lunedì 12 settembre 2016

Il giorno dopo

11sett

L'impulso suicida del capitalismo
- di Robert Kurz -

Nella storia dell'umanità, le catastrofi di grandi proporzioni e dimensione simbolica sono state da sempre un'opportunità per un attenta riflessione nella quale i potenti del mondo perdono la loro arroganza, le società riflettono su sé stesse e riconoscono i propri limiti. Niente di tutto si può vedere nella società capitalista globale dopo l'attacco kamikaze ai centri nervosi degli Stati Uniti. Sembra quasi che il barbaro attacco proveniente dalle tenebre dell'irrazionalità non abbia devastato soltanto il World Trade Center ma anche gli ultimi residui della capacità di giudizio da parte dell'opinione pubblica democratica mondiale. Questa società non vuole riconoscersi nello specchio del terrore; infatti, sotto l'effetto dell'orrore, diventa ancora più presuntuosa, più meschina e più avventata di prima. Quanto più violentemente le vengono mostrati i suoi limiti, tanto più si aggrappa al suo potere e tanto più ciecamente coltiva la sua unidimensionalità. Dopo l'attacco terrorista, le élite di governo, i media e tutta la cricca del sistema globale della "economia di mercato e della democrazia" si sta comportando come se fossimo tutti attori e comparse di uno scenario reale del film "Independence Day". Hollywood aveva previsto un avvenimento apocalittico e lo aveva filmato come rappresentazione di patriottismo kitsch e morale cafona. In questo modo, l'industria culturale ha banalizzato e reso irreale la realtà della catastrofe perfino prima che questa diventasse reale. Il dolore spontaneo e lo sconcerto danno luogo ai falsi rituali di un modello di reazione programmato, che rende impossibile la comprensione di qualsiasi nesso interno fra terrorismo e ordine dominante. Appare evidente l'indurimento della coscienza democratica ufficiale, trasformata in furibonda mancanza di riflessione, nel momento in cui l'attore dilettante presidente degli Stati Uniti promette una "lotta colossale del bene contro il male". Dipingendo il mondo in maniera così "naif", le proprie contraddizioni interne vengono proiettate all'esterno. È lo schema elementare di ogni ideologia: anziché palesare il contesto pieno di implicazioni in cui si è coinvolti, bisogna trovare una causa esterna per gli avvenimenti e va definito un nemico esterno. Ma, a differenza di quanto avviene nei giovanili mondi sognanti di Hollywood, nella dura realtà della società globale che va in frantumi, non ci sarà nessun "happy end". In "Independence Day" ci sono, appropriatamente, extraterrestri che attaccano la stessa "terra di Dio" e, ovviamente, finiscono per venire respinti eroicamente. Questo ruolo di alieno, all'esterno del pianeta, all'esterno del capitalismo e della ragione, come abbiamo visto dev'essere oggi assunto dall'islamismo militante, come se si trattasse di una cultura aliena e recentemente scoperta, che si è rivelata essere un'oscura minaccia. Alla ricerca dell'origine del male, si sfoglia il Corano, come se vi si potessero trovare i motivi per degli atti che altrimenti sarebbero inspiegabili.

Intellettuali occidentali sconvolti dichiarano in fretta e furia, senza la minima vergogna, di considerare il terrorismo espressione di una coscienza "pre-moderna", che non avrebbe mai conosciuto l'Illuminismo e perciò vorrebbe "satanizzare", attraverso atti di odio cieco, la meravigliosa "libertà di autodeterminazione" occidentale, il libero mercato, l'ordine liberale e, infine, tutto ciò che di buono e bello esiste nella civiltà occidentale. Come se non ci fosse mai stata una riflessione sulla "Dialettica dell'Illuminismo" e come se il concetto liberale di progresso non fosse stato screditato da tempo nel corso della catastrofica storia del 20° secolo, ecco che riappare come se fosse un fantasma, nello sconcerto di fronte all'inedito atto di follia, la filosofia borghese della storia del 18° e del 19° secolo, arrogante ed ignorante insieme. Nel tentativo forzato di attribuire all'Altro, ad un essere esterno, la nuova dimensione del terrore, il buon senso occidentale-democratico precipita definitivamente al livello intellettuale più basso. Ma questa definizione distorta del legame di fatto esistente fra tutti gli avvenimenti della società globalizzata, non può essere facilmente mantenuta: dopo 500 anni di una sanguinosa storia coloniale ed imperialista, dopo un secolo di un'industrializzazione statal-burocratica fallita e di modernizzazione disordinata, dopo cinquant'anni di integrazione distruttiva nel mercato mondiale e dopo dieci anni sotto l'assurdo dominio del nuovo capitale finanziario trans-nazionale, in realtà non c'è più nessun territorio esotico orientale che possa essere concepito come straniero ed esterno. Tutto quel che avviene oggi è il prodotto immediato e mediato forzatamente dal sistema mondiale unificato. Il capitale "One World" è il medesimo ventre incinto del megaterrore.

È stata l'ideologia militante del totalitarismo economico occidentale ad aver preparato il terreno per i deliri neo-ideologici altrettanto militanti. La fine dell'epoca del capitalismo di Stato e delle sue idee è stata colta come opportunità per mettere a tacere la teoria critica. Le contraddizioni della logica capitalista non potevano più essere discusse, venivano dichiarate inesistenti, e la questione dell'emancipazione sociale al di là del sistema produttore di merci, veniva considerata irrilevante. Con la presunta vittoria definitiva del principio del mercato e della concorrenza, la capacità di reazione intellettuale da parte delle società occidentali ha cominciato ad estinguersi. Gli uomini di questo mondo dovevano rendersi identici alle loro funzioni capitaliste, anche se la maggioranza di essi era già stata bollata come "superflua".
Mentre i meccanismi di crisi del capitalismo finanziario, tipo "shareholder value", gettavano milioni di persone nella povertà e nella disperazione, la maggioranza dell'intellighenzia globale intonava, come a sbeffeggiare, la canzone dell'ottimismo democratico dell'economia di mercato. Ora sta arrivando il conto: quando la ragione critica tace, è l'odio assassino a prenderne il posto.
L'oggettiva insostenibilità dei modi di produzione e di vita attuali ormai non si impone più in maniera razione, ma irrazionale. Così, l'arretramento della critica teorica è stato seguito dalla marcia del fondamentalismo religioso ed etno-razzista.
Mentre la critica emancipatrice dai principi del capitalismo non si riorganizza, gli accessi di paranoia sociale ed ideologica dovrebbero diventare l'unico strumento per misurare le proporzioni raggiunte dalle contraddizioni della società globale. In tali condizioni, il nuovo tipo di megaterrore negli Stati Uniti significa che la crisi del sistema capitalista globalizzato, ufficialmente ignorata e negata, ha assunto una nuova dimensione.
Quella che appare essere una furia non comune di terrore, non solo ha trovato suolo fertile nell'economia di mercato "One World", ma è stata anche coltivata dagli apparati del potere repressivo delle democrazie occidentali che ora vogliono lavarsene le mani.

È gente che vaga dopo essere uscita dalla Guerra Fredda e dalle guerre di ordine mondiale democratico che sono seguite. Saddam Hussein ha acquisito in Occidente le armi usate contro il regime iraniano dei mullah, il quale a sua volta emergeva dalle rovine della modernizzazione del regime degli Scià. I membri dei Talebani vennero coccolati, istruiti ed armati con efficienti missili di difesa aerea, dal momento che all'epoca tutti coloro che si ponevano contro l'Unione Sovietica venivano conteggiati nel regno dei "buoni". E Osama bin Laded, con la sua mente folle, ora trasformato in figura mitica del male, per la stessa ragione, inizialmente venne inserito come "prediletto" dei servizi segreti occidentali nell'arena mondiale della paranoia rifornita di munizioni. L'imperialismo "di sicurezza" della NATO, che vuole mantenere sotto controllo ad ogni costo l'umanità che non si riproduce più attraverso il capitale, si serve ancora oggi di regimi compatibili con la tortura e con varie forme di follia, in Turchia, Arabia Saudita, Marocco, Pakistan, Colombia, ecc.. Ma, mentre il mondo va a rotoli, assume vita propria un aborto della natura dopo l'altro. Il "prediletto" di oggi è sempre il "mostro incomprensibile" di domani. I principi del terrore, i protagonisti delle guerre sante le milizie formate dai clan non sono, tuttavia, in alcun modo delle mere forze strumentalizzate fuori dall'Occidente - che ora hanno cominciato a sfuggire al suo controllo. Anche le loro condizioni psichiche non sono "medievali", ma semmai postmoderne. Le somiglianze strutturali fra la coscienza della "civiltà" dell'economia di mercato e la coscienza dei terroristi islamici non dovrebbero causare così tanta sorpresa, se pensiamo che la logica del capitale consiste in un fine in sé irrazionale che non è altro se non la religione secolarizzata. Anche il totalitarismo economico divide il mondo fea "fedeli" (creditori) ed "infedeli". La vigente "civiltà" del denaro non è in grado di analizzare razionalmente l'origine del terrore, poiché alla fine dovrebbe mettere in discussione sé stessa. Così, se il presunto illuminato Occidente definisce l'islamismo come "opera del demonio", viceversa avviene la stessa cosa. Le irrazionali immagini dicotomiche di "bene" e "male" arrivano ugualmente a rasentare il ridicolo. Quello che passa per la testa dei leader terroristi sostanzialmente non è più bizzarro del modo in cui i "manager" dell'economia globale di mercato percepiscono e classificano l'essere umano e la natura sotto la pressione distruttiva dell'astratto calcolo amministrativo. Il terrore religioso colpisce, cieco e insensato, alla stessa maniera in cui colpisce la "mano invisibile" della concorrenza anonima, sotto il cui dominio permanentemente milioni di bambini muoiono di fame - solo per fare un esempio che metta sotto una strana luce la commossa cerimonia che viene celebrata per le vittime di Manhattan.

Quando i media hanno rivelato fra le righe una segreta ammirazione per le capacità tecniche e logistiche - di cui non si aveva alcuna idea - dimostrate dai terroristi, anche qui diventa chiaro come le due parti siano quasi anime gemelle: entrambe le parti sono ugualmente seguaci della "ragione strumentale". In quanto ad entrambi si applica quello che l'inquietante capitano Achab dice, in "Moby Dick" di Melville, grande parabola della modernità:  “Tutti i miei mezzi sono sani, il mio movente e il mio obiettivo folli.” L'economia del terrore ed il terrore dell'economia corrispondo l'una all'altra, come immagini in uno specchio. In questo modo, l'autore dell'attentato suicida si mostra come la conseguenza logica dell'individuo isolato nella concorrenza universale che non gli offre alcuna prospettiva. Quel che allora si rivela è l'impulso a morire del soggetto capitalista. E che questo impulso alla morte è inerente alla coscienza occidentale stessa, e non viene solamente scatenato dalla disperazione intellettuale del sistema totalitario di mercato, ne sono la prova i casi frequenti di psicopatici che entrano nelle scuole americane per assassinare in serie figli della classe media e l'attentato di Oklahoma, certamente un prodotto genuino del delirio interno degli Stati Uniti. L'essere umano ridotto alle funzioni economiche impazzisce alla stessa maniera di chi viene sputato via, in quanto "superfluo", dal processo di sfruttamento. La ragione strumentale divora i suoi figli.

Dal momento che il nucleo irrazionale della sua ideologia è identico a quello del fondamentalismo islamico, il capitalismo non può più sollecitare una crociata, una "guerra santa" della "civiltà" occidentale. Solo quelle vittime - gli editorialisti più famosi degli Stati Uniti, i broker di Manhattan e i cittadini della libertà occidentale - vengono viste come vittime reali e vengono piante nel corso di messe celebrate alla memoria. Dall'altra parte, i civili iracheni morti e i bambini serbi sfracellati dalle bombe lanciate da un'altezza di dieci chilometri, visto che la preziosa pelle dei piloti americano non poteva patire alcun graffio, non appaiono come vittime umane, tutt'al più come "effetti collaterali". Anche davanti ai morti l'apartheid globale non cessa. Il concetto occidentale di diritti umani reca in sé come tacito prerequisito quello di sapere se l'individuo abbia valore di vendita e potere di acquisto. Chi non soddisfa a tali criteri in realtà non è più un essere umano, ma solo una porzione di biomassa.
In questo modo, il fondamentalismo occidentale divide il mondo in "regno" supposto come civilizzato, da un lato, e in "nuovi barbari", dall'altro - come già all'inizio degli anni 1990 constatava il giornalista francese Jean Rufin.
L'impero oscilla. Nel giro di pochi mesi il mito dell'invulnerabilità economica verrà smascherato dalla crisi della nuova economia. Al momento, il mito dell'invulnerabilità militare è in fiamme insieme al Pentagono.
Il pensiero utilitarista del funzionamento di élite cerca di trarre profitto perfino da questa catastrofe. In quanto, con i mercati finanziari che precipitano, assume rapidamente forma una versione contraffatta degli eventi: non è l'ordine vigente ad essere obsoleto, se stanno scoppiando altre bolle finanziarie e l'economia globale di mercato forse sta entrando in collasso. È lo "shock esterno" dell'attacco terrorista, semmai, ad essere stato la causa di tutto questo - secondo Wim Dusenberg, presidente della Banca Centrale Europea. Il fallimento del sistema viene ridefinito per mezzo della malvagità esterna degli altri, "infedeli", ma insieme ad essa è irreversibile.
Al tempo stesso, si espande un'onda di propaganda di guerra altrettanto isterica e sentimentaloide, come se stessimo vivendo nell'agosto del 1914. Dappertutto si presentano volontari a frotte, in mezzo al crollo salgono le azioni delle industrie delle armi, si comincia quasi a desiderare una situazione da crociata. Ma gruppi clandestini di uomini armati di coltelli e lame per il taglio dei tappeti non sfidano la mobilitazione delle masse e l'unione di tutte le forze sociali. Il terrore non rappresenta alcun impero oppositore esterno, con uno status di Stato ed un'economia di guerra. Esso è la nemesi interna del capitale globalizzato. Per questo motivo non può provocare un nuovo boom armamentista.
Anche in ambito militare la crociata non andrà da nessuna parte. Possono esserci possibili attacchi di rappresaglia da parte degli Stati Uniti condotti da dieci chilometri di altezza, come purtroppo normalmente avviene, che decimano una qualche popolazione civile, oppure si mandano truppe terrestri, anche soffrendo molte perdite, vagando per lontane regioni montagnose, come ebbe a sperimentare in Afghanistan l'esercito dell'Unione Sovietica, ma una cosa è certa: questa pseudo-guerra condotta contro i demoni della crisi mondiale che il capitalismo stesso ha stabilito non alimenterà il capitalismo in modo da armarsi per sopravvivere. Anche se si odono voci ragionevoli, dai pompieri di New York a giornalisti e politici isolati, che dicono quanto meno che una guerra è assolutamente insensata. Ma questa ragione minaccia di rimanere inerme e di essere spazzata via dall'ondata di irrazionalità se non procederà ad una analisi delle circostanze di crisi. Per sradicare realmente il terrore dal terreno per esso fertile, c'è solo un modo ed una strada: la critica emancipatrice al totalitarismo globale dell'economia.

- Robert Kurz - São Paulo, domenica 30 settembre 2001 -

fonte: EXIT!

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