lunedì 18 luglio 2011

Crisi d’identità

ciuraru
Undici anni fa, uno scrittore di nome JT LeRoy sconvolse il mondo letterario di lingua inglese. Figlio diciannovenne di una prostituta per camionisti, LeRoy pubblica un romanzo semi-autobiografico, dal titolo "Sarah", che racconta la sua esperienza come una "lot lizard" (prostituta che lavora presso le stazioni di servizio) sulle strade della West Virginia. Il libro conquistò rapidamente sostenitori di spicco, tra cui Winona Ryder e Madonna. Ossessivamente auto-reclusorio, LeRoy si lasciava intervistare solo per telefono. Rifiutava di fare letture pubbliche, lasciando che fosse uno dei suoi famosi ammiratori a farle per lui. Poi ci fu un secondo libro, un contratto per fare un film dal primo libro, entro il 2005, e il critico letterario Dave Eggers che decise di consegnare alla posterità il giovane scrittore: I due romanzi di Leroy sarebbero stati "tra i libri americani più influenti degli ultimi dieci anni."
Meno di un anno più tardi, LeRoy si rivelò essere un falso: Laura Albert, una donna abbastanza vecchia per essere la madre di LeRoy, confessa, non solo di aver creato l'alter-ego ma di non aver nemmeno mai visitato la West Virginia. La compagnia cinematografica che aveva opzionato il romanzo intenta una causa per frode alla signora Albert, e la vince. Per tutto il processo, la signora Albert difende il suo diritto ad utilizzare un "nom de plume", sostenendo che il suo lavoro deve essere letto come facente parte di una lunga ed illustre serie di testi scritti sotto pseudonimo.
Osserva Carmela Ciuraru nel suo libro "Nom de Plume", un saggio sulla storia segreta degli pseudonimi: non c'è niente di nuovo nel mascheramento letterario.
"Il curioso fenomeno della pseudonimia, ha raggiunto il suo picco nel diciannovesimo secolo" scrive  "e già fin dalla metà del sedicesimo era abbastanza comune che un'opera venisse pubblicata senza il nome del suo autore." E' improbabile, però, che qualcuno, prima della signora Albert, abbia arruolato il fidanzato della sorellastra in modo da farlo passare come LeRoy nelle apparizioni pubbliche.
La lunga storia degli pseudonimi nella letteratura non manca di esercitare un suo particolare fascino. "Se la persona autoriale è un costrutto, non è mai del tutto autentico (non importa quanto sia materiale autobiografico) - scrive la Ciuraru -  "per cui avviene che lo scrittore pseudonimo porta questo concetto ad un altro livello, inventando il costrutto di un costrutto". L'autore fittizio , in altre parole, è falso allo stesso modo delle finzioni che lui o lei produce.
La ricerca della Ciuraru è impressionante. Il genere qui è la biografia letteraria, piuttosto che la critica letteraria, e si svolge attraverso sedici vivaci ritratti di autori pseudonimi.
Ovviamente, non si priva del  piacere di ricordare che Samuel Clemens, il suo pseudonimo, lo preleva dalla sua esperienza sulle riverboats (navi fluviali), dove "due braccia, ovvero dodici piedi, veniva considerato sicuro per la navigazione." Quando il suono dello scandaglio indicava una  profondità di due braccia, l'equipaggio doveva gridare "Mark Twain." Clemens ha detto che una volta aveva conosciuto un capitano di battello a vapore che scriveva per un giornale, il "New Orleans Picayune", e firmava i suoi articoli Mark Twain. Dopo che l'uomo è morto, racconta Clemens, mi sono appropriato del suo "nome di battaglia".
Il libro racconta anche la storia di Alice Sheldon, che divenne un influente autore di fantascienza con lo pseudonimo di James Tiptree Jr., un nome in cui si era imbattuta leggendo l'etichetta di un barattolo di marmellata. E impariamo che Eric Blair, presentò un elenco di potenziali pseudonimi al suo editore, dopo che il suo primo libro venne accettato: "H. Lewis Allways", "P.S. Burton", "Kenneth Miles", e il suo preferito, "George Orwell".
"Nom de Plume" non dice molto in termini di teoria generale, considerato il gruppo storicamente e culturalmente eterogeneo preso in esame, da Aurore Dupin, che scrisse nel 19° secolo in Francia col nome di George Sand, alla scrittrice danese Karen Blixen, la baronessa Blixen di Rungstedlund, che scrisse col nome di Isak Dinesen a metà del secolo ventesimo. Viene tracciata una linea - laddove si intende che l'uso di uno pseudonimo è una questione personale - che parte dalla famiglia Brontë, con la decisione delle sorelle di pubblicare come fratelli e col cognome "Bell".on il cognome di Bell.
Il risultato è una storia che spesso presenta lo pseudonimo come sintomo o come ritrosia: un rifugio per coloro che sono affetti da insicurezza patologica. Un trattamento "diagnostico" che condanna i profili ad una forma prevedibile, e tende ad appiattire le personalità degli scrittori. 
Quello che non emerge, è il mercato ed il libro come merce, salvo quando viene fatta la considerazione che "Anche se la pratica di pseudonimia è ancora forte, ha perso il fascino di un tempo. Utilizzare uno pseudonimo oggi, è spesso una scelta commerciale,non più guidata da occultamento genuino o reticenza".
Ma, del resto, è sempre stato il mercato - in un modo o in un altro - a rendere la vita complicata a coloro che hanno scritto sotto pseudonimo. I lettori sono anche ... clienti e desiderano avere a che fare con autori che siano autenticamente sé stessi. Basta pensare a come si incazzava il matematico Charles Dodgson, quando, per strada, dopo che aveva venduto un po' troppe copie di quel libro che parlava di una ragazzina di nome Alice, incominciò ad essere chiamato Lewis Carroll!

Nessun commento: