venerdì 27 aprile 2018

Correndo

jehu runaway train

Non saltare, vai più veloce: una risposta ai nostri amici invisibili
- di Jehu -

Mi trovo nel bel mezzo della lettura della prefazione scritta da Ben Noys, riguardo la comunizzazione, ad un'antologia pubblicata nel 2012:  “Communization and its discontents”. Ben Noys è l'autore che ha coniato il termine "accelerazionismo". In questo libro, che consiste di una collezione di testi della scuola della comunizzazione, appare abbastanza bizzarro il fatto di scoprire che l'abolizione del lavoro salariato non viene mai menzionata fino a pag.221, di 282 pagine. Anzi, lo stesso termine di lavoro salariato appare in tutto il libro forse una paio di dozzine di volta su circa 100.000 parole. Il termine correlato, forza lavoro, viene menzionato circa 12 volte. Che razza di comunismo è questo, che non parla mai di lavoro salariato, di forza lavoro, o di abolizione della schiavitù salariale?!?

Nella sua introduzione alla raccolta, Noys sottolinea tre punti, molto importanti ed inconfutabili:

1 - Non c'è nessuna lotta di classe, nessuna lotta politica: «Il collasso finale del socialismo realmente esistente avvenuto nel 1989, ed il diffuso disincanto nei confronti della socialdemocrazia, dei sindacati, e di altre "tradizionali" strutture dei lavoratori, intese come mezzi di resistenza, non sembrano ancora aver portato ad una rinascita di un modello di auto-abolizione della negatività proletaria o della "moltitudine", o di "qualsiasi singolarità", o di altri "nuovi modelli di lotta". »

2 - Non c'è spazio per la lotta di classe, nessuno spazio per la lotta politica: «Anche se non pensiamo in termini di sussunzione reale, ma piuttosto nei termini del dominio globale del capitalismo o dell'Impero, dobbiamo ancora affrontare la questione se esso possa essere sconfitto, e come. I modi in cui il capitalismo permea e modula la totalità della vita (quella che Deleuze ha chiamato "la società del controllo") ci lascia ben poche possibilità di resistere.»

3 - La comunizzazione non riesce a mostrare il modo in cui arrivare al comunismo a partire da qualsiasi percorso che sia in assenza di lotta (politica) di classe: «Mentre la comunizzazione insiste sull'immediatezza e sull'abbandono dei dibattiti sulla "transizione" o sulla teleologia, vale a dire, dibattiti su che cosa intendiamo raggiungere, è difficile vedere come si possa fare a coordinare o a sviluppare globalmente tali "momenti" di comunizzazione attraverso il campo sociale (come si dovrebbe fare, per distruggere o contrastare un capitalismo che è globale).»

Come spiega Noys, questo non è solo un problema di comunicazione, è un problema che oggi ha ogni movimento radicale che cerca di rovesciare il capitalismo. La comunizzazione non è emersa in maniera chiara perché siano buone le prospettive per rovesciare il capitalismo attraverso la lotta di classe, ma perché sono desolanti le prospettive di rovesciare il capitalismo attraverso i mezzi politici. È improbabile che nel prossimo futuro emerga un qualsiasi movimento politico che abbia qualche realistica possibilità di sbarazzarsi del capitale, e non c'è nessuna possibilità che la comunizzazione possa realizzarsi come movimento politico.

Mentre leggevo l'antologia di Noys, ho sentito dell'ultima offerta del Comitato Invisibile, "Maintenant"[Adesso]. Mi è difficile riuscire a leggere questa dichiarazione senza che continuino a risuonarmi nelle orecchie le critiche incisive di Noys. Comincia con una protesta; non una protesta diretta contro lo Stato borghese, ma contro il testardo disinteresse dei proletari: «Qui ci sono tutti i motivi per fare una rivoluzione. Non ne manca neppure uno. Il naufragio della politica, l'arroganza dei potenti, il regno della menzogna, la volgarità della ricchezza, i cataclismi dell'industria, la miseria galoppante, il nudo sfruttamento, l'apocalisse ecologica - non ci lasciamo mancare niente, neppure l'essere informati su tutto. "Clima: 2016, il caldo infrange qualsiasi record", annuncia Le Monde, come fa quasi ogni anno. Ci sono tutte insieme le ragioni, ma a fare le rivoluzioni non sono le ragioni, sono i corpi. E i corpi si trovano davanti allo schermo.»
Nel vano tentativo di scuotere questa classe dal suo letargo, i nostri invisibili amici ci avvertono dell'arrivo della prossima apocalisse.
«Tutti possono vedere che questa civiltà è come un treno corre verso l'abisso, e la sua velocità aumenta. Più va veloce, più si possono sentire gli isterici applausi degli ubriachi nel vagone della discoteca.» Una metafora interessante! Nella sua critica all'accelerazionismo di Nick Land, Benjamin Noys evoca l'idea di capitale visto come un treno in corsa che la rivoluzione sociale dovrebbe fermare, per evitare un'inevitabile catastrofe.
«La conclusione è quella secondo cui il freno di emergenza non richiede di essere tirato solo per il gusto di farlo, come se fosse una qualche fermata che interferisce in un particolare punto della storia capitalista (diciamo, come la socialdemocrazia svedese - che ora il repubblicano americano medio ora considera come se si trattasse di un vero e proprio orrore del "socialismo"). E neppure si tratta di un ritorno ad un qualche utopico momento pre-capitalista, il quale sarebbe stato oggetto degli anatemi di Marx ed Engels contro il "socialismo feudale". Si tratterebbe piuttosto di quello che sostiene Benjamin a proposito del fatto che: La società senza classi non è l'obiettivo finale del progresso storico, ma è piuttosto il raggiungimento definitivo della sua interruzione frequentemente fallita" (Walter Benjamin). Tiriamo il freno per prevenire la catastrofe, distruggiamo i binari per impedire una distruzione ancora più grande dovuta all'accelerazione.»
I nostri amici invisibili, evocando la stessa metafora, ci dicono di saltare giù nel mentre che siamo ancora in tempo.
Quanto l'accelerazionismo landiano abbia così poco in comune con quest'idea di comunizzazione, si potrebbe immaginare se ci fermassimo, non nei vagoni dove ci sono quelli ubriachi che festeggiano, ma in cima  al treno, nella cabina della locomotiva, insieme all'ingegnere, mentre gli urliamo, superando il frastuono infernale dei macchinari: «Più veloce, più veloce, miserabile bastardo! Va' più veloce!»

- Jehu - Pubblicato su The Real Movement -

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