martedì 2 febbraio 2016

Romantici?

Lefebvre

L'Internazionale situazionista e la querelle del romanticismo rivoluzionario
- di Patrick Marcolini -

La comprensione dell'arte degli ultimi due secoli passa attraverso la comprensione dei movimenti politici con i quali si è in parte legata, come è dimostrato soprattutto dalla storia della avanguardie. Pur se le modalità di quest'apparentamento sono state molteplici, possono tuttavia essere raccolte intorno ad un doppio movimento, come viene riassunto nel 1939 da Walter Benjamin: estetizzazione della politica e politicizzazione dell'arte. [*1] Nel 20° secolo, però, l'Internazionale Situazionista presenta il caso eccezionale di una fusione totale dell'arte e della politica, attraverso il loro comune superamento. L'IS (Internazionale Situazionista) è originariamente un 'avanguardia artistica rivoluzionaria, nata nel 1957 in seguito ad una constatazione molto semplice: la decomposizione delle vecchie sovrastrutture culturali, esauritesi dopo mezzo secolo di contestazione da parte delle avanguardie. Il fine dei situazionisti è quindi superare l'arte aprendo il terreno del comportamento e delle situazioni della vita quotidiana alla libera creazione. Per raggiungere quest'obiettivo, appare indispensabile porre fine alla divisione del lavoro artistico, in due modi: abolire la separazione fra artisti e spettatori, di modo che ciascuno diventi il creatore della propria vita; ed abolire la separazione fra le arti, in modo che tutte le pratiche vengano riunificate nella produzione dell'esistenza in quanto opera d'arte totale, e di ciò che determina le sue qualità passionali: la città e le possibilità di incontrare quello che essa nasconde. L'architettura e l'urbanismo, riunendo le sperimentazioni sviluppate nella pittura, nella scultura, nel teatro o nella musica, divengono in tal modo i primi mezzi per costruire una vita pienamente poetica.

Ovviamente, questo programma di sconvolgimento dei costumi è condannato a rimanere utopico se non è accompagnato da un progetto di rivoluzione sociale e politica. E' condizionato dall'abolizione del lavoro alienato, cioè a dire dall'abolizione del capitalismo ed al re-orientamento radicale dei fini del sistema di produzione industriale; ed il progetto di autonomia individuale e collettiva che contiene presuppone anche l'abolizione dello Stato e di ogni altra forma di organizzazione gerarchizzata o di rappresentazione alienata, così come la realizzazione di una società senza classi.

Il progetto situazionista di superamento dell'arte richiede pertanto anche un rinnovamento completo del progetto rivoluzionario all'altezza dei nuovi obiettivi che gli sono stati assegnati, il che porta i situazionisti ad invertire l'ordine delle priorità: la ricerca e la sperimentazione delle forme che potrebbe assumere la vita quotidiana in una società situazionista, che erano state le attività principali dell'IS fra il 1957 ed il 1961, vanno a fornire gli elementi di un rinnovamento della teoria e della pratica rivoluzionaria, rimaste congelato fino ad allora nel dogmatismo ideologico e nella commemorazione delle rivoluzioni sconfitte.

L'obiettivo prioritario diventa perciò, a partire dal 1961, la critica della società capitalista moderna, definita da Guy Debord come società dello spettacolo [*2], e il sostegno costante ad ogni tentativo sovversivo volto a consentire agli uomini di creare liberamente la propria vita.

E' per questo che l'IS, fino al 1972 (data della sua auto-dissoluzione), sarà parte dei disordini rivoluzionari che in quel tempo scoppieranno in Europa e negli Stati Uniti. In Francia, i situazionisti in tal modo svolgono un ruolo significativo nell'esplosione del maggio 1968. Dopo aver combattuto sulle barricate, il loro slogan sono ripresi sui muri di Parigi, partecipano al primo comitato di occupazione della Sorbona, e fanno tutto ciò che è in loro potere per sostenere il movimento di rivolta e lo sciopero generale. Le autorità si renderanno conto del carattere politicamente minaccioso dell'organizzazione situazionista, e le sue pubblicazioni verranno più volte sequestrate, i suoi membri perseguiti dalla polizia, sorvegliati dai servizi segreti, arrestati, ed anche minacciati fisicamente.

Passati senza soluzione di continuità dallo status di avanguardia artistica a quello di avanguardia politica, l'IS è pertanto una sorta di cartina di tornasole per tutti coloro che vogliono studiare le relazioni fra estetica e politica nel 20° secolo.

E' proprio in questo passaggio dall'arte alla politica (o piuttosto dal superamento dell'arte al superamento della politica) che nasce la querelle sul "romanticismo rivoluzionario", che si svilupperà fra i situazionisti ed Henri Lefebvre, dal 1957 al 1960.

Il romanticismo rivoluzionario secondo Henri Lefebvre

Chi è Henri Lefebvre? Può essere necessario ricordarlo, nella misura in cui è una figura oggi dimentica dalla filosofia marxista francese, ma anche perché è stato egli stesso, in un certo senso, un buon esempio di quel romanticismo rivoluzionario di cui ha proposto il concetto [*3]. Nel campo intellettuale francese degli anni 1950, Henri Lefebvre è una delle figure più in vista, uno dei rari filosofi in grado di affrontare Sartre o Merleau-Ponty sul terreno del marxismo [*4]. Per la verità è un marxista assai eterodosso: arrivato a Marx attraverso la lettura di Hegel, di Schelling e dei romantici tedeschi, negli anni 1920 è stato abbastanza vicino al surrealismo. Avendo aderito al Partito comunista, la sua posizione è paradossale: benché accetti totalmente, in materia politica, la disciplina stalinista, vede accolte assai freddamente le sue ricerche più innovative, quali "La coscienza mistificata" (1936), uno dei contributi filosofici più interessanti a proposito dei concetti di alienazione, feticismo ed ideologia (in linea con il Lukàcs di "Storia e coscienza di classe"), oppure "La critica della vita quotidiana" (1947), in cui pone le basi di una sociologia della quotidianità. Nel dopoguerra, Lefebvre comincia a criticare sempre più apertamente lo stalinismo del PCF, cosa che alla fine porta alla sua espulsione dal Partito nel 1958 [*5].

E' quindi alla vigilia della sua espulsione, nel maggio 1957, che scrive un articolo dal titolo "Verso un romanticismo rivoluzionario", che verrà pubblicato nell'ottobre dello stesso anno. L'articolo comincia col fare un doppio bilancio: da una parte, la crisi dell'ideale socialista, "compromesso tanto dallo 'stalinismo', che dal suo essere messo sotto accusa, dalla 'destalinizzazione' interrotta", e dall'incapacità degli intellettuali a formulare una politica rivoluzionaria articolata in maniera coerente con la loro attività di artisti o di pensatori; dall'altra parte, la crisi dell'arte moderna, immobilizzata nell'impasse di un esaurimento formale e di una capacità di affrontare, e quindi a superare "il carattere profondamente problematico - perciò incerto - della vita reale" nel mondo moderno [*6].

Nello stesso momento, nel Rapporto sulla Costruzione di Situazioni, pubblicato nel giugno 1957 e che costituisce il documento preparatorio alla fondazione dell'IS, il situazionista Guy Debord fa un'osservazione identica: secondo lui, l'epoca è quella di una "crisi essenziale della storia", crisi sul piano politico nella misura in cui lo stalinismo in URSS e negli altri paesi del blocco dell'Est è stato uno dei maggiori ostacoli al perseguimento di una vera e propria politica rivoluzionaria negli ultimi trent'anni (ma, più ottimista di Lefebvre, Debord ritiene che il 1956 abbia segnato l'inizio di una "nuova fase di lotta", di una nuova "spinta delle forze rivoluzionarie" [*7] - e crisi sul piano culturale, dove l'impotenza generale si manifesta nella ripetizione sterile di vecchi approcci che risalgono a Dada ed al Surrealismo, nel niente assunto come possibile soggetto dell'opera letteraria o artistica, o nei tentativi di un puro e semplice restauro dei vecchi valori culturali. Attraverso questa descrizione che assume l'aspetto di un gioco al massacro, Debord si riferisce esplicitamente al surrealismo del dopoguerra, al neo-dadaismo, all'esistenzialismo ed al realismo socialista [*8]. A suo avviso, la soluzione può essere trovata in una nuova alleanza fra l'arte e la politica rivoluzionaria, che passi attraverso la sperimentazione di nuovi modi di vivere.

Surrealismo, esistenzialismo, realismo socialista, ritorno al classicismo

I bersagli di Debord sono gli stessi indicati da Henri Lefebvre nel suo articolo. Tuttavia, Debord e Lefebvre non si conoscono ancora, e portano avanti le loro ricerche in maniera separata, ma simultanea [*9].

Invece, l'incontro fra i due avviene proprio sulla questione del "romanticismo rivoluzionario", un concetto elaborato da Lefebvre per declinare il significato politico dei cambiamenti sopravvenuti nella sfera culturale, dopo il fallimento degli ultimi tentativi di rinnovamento artistico e letterario del dopoguerra.

Il romanticismo rivoluzionario che invoca Lefebvre, e che ritiene di poter già distinguere in alcuni artisti, questo romanticismo rivoluzionario si definisce in contrapposizione al vecchio romanticismo, approfondendo alcune delle sue tendenze più feconde.

Come il vecchio romanticismo, esso è l'espressione di un disaccordo, di uno strappo fra il soggettivo e l'oggettivo, tra il vissuto e le rappresentazioni, fra l'uomo ed il mondo: procede dalla noia, dall'insoddisfazione concreta e dalla disperazione di fronte all'esistente. Ma come reazione a questa infelicità, il vecchio romanticismo aveva scelto di "prendere le distanze dal presente servendosi del passato": giudicava l'attualità con gli occhi di un passato idealizzato, viveva "nell'ossessione e nella fascinazione della grandezza, della purezza del passato" [*10].
« Questo passato significava sempre tornare indietro nel tempo, sia storico che psicologico, verso le origini. Talvolta si trattava del "primitivo", della semplicità e della purezza nativa; talora del medioevo o dell'antichità; talora dell'infanzia. Il mito del passato perciò assumeva delle forme diverse, sempre struggenti, fino alla fascinazione dell'inconscio. Più in generale, il vecchio romanticismo trasformava il feticismo e l'alienazione nei criteri del vero e dell'autentico: il possesso, la fascinazione, il delirio. Da qui un contenuto reazionario  » [*11].

Se in fin dei conti il vecchio romantico poteva riassumersi nell'immagine dello "uomo in preda al passato", il nuovo romantico, il romantico rivoluzionario, è, al contrario, "l'uomo in preda al possibile" [*12].

Il dramma interiore del romantico rivoluzionario in effetti è ciò che Lefebvre chiama la coscienza del possibile-impossibile, ossia, come diceva Debord nel Rapporto sulla Costruzione di Situazioni, "il conflitto perpetuo fra il desiderio e la realtà ostile al desiderio" [*13]. La coscienza del possibile-impossibile si basa sull'intuizione per cui l'attrezzatura tecnica sviluppata dal capitalismo potrebbe essere messa al servizio di una distribuzione egualitaria dei beni, di modo da restituire alla vita una "nuova pienezza", e permettere "una comunicazione più profonda" e più autentica fra gli esseri umani. Invece, regnano "l'ingiustizia e la menzogna, più potenti e più onnipresenti che mai", una "soffocante impressione di incomunicabilità", e tutto questo culmina nella "coscienza del vuoto" e nel "vuoto delle coscienze" [*14].

E' in questa coscienza del possibile-impossibile che risiede il carattere rivoluzionario del nuovo romanticismo, nella misura un cui viene così portato a formulare la sua "opposizione radicale all'esistente nel nome del possibile" [*15]. Inoltre, il romanticismo rivoluzionario pone nei nuovi termini la vecchia questione romantica della relazione fra l'uomo e la natura: infatti, "il gigantesco potere che gli uomini riuniti hanno sulla natura si traduce per ciascuno di essi in impotenza. Ancora una volta questo potere umano si trasforma - sotto i nostri occhi, intorno a noi, con noi, in noi, su di noi - in potere di alcuni uomini su altri." Quindi "come fare perché il potere (degli uomini sulla natura) divenga qualcosa che sia più di un mezzo: una sostanza, un potere condiviso, cui ciascuno possa partecipare di più ed in un modo che non sia quello del sogno e dell'immaginazione?" [*16]. Nel porre tale questione, il romanticismo rivoluzionario apre la strada alla critica della proprietà privata dei mezzi di produzione, che è anche, com'è noto, la questione centrale del comunismo rivoluzionario.

Attraverso l'arte, si viene perciò in definitiva riportati alla politica, e sono proprio queste due determinazioni della prassi che Henri Lefebvre cerca di articolare in maniera coerente.

La critica situazionista del concetto di romanticismo rivoluzionario

E' proprio intorno a questo concetto di romanticismo rivoluzionario che avviene il dialogo fra Henri Lefebvre ed i situazionisti, o più esattamente fra Lefebvre e Debord. Il primo contatto ha luogo nel 1958, per interposte riviste. Dopo aver letto l'articolo di Lefebvre sulla "N.F.R." di ottobre del 1957, Debord redige a sua volta un articolo sul n°1 della rivista "Internationale Situationniste", articolo intitolato "Tesi sulla rivoluzione culturale", in cui discute la validità delle teorie di Lefebvre in rapporto all'IS.

Ecco cosa scrive nelle tesi n°5, 6 e 7:

"5. Noi siamo separati praticamente dal dominio reale sui poteri materiali accumulati dal nostro tempo. La rivoluzione cFomunista non è stata fatta e siamo ancora nel quadro del disfacimento delle vecchie sovrastrutture culturali. Henri Lefebvre vede giustamente che questa contraddizione è al centro di un disaccordo specificamente moderno tra l'individuo progressista e il mondo, e chiama romantico-rivoluzionaria la tendenza culturale che si fonda su questo disaccordo. L'insufficienza della concezione di Lefebvre sta nel fare della semplice espressione di questo disaccordo il criterio sufficiente per un'azione rivoluzionaria nella cultura. Lefebvre rinuncia a priori a ogni esperienza di modificazione culturale profonda, accontentandosi di un contenuto: la coscienza del possibile-impossibile (ancora troppo lontano), che può essere espressa sotto qualsiasi forma presa nel quadro del disfacimento.

6. [...] Bisogna portare alla distruzione tutte le forme di pseudo-comunicazione, per arrivare un giorno ad una comunicazione reale e diretta (nella nostra ipotesi d'impiego di mezzi culturali superiori: la situazione costruita). [...]

7. Nel mondo del disfacimento noi possiamo provare ma non impiegare le nostre forze. Il compito pratico di superare il nostro disaccordo con il mondo, e cioè di superare il disfacimento per mezzo di qualche costruzione superiore, non è romantico. Noi saremmo dei romantici-rivoluzionari, nel
senso di Lefebvre, esattamente in misura del nostro fallimento." [*17]

A prima vista, la condanna è senz'appello: nonostante una certa comunità di vedute sullo stato attuale della cultura d'avanguardia, Debord sembra disapprovare completamente il concetto di romanticismo rivoluzionario nel dar conto delle attività dell'IS, e di ogni tentativo rivoluzionario nella cultura, riguardo alla sua pretesa di portarci fuori dal vuoto regnante.

Il motivo è semplice: mentre i situazionisti si pongono dal punto di vista del superamento dell'arte, Lefebvre, nel suo articolo, rimane prigioniero delle vecchie categorie estetiche di opera e di genere. Si misura il divario che esiste fra i situazionisti ed Henri Lefebvre quando ad esempio si legge, scritto da quest'ultimo, che "ciascun'opera forma un tutto - un oggetto privilegiato - e non può non formare un tutto (anche quando spera di liberarsi da questa legge)" [*18]. Contro il vecchio romanticismo che introduceva l'ambiguità nelle categorie estetiche mescolando i generi, Lefebvre assegna come compito al nuovo romanticismo quello di insistere, al contrario, sulla chiarezza della loro delimitazione - anche se li invita altresì a servirsene in maniera storica e dialettica, nelle loro "trasformazioni funzionali" in relazione con il loro contenuto espressivo. I situazionisti, invece, hanno definitivamente rotto con questo modo di comprendere l'arte a venire: la loro azioni ormai si situa su un altro terreno, quello della costruzione di una vita quotidiana appassionante, il che significa che la sola opera ammissibile sarà l'esistenza stessa. "Nessun dipinto è difendibile da un punto di vista situazionista. Questo genere di problema non si pone più", ad esempio dichiara Debord nella stessa epoca [*19] - e l'IS adotterà nel 1961 una risoluzione che definisce come opere "anti-situazioniste" tutte le opere che i situazionisti potrebbero produrre" [*20].

Nel dicembre 1959, i situazionisti rincarano la dose spiegando che:
"Quando [Lefebvre] propone una concezione dell'arte moderna (il romanticismo-rivoluzionario), consiglia agli artisti di tornare a questo genere di espressione - o ad altre più vecchie ancora - per esprimere il senso profondo della vita, e le contraddizioni degli uomini progrediti del loro tempo; cioè a dire senza distinzione fra il loro pubblico ed essi stessi. Lefebvre vuole ignorare che tale senso e tali contraddizioni sono già state espresse dall'arte moderna, e precisamente fino ad arrivare alla distruzione dell'espressione stessa. Non è possibile, per dei rivoluzionari, poter tornare indietro. Il mondo dell'espressione, quale che sia il suo contenuto, è ormai obsoleto" [*21].

L'interesse dell'approccio di Lefebvre risiede sicuramente nell'aver identificato il problema principale dell'arte moderna: la contraddizione esistente fra l'individuo ed il suo tempo, vale a dire fra le sue aspirazioni soggettive e le strutture oggettive della società che impediscono la realizzazione di queste aspirazioni. Ma il limite della concezione di Lefebvre è quello di non aver visto che questo disaccordo fra l'uomo ed il mondo è diventato così violento, da aver soppresso in maniera irreversibile le possibilità formali della sua stessa rappresentazione artistica.

Invece, il fine dell'IS è quello di superare tale dissoluzione delle forme artistiche, liberando nella vita quotidiana il loro contenuto emozionale ed espressivo. Le emozioni che l'artista tentava prima di trasmettere agli altri uomini con l'intermediazione delle sue opere devono quindi essere sperimentate direttamente da tutti, mentre l'espressività dell'artista, liberandosi da un materiale che imponeva l'unilateralità della relazione fra l'opera d'arte e lo spettatore, diventa comunicazione libera, passionale, ininterrotta.

Nei successivi numeri della rivista, i situazionisti fanno riferimento ad altri contributi teorici portati da Lefebvre nei suoi recenti libri: in particolare il concetto di vita quotidiana, o la sua teoria dei momenti. Nel gennaio 1960, Henri Lefebvre, che legge la rivista dal suo primo numero, alla fine contatta il direttore delle pubblicazioni, ossia Guy Debord, per dare inizio ad un dialogo critico [*22].

Ne segue una discussione, nel corso della quale Debord è portato a precisare nuovamente il rapporto dell'IS con il romanticismo rivoluzionario. Contrariamente a quanto potrebbe lasciar credere una lettura troppo frettolosa delle "Tesi sulla rivoluzione culturale", Debord concede a Lefebvre che, nella misura in cui il concetto "può essere applicato all'analisi di ogni manifestazione della coscienza moderna", è possibile affermare che l'IS è "inconsciamente" romantica rivoluzionaria, come a dire "senza saperlo", dal momento che condivide la sensibilità dominante del suo tempo, una sensibilità che è quella del "disaccordo con il mondo" (se la si legge attentamente, la tesi n°5, lo lascia già intendere). Tuttavia, per riprendere le parole della tesi n°7, il compito pratico di superare questo disaccordo con il mondo npn è un compito romantico. Se lo dovesse divenire, questo significherebbe che l'IS avrebbe fallito nella sua impresa rivoluzionaria, e non avrebbe fatto altro che portare il suo povero contributo al disfacimento culturale ambientale, senza essere riuscita a pugnalare il cuore della società capitalista. A tal proposito, l'impresa situazionista deve quindi essere necessariamente considerata come un superamento del romanticismo rivoluzionario. E questo porta Debord a concludere dialetticamente:
"Perciò io conto sulle prospettive "situazioniste" (che, come lei sa, non temono di andare troppo lontano) quanto meno per posizionare il nostro romanticismo sul lato rivoluzionario; e, nella migliore delle ipotesi, per superare ogni romanticismo" [*23].

Pertanto nel 1960 si pone fine alla querelle del romanticismo rivoluzionario. Debord e Lefebvre hanno finito per legarsi in una relazione di amicizia, e quando Lefebvre pubblica nel 1962 il suo "Introduzione alla modernità", in cui nell'ultimo capitolo dal titolo "Verso un nuovo romanticismo?" riprende le intuizioni del suo articolo del 1957 [*24], i situazionisti, che vengono presentati ancora una volta sotto l'etichetta di "romantici", non manifestano affatto il loro disaccordo su tale punto, dal momento che Lefebvre ha fatto propria la tesi di un superamento e di una realizzazione dell'arte nella vita quotidiana, al di là di qualsiasi opera. Il disaccordo, stavolta, verte piuttosto sul fatto che Lefebvre assimili i situazionisti alla gioventù ribelle e, cosa ancora più grave, avvicini abusivamente la loro critica sociale a quella portata avanti da "un gruppo di giovani oppositori del partito comunista", denominati "La linea generale" [*25]. Questo diverbio segna un deterioramento delle relazioni fra i situazionisti e Lefebvre, che li porterà a rompere con lui nel 1963; va tuttavia notato che nell'opuscolo che renderà pubblica questa rottura, i situazionisti riconosceranno ugualmente al filosofo il merito di essere stato l'autore di un "importante approccio a molti dei problemi che ci preoccupano, nel libro 'La Somme et le reste' ed anche prima, benché in maniera più frammentaria, nella sua 'Critica della vita quotidiana' e nelle sue dichiarazioni sul romanticismo rivoluzionario" [*26].

Il romanticismo rivoluzionario, oggi

« Quando "essere assolutamente moderni" è diventata una legge speciale proclamata dal tiranno, ciò che l'onesto schiavo teme sopra ogni cosa è che lo si possa sospettare di essere passatista. » - Guy Debord - Panegirico (1989) -

Da parte nostra, bisognerebbe riaprire immediatamente la querelle sul romanticismo rivoluzionario. Questa querelle ha permesso ai situazionisti ed a Lefebvre di chiarire le loro posizioni sul legame fra arte e politica; ma questo concetto e la discussione cui ha dato luogo, oggi hanno ancora interesse?

Il vero interesse di questo dibattito fra Lefebvre ed i situazionisti, consiste nell'aver chiaramente affermato e dimostrato che il romanticismo è l'espressione teorica e pratica di una protesta contro la civiltà capitalista e industriale. In altre parole, essere anticapitalista è nella natura stessa del romanticismo - il che non significa che sia necessariamente rivoluzionario, né che ogni anticapitalismo sia romantico. Inoltre, Lefebvre ed i situazionisti hanno riconosciuto nel romanticismo, in quanto visione del mondo, il tratto comune a numerose correnti artistiche emerse dopo il 19° secolo. Quindi, per esempio, possono essere qualificati come "romantici", oltre al romanticismo propriamente detto in quanto scuola letteraria, il simbolismo, l'espressionismo o il surrealismo.

Si è dovuto aspettare una trentina d'anni perché l'essenza anticapitalista del romanticismo venisse stabilita da delle ricerche più sistematiche, come quelle di Michael Löwy e di Robert Sayre [*27]. Il contributo di Henri Lefebvre, dei situazionisti e delle loro discussioni ha dunque precorso tutto ciò che concerne l'analisi delle dinamiche socio-culturali degli ultimi due secoli: infatti, che il romanticismo sia intrinsecamente anticapitalista suppone che la sua esistenza sia co-estensiva a quella del capitalismo; e nella misura in cui il capitalismo ha determinato positivamente o negativamente le manifestazioni storiche degli ultimi due secoli, ciò significa ad esempio che non si può comprendere la storia del movimento operaio o delle avanguardie artistiche senza fare uso del concetto di romanticismo [*28].

Ma ciò che hanno anche dimostrato dei ricercatori come  Robert Sayre e Michael Löwy, è che il rifiuto romantico della civiltà capitalista ed industriale poteva essere formulato soltanto basandosi su dei valori  e su degli ideali provenienti dal passato, cosa che, nella loro comprensione de romanticismo rivoluzionario, rifiutavano di ammettere sia i situazionisti che Lefebvre.

Per inciso, Lefebvre, nel suo articolo, spiegava:
"Ogni romanticismo si fonda sul disaccordo, sullo sdoppiamento e sulla lacerazione. In tal senso, il romanticismo rivoluzionario perpetua e perfino approfondisce il vecchio sdoppiamento romantico. Ma questo sdoppiamento assume un senso nuovo. La distanza (il ben distanziarsi) rispetto all'attuale, al presente, al reale, all'esistente, viene assunto sotto il segno del possibile. E non in riferimento al passato, o alla fuga" [*29].

E Debord, da parte sua, in una lettera a Lefebvre aggiungeva:
"Se il romanticismo si piò caratterizzare, generalmente, attraverso un rifiuto del presente, la sua sua tradizionale non-esistenza è un movimento verso il passato; e la sua variante rivoluzionaria un'impazienza dell'avvenire. Questi due aspetti sono in lotta in tutta l'arte moderna, ma credo che soltanto il secondo, quello che si restituisce a nuove rivendicazioni, rappresenti l'importanza di quest'epoca artistica" [*30].

Nel rileggere oggi i documenti di questo dibattito, si nota che Guy Debord ed Henri Lefebvre siano stati in qualche modo rovesciati nella loro querelle, la storia si fa ironicamente carico di operare in loro la sintesi negativa delle loro rispettive posizioni. In effetti, l'unico elemento su cui Lefebvre e Debord erano completamente d'accordo - un'opposizione al capitalismo non si può fare dal punto di vista del passato - si è trovato ad essere anche il solo elemento che viene smentito dai loro stessi scritti e dalle loro stesse pratiche, rivelando un completo fraintendimento circa il senso e le modalità della loro volontà di rivolgimento sociale, uno scarto inatteso fra le loro posizioni e la rappresentazione che ne avevano.

In effetti, la critica anticapitalista di Lefebvre e dei situazionisti trovava le sue armi in una comprensione, che era allo stesso tempo sensibile, intuitiva e razionale, del passato dell'umanità e della sua importanza in quanto punto di partenza per una politica rivoluzionaria.

In Henri Lefebvre, e per l'esattezza nella sua "Introduzione alla modernità", c'è ad esempio questa ammissione, sorprendente per la penna di un marxista:
"Nel passato ci sono dei periodi relativamente felici, nel 13° secolo, forse, e poi nella prima metà del 16°. E' vero, io sono in una certa misura un uomo del 16° secolo" [*31].

In quell'epoca, nella regione del Béarn dove è cresciuto, e dove ha passato molti anni a studiare:
"Lo Stato [...], quello di Parigi e della Francia, del Re e della Repubblica, non era ancora arrivato in queste contrade; non aveva ancora raso al suolo e bruciato; la borghesia, con le sue manie classificatrici e segreganti, non aveva ancora suddiviso i paesi, le età. i mestieri e le arti [...]. Come questa vecchia Francia, che non era ancora la Francia, si viveva in maniera deliziosa! C'era a quei tempi la mediocrità dorata che i poeti classici hanno cantato come perduta. Allora il pane di frumento, la frutta, l'uva e il vino della vigna avevano tutto il loro sapore. Un'ammirevole arte di vivere valeva la scarsa ricchezza e i rari beni."
Dedicandosi in maniera appassionata ad un elogio romantico delle vecchie comunità pastorali e contadine, Lefebvre spiega quindi che è da lì che proviene la sua rivolta contro la società moderna:
"Se detesto lo Stato, se odio la borghesia, questo non dovuto unicamente al fatto che mi ricordo di quei tempi paragonabili all'età dell'oro, ma è per lo più in nome di questi ricordi" [*32].
E aggiunge:
"Per quel che mi concerne, non rimpiangerò mai di aver conosciuto, in una zona periferica della provincia francese, delle forme arcaiche di vita, o le loro ultime tracce. Ho molto imparato. Ho capito che quello poteva essere un ordine umano, nel quale l'uomo non si sarebbe separato dal mondo, né la coscienza si sarebbe separata dall'essere, unità feconda. Mi ci riferisco ancora [...] Se ho potuto comprendere il pensiero di Engels, secondo il quale il passo in avanti dell'umanità si lascerebbe sempre qualcosa dietro, [...] è a partire da queste esperienze" [*33].

L'inizio del 16° secolo, e più in generale il declino del Medioevo, era anche una delle epoche preferite di Guy Debord; ne traeva sia i suoi riferimenti politici (Machiavelli, Guicciardini, La Boétie) che le sue ispirazioni poetiche (François Villon, Charles d’Orléans, Jorge Manrique).

Allo stesso modo, Guy Debord e i suoi compagni hanno spesso dimostrato come il loro progetto rivoluzionario si basasse su una rivalutazione delle possibilità di vita libera che si possono trovare nel passato storico delle società umane. Hanno anche avuto un forte interesse per le società cosiddette "primitive" (il bollettino che i futuri situazionisti hanno editato fra il 1954 ed il 1957 si chiamava significativamente Potlatch); per la cavalleria medievale (l'erranza dei cavalieri della Tavola Rotonda serviva ai situazionisti come modello simbolico per dar conto delle loro esperienze di deriva nelle città [*34]; e nel 1978 Debord ha scelto la metafora della ricerca del Graal per alludere alla storia del movimento situazionista) [*35]; agli Zingari, infine, che rappresentavano una sorta di sopravvivenza nel presente delle forme di comunità precapitalistiche (a partire dalla collaborazione dei situazionisti nel 1956 con i Gitani di Alba, in Italia, ai fini della costruzione di un accampamento [*36], fino all'amicizia di Debord con Tony Gatlif, il quale "contribuirà ampiamente ad iniziarlo ai segreti del mondo gitano") [*37]. Ciò che interessava i situazionisti, riguardo queste comunità, era la loro esistenza indipendente dallo Stato e dall'accumulazione capitalista, sia perché erano state comunità precedenti, come per le società arcaiche o per la cavalleria medievale, sia perché sfuggivano ad una tale influenza, come gli Zingari. Sicuramente, non si trattava di riprodurre tale e quale, in una società comunista, il modo di vita dei cavalieri, dei nomadi o dei nativi americani, ma di basarsi sul loro esempio al fine di concepire delle nuove forme di vita non alienate.

E' questo il senso di quel che scriveva Debord nel 1979, nella prefazione alla quarta edizione italiana de "La società dello spettacolo", benché i modelli storici siano qui da ricercare nelle città dell'antica Grecia e nelle repubbliche italiane del Rinascimento:
"La rivoluzione che vuole instaurare e mantenere una società senza classi [...]  può abbastanza semplicemente cominciare ovunque, là dove delle assemblee proletarie autonome, non riconoscendo al di fuori di se stesse alcuna autorità o proprietà di chicchessia, ponendo la propria volontà al di sopra di tutte le leggi e di tutte le specializzazioni, aboliranno la separazione degli individui, l'economia mercantile, lo Stato. Ma essa non trionferà che imponendosi universalmente, senza lasciare una parcella di territorio ad alcuna forma residua di società alienata.
Allora si rivedrà un'Atene o una Firenze da cui nessuno sarà respinto, estesa sino ai confini del mondo; e che, avendo abbattuto tutti i propri nemici, potrà infine dedicarsi gioiosamente alle vere divisioni e alle rivalità senza fine della vita storica." [*38].

In questa visione del mondo tipicamente romantica e nondimeno rivoluzionaria, il passato storico assume un nuovo valore: non è più, come credevano di poter denunciare Lefebvre e Debord, la compensazione illusoria di un presente alienante, "una fuga reazionaria fuori dal reale" [*39], ma costituisce la base migliore della critica sociale, in quanto porta in sé la critica del presente, la coscienza della felicità e della sua perdita. Avere il gusto del passato diventa perciò una condizione indispensabile per emettere un giudizio rivoluzionario sul mondo presente, ma anche per prevedere nuove forme di esistenza. In tal senso, il romanticismo che ispira il percorso di Lefebvre o dei situazionisti non può essere inteso come un'opposizione fra il passato ed il possibile, ma come la sua sintesi dialettica, ossia l'irruzione del passato come il possibile ancora all'opera nella storia. E quest'irruzione è anche un impossessarsi: proiettare il passato nel ciel dell'avvenire, come un'immagine utopica che guidi la lotta presente. Si tratta qui di un'operazione con un fine politico, e tuttavia coloro che la portano avanti non hanno altri strumenti se non la loro sensibilità estetica: sta qui l'autentico romanticismo rivoluzionario.

In ultima analisi, è questa sensibilità romantica che irriga a livello sotterraneo la critica situazionista e che è stata la sua forza e la sua originalità. Colui che ha rappresentato al meglio questa sensibilità nell'IS è stato Guy Debord stesso, la cui critica sociale è sempre avvenuta sotto il segno melanconico di una meditazione sulla perdita: perdita del tempo, perdita di ciò che rendeva bella la vita, perdita di ciò che si ama e, per finire, perdita di sé stesso [*40].

D'altronde, si dimentica troppo spesso che l'IS, in quanto progetto di costruzione di situazioni, è nata innanzitutto da una scommessa sullo scorrere del tempo, voluta dallo stesso Debord:
"“Il principale dramma affettivo della vita [...] sembra essere proprio la sensazione dello scorrere del tempo. L’atteggiamento situazionista consiste nel puntare sulla fuga del tempo, contrariamente ai processi estetici che tendevano alla fissazione dell’emozione. La sfida situazionista al passaggio delle emozioni e del tempo sarebbe la scommessa di guadagnare sempre sul cambiamento, andando sempre più lontano nel gioco e nella moltiplicazione dei periodi coinvolgenti. Non è evidentemente facile per noi, in questo momento, fare una tale scommessa. Tuttavia dovessimo perderla mille volte, non abbiamo la scelta di un altro atteggiamento progressista” [*41].

- Patrick Marcolini - Pubblicato su Noesis (on-line) n°11 del 2007 -

NOTE:

(1) - Walter Benjamin -  L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica (1939).

(2) - Il libro di Guy Debord con questo titolo appare nel 1967. Nello stesso anno compare l'altra opera di riferimento del movimento situazionista: Trattato del saper vivere ad uso delle giovani generazione, di Raoul Vaneigem.

(3) - Kurt Meyer, Henri Lefebvre : Ein romantischer Revolutionnär, Wien, Europa Verlag, 1973.

(4) - Eccetto, da una parte, i comunisti dissidenti come  Pierre Naville e Dionys Mascolo, e dall'altra parte i marxisti influenzati dal comunismo dei consigli, come Claude Lefort e Cornelius Castoriadis.

(5) - Rémi Hess, Henri Lefebvre et l’aventure du siècle, Paris, Métailié, 1988.

(6) - Henri Lefebvre, « Vers un romantisme révolutionnaire », La Nouvelle Revue Française, 1er octobre 1957.

(7) - Guy Debord - Rapporto sulla costruzione delle situazioni - 1957.

(8) - Guy Debord - Op. cit.

(9) - Lefebvre scrive il suo articolo nel maggio 1957 e lo pubblica ad ottobre dello stesso anno, Debord pubblica il Rapporto sulla costruzione delle situazioni nel giugno del 1957, e l'Internazionale Situazionista viene fondata il mese successivo, è quindi impossibile che Lefebvre conoscesse gli scritti situazionisti.

(10) - Henri Lefebvre, op. cit.

(11) - Henri Lefebvre, op. cit.

(12) - Henri Lefebvre, op. cit.

(13) - Guy Debord. op. cit.

(14) - Henri Lefebvre, op. cit.

(15) - Henri Lefebvre, op. cit.

(16) - Henri Lefebvre, op. cit.

(17) - Guy Debord - Tesi sulla rivoluzione culturale, su Internazionale Situazionista n°1, giugno 1958.

(18) - Henri Lefebvre, op. cit.

(19) - Lettera di Guy Debord a Costant datata 25 settembre 1958 (Guy Debord, Correspondance, vol. 1); dichiarazione che verrà ripresa tale e quale nella rivista Internazionale Situazionista nel dicembre 1958, firmata dal comitato di redazione della rivista (Internazionale Situazionista n°2).

(20) - Internationale Situationniste n° 7

(21) - Internationale Situationniste n° 3

(22) - Vedi l'estratto della lettera inviata da Henri Lefebvre a Guy Debord, datata 3 gennaio 1960 (in Correspondance, op. cit.)

(23) - Lettera di Guy Debord a Henri Lefebvre in data 5 maggio 1960 (ivi).

(24) - Henri Lefebvre, Introduction à la modernité. Préludes, Paris, Editions de Minuit, 1962.

(25) - Henri Lefebvre, Introduction à la modernité, op. cit.; e Internazionale Situazionista n°8, gennaio 1963. Come aneddoto, fra i membri della Linea Generale appare Georges Perec, il quale all'epoca è ancora uno sconosciuto scrittore. Sui rapporti fra Lefebvre, i situazionisti e La Linea Generale, cf. Matthieu Rémy, « Georges Perec dans l’air du temps situationniste », Archives et documents situationnistes n°4, automne 2004.

(26) - Opuscolo  « Aux poubelles de l’histoire ! » datato 21 febbraio 1963 (riprodotto nella rivista Internationale Situationniste n°12, septembre 1969).

(27) - Michael Löwy et Robert Sayre, Révolte et mélancolie. Le romantisme à contre-courant de la modernité, Paris, Payot, 1992. Michael Löwy ha diretto, in collaborazione con Max Blechman, un numero speciale della rivista Europe dedicato al "romanticismo rivoluzionario" (Europe n°900, aprile 2004). Cfr. anche  Michael Löwy, L’Etoile du matin. Surréalisme et marxisme, Paris, Syllepse, 2000 (quest'opera contiene anche un capitolo sul "romanticismo nero di Guy Debord").

(28) - Per uno studio sui rapporti che legano il romanticismo e gli inizi del movimento operaio, cfr. Sarane Alexandrian, Le Socialisme romantique, Paris, Seuil, 1979.

(29) -  Henri Lefebvre, « Vers un romantisme révolutionnaire », op. cit.

(30) - Lettera di Guy Debord ad Henri Lefebvre, in data 5 maggio 1960 (Correspondance, op. cit.)

(31) - Henri Lefebvre, Introduction à la modernité, op. cit.

(32) - Henri Lefebvre, Introduction à la modernité, op. cit.

(33) - Henri Lefebvre, Introduction à la modernité, op. cit.

(34) - Boris Donné, (Pour Mémoires). Un essai d’élucidation des « Mémoires » de Guy Debord, Paris, Allia, 2004.

(35) - Guy Debord, In girum imus nocte et consumimur igni [1978], Paris, Gallimard, 1999.

(36) - Sui rapporti dei situazionisti Costant e Pinot-Gallizio con gli Zingari d'Alba, cfr. Constant, « New Babylon, une ville nomade », in Nomades et vagabonds (Cause commune n°2), Paris, Union générale d’éditions, 1975; e Francesco Careri, « New Babylon. Le nomadisme et le dépassement de l’architecture », in Constant, une rétrospective, Antibes, Musée Picasso / Paris, Réunion des musées nationaux, 2001.

(37) - Christophe Bourseiller, Vie et mort de Guy Debord, Paris, Plon, 1999. Nelle sue ultime opere, Debord fa più volte riferimento agli Zingari, e sua moglie è l'autrice di un studio molto bello sul contributo degli Zingari all'argot delle classi pericolose  (Alice Becker-Ho, Les Princes du Jargon [1990], Paris, Gallimard, 1993).

(38) - Guy Debord - Prefazione alla quarta edizione italiana de La Società dello spettacolo" (1979).

(39) - "Fin dall'inizio, c'è nel surrealismo, che in questo è paragonabile al romanticismo, un antagonismo fra i tentativi di affermazione di un nuovo uso della vita ed una fuga reazionaria fuori dal reale." (da «Suprême levée des défenseurs du surréalisme à Paris et révélation de leur valeur effective», articolo pubblicato anonimo su Internazionale Situazionista n°2, dicembre 1958).

(40) - La tonalità melanconica del pensiero di Debord viene riassunta in maniera sufficientemente ampia, nella sua opera, dal simbolo ossessivo degli  « enfants perdus », come ha mostrato Vincent Kaufman nella sua biografia intellettuale del fondatore dell'IS (Vincent Kaufmann, Guy Debord. La révolution au service de la poésie, Paris, Fayard, 2001).

(41) - Guy Debord - Rapporto sulla costruzione delle situazioni - 1957.


fonte: Noesis

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