
Posta un commento