Eurolandia è ridotta in cenere
L'inflazione vien evitata solo al costo di una deflazione radicale
di Robert Kurz
Gli Stati si trovano sempre più intrappolati nelle contraddizioni della politica monetaria. La crisi economica mondiale viene sopportata solo grazie ad un deficit di bilancio senza precedenti, senza che si intravveda una ripresa auto-sostenuta. Ora, il postulato di una politica di risparmio e di sdebitamento delle finanze pubbliche minaccia di strangolare di nuovo la debole situazione economica. Il direttivo del Fondo Monetario Internazionale flirta con "l'inflazione controllata" al fine di poter continuare a rimandare nuovamente il problema divenuto incontrollabile. Non è per caso che la zona euro si trova al centro della crisi monetaria. L'edificio dell'Unione monetaria ha consegnato alla Banca Centrale comune le vecchie sovranità nazionali con i loro differenti livelli di produttività e le loro diverse e diseguali capacità finanziarie. L'obiettivo era quello di esternalizzare una tale contraddizione interna per mezzo della situazione globalizzata del deficit. Nella misura in cui diminuisce la forza di questa situazione, l'eventuale fallimento nazionale dei paesi finanziariamente più deboli di Eurolandia diventa per l'Unione monetaria una carica esplosiva.
Dopo le garanzie e gli aiuti al sistema bancario in crisi, e dopo i programmi di appoggio alla situazione deficitaria, l'Unione Europea ha varato ora un terzo pacchetto, ancora maggiore, di salvataggio per le finanze pubbliche degli Stati candidati alla bancarotta. E' un'ironia che, in una simile situazione, venga accettata l'Estonia nella Comunità dell'euro e venga elogiata per avere assolto al mantenimento di quei criteri di stabilità che ormai non esistono più. La BCE ha già cominciato a comprare i suoi titoli di Stato senza valore. Però, il problema non consiste nel livello nominale del deficit dei presunti "peccatori", ma nella loro mancanza di solidità finanziaria. Il deficit nominale, calcolato in relazione al prodotto interno lordo nazionale, ad esempio, in Germania è maggiore di quanto lo sia in Spagna. Ma la Germania, finora, ha potuto mantenersi a galla grazie alle sue enormi eccedenze di esportazioni, soprattutto nella zona euro. Già fin dal 2009, gli altri Stati dell'Unione Europea insistono sulla riduzione di questo "squilibrio". Contro tutto questo, è stato detto che la Germania non dev'essere punita per la sua capacità di esportare, ma che sono gli altri che devono creare per sé condizioni simili. Condizioni che consistono, tuttavia, nel fatto che la Germania ha il più grande settore di salari bassi di tutta l'Europa occidentale; situazione che si combina con la sua forza finanziaria. Le eccedenze di esportazione che ne risultano, però, possono essere finanziate soltanto attraverso i deficit dei paesi finanziariamente più deboli.
Ora il serpente si morde la propria coda. Il circuito del deficit intraeuropeo è arrivato da un'impasse e porta alla luce la contraddizione dell'Unione monetaria. L'alluvione incontrollata di denaro da parte della BCE ed il completo abbandono dei criteri di Maastricht hanno intanto portato all'inflazione dell'euro, e non solo, visto che in risposta i bilanci degli Stati si sono di fatto ridotti radicalmente. Al momento, la classe politica ed i media tedeschi sono caduti in uno sciovinismo nazionale contro i "peccatori". A sua volta, la sinistra si lamenta a gran voce del "diktat" imposto dalla Germania nella zona euro e dell'erosione della sovranità nazionale. Questo discorso ideologico non vuole capire che esiste una mutua interdipendenza. La politica di austerità estrema, messa in moto al fine di salvare l'euro, ha inevitabilmente come risultato uno shock deflazionistico. Se il potere d'acquisto indotto dallo Stato si è prosciugato, l'effetto non è solo la svalorizzazione generale della forza lavoro, ma anche la svalorizzazione del capitale fisso e delle merci della zona euro. Questo dimostra come la forza di esportazione, che si presume autonoma. della Germania, nell'Unione Europea, si regge su dei piedi di argilla.
Il salvataggio dell'euro e del sistema bancario, ad ogni modo già in gran misura dipendente dall'alimentazione via flebo da parte dello Stato, e che ora si basa anche su delle obbligazioni dubbie, avverrà solo al prezzo della della depressione nei paesi dell'euro finanziariamente deboli. Sta già succedendo in Grecia; seguiranno Spagna, Portogallo ed altri paesi. Il risultato può essere soltanto un'esplosione della disoccupazione di massa in Germania, che si andrà a ripercuotere sul resto dell'Unione Europea. Una politica di austerità a tutti i costi nei paesi dell'euro con saldo commerciale negativo, che equivale al collasso dell'economia di esportazione tedesca, minaccia di mettere il budget limitato dello Stato tedesco nella stessa situazione in cui si trovano i peccatori del deficit. In quanto la forza finanziaria si trasforma in debolezza finanziaria. Se si verificano le conseguenze deflazionistiche dovute al diktat del risparmio, una nuova giravolta porterà ad una combinazione caotica di tendenze deflazionistiche ed inflazionistiche (stagflazione). Il governo della Merkel non è in grado di imporre i propri interessi all'Unione Europea, ma ondeggia nella scelta fra peste e colera. E neppure il tempo può andare a ritroso, verso uno spazio economico e monetario nazionale, nel senso dello sciovinismo del marco tedesco, che era basato sempre su un orientamento unilaterale verso l'esportazione. Riportato alla sua propria economia nazionale, lo splendore tedesco finirebbe per spegnersi del tutto. Le contraddizioni interne all'Unione Monetaria Europea sono un catalizzatore per una seconda ondata di crisi.
- Robert Kurz - Pubblicato su "Freitag" del 20/5/2010 -
fonte: EXIT!
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