lunedì 7 dicembre 2009

Maletas



Il modo migliore per comprendere Cipriano Mera, muratore anarchico che arrivò al comando della 14a Divisione dell'esercito repubblicano durante la guerra civile, consiste nello svelare il contenuto di due valigette. La prima cadde nelle sue mani dopo aver sconfitto le truppe di Mussolini nella battaglia di Guadalajara (marzo 1937). Era del generale italiano Annibale Bergonzoli. Dentro, c'erano "foto del militare vestito solo di biancheria intima femminile". Non sappiamo cosa sia passato per la testa di Mera, quando vide il suo nemico travestito da donna, ma ordinò di bruciare le foto e si tenne la valigetta italiana.
Due anni più tardi, durante le giornate caotiche della caduta di Madrid, ebbe l'opportunità di scambiare la valigia di Bergonzoli con un'altra piena di soldi e gioielli. Ma non lo fece (anche se qualcuno ha pensato che si fosse tentu). Spedì la borsa del tesoro al Banco di Spagna, con la seguente nota: "Da parte di Cipriano Mera". Non sarebbe stata l'ultima volta che quest'uomo, che proveniva dalla miseria di un piccolo letto condiviso con otto fratelli, che apprese a leggere e scrivere all'età di 23 anni e che praticò l'azione diretta contro la dittatura di Primo de Rivera e i pistolerois padronali, si sarebbe dimostrato persona retta e integra fino alla fine!
Poi Mera andò in esilio in Africa: tre anni di prigionia, fughe e campi di concentramento nei territori francesi del Nord Africa. Come se non fosse stato abbastanza aver perso la guerra, i suoi problemi si aggravorono in seguito ad un equivoco. Circolavano su di lui tutti i tipi di leggende a proposito di enormi quantità di denaro saccheggiato in Spagna dai capi dell'esercito repubblicano. Sia le autorità francesi a Casablanca, così come le spie Franco e qualche altro rifugiato stalinista, credevano che Mera nascondesse nella sua valigia ora sufficiente ad organizzare una guerriglia anarchica contro Franco. Tutto ciò gli rese la vita impossibile. Una situazione che mise a dura prova i suoi nervi. "E' ripugnante che gli uomini debbano rifuggire dagli uomini per poter vivere», annotava nel suo diario mentre vagava per i deserti del Marocco.
Infine fu trasferito in un carcere spagnolo dove penò per tre anni, fino a quando, in un tentativo da parte delle autorità di ripulire la propria immagine all'estero, gli fu concessa la grazia. Ma Mera era quel che era: il giorno della sua liberazione promunciò, rivolto ai suoi carcerieri, uno dei giudizi più duri sulla Spagna degli anni Quaranta: "Non mi concedono l'indulto, mi trasferiscono solamente in un cortile più ampio di quello del carcere".
A quel tempo, seppellì la sua valigia sotto la sua casa nel quartiere di Tetuan de las Victorias, al sicuro dalle incursioni della polizia di Franco. Nessuno sembrava sapere più niente della sua sorte fino a pochi mesi fa, quando il regista Figueres l'ha trovata per caso, dimenticata, nella casa del figlio della vedova di Mera, Floreal, nella periferia di Parigi.
Ma la cosa più sorprendente è stata che Figueres ha dovuto spiegare ai nipoti di Mera, che non parlano una parola di spagnolo, chi in realtà fosse il loro nonno. "Non avevano idea né della sua militanza sindacale, né della sua partecipazione attiva alla guerra civile. Nessuno aveva letto le sue memorie", dice il regista, riferendosi a "La guerra, l'esilio e la prigionia di un anarcosindacalista".
Solo uno dei suoi nipoti ha ricordato che il nonno era misteriosamente scomparso da casa per un paio di giorni nel maggio del 1968. "Ci siamo chiesti dove fosse finito", dice nel film. Semplice: il nonno stava tirando giù un muro. "Questo è un film su un muratore e tre crepe", afferma Figueras. "La prima crepa si produsse dopo la rivoluzione russa del 1917 che ha dato le ali a quelli come Mera che agognavano la rivoluzione sociale. La seconda crepa si produsse il 19 luglio 1936, quando la gente prese le armi e cominciò la breve estate del l'anarchia."
La terza crepa si è aperta durante il maggio francese. "Dal 1936, Mera non aveva più visto quell'energia che scuote il mondo", dice il documentario. Dopo aver subito un doloroso esilio (arresti, prigioni, l'espulsione traumatica dalla CNT da parte della dirigenza in esilio in Francia), Mera ebbe la più grande gioia dei suoi ultimi anni viaggiando in bicicletta (senza bagagli) per le barricate di Parigi.
Giustizia poetica, la chiamano.

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