mercoledì 6 aprile 2016

Tirate sull’ispettore!

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Lo sfruttamento minerario e la ricerca dell'illimitato
- di Anselm Jappe -

Il capitalismo, assai prima di essere industriale, è stato minerario. Il capitalismo non è una produzione di beni d'uso volti a soddisfare dei bisogni. Esso cerca, piuttosto, il valore, e questo valore è rappresentato, fin dall'antichità, dai metalli preziosi (anche dalle pietre preziose). E' sempre stato caratterizzato dalla sete di oro. Lo scopo della produzione capitalista non consiste in una forma concreta di ricchezza, ma nel denaro: più denaro possibile. Una quantità sempre più grande della medesima cosa che, in quanto tale, non possiede alcuna utilità per la vita umana. Ecco perché la ricerca dell'oro e dell'argento è stata attraverso i secoli uno dei suoi motori principali. Nell'antichità, gli unici schiavi che morivano davvero a causa di eccesso di lavoro e sfruttamento erano gli infelici costretti a lavorare nelle miniere - lo afferma Karl Marx ne Il Capitale. La fatica di uno schiavo domestico che deve garantire il benessere personale del suo padrone, presto o tardi arriva al termine, e il raccolto in agricoltura avrà termine con l'ultima spiga - ma se lo schiavo deve accumulare oro per il suo padrone, non c'è alcun limite al lavoro che gli viene imposto, dal momento che non c'è limite all'oro che si può accumulare.

E' stata la ricerca dell'oro e dell'argento che ha spinto gli europei a conquistare e a devastare le Americhe. L'importanza delle miniere era tale che nel 1600, Potosi, la città mineraria situata sulle Ande a 4mila metri di altezza, aveva altrettanti abitanti di Londra. In nessun altra forma di sfruttamento, gli indigeni sono stati sacrificati così brutalmente.

Il capitalismo moderno ha sostituito agli schiavi dei lavoratori liberi. Adam Smith ha dimostrato all'inizio della "rivoluzione industriale" che un operaio che fabbrica da solo, dall'inizio alla fine, degli spilli, ad esempio ne produce uno in un'intera giornata, mentre in una piccola fabbrica, anche con una piccola divisione del lavoro, ciascun operaio in una giornata ne produce facilmente 5mila. La divisione dei compiti e la standardizzazione dei movimenti si sono dimostrati essenziali al fine dello sviluppo della grande industria - fino al taylorismo, "l'organizzazione scientifica del lavoro" inventata alla fine del 19° secolo dall'ingegnere Taylor, che misurava e calcolava il minimo movimento dell'operaio al fine di poter aumentare il rendimento. Ciascun gesto doveva contribuire al profitto dell'imprenditore. Questo, poi, venne effettuato su larga scala nelle fabbriche di automobili di Henry Ford.

Ma già più di tre secoli prima, il "De re metallica" di Georgius Agricola (strana ironia del nome) aveva proposto una prima catalogazione delle azioni necessarie al lavoro nelle miniere. Nelle illustrazioni, tali movimenti non appaiono ancora come staccati dall'unità organica del corpo. Ma nel 16° secolo, la società del lavoro dava inizio alla sua ascesa. Lo sfruttamento minerario perdeva qualsiasi carattere magico e diventava definitivamente un'attività razionale volta al solo profitto. Isolare i gesti dei lavoratori rappresentati nelle xilografie ed associarli a dei verbi che designano delle attività - come fa in questa esposizione l'artista  Mabe Bethônico - rivela la verità nascosta di questo trattato: i gesti diventano degli atti meccanici. Vediamo l'uomo che è diventato l'appendice del suo strumento di lavoro. Non è per caso che la trasformazione dell'uomo in macchina abbia avuto inizio nel settore minerario. QUesto lavoro è sempre stato uno dei più abbrutenti, ed anche il suo stesso scopo - il metallo - è legato all'oscura pulsione capitalistica all'espansione illimitata, fino alla distruzione di tutto: dei lavoratori, della natura, delle relazioni sociali, e alla fine dello stesso capitalismo.

Karl Marx, che ha analizzato meglio di chiunque altro la dinamica della modernità capitalista, così come il ruolo giocato dal "metallo maledetto" (come veniva chiamato già dagli antichi greci), ha anche descritto a lungo gli orrori delle fabbriche inglesi della sua epoca. Per dipingere un simile quadro, si è basato in gran parte su dei documenti straordinari: i rapporti semestrali stilati dagli ispettori di fabbrica, nominati dallo Stato inglese. Non si possono trovare da nessun'altra parte, secondo Marx, degli "uomini così competenti, quanto imparziali e precisi, come gli ispettori delle fabbriche inglesi". Hanno fornito delle descrizioni impietose delle condizioni lavorative degli operai inglesi, di quegli uomini, donne e bambini confinati fino a sedici ore al giorno in delle fabbriche altrettanto infernali di una miniera. Ma i membri del Parlamento inglese, cui venivano distribuiti questi "libri blu", come venivano chiamati, anziché leggerli, "li utilizzavano solo come bersagli su cui sparare per misurare, a seconda del numero delle pagine che attraversava la pallottola, la forza di impatto dell'arma. Altri li vendevano a peso, e non avrebbero potuto far di meglio, in quanto ciò ha permesso a Marx di comprarli a buon mercato da un commerciante di vecchi libri" (Paul Lafargue). Marx li ha letti tutti e li ha fatti diventare fra le pagine più infiammate del Capitale.

Degli ispettori del lavoro onesti, ve ne sono anche al giorno d'oggi. La società capitalista non è affatto monolitica, non lo è oggi più di quanto non lo fosse nell'Inghilterra descritta da Marx. Essa spedisce degli uomini nelle miniere, e poi fa delle leggi per proteggerli, dopo di che chiude gli occhi sulle violazioni di tali leggi e alla fine invia degli ispettori per constatare le violazioni, ma senza che permetta loro di fare nient'altro se non stilare una documentazione che forse servirà a qualcun altro...

- Anselm Jappe - Testo per l'esposizione "Práticas Desmembradas", Centro Cultural São Paul  - Luglio 2012 -

fonte:  Critique de la valeur-dissociation. Repenser une théorie critique du capitalisme

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