domenica 7 giugno 2015

Uscire dal labirinto capitalista

manifesto critica

Per un manifesto dell'emancipazione umana

Dopo 165 anni dal Manifesto Comunista si vede un'opportunità storica per andare oltre il capitalismo.
Una rottura attraversa il capitalismo - la rottura anti-feticista.
La critica radicale ha smascherato la logica del sistema. La pratica emancipatrice defeticizzerà la società.
Questa nuova rivoluzione affonda il coltello nei fondamenti del capitalismo. E' trascendente. Le rivoluzioni precedenti hanno fallito perché non lo hanno fatto.

Questa rottura si propone in un momento in cui il sistema attraversa la crisi del suo dio-feticcio, il denaro. Per questo, una tale crisi è anche la crisi dell'essere umano, la crisi del soggetto. Alla fine, siamo stati formattati da questa matrice feticista. E a causa di questo, noi, gli esseri umani, che siamo stati i creatori di questo sistema, viviamo una crisi senza precedenti.
Nei tratti del capitalismo, non ci sono più risposte a questa crisi. Oggi, davanti ai nostri occhi, il sistema ha assunto il suo volto autodistruttivo.
CI autodistruggeremo anche noi? Noi scommettiamo di no!
Ma per questo, la sostituzione del capitalismo deve essere messa all'ordine del giorno. QUesto impensabile già fiorisce in vari paesi. E quello che fino ad oggi era considerato impossibile prova a fare i suoi primi passi.
Per questo, coloro che interpretano e vogliono inaugurare una nuova pratica che soppianti il capitalismo sono chiamati ad esporre apertamente, la mondo intero, il contenuto della loro critica e ciò che propongono per andare oltre il sistema. Tuttavia, tutti i poteri della terra si sono uniti a difesa del sistema: il Papa e Obama, Merkel e Dilma,  Netanyahu e Ahmadinejad, Xi Jinping e Castro, Putin e Maduro, Manoel Barroso e Kim Jong-un, Al Qaeda e Hezbollah, Mercato e Stato, Fondo Monetario e Banche centrali, imprenditori e sindacalisti, media e partiti politici. l loro accordi e le loro controversie hanno un punto in comune: la manutenzione del capitalismo.
Ma tutte queste loro posizioni sono diventate inconsistenti. Il sistema vive un momento storico molto diverso da quelli precedenti. Le sue impasse indicano fino a che punto si trovi ad affrontare una crisi non transitoria. I suoi limiti economici ed ambientali sono sotto gli occhi di tutti. Le risorse naturali si stanno esaurendo. La riduzione drastica del lavoro produttivo, per mezzo della microelettronica, ha fortemente desustanzializzato il capitale. La fine del lavoro annuncia la fine del capitalismo. E così, il capitalismo perde la sua dinamica. Raggiunge il suo limite. Collassa. Le sue basi sprofondano. La sua logica diviene insostenibile.
Ma l'agonia del sistema non è il risultato delle proteste dei movimenti sociali o di qualche movimento rivoluzionario. Coloro che lo difendono e che insistono sul volerlo modernizzare, mendicando le sue briciole, non vogliono ammettere che la bancarotta è il risultato dei suoi fondamenti.
Il ritardo nel soppiantare questa escrescenza storica ha contribuito a che il capitalismo si trasformasse in questa catastrofe che devasta l'umanità ed il pianeta.

Cosa dobbiamo fare per smettere di essere prigionieri di un'incoscienza che riduce del 95% la nostra capacità cognitiva?

La doppia natura della critica al capitalismo
E' passato del tempo da quando si è scoperto che la liberazione può essere soltanto dal lavoro, e non nel lavoro. Nel lavoro non si libera nessuno. Oltretutto, non va confuso il lavoro con l'attività umana. L'essere umano ha sempre svolto, e sempre svolgerà, delle attività. Ma il lavoro è una costruzione storica che è stata imposta agli esseri umani. Ed è stata imposta per mezzo di una repressione sanguinosa. In quanto, è avvenuto per mezzo dell'invenzione e dell'uso delle armi da fuoco che è stata impiantata l'economia mercantile. Ovviamente, le persone non si lasciarono portare di loro spontanea volontà nella nuova economia armamentista e finanziaria. Fu la repressione a trasformare in lavoratori i piccoli produttori delle forme di dominio pre-capitalistiche. Per questo essi vennero espulsi dalle loro terre e videro aboliti i loro diritti alla caccia, alla pesca e alla raccolta di legna da ardere. La finalità di queste misure era esattamente quella di forzarli a vendere l'unica cosa che ancora rimaneva loro - la loro capacità di lavorare. La stessa radice latina della parola, "tripalium", "tre pali", si riferisce ad una sorta di giogo utilizzato per la tortura ed il castigo degli schiavi e di altri non-liberi. Nonostante questo, i difensori del lavoro insistono nel volere ignorare la sua critica.
Oggi, tale difesa si riveste di un carattere reazionario. Poiché contrasta fortemente con il momento storico che rende possibile non solo il superamento del lavoro, ma anche i suoi sistemi, capitalisti o socialisti che siano. Alla fine, ci troviamo davanti ad una possibilità di eliminare la sofferenza, parte della quale è causata dal lavoro, le cui origini, e l'attuale impasse, risiedono nella storia delle relazioni feticiste.
Quando ci siamo resi conto di questa possibilità, siamo stati considerati profeti del caos. Ora che l'abbiamo raggiunta, ci dicono che non c'è via d'uscita. E domandiamo: perché? Ci rispondono: perché il capitalismo è come l'araba fenice, rinasce dalle sue ceneri, trova sempre il modo per continuare. Ma come potrebbe continuare se la natura della crisi attuale è il suo fondamento?
Per noi, la configurazione di questa realtà si è avvicinata al pensiero critico radicale.
Ora si è avvicinata. In tal modo, ha fatto irruzione una congiunzione storica che permette di soppiantare il moderno sistema patriarcale produttore di merci. Possiamo affermare con certezza che il capitalismo, il lavoro e le sue altre categorie e la sofferenza degli individui non hanno più alcun motivo per continuare.
La microelettronica, utilizzata come forza produttiva, ha spinto fino all'assurdo la ragion d'essere del lavoro. Così, la visione trans-storica, ontologica, naturale del lavoro non regge più. E perché? Perché il capitalismo stesso ha cominciato a dispensare l'essere umano dal lavoro.
Quindi, vengono smentiti non solo il cristianesimo, il protestantesimo, il marxismo, ma anche lo stesso capitalismo. Di conseguenza, la rivoluzione non non può basarsi su un concetto positivo di lavoro.
E' da molti anni che il valore è stato compreso come la base della produzione borghese, ed il lavoro come la sostanza del capitale, la sostanza formatrice del valore che viene espressa in denaro. Questa critica, fin dal suo inizio, catturava le forme basiche della società capitalista che ha nel valore il negativo centrale della società moderna.
Però, la critica sociale inaugurata dalla modernità ha dato origine a due critiche sociali antagonistiche.
Una, che sottoponeva alla critica radicale le forme basiche di questa società. L'altra, che criticava l'insufficienza e il sottosviluppo della stessa società. La prima, che all'inizio è rimasta nascosta, e per molto tempo è stata repressa, solo recentemente è stata (ri)scoperta e perciò muove solo ora i suoi primi passi. Passi che ci potrebbero portare nella stanza dove son custoditi i più importanti segreti dell'umanità. La seconda finora è sopravvissuta e si è sviluppata come una riflessione immanente al capitalismo. I suoi fondamenti poggiano sulla teoria della modernizzazione capitalista che ha collassato.

La genesi delle teorie
Le due teorie si rivolgono allo stesso oggetto di studio,il capitalismo. Però, il capitalismo non è entrato nella storia allo stato puro, ma attraverso una miscellanea di momenti capitalistici, pre-capitalistici, moderni e pre-moderni. Questo ha dato luogo ad una disparità fra i diversi paesi dell'Europa continentale che erano sottosviluppati in rapporto all'Inghilterra, ed anche nei paesi del resto del mondo, che si trovavano ancora più indietro dei paesi europei sottosviluppati. In questa non simultaneità interna ed esterna del capitalismo risiede la genesi delle due teorie. Da questa contraddizione emana il Marx esoterico ed il Marx essoterico. Da qui, derivano i suoi differenti approcci, per mezzo di due teorie differenti: una, la teoria della soppiantazione del capitalismo; l'altra, la teoria della sua modernizzazione.
Col predominio della teoria della modernizzazione, la critica si è rivolta soltanto al plusvalore, ossia, alla quantità non pagata del valore prodotto dal lavoratore, e di cui egli viene privato. Quest'aspetto ha dato origine all'idea per cui la liberazione della classe operaia sarebbe stata nel lavoro, e non dal lavoro. Il risultato è stato che il lavoro si è costituito come base della rivoluzione socialista, per mezzo della quale il proletariato avrebbe dovuto andare oltre il capitalismo.
Di conseguenza: la critica del capitalismo non è stata diretta contro la qualità distruttiva della socializzazione sotto la forma valore, ma soltanto contro il meccanismo quantitativo della distribuzione che avviene sotto questa base ciecamente presupposta. A partire da questo presupposto, la rivoluzione socialista poteva soltanto modernizzare il capitalismo. Dopo la morte di Marx, alcuni rivoluzionari marxisti vennero sopraffatti da un vago presentimento che li portò a constatare, pur senza comprenderne la dimensione, in Marx esistevano approcci differenti alle diverse questioni.
Un simile vago presentimento, tuttavia, generò una fobia contraria all'idea di un limite interno della valorizzazione del valore, della valorizzazione del denaro, facendo sì che quest'idea rimanesse svincolata dalle congiunture sociali dell'economia e della politica, dalla crisi e dalla prosperità, dalle guerre mondiali, dalla crisi economica mondiale e dall'era di prosperità del dopoguerra portata dal fordismo. Un fatto indubbiamente ingiustificabile, ma comprensibile. Alla fine, ci si trovava davanti a delle situazioni che evidenziavano la frontiera storica del moderno sistema patriarcale produttore di merci.
Ma, la possibilità che la critica categoriale fosse corretta rispetto alla dinamica capitalista ingenerò fastidio, provocò scandali e produsse lo sconforto negli intellettuali.
Diversi ed importanti rivoluzionari rimasero perplessi davanti alla possibilità che nei testi di Marx potesse esistere l'idea che la classe operaia avrebbe perso i suoi posti di lavoro e che la sua concentrazione nelle fabbriche si sarebbe drasticamente ridotta, che in quei testi si potesse trovare la negazione della classe operaia in quanto soggetto storico; che Marx fornisse elementi per poter pensare e poter fare una rivoluzione che non fosse socialista e che le sue formulazioni venissero ad essere confermate da un momento nuovo della produzione capitalistica nel quale praticamente spariva il valore e, in concomitanza, il plusvalore.

La critica del lavoro e la rottura con il lavoro ed il capitalismo oggi
La nuova crisi mondiale, con la terza rivoluzione industriale, è esattamente la conferma della previsione di Marx (Grundrisse). Ci troviamo di fronte ad una crisi del limite interno della valorizzazione del valore, della valorizzazione del denaro. Se, precedentemente, non abbiamo assistito a questa situazione, ora ci troviamo quotidianamente faccia a faccia con essa. Prima, si trattava di crisi relative all'espansione del sistema.
Oggi si tratti di crisi del limite del capitalismo. Ci troviamo davanti allo scacco matto del capitalismo ad opera del capitalismo stesso. A causa di questo, lo sviluppo della critica radicale della dissociazione-valore, che supera l'interpretazione della storia vista come lotta di classe e la sostituisce con la storia delle relazioni feticiste, assume attuale importanza e costituisce il fondamento della critica della nostra epoca storica.
L'obiettivo della produzione moderna è quello di trasformare il denaro in più denaro. Questo è stato finora possibile solo perché, nel capitalismo, il denaro è l'incarnazione del lavoro. Con il suo sviluppo, sono sorte fabbriche con più di 30mila lavoratori. E sono sorte perché nel capitalismo il fondamento del sistema è la valorizzazione del denaro che nasce come forma di ricchezza costituita dal dispendio diretto del lavoro umano, avendo come base il tempo di lavoro. In questo risiede il cuore del sistema capitalista, la valorizzazione del valore, la valorizzazione del denaro. Tutti gli ostacoli che si frappongono a questo obiettivo, inclusi quelli rivoluzionari, vengono sbaragliati dalla dinamica, dall'imposizione, espansione e modernizzazione del capitalismo.
Oggi la produzione è arrivata a dipendere meno dal tempo di lavoro e dalla quantità di lavoro impiegato e molto più dalle sofisticate macchine produttive create dalla scienza e dalla tecnologia. Fabbriche che avevano 30mila lavoratori, ne hanno ora cento. Producono di più e molto più a buon mercato. Ma, come si sa, il capitale non può eliminare del tutto il lavoro vivo dal processo della produzione delle merci. Alla fine, è da questo lavoro che esso estrae il pluslavoro da cui trae profitto.
Ma così come aumenta la produttività, a causa della concorrenza, mediante l'uso di nuove tecnologie, anche il tempo di lavoro viene sempre più ridotto. Davanti all'immenso accumulo di lavoro morto, il lavoro vivo finisce per essere ridotto alla mera manutenzione e supervisione del macchinario tecno-scientifico. L'aumento incessante di produttività de lavoro ha condotto ad una situazione tale per cui il nuovo valore aggiunto per ogni unità di prodotto è talmente insignificante e misera che la misurazione per mezzo del criterio del valore è diventata insostenibile. Quindi, né il lavoro né il tempo di lavoro sono più condizioni principali della produzione. Il lavoro ha cominciato a smetter di essere la fonte principale delle ricchezza, ed il tempo di lavoro ha smesso di esserne la sua misura.
L'umanità si trova davanti all'eliminazione della gallina dalle uova d'oro del capitale, all'eliminazione del lavoro.

Il nucleo della critica radicale della crisi
La sostituzione del lavoro vivo con il lavoro oggettivato si pone allora come l'ultimo attuale sviluppo della relazione del valore, della produzione basata sul valore. Ci troviamo davanti ad un processo produttivo che altera profondamente il significato di ricchezza, di tempo e di relazione sociale, e che mette sotto scacco il lavoro. Ecco la barriera storica del capitalismo. Il tentativo di superare quest'impasse per mezzo della speculazione finanziaria, ossia, denaro che produce denaro, acuisce enormemente la crisi attuale e mostra le proporzioni e le conseguenze del collasso mondiale.
Sofisticatissimi computer, nuovi media e nuove tecnologie di comunicazione, bolle finanziarie speculative di più di 400milardi di dollari sui mercati azionari ed immobiliari non riescono a nascondere questa realtà. La società solida del denaro cade sempre più a pezzi.
La desustanzializzazione del capitale è arrivata a tal punto che è possibile soltanto un'accumulazione solo apparente, senza sostanza, per mezzo di bolle finanziarie e di credito pubblico che hanno attualmente raggiunto i loro limiti. La conclusione è chiara: la storia della desustanzializzazione del valore, ossia, la svalorizzazione del denaro, si presenta come una questione di riduzione drastica della quantità di lavoro. Eccolo qui il nucleo della teoria critica radicale della crisi. Questa desustanzializzazione reale del capitale, in corso, comprova che i capitalismo sta morendo. Di fronte a questo, l'appello non può essere che uno: basta col masochismo storico, che il capitalismo muoia!

Così l'umanità e il pianeta saranno salvi
Anni dopo la prospezione di Marx, e dopo la scoperta/intuizione della Critica Radicale, a partire dalle formulazioni ben fondate di Robert Kurz e con l'esplicitazione della crisi della frontiera storica del capitalismo (2008), ora risorge una fobia postmoderna che, nel tentativo di negare la possibilità del superamento del capitalismo, contribuisce alla configurazione di una soggettività distruttiva e autodistruttiva, quella del soggetto contemporaneo. Ma non ci sono più le condizioni per contenere la radicalità teorica e pratica della critica categoriale al capitalismo e, perciò, possiamo dare inizio ad "un certamente difficile processo di trasformazione pratica, a partire dal proprio comportamento quotidiano fino alle rivoluzione delle istituzioni sociali". (Kurz)
Questo processo di trasformazione ha come uno dei suoi presupposti la critica radicale del lavoro. Per le sue radici, il lavoro è maschio, bianco ed occidentale. A questo è vincolata la dissociazione sessuale, la svalorizzazione delle donne. Alle quali sono stati imposti tutti i momenti della riproduzione sociale separati dal lavoro. Se di questo non si avrebbe valorizzazione del valore, valorizzazione del denaro.
A causa di questo, il capitalismo non può venire dimensionato solamente come connessione delle sue forme categoriali, ma anche, sempre, come processo di dissociazione. La dissociazione è il valore. Il valore è la dissociazione. (Scholz)
Inoltre, al codice di disciplina del lavoro è vincolata anche una svalorizzazione delle persone non bianche, che vengono considerate non sottomesse alla ragione moderna.
Dall'altra parte, le crisi interne del sistema vengono attribuite costantemente ad un potere soggettivo alieno, esterno, come è avvenuto con gli ebrei nella storia europea. S'immagini ora, con la crisi dei fondamenti del sistema!
Per tale motivo, già fin dall'epoca dei Lumi, il machismo, il sessismo, il razzismo e l'antisemitismo venivano trasmessi insieme alla positivizzazione del lavoro che stava alla base e costituiva la sostanza del processo di valorizzazione del valore, del denaro. Se questa relazione sociale può essere superata, come si annuncia, può essere superata anche la sua società e le sue categorie fondanti il capitalismo insieme al machismo, all'omofobia, al razzismo e all'antisemitismo.
Per questo, non si deve più tornare all'Illuminismo, ai miti della rivoluzione borghese, allo Stato dei lavoratori, ad una pre-modernità idealizzata, al romanticismo agrario, né continuare ad accettare l'esistenza del soggetto formattato dal feticismo delle merci. Inoltre, tutti i movimenti sociali che hanno fatto e fanno parte della storia dell'ascesa, dell'imposizione e della modernizzazione del sistema patriarcale produttore di merci e della sua metafisica reale e che, pertanto, non hanno trasceso l'ontologia capitalistica, sono scaduti. E sono scaduti perché riescono a pensare la critica, ed a metterla in pratica, solamente nelle categorie fondanti del capitalismo (valore, dissociazione, denaro, lavoro, soggetto, merce, politica, Stato, nazione, concorrenza, feticismo, democrazia...). Questo si manifesta chiaramente nelle performance dei vecchi e nuovi dirigenti politici del sistema, che siano d destra, di centro o di sinistra.

Anti-soggetto per superare la storia delle relazioni feticiste
La storia di tutte le società che sono finora esistite non è storia di lotta di classe, ma storia delle relazioni feticiste. Il concetto di lotta di classe è immanente al sistema. Non coglie l'essenza del capitalismo. Ma ne coglie solo l'apparenza.
Il concetto di feticismo costituisce qui la chiave per entrare nella stanza proibita. Per mezzo di esso comprendiamo l'andamento storico dall'inizio fino ai nostri giorni. La distinzione fra la prima e la seconda natura costituisce il punto decisivo.
La seconda natura (costituita dal feticismo e codificata simbolicamente) significa che la socialità degli esseri umani si costituisce e si presenta in maniera analoga alla prima natura (biologica). Ma analogia non significa identità, cioè, prima e seconda natura non si equiparano. La costituzione senza soggetto della seconda natura non avviene come risultato naturale, bensì storico.
La costituzione senza soggetto della prima natura proviene dalla trasformazione biologica e naturale. La distinzione fra prima e seconda natura, e il suo dimensionamento per mezzo della critica radicale del feticismo, fornisce le basi indispensabili all'umanità per la sua liberazione. L'essere sociale nato, e non creato, viene alla luce come inconsapevole di sé stesso, e tale incoscienza deriva dalla stessa forma della coscienza e dalla riproduzione inconsciamente costituita.
Ma l'essere sociale nato non potrebbe essere plasmato nella seconda natura senza ricorrere ad un sistema simbolico (codici) che forma la sua strutturazione umana. E' qui che risiede il nucleo della costituzione della matrice feticista!
I concetti di feticcio e di seconda natura indicano che esiste "qualcosa" che non si risolve nel dualismo soggetto-oggetto e che non è né soggetto né oggetto, sebbene costituisca questa relazione.
Il punto decisivo è che ci deve essere un piano all'interno della costituzione umana e sociale, e, pertanto, anche all'interno di ciascun essere umano isolato, un piano che si situa al di là del dualismo fra soggetto e oggetto.
Il concetto chiave per la comprensione di un tale piano può essere soltanto il concetto di inconscio (Freud).
Ma l'inconscio freudiano non costituisce un passo fondamentale né per quel che concerne l'elaborazione critica dell'assenza del soggetto (strutturalismo) né per quel che attiene alla critica del superamento del soggetto (illuminista). Freud ha circoscritto il concetto di inconscio soprattutto all'aspetto individuale e psicologico e non ha affrontato il problema della costituzione sociale dell'inconscio. In tal modo ha ontologizzato la sua scoperta e ha legato l'inconscio direttamente alla prima natura (impulso sessuale). Per mezzo di una deduzione pessimistica ha concluso che le contraddizioni ontologizzate degli impulsi inconsci e dei prodotti culturali sarebbero insuperabili (pulsione di morte).
Marx, al contrario, è arrivato attraverso Hegel ad una storicizzazione della storia della forma, che ha esposto come storia delle formazioni (politico-economiche) della società, In questo modo, ha affrontato il problema della forma universale della coscienza che ha affrontato, storicamente, come costituzione del feticcio. Non lasciando alcun dubbio che si tratta di forme di coscienza universali ed invertite.
Se egli non approfondisce l'analisi sulla forma universale della coscienza del sistema produttore di merci costituita dal feticcio, ciò avviene perché il suo pensiero si trova qui a sbattere contro un limite; il riferimento al lavoro (ontologia del lavoro). Questo pone il suo pensiero in una gabbia di ferro. Il punto di vista della classe e del proletariato porta ad un approccio semplicistico, dualista ed antagonistico, che cade nella trappola di una visione riduzionista e sociologista del dominio. Impedendo che venga affrontata chiaramente la forma universale della coscienza, si viene a creare per essa un limite che la mantiene prigioniera dell'apparenza. Pertanto, gli obiettivi, la volontà e l'azione soggettiva delle persone riflettono l'evoluzione della forma feticcio che costituisce tutti i soggetti nella misura in cui siamo il risultato di una predeterminazione inconscia.
La comprensione generalizzata secondo la quale il pensare ed il fare autonomamente siano caratteristiche del soggetto costituisce, pertanto un errore. E l'interpretazione secondo cui il soggetto classe abbia una missione storica, ossia, un ruolo rivoluzionario, costituisce un errore doppio. D'altra parte, lo strutturalismo o la teoria dei sistemi ed il pensiero illuminista ed i suoi succedanei postmoderni posseggono un'identità interna che li rende incapaci di una critica della forma merce. Inoltre, il pensiero illuminista rimane incapace di comprendere la vera costituzione feticista senza soggetto. Lo strutturalismo e la teoria dei sistemi ed i loro sviluppi postmodernisti/ipermodernisti rinunciano di proposito ad afferrare la costituzione senza soggetto. Perciò, anti-soggetto per poter superare il soggetto.

La critica della storia e la storia della critica
Il pensiero premoderno acritico era possibile solo a condizione che la società riposasse staticamente su sé stessa e che il pensiero riflessivo si riferisse, non al vuoto, ma ad un ordine divino.  Non si può più tornare ad una tale situazione.
Il pensiero moderno, avendo come base la filosofia illuminista borghese e la teoria economica ad essa legata e praticata, ha realizzato un grande impresa, nel vendere il contesto della forma sociale capitalistica, prima del tutto inesistente, come una legge naturale della convivenza umana. Un simile successo ha ricevuto un importante contributo dalla critica immanente al capitalismo. Dal momento che il capitalismo aveva tutto un futuro davanti, è stato facile proiettare su tutta la storia dell'umanità le necessità delle relazioni capitalistiche. Ma, ora, l'attuale crisi mondiale mostra i limiti del sistema. E la teoria immanente al capitalismo si dissolve insieme ad esso. Da qui in poi può solo sorgere una ragione, una ragione che vuole disperatamente giustificare l'amministrazione della barbarie.
Il pensiero postmoderni costituisce una critica sociale frammentata nello stadio terminale del sistema e si pone contro ogni teoria che prende in esame tutto l'insieme della società. Si tratta di una riflessione teorica che si frammenta sempre più, in quanto la dinamica sociale ad essa soggiacente si è estinta. Le generazioni postmoderne, pertanto, ormai non capiscono più i concetti della riflessione. Sono quel che sono e niente di più. Sono perfettamente identiche ai loro atti banali, tanto quanto più assurdi sono tali atti.
Il pensiero DI USCITA comprende il capitalismo non solo come connessione delle sue forme categoriali, ma sempre anche come processo di dissociazione sessuale, dove il feticismo non è soltanto una rappresentazione invertita della realtà, ma un'inversione della propria realtà. Sulla base di questo si sviluppa la critica categoriale del capitalismo, delle sue radici, come critica dell'irrazionalità del moderno sistema di produzione di merci, ossia, ripudiando le classificazioni ontologiche di base del capitalismo: lavoro, valore, dissociazione, merce, denaro, mercato, Stato, nazione, politica, democrazia, diritto, economia (solidale o verde), ecc..
Fondamentalmente, prende in esame il modo di produzione capitalista nelle sue forme politico-economiche elementari e le sue corrispondenti forme sociali dissociate che includono tutti i gruppi, classi e strati sociali che formano il sistema collettivo di riferimento dei conflitti sociali intercapitalistici.

E' il momento di una società autocosciente
Per i diversi interpreti della storia, il movimento autonomo del capitale, la valorizzazione del valore, non proviene dall'essenza, ossia, dalle basi del sistema, ma dalla sua apparenza. Un simile equivoco è alla base della supposizione per cui nelle stesse forme moderne del denaro e della merce sarebbe possibile una società umana. Com'è noto, questo ci ha portato alla devastazione umana ed ambientale.
Oggi, pertanto, ci troviamo davanti ad una crisi categoriale che esige una critica radicale. Una crisi che ha dato luogo al collasso storico del sistema e di tutte le sue corrispondenti relazioni sociali. Una crisi che è diventata evidente nel 2008, che non è stata debellata e che devasta l'umanità ed il pianeta. Una crisi che si manifesta come crisi della società del lavoro, crisi ecologica, crisi della politica e dello Stato nazionale, così come crisi della relazione fra i sessi.

Pensare questa sfida significa riflettere sul superamento della nostra epoca. Ma non solo della storia finora esistente. Alla fine non è solo la Guerra Fredda ad essersi conclusa. E' arrivata alla fine anche la storia mondiale della modernizzazione. Non solo questa particolare storia moderna, ma la storia mondiale delle relazioni di feticcio in generale. Il feticismo ci accompagna fin dai primordi dell'umanità. A causa di questo, la nostra storia è la storia delle relazioni feticiste. Vale a dire, non solo la storia contemporanea. Per quanto differenti siano state le relazioni sociali  nella storia delle società finora esistenti, si impone una conclusione: tutte quante sono state guidate dal feticismo (Kurz). Non sono mai esistite, quindi, società autocoscienti che potessero decidere liberamente sull'utilizzo delle loro possibilità. Il moderno sistema produttore di merci rappresenta soltanto l'ultima forma sociale della dinamica cieca del feticismo.
Per cui, a partire da questo, d'ora in poi il mondo capitalista dev'essere considerato come una tappa passeggera nella storia dell'umanità. E la consanguineità, il totemismo, la proprietà del suolo ed il valore devono essere considerate come tappe più lunghe del processo attraverso cui l'essere umano si è separato dalla natura, diventando un essere relativamente cosciente in relazione alla prima natura, ma non ancora in relazione alla seconda natura, che è la sua propria connessione sociale creata da egli stesso (Jappe).
A causa di questo, pensare la natura del feticcio e la sua crisi attuale ci dà la possibilità di considerare un'occasione storica imperdibile per costruire una società autocosciente, la società dell'emancipazione umana.

Da dove arriverà l'uscita?
E' questa la domanda bruciante che ha bisogno di essere posta. Dal momento che nel capitalismo non c'è nessun gruppo sociale che abbia una predeterminazione ontologica trascendente, va messo ora all'ordine del giorno l'anti-soggetto in grado di realizzare la defeticizzazione della società. E' questo il punto nodale per uscire dal labirinto della realtà capitalistica costituita dalla logica del valore, della dissociazione e delle altre categorie capitalistiche. Pertanto, dalla relazione sociale formattata secondo la matrice feticista. Questo punto decisivo, oggi, potrà essere raggiunto nella misura in cui gli esseri umani si accordano fra loro per costruire una società autocosciente. Qui svolgerà un ruolo fondamentale l'associazione di individui coscienti e potenzialmente liberi.
Per una simile impresa storica dovremo saper utilizzare creativamente la contraddizione fra noi, esseri umani, e la forma sociale nella quale tutti noi siamo plasmati. Nell'afferrare la tensione fra il soggetto formattato dal valore e l'individuo sociale-sensibile, la cui sofferenza pervade la storia umana, è decisivo aprire quotidianamente quelle falle che possano ingrandire l'essere umano. Attraverso queste brecce accumuleremo conquiste importanti ai fini della negazione del sistema, avendo sempre in vista una rottura. Questo nuovo camminare dell'umanità potrà permettere di superare la storia delle relazioni feticiste e di assicurare la conquista dell'emancipazione umana.
A partire da questo, possiamo dare inizio ad un processo di rottura col sistema. Ci troviamo, quindi, di fronte a formulazioni di una nuova teoria della rivoluzione non solo per riflettere, ma anche per soppiantare il capitalismo. Davanti a questa situazione che ci si presenta, pretendiamo di dar seguito allo sviluppo di questa nuova teoria, con la sua corrispondente prassi emancipatrice, e dei nuovi aspetti teorici che ne derivano a causa della nuova pratica sociale. Perciò, continuiamo a scommettere sugli esseri umani coscienti, coerenti e organizzati, solidali con la lotta immanente, ma ponendo le nostre speranze nella lotta trascendente al sistema per sradicare del tutto e alla radice il capitalismo.
L'emancipazione umana si conquista, non si mendica. Dopo 165 anni dal Manifesto Comunista è nata una opportunità storica per andare oltre quel manifesto ed oltre il capitalismo.

- Grupo Critica Radical -

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