mercoledì 3 febbraio 2016

Pensare l’esodo

gorz

Quando André Gorz scoprì la critica del valore
- di Willy Gianinazzi -

Sono pochi i pensatori come André Gorz, che hanno continuato a rinnovare la propria riflessione senza mai essere soddisfatti del loro punto d'arrivo, considerato sempre provvisorio. Fino all'ultimo giorno, Gorz si è dedicato al compito teorico che consiste nell'aprire vie d'uscita dal dominio capitalista e nel distruggere le condizioni di vita che tale dominio implica. Morto il 22 settembre del 2007, ad 84 anni, Gorz si era appassionato, nei cinque anni precedenti, sia al movimento del software libero, soprattutto grazie a Stefen Meretz e a Stefen Merten della Rete Oekonux, che alla nuova teoria della critica del valore. Si sceglie qui di ricostruire il rapporto intellettuale intrattenuto da Gorz con quest'ultima.

La finanziarizzazione dell'immateriale
Il brusco arresto del boom immobiliare-finanziario avvenuto negli Stati Uniti nel luglio 2007, e la consecutiva crisi bancaria internazionale nell'autunno 2008, che hanno portato a conseguenze drammatiche per le popolazioni che ne sono state colpite, hanno fatto prendere coscienza del fatto, all'opinione pubblica in generale, che con la globalizzazione l'economia è entrata nell'era della finanziarizzazione ad oltranza. Ma un tale avvento della finanziarizzazione risale a prima, dal momento che aveva già causato la bolla di Internet (il proliferare di start-up sopravvalutate) che aveva provocato il gigantesco crack borsistico del 2001-2002. Sono gli anni in cui André Gorz cerca di descrivere questa nuova strada presa dal capitalismo post-fordista. Ben informato, ne prevede la crisi e ipotizza anche il collasso sistemico verso il quale sembra portare inevitabilmente.

Per il capitale - riassumendo - non era più sufficiente spezzare la solidarietà operaia, come aveva fatto nella seconda metà degli anni 1970, per riuscire a ripristinare il tasso di profitto per mezzo della diminuzione drastica del costo del lavoro. La robotizzazione ha dovuto spingere ulteriormente l'utilizzo razionale dei computer ai fini di una riconfigurazione (reengineering) dei posti di lavoro in tutti i settori, cosa che ha permesso di ridurre ancora di più la manodopera nel corso degli anni 1990. Il risultato è stato paradossale. Per comprenderlo, bisogna tornare alla teoria marxiana del valore-lavoro. Dal momento che "la quantità media di lavoro astratto cristallizzato nelle merci è, in ultima analisi, ciò che determina il rapporto di equivalenza - il valore di scambio - delle merci" [*1], era inevitabile che "con la contrazione del volume del lavoro materiale, il valore di scambio dei prodotti tendesse a diminuire, così come il volume dei profitti" [*2]. Per quel che riguarda l'estensione dei servizi alle persone, su cui contavano gli economisti ed i sindacalisti per poter rilanciare l'economia e l'occupazione, essa ha monetarizzato delle attività che non producevano alcun valore. "La loro remunerazione proviene dal reddito che i clienti di questi servizi traggono dal lavoro produttivo, si tratta di un reddito secondario" [*3]. Il rimedio è stato trovato nel valorizzare i prodotti immateriali dell'intelligenza, che sono divenuti un fattore decisivo di produzione. Ma questi prodotti dal momento che non sono delle merci ordinarie con un valore di scambio determinato, questo era possibile solo grazie ad artifici tecnici o di marketing e portavano ad una rendita di monopolio senza alcun rapporto con il valore-lavoro, più che mai caduco. Come ha detto Gorz, ed al suo seguito gli economisti post-operaisti Carlo Vercellone e Christian Marazzi, il profitto si muta in rendita. E' tale rendita, fondata su dei valori virtuali e volatili in quanto non misurabili, che permette di salvaguardare la redditività de capitale. E è anche quella che rende il capitalismo contemporaneo estremamente instabile e vulnerabile, e lo espone ai suoi propri limiti.

La quotazione in borsa dei valori provenienti da quest'economia dell'immateriale, vale a dire le previsioni sulla loro redditività, diventano il loro "vero" valore. In questo modo Gorz può dichiarare: "Il valore del capitale immateriale è essenzialmente una finzione borsistica" [*4]. Da quel momento la finanziarizzazione è in marcia. I profitti si orientano verso gli investimenti finanziari e, abbandonando gli investimenti, alimentano sempre meno l'accumulazione di capitale fisso (macchinari) e variabile (salari). "Gli ideologhi di sinistra" che pretendono di vedere nella finanziarizzazione "un'attività parassitaria, che fagocita l'economia reale, ignorano la realtà dei fatti: "L'acquisto e la vendita di capitali fittizio sui mercati azionari danno più profitti di quanto ne dia la valorizzazione produttiva del capitale reale". E' il 1997, quando Gorz esclama:

"Dal momento che il capitale si finanziarizza, non sa più che fare con il plusvalore prodotto! Oggi, il denaro cerca di produrre denaro senza passare dal lavoro." [*6]

Ne consegue, scrive dieci anni dopo al momento in cui scoppia la bolla immobiliare, che "l'economia reale diventa un'appendice delle bolle speculative alimentate dall'industria finanziaria", la quale genera soltanto denaro "per operazioni sempre più d'azzardo e sempre meno controllabili sui mercati finanziari" [*7]. Con la produzione di merci che valorizza sempre meno il lavoro e mette in circolazione sempre meno mezzi di pagamento, il mantenimento del consumo diventa possibile soltanto attraverso il credito concesso alle famiglie, diventato ormai il motore principale della "crescita". Come dimostra la bolla dei mutui immobiliari negli Stati Uniti, "la crescita viene ottenuta per mezzo della creazione monetaria, emessa a partire da attività fittizie, distribuiti al consumo americano e non all'accumulazione"; riflettendo sull'annuncio, fatto con due anni d'anticipo dal presidente della Banca Federale Americana (FED), sul fatale scoppio di questa bolla, predice per la fine dell'estate del 2005: "Stiamo andando verso un crollo ed una crisi di tutto il sistema di credito." [*8]. La sua perspicacia è fuori discussione. In una data imprecisata, fa questa predizione:

"Per quanto concerne la crisi economica mondiale, ci troviamo all'inizio di un lungo processo che durerà ancora decenni. Il peggio è ancora davanti a noi, ossia il collasso finanziario delle grandi banche, e verosimilmente anche degli Stati." [*9]

Critica del valore e teoria della crisi
Dopo il suo libro del 1988, "Le metamorfosi del lavoro", Gorz ne ha fatta di strada. In questo libro prolisso, si sforza di delineare i contorni dell'autonomia per gestire meglio l'inevitabilità e anche la fondatezza dell'eteronomia economica. In "Capitalismo, socialismo, ecologia" (1991), accoglie la tesi di Karl Polanyi di un reincastramento dell'economia nella politica e nella società, anche con il desiderio di salvare la ragione economica. In "Miserie del presente, ricchezza del possibile" (1997), alla fine, l'autonomia creatrice rimane indipendente dalla circolazione delle merci attraverso la distribuzione di mezzi di pagamento sotto forma di reddito universale. Questo insieme di soluzioni, incompatibili con il dominio del capitale ma non con la sua sopravvivenza, vengono esplorate: nella misura in cui l'economia capitalista sta morendo, è nel più profondo della crisi del valore che si muove il pericolo della barbarie, ma anche dove si annidano i semi di un'altra economia, senza merci, fondata su delle ricchezze incommensurabili, ed è questa che dev'essere resa possibile e deve crescere.

Questa evidente radicalizzazione del suo pensiero, ancora all'inizio nel corso della redazione de "L'immateriale" (2003) ma che già emergeva nei mesi successivi dopo la riscrittura della versione in tedesco, fa seguito a delle nuove letture intraprese da Gorz a partire dal 2002. Si tratta principalmente di opere di Moishe Postone e di Robert Kurz che gli fanno scoprire le tesi della corrente marxiana della "critica del valore" (Wertkritik). Kurz, prolifico saggista e giornalista indipendente, è il fondatore a Norimberga della rivista di questo movimento che nel 1990 prende il nome di Krisis. Merten fa parte del gruppo Krisis, ma è incompreso nella sua battaglia per il software libero e abbandona il gruppo per fondare Oekonux. Anche se Gorz già conosceva, di Kurz, il suo voluminoso Libro nero del capitalismo (Schwarzbuch des Kapitalismus, 1999), e di Postone, l'edizione originale inglese di "Tempo, lavoro e dominio sociale", è grazie a Meretz, anche lui membro di Krisis, che, poco dopo la prima lettura fatta nel 2003, entra in possesso di alcuni numeri di un periodico pubblicato a Vienna, Streifzüge, che contiene oltre ai propri contributi, quelli dei membri del gruppo Krisis. Streifzüge è un'altra rivista di quella corrente, fondata dal giornalista Franz Schandl nel 1996. Rispetto all'evoluzione di Kurz, che nel 2004 si impunta riguardo al primato della critica teorica e attua un scissione creando la rivista Exit!, la rivista di Schandl pone l'accento, allo stesso modo dei continuatori di Krisis, sulle esperienze concrete suscettibili di attuare la critica del lavoro e delle merci. Gorz si abbona a Streifzüge nel dicembre del 2003. A partire da tale data, corrisponde a lungo con Schandl fino alla vigilia della sua morte nel settembre del 2007- [*10]. E' in contatto anche con un altro redattore di Streifzüge, 'ecologista già membro di ATTAC-Austriaco Andreas Exner, che nell'estate del 2006 gli chiede un contributo ad un'opera collettiva sul reddito di base. [*11] Questo articolo è il più "kurziano" fra tutti quelli scritti da Gorz. Completato nel gennaio 2007, viene pubblicato in anteprima, in estate su Streifzüge e poi, ampliato e tradotto, su Mouvements con il titolo "Pensare l'esodo dalla società del lavoro e della merce". Ma a luglio, Gorz confida a Exner, rammaricandosene: "Ho scoperto troppo tardi la corrente della critica del valore." [12]

Facendo riferimento a Postone e Kurz, Gorz ritiene di aver ripreso nei suoi articoli recenti "l'essenziale degli orientamenti di quei kurziani originali, riconoscendo un elaborazione teorica a loro propria". [*13] E in seguito all'invio dell'articolo destinato a Mouvements, un rappresentante francese di quella scuola, Gérard Briche, gli risponde nel giugno 2007: "La convergenza delle vostre analisi con quelle della Wertkritik sono sempre più evidenti[...] ed il fatto che, portando avanti una riflessione in maniera autonoma, si pervenga a delle conclusioni analoghe, costituisce una potente conferma delle analisi che presentiamo, e che sono largamente contro la corre dominante del pensiero definito 'di sinistra'." [*14]

Sotto molti aspetti, le convergenze sono sorprendenti. [*15] Gorz ha molta stima della reinterpretazione della teoria critica di Marx fatta da Postone, uno storico canadese che insegna a Chicago e che è una delle fonti della corrente della critica del valore. Nel suo libro, Postone, che si basa sui Grundrisse, pone il lavoro come principio sociale di organizzazione che è proprio al solo capitalismo. Si schiera, come ha fatto Gorz a partire dal suo "Addio al proletariato" (1980), contro il marxismo tradizionale che critica il capitalismo a partire dal punto di vista del lavoro, cioè a dire rimettendo in discussione i rapporti di proprietà e non le forze produttive modellate dal capitalismo industriale, e a cui appartengono tanto il lavoro quanto il capitale. Difendere il lavoro, come ha fatto il movimento operaio (Postone), o difendere l'ideologia del lavoro, come ha fatto la sinistra (Gorz), è reazionario. Il rapporto con il denaro fornisce un chiarimento. In quanto veicolo della valorizzazione, la moneta è un feticcio che oppone apparentemente il lavoro ed il capitale (interessi pecuniari opposti) ma che in realtà li riunisce nella medesima logica astratta del capitalismo. In questa vena postoniana, Gorz spiega:

"Lavoro e capitale sono fondamentalmente complici nel loro antagonismo per il fatto che "guadagnare denaro" è il loro obiettivo che li determina. Agli occhi del capitale, la natura della produzione ha meno importanza della sua redditività; agli occhi del lavoratore, ha meno importanza ciò che il suo lavoro crea rispetto al salario che gli conferisce. Per l'uno e per l'altro, quello che viene prodotto ha poca importanza, purché dia un buon reddito. L'uno e l'altro sono consciamente o inconsciamente al servizio della valorizzazione del capitale". [*16]

L'interpretazione di Postone interessa Gorz anche su un altro piano, che lo rafforza nelle sue riflessioni sulla possibilità di creare ricchezza al di fuori della forma valore. Riferendosi ad un economista refrattario alle sue tesi, Gorz scrive in una lettera:

"Consigliategli di leggere Postone. Apprenderà che la differenza fra valore e ricchezza non è quella che crede, che ci sono delle ricchezze create dall'attività umana che sono senza valore (nel senso dell'economia politica) dal momento che non sono né accumulabili, né scambiabili, né monetizzabili (quindi non produttive di capitale nel loro fine primario) e che i 'valori intrinsechi' non hanno niente a che vedere con l'economia neo-classica ma rimandano ai [Fondamenti] della metafisica dei costumi di Kant dove si legge: 'Ciò che ha un prezzo ha solo un valore relativo e non un dignità, dal momento che è scambiabile contro qualsiasi altra cosa. Ma ciò che non ha prezzo e quindi non è scambiabile ha una dignità, un valore assoluto'." [*17]

Gorz non manca di elogi per Robert Kurz, di cui amerebbe, così come per Postone, venissero tradotti in francese gli ultimi libri. Con questa speranza, propone invano alle edizioni La Découverte di pubblicare una raccolta dei suoi scritti, definendolo come un "teorico di prim'ordine della metamorfosi del capitalismo e delle dimensioni della sua crisi", aggiungendo che "è il principale rivale ed antagonista di Toni Negri (che non gli arriva nemmeno alla caviglia in termini di erudizione e di capacità teorica)." [*18] Intorno al novembre del 2005, viene a conoscenza del suo "capolavoro", "Il capitale mondiale" (Das Weltkapital, 2005) (e più tardi anche delle "Avventure della merce" (2003) di Anselm Jappe, che fa parte della stessa corrente teorica". Grazie a Kurz, Gorz riconosce la funzione vitale che hanno le bolle finanziarie per la sopravvivenza del sistema [*19] vede confermata l'idea per cui la crisi non è dovuta agli eccessi della finanza, ma "all'incapacità del capitalismo di riprodursi" [*20] - Kurz rimprovera ad ATTAC di non riuscire a capirlo. Il capitalismo raggiunge così i propri limiti interni. Il nocciolo della questione risiede, come ha detto Gorz almeno a partire dal suo "La strada del paradiso" (1983), nella terza rivoluzione industriale:

"La rivoluzione microelettronica permette di produrre delle quantità crescenti di merci con un volume decrescente di lavoro, di modo che prima o poi il sistema dovrà trovarsi di fronte ai suoi limiti interni. Questo capitalismo che si automatizza a morte dovrà cercare di sopravvivere a sé stesso per mezzo di una distribuzione di potere di acquisto che non corrisponde al valore del lavoro." [*21]

Gli ultimi testi di Gorz magnificano più che mai l'utopia di una società ecologica e comunista che faccia saltare per aria l'infernale logica capitalista di distruzione della natura e dell'umanità. Si tinge dei colori del catastrofismo marxista, dell'ottimismo tecnologico e dell'esplosione utopistica. Questi scritti si dividono fra la presenza di un'oscurità costante e senza concessioni della tentacolare impresa del capitalismo che rimane a galla nel mentre che nuota nelle sue aporie e raggiunge i suoi limiti, ed un'attrazione quasi inebriante per le brecce che comunque si aprono nel mastodonte capitalista, soprattutto per mezzo dei progressi tecnologici suscettibili di venire appropriati e sovvertiti da coloro che sperimentano concretamente i metodi civilizzati di uscita dal capitalismo. Gorz conta molto sulle potenzialità sovversive del software libero e sulla diffusione in ambito cooperativo delle stampanti 3D.

Non che la tecnologia possegga un potere da demiurgo: "Il regno della libertà non sarà mai il risultato di processi materiali" [*22] D'altra parte, se "la logica del capitale ci ha portato sulla soglia della liberazione" - scriveva Gorz già nel 1980 in "Addio al proletariato" -  "questa soglia verrà attraversata solo in virtù di una rottura" che "non può provenire altro che dagli individui stesso". [*23] "Radicale (categoriale, dicono ora i kurziani)", questa rottura "non può essere spontanea, né può essere portata da grandi movimenti collettivi ma dev'essere sia 'mentale' che pratica ([Felix] Guattari lo diceva bene, a modo suo), senza essere sistemica, senza che faccia riferimento ad un 'ordine nuovo'"; ess "non può essere rapida, violenta, sotto pena di far nascere un ordine totalitario" [*24] In questo modo, Gorz rinnova esplicitamente le posizioni di "Addio al proletariato" "sulla crisi/decadenza/corruzione/impotenza della politica e dei partiti" manifestando il suo accordo con i kurziani per i quali "non bisogna aspettarsi niente dagli Stati/governi" [*25] (per i kurziani, il socialismo realmente esistente è stato un capitalismo di Stato ed i socialisti, ben denominati - "a ciascuno secondo il suo lavoro" -, non sono mai stati altro che la sinistra del capitale).

- Willy Gianinazzi - Pubblicato su Streifzüge, il 18 gennaio 2016 -

NOTE:

[*1] - André Gorz - L'immateriale - Bollati Boringhieri - 2003

[*2] - André Gorz - "Il valore del capitale immateriale è una finzione borsistica" (intervista co Denis Clerc e Christophe Fourel), Alternatives économiques, 212, mars 2003, p. 68.

[*3] - André Gorz - Ecologica - Milano, 2009 -

[*4] - André Gorz - "Il valore del capitale immateriale è una finzione borsistica", p.69

[*5] - André Gorz - "Pensare l'esodo dalla società del lavoro e della merce" su Mouvements, 50, giugno-agosto 2007, p.98

[*6] - André Gorz - "Corz, boia del lavoro" (intervista con Robert Maggiori e Jean-Baptiste Marongiu), Libération, 25 septembre 1997.

[*7] - André Gorz - Ecologica - Milano, 2009 -

[*8] - Lettera di André Gorz a Françoise Gollain del 5-6 settembre 2005 (archives de l’IMEC, fonds André Gorz).

[*9] - Aggiunta a manoscritto senza data di un'intervista pubblicata nel 1984

[*10] - « Über den Horizont unserer Handlungen. Aus den nachgelassenen Briefen des André Gorz » (lettres en allemand d’André Gorz à Franz Schandl et Andreas Exner), Streifzüge, 41, novembre 2007, p. 9-13.

[*11] - André Gorz, « Seid realistisch – verlangt das Unmögliche », in Andreas Exner, Werner Rätz, Birgit Zenker (eds.),Grundeinkommen. Soziale Sicherheit ohne Arbeit, Vienne, Deuticke Verl., 2007, p. 70-78.

[*12] - Lettre d’A. Gorz à A. Exner du 5 juillet 2007, in « Über den Horizont unserer Handlungen », op. cit., p. 13.

[*13] - Prefazione inedita in vista di una seconda edizione francese de "L'immateriale".

[*14] - Lettre de Gérard Briche à André Gorz du 19 juin 2007 (archives de l’IMEC, fonds André Gorz).

[*15] - vedi anche: Anselm Jappe, « André Gorz et la critique de la valeur », in Alain Caillé, Christophe Fourel (eds.), Sortir du capitalisme. Le scénario Gorz, Lormont, Le Bord de l’eau, 2013, p. 161-169.

[*16] - André Gorz - Ecologica - Milano, 2009 -

[*17] - Lettre d’André Gorz à Françoise Gollain du 15, 25-27 décembre 2004 (archives de l’IMEC, fonds André Gorz). Gorz a trouvé la citation d’Immanuel Kant chez Oskar Negt.

[*18] - Lettre d’André Gorz à Hugues Jallon du 19 janvier 2006 (ibid.).

[*19] - André Gorz - Ecologica - Milano, 2009 -

[*20] - André Gorz - Ecologica - Milano, 2009 -

[*21] - André Gorz - "Pensare l'esodo dalla società del lavoro e della merce", op. cit. p.95-96

[*22] - André Gorz - Addio al proletariato. Oltre il socialismo, Roma 1982

[*23] - Ivi

[*24] - Lettre d’André Gorz à Françoise Gollain du 26 juillet 2007 (archives de l’IMEC, fonds André Gorz).

[*25] – Ivi

fonte: Critique de la valeur-dissociation. Repenser une théorie critique du capitalisme

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