Scacco della ragione, sopore dell’animo, paralisi della volontà, luogo di sospensione del mondo, la noia aleggia da sempre sulle vite degli uomini come una “nebbia silenziosa” che confonde tutte le cose. Dall’acedia del monaco medioevale alle tentazioni del demone meridiano, da Leopardi a Nietzsche, da Heidegger a Moravia fino ai casi di cronaca dei giorni nostri, questa parola, che nomina una condizione esistenziale e psichica insieme, non smette di essere il movente non censito delle nostre decisioni e relazioni.
In un dialogo a più voci fra filosofi, antropologi, psicoanalisti questo libro cerca di gettare luce intorno ai concetti che gravitano attorno alla nozione di “noia”, delineando concezioni e orientamenti disciplinari ma soprattutto additando luoghi della riflessione per ripensare il suo attuale significato.
(dal risvolto di copertina di: Otto Fenichel: Noia, editrice Grenelle)
Il doloroso desiderio di nulla
- di Gianpaolo Cherchi -
Ingannare il tempo. È quello che cerchiamo di fare quando ci coglie la noia, quando scrolliamo senza interesse la home di Facebook, o quando fumiamo una sigaretta senza in realtà averne alcuna voglia e giusto per non star lì, fermi, in attesa di non si sa bene cosa.
Ci annoiamo, e perciò inganniamo il tempo, in un percorso laterale di costante desiderio e di altrettanto costante insoddisfazione. Percorso che viene affrontato nel bel volume della giovane casa editrice Grenelle, che inaugura la sua collana «Sproni» con la pubblicazione di uno scritto finora inedito in italiano di Otto Fenichel, psicoanalista fra i più autorevoli della «sinistra freudiana», il cui saggio si intitola, appunto, Noia (pp. 184 p., euro 15), e attorno al quale si inseriscono gli interventi dello psicoanalista Sergio Benvenuto, del filosofo Bruno Moroncini e dell’antropologo Giorgio Pizza, creando un dialogo a più voci in cui convergono differenti punti di vista e piani di analisi, diverse prospettive di studio.
Pur muovendosi in piena aderenza alle linee classiche della psicoanalisi freudiana, il saggio di Fenichel è in grado di far emergere molteplici configurzioni della noia, che si spingono ben al di là della sua considerazione esclusivamente psicologica: scopriamo così che la noia possiede anche una dimensione politica, per esempio, così come una estetica, o ancora economica.
Perché la noia «abbraccia stati della mente e atteggiamenti psicologici assai differenti»: nella sua struttura psicologica essenziale, può essere definita come un «ingorgo della libido», come un insieme di pulsioni che non riescono a trovare soddisfazione. La frustrazione che ne deriva, questa «esperienza amara della delusione che investe il soggetto», può sfociare nella totale apatia, nell’oblomovismo e persino nella depressione; oppure può essere disciplinata socialmente, facendo in modo che il piacere sia correlato all’assolvimento di un dovere particolare. È qui, per esempio, che la noia assume una dimensione economica: vi è infatti una connessione strettissima fra stimoli monotoni e libido, tale che si possono produrre stati di eccitamento e talvolta persino di estasi. Un po’ come succedeva al Lulù interpretato da Gian Maria Volonté ne La classe operaia va in paradiso, che per non annoiarsi e anzi per battere continuamente i tempi di produzione, pensava a far l’amore con la sua collega.
Ad assumere un’importanza centrale è il meccanismo della «diversione»: quando esiste una tensione pulsionale, essa viene percepita anche quando la sua meta è assente, ed è in questo momento che subentra la diversione, come nevrosi, come dipendenza o come semplice «comportamento impulsivo»: mangiare, bere, fumare, sono le più comuni attività di diversione, quasi che si chieda al mondo esterno di intervenire e darci quel qualcosa che cerchiamo, e che tuttavia non riusciamo a trovare.
Come la coscienza, anche la pulsione è sempre intenzionale: è sempre pulsione di qualcosa, «tranne che nella noia, doloroso desiderio di nulla». Nella noia è l’esistenza stessa dell’oggetto che viene a mancare, la sua posizione in un mondo che si restringe e si riduce a «reale puro», «a qualcosa che non interessa». Ecco allora che il tempo si presenta come una cosa corpulenta, come scriveva Gramsci nelle sue lettere dal carcere.
Al tempo lungo della noia, materializzatosi in corpo, in un orologio che si guarda in continuazione, si accompagna lo «scacciatempo, il cui compito è quello di spronare il tempo affinché passi il più in fretta possibile e cessi di annoiarci».
Ma se il mondo non ci interessa, è perché «ciò che si desidera è altra cosa da quello che il mondo può offrire». La noia rimanda sempre a un contrasto, a una dimensione conflittuale, politica.
Walter Benjiamin si chiedeva quale fosse il correlato dialettico della noia, il suo contrario. E lo rintracciava nel sogno: la noia favorisce la fantasia. Non si tratta allora di ingannare il tempo nel disperato tentativo di farlo trascorrere, quanto piuttosto di indurlo ad arrestarsi, incamerando la sua energia: solo in questo modo la noia può deflagrare e aprire al sogno, decisamente qualcosa d’altro dalla banale realtà quotidiana.
- Giampolo Cherci - Pubblicato sul manifesto del 21/6/2017 -
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