giovedì 7 luglio 2016

Spegnete quella luce, voglio dormire!

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La luce dell'Illuminismo
- Il simbolismo della modernità e l'espulsione della notte -
di Robert Kurz

Ancora oggi, dopo più di 200 anni, continuiamo ad essere abbagliati dalla luce bellissima dell'Illuminismo borghese. La storia della modernizzazione si compiace delle sue metafore luminose. Il sole radioso della ragione deve penetrare le tenebre della superstizione e far vedere il disordine del mondo, di modo che finalmente la società possa essere configurata secondo criteri razionali. L'oscurità non appare come l'altra faccia della verità, ma come il regno negativo del demonio. Già nel Rinascimento, gli umanisti polemizzavano contro i loro avversari tacciandoli di "oscurantismo", "Più luce!", reclamava Goethe nel 1832, alla fine di suoi giorni sul suo letto di morte. Alla maniera classica, usciva di scena in grande stile.

I romantici si sono battuti contro questa luce fredda della ragione e in breve si sono votati alla religione. Invece della razionalità astratta, proponevano un irrazionalismo non meno astratto. Così, al posto delle metafore della luce, si dilettavano con le metafore dell'oscurità. Novalis scriveva un "Inno alla Notte". Ora, questa mera inversione del simbolismo illuminista in realtà non affrontava il problema. Incapaci a superare la dubbia unilateralità degli illuministi, i romantici non facevano altro che occupare il polo opposto della modernizzazione e si rendevano di fatto "oscurantisti" di un modo di pensare reazionario e clericale.

Ma il simbolismo della modernità può essere criticato anche per ragioni diametralmente opposte: in quanto paradossale irragionevolezza della ragione capitalista. Dal momento che è sicuramente singolare il fatto che le metafore illuministe della luce puzzassero, per così dire, di misticismo bruciacchiato. Il concetto di una fonte luminosa di una brillantezza soprannaturale, come suggerisce l'idea della ragione moderna, ricorda la descrizione del regno dei cieli trasfuso dalla fiamma divina, ed il concetto di "illuminazione" proviene dai sistemi religiosi dell'Estremo Oriente. Sebbene la luce della ragione illuminista sia terrena, essa ha assunto un carattere estremamente trascendentale. Il balenare celeste di un Dio perfettamente imperscrutabile viene soltanto secolarizzato nella banalità mostruosa del fine in sé capitalista, il cui rapporto cabalistico con la materia terrena consiste nell'accumulazione assurda di valore economico. Tutto questo non è ragione, ma suprema follia; e quel che brilla è il fulgore dell'assurdo, che ferisce e offusca la vista.

La ragione irrazionale dell'Illuminismo vuole totalizzare la luce. Questa luce, tuttavia, nel regno del pensiero non è un mero simbolo, ma possiede innanzitutto un forte significato socio-economico. Era fatale, a tal proposito, che il marxismo ed il movimento storico dei lavoratori intendessero sé stessi come i legittimi eredi dell'Illuminismo e delle sue metafore di luce. Nella "Internazionale", l'inno del marxismo, si parla di meraviglioso futuro socialista: "Allora splenderà per sempre il sol". Un caricaturista tedesco prese alla lettera questa frase e mostrò, nel suo "regno della libertà", alcuni uomini sudati in piedi sotto il sole cocente che sospirano: "Sono tre anni che splende senza mai tramontare".

Tutto questo non è solo una battuta. In un certo senso, la modernizzazione ha effettivamente "trasformato la notte in giorno". In Inghilterra - che com'è noto ha precorso l'industrializzazione - l'illuminazione a gas venne introdotta già agli inizi del 19° secolo e ben presto si diffuse in tutta Europa. Alla fine dello stesso secolo, le lampade a gas cedettero il posto alla luce elettrica. È stato scientificamente dimostrato da tempo che la mancanza di distinzione fra giorno e notte, sotto la fredda luce dei soli artificiali, influenza il ritmo biologico umana e causa danni psichici e fisici. Perché allora questa illuminazione globale forzata, che oggi ha raggiunto ogni angolo della Terra?

Karl Marx - egli stesso un erede dell'Illuminismo - dichiara a ragione che l'attivismo instancabile della produzione capitalista è "esagerato". Tuttavia questa mancanza di misura non può tollerare per principio che una parte di tempo rimanga "al buio". In quanto il tempo della oscurità è anche il tempo del riposo, della passività, della contemplazione. Al contrario, il capitalismo richiede l'ampliamento della sua attività al limite dello sforzo fisico e biologico. Questi limiti sono temporalmente limitati dalla rotazione della Terra intorno al suo asse, ossia, alle 24 ore del giorno astronomico, che possiede un lato chiaro (girato verso il sole) ed un lato oscuro. Il capitalismo propende a totalizzare il lato assolato e ad impossessarsi del giorno astronomico nel suo insieme. Il lato annottato turba quest'impulso. La produzione, circolazione e distribuzione delle merci deve "bucare la notte", perché il "tempo è denaro". Il concetto di "lavoro astratto" nella moderna produzione di merci corrisponde non solo al suo prolungamento assoluto, ma anche alla sua astrazione astronomica. Un tale processo è analogo all'alterazione della misura dello spazio. Il sistema metrico venne introdotto nel 1795 dal regime della rivoluzione francese e si diffuse con altrettanta rapidità dell'illuminazione a gas. In Germania, la transizione a questo sistema ebbe luogo nel 1872. Le misure dello spazio basate sul corpo umano (piede, cubito, ecc.), che erano differenziate quanto lo erano le culture umane, vennero sostituite dal metro astronomico astratto corrispondente alla quarantamilionesima parte del perimetro della Terra. Quest'unificazione astratta delle misure dello spazio rispecchiava l'immagine meccanica del mondo della fisica newtoniana, che a sua volta era servita da esempio alla moderna economia meccanica della scienza del mercato, così come l'aveva analizzata e promossa Adam Smith (1732-1790), il fondatore dell'economia. L'immagine dell'universo e della natura come un'unica grande macchina coincideva con la macchina universale economica del capitale, e le misure astronomiche diventavano una forma comune di macchina universale fisica ed economica. Questo non si applica solamente allo spazio, ma anche al tempo. Al metro astronomico, la misura dello spazio astratto, corrisponde l'ora astronomica, la misura del tempo astratto; e queste sono anche le misure della produzione capitalista di merci.

Solo con il tempo astratto, per il giorno del "lavoro astratto" è stato possibile proseguire dentro la notte e divorare il tempo del riposo. Il tempo astratto può disconnettersi dalle relazioni e dagli oggetti concreti. La maggior parte degli antichi orologi, come la clessidra e l'orologio ad acqua, non indicavano "che ora fosse"; prima, servivano a misurare processi concreti, al fine di designare il "tempo appropriato". Si potrebbe forse paragonarlo ad un contaminuti che ci avverte per dirci quando è cotto l'uovo. Qui, la quantità di tempo non è astratta, ma attiene ad una specifica qualità. Il tempo astronomico del "lavoro astratto", al contrario, non si riferisce ad alcuna qualità. La differenza è visibile ad esempio anche quando leggiamo nei documenti medievali che la giornata lavorativa dei servi della gleba doveva durare "dall'alba a mezzogiorno". Cioè, la giornata di lavoro era inferiore a quella odierna non solo in termini assoluti, ma anche relativi, variando a seconda della stagione e in inverno era minore che in estate. L'ora astronomica astratta, invece, ha permesso di fissare l'inizio della giornata "alle 6", senza considerare né le stagioni dell'anno né i ritmi del corpo.

Ecco perché l'epoca del capitalismo è anche l'epoca delle "sveglie", degli orologi che, con un suono stridente, colgono gli uomini nel sonno per costringerli a scaraventarsi nei luoghi di lavoro illuminati dalla luce artificiale. Ed una volta anticipato alla notte l'inizio della giornata, non c'è niente di più ovvio che portare la fine della giornata dentro la notte. Questa mutazione possiede perfino un suo lato estetico. Allo stesso modo in cui l'ambiente viene in un certo qual modo "smaterializzato" dalla razionalità imprenditoriale, dal momento che la materia e le sue correlazioni devono sottomettersi ai criteri di redditività, essa viene anche privata della sua dimensione e proporzione per mezzo di questa stessa razionalità. Quando a volte alcuni vecchi edifici ci sembrano in qualche modo più belli e confortevoli degli edifici moderni, e quando affermiamo che, rispetto agli attuali edifici "funzionali", ci impressionano in quanto irregolari, ciò si riferisce al fatto che le sue misure sono adeguate alle misure corporee e alle loro forme, come quelle del paesaggio. Al contrario, l'architettura moderna fa uso di misurazioni astronomiche dello spazio e di forme "decontestualizzate" "staccate" dall'ambiente circostante. Lo stesso vale per il tempo. Anche la moderna architettura del tempo viene ad essere deprivata di proporzione e contesto. Non è solo lo spazio ad essere diventato più brutto, ma anche il tempo.

Nel 18° secolo e all'inizio del 19°, sia il prolungamento assoluto quanto quello relativo della giornata di lavoro, attraverso l'introduzione dell'ora astronomica astratta, sono stati vissuti come una tortura. Per molto tempo, si è svolta una lotta disperata contro il lavoro notturno legato all'industrializzazione. Lavorare prima dell'alba e dopo il tramonto era, per così dire, immorale. Quando nel Medioevo si facevano lavorare degli artigiani di notte per ragioni di scadenza, ricevevano lauti pasti e salari principeschi. Il lavoro notturno era una rara eccezione. E a quanto pare una delle "grandi" conquiste del capitalismo é stata quella di aver fatto diventare la tortura del tempo una regola generale dell'attività umana.

Con la graduale riduzione della giornata assoluta di lavoro dei primordi del capitalismo, non è cambiato nulla. Al contrario, il cosiddetto lavoro a turni si è sempre più esteso nel 20° secolo. Per mezzo di due o anche di tre turni, le macchine vengono mantenute in funzionamento quasi ininterrotto, con brevi pause per lo scambio del personale, la manutenzione e la pulizia. Anche negozi e magazzini devono estendere al massimo il loro orario, rasentando il limite delle 24 ore. In Germania, quest'anno, abbiamo un dibattito sull'orario legale di chiusura del commercio, che fino a poco tempo fa era fissato al livello delle 18:30. E dal 1° novembre 1996 si è prolungata fino alle 20:00. In molti paesi, come negli Stati Uniti, non vi è alcun orario di chiusura definito per legge, e numerose strutture recano il cartello: "Aperto 24 ore". Da quando la tecnologia microelettronica di comunicazione ha globalizzato il flusso monetario, la giornata finanziaria si muove ininterrottamente da un emisfero all'altro. "I mercati finanziari non dormono mai", dice la pubblicità di una banca giapponese.

È la luce della ragione illuminista che illumina i turni di notte. Nella misura in cui la concorrenza si fa totale, l'imperativo esterno e sociale si trasforma in coercizione interiore dell'individuo. Il sonno diventa un nemico altrettanto sordido della notte, poiché quando si dorme si perdono opportunità e si abbassa irrimediabilmente la guardia rispetto all'attacco alieno. In un'economia di mercato, il sonno dell'individuo diventa sempre più corto e leggero, come quello di un animale selvaggio, e questo in maniera direttamente proporzionale al suo desiderio di "successo". Il tormento del lavoro notturno meccanico, imposto da altri, si manifesta a livello di amministrazione come rifiuto "volontario" del sonno. Esistono anche seminari nei quali è previsto l'esercizio di tecniche di minimizzazione del sonno. In tutta serietà, gli allievi dell'amministrazione oggi affermano: "L'imprenditore ideale non dorme mai", esattamente come i mercati finanziari!

Ora, la sottomissione dell'uomo al "lavoro astratto" e la sua misura astronomica del tempo è impossibile senza un controllo totale. Un controllo universale richiede anche osservazione universale, e l'osservazione è possibile solo alla luce: più o meno come la polizia, che durante gli interrogatori, dirige un fascio di luce sulla faccia del delinquente. Non a caso il termine "Illuminismo", in tedesco "Aufklärung", possiede una seconda accezione militare che vuol dire "riconoscimento del nemico". Ed una società in cui ciascuno diventa il nemico degli altri e di sé stesso, poiché a tutti tocca servire il medesimo Dio secolarizzato del capitale, diventa per necessità logica un sistema di osservazione ed auto-osservazione totale.

In un universo meccanico, anche l'uomo dev'essere macchina e ricevere il trattamento dei macchinari. La luce dell'Illuminismo è servito a questo, rendendolo trasparente. Il filosofo francese Michel Foucault mostra nel suo libro "Sorvegliare e punire" (1975) come questa "visibilità" totale è diventata una trappola storica. All'inizio del 19° secolo, il capitalismo praticava l'osservazione totale per mezzo di una "pedagogia penitenziaria" secondo i modelli sviluppati dal filosofo utilitarista e liberale Jeremy Bentham (1748-1832), attraverso un sagace sistema di organizzazione, punizione e perfino di architettura per carceri, fabbriche, uffici, ospedali, scuole e riformatori.

La sfera pubblica del mercato non è propriamente l'ambito della libera comunicazione, bensì una sfera di osservazione e controllo. Questo ci ricorda l'utopia negativa "1984" di George Orwell. Se questo controllo, nelle dittature totalitarie, veniva esercitato esternamente dall'apparato burocratico dello Stato e della polizia, nelle democrazie si è trasformato in auto-controllo introiettato, completato dai media commerciali, in cui i riflettori dei campi di concentramento si sono trasformati nelle luminarie di una gigantesca fiera di vendita al dettaglio. Qui non si discute liberamente, ma si irradia luce senza pietà. Nella democrazia commerciale, un simile sistema si è affinato al punto che gli individui obbediscono da sé soli agli imperativi capitalisti e seguono la strada loro tracciata come dei robot programmati.

In contrasto con la propria pretesa sociale, il marxismo è stato un protagonista del "lavoro astratto", nella misura in cui ha ceduto al pensiero meccanicistico dell'Illuminismo ed al suo perfido simbolismo della luce. Tutto ciò che c'era di dispotico nel marxismo deriva dal liberalismo illuminista. D'altra parte, i romantici, interessati a rendere giustizia alla faccia oscura della verità, non si allearono però con l'emancipazione sociale, ma con la reazione politica. Solo una volta liberata da questo carcere reazionario, la notte, il sonno ed il sogno potranno diventare le parole d'ordine emancipatrici della critica sociale.
La resistenza al mercato totale forse comincerà quando gli uomini si attribuiranno inopinatamente il diritto di dormire almeno una volta a sazietà.

- Robert Kurz - Pubblicato su Folha de São Paulo del 12.01.1997 -

fonte: EXIT!