Gli assassini dei bambini di Gaza (4 di 15)
- Un'operazione "piombo fuso" per cuori sensibili -
di Robert Kurz
SINTESI
Nella sua analisi critica dell'ideologia, "Gli assassini dei bambini di Gaza", Robert Kurz affronta i modelli di percezione della sinistra riguardo al conflitto in Medio Oriente. Dopo che negli ultimi anni, le guerre capitaliste di ordinamento mondiale, e la loro affermazione da parte dell'ideologia "anti-tedesca", sono state fondamentalmente criticate dalla "Critica della dissociazione-valore", adesso è tempo di considerare anche il rovescio di tale interpretazione ideologica, i cui portatori sono inoltre schierati positivamente con la socializzazione globale del valore e dei suoi prodotti in decomposizione. Queste interpretazioni della situazione mondiale sono impregnate di un "anti-israelismo" affettivo, alimentato anche da un "odio inconscio per gli ebrei" (Micha Brumlik), in quanto lo Stato ebraico e la sua azione militare contro Hamas e Hezbollah vengono di per sé sussunti al capitale mondiale ed al suo imperialismo securitario. Di conseguenza, la barbarie islamica contro Israele non viene vista come l'altra faccia della medesima medaglia dell'imperialismo di crisi, ma come "resistenza", in maniera quasi romantica. In questo contesto, la base del raffronto col vecchio "anti-imperialismo" impallidisce, ed il conflitto in Medio Oriente diventa un conflitto per procura, al servizio di una "critica del capitalismo" della nuova piccola borghesia, che digerisce regressivamente la crisi mondiale del capitalismo.
(Presentazione del testo nell'Editoriale di EXIT! n° 6 dell'agosto del 2009)
SOMMARIO
* Asimmetria morale ed analisi storica * La violenta emozione del inconscio collettivo antiebraico * Il duplice carattere dello Stato d'Israele * L'identificazione positiva e negativa di Israele con il capitale mondiale * Le impossibili richieste di un paradosso reale * La ragion di Stato di Israele nelle guerre contro Hamas e Hezbollah * L'opinione pubblica mondiale anti-israelita e la decomposizione ideologica della sinistra * Una "terza posizione" che non è una posizione * Delitto e castigo o critica radicale mediata storicamente? * Un cuore dalla parte del regime della Sharia * Il determinismo della coscienza e il ruolo degli eroi * Il conflitto per procura e la demoralizzazione della critica del capitalismo * Anti-israelismo - la matrice di un nuovo antisemitismo * La sinistra come Dr. Jeckill e Mr. Hyde *
* Il duplice carattere dello Stato d'Israele *
Mostrare l'asimmetria morale e "l'odio inconscio per gli ebrei" inscritto nella società, di per sé non fornisce ancora alcuna valutazione storico-analitica del conflitto in quanto tale, aiuta solamente a chiarire i particolari modi di reagire alla questione. Decisivo per un'analisi, è lo statuto dello Stato d'Israele e la sua polarizzazione critica. Qui, l'elaborazione ideologica cosciente svolge, sia storicamente che attualmente, il suo ruolo relativamente autonomo dentro le forme di evoluzione dello sviluppo capitalista. La nascita dello Stato d'Israele non è avvenuta nel quadro di una costruzione nazionale fra le tante, con gli abituali conflitti per le frontiere, ma è stata simultaneamente un reazione degli ebrei all'antisemitismo mondiale, e particolarmente europeo. Quest'ideologia presenta una differenza rispetto al razzismo "abituale", dal momento che non si riferisce semplicemente ad una relazione immanente di esclusione.
Tanto il razzismo moderno quanto l'antisemitismo moderno, si alimentano originariamente dell'ideologia dell'Illuminismo europeo del 18° secolo. Il razzismo si è formato, in connessione con la storia della colonizzazione esterna, come costruzione di un sub-umano non bianco, cui bisognava fin da subito fare assumere modi civilizzati; nella colonizzazione interna, questo si manifestava nella costruzione del "negro pigro", come proiezione e come educazione al "lavoro". Questa proiezione era segnata, non universalmente, ma particolarmente, dall'attribuire alla contro-immagine qualità indesiderate e suppostamente arretrate, come avveniva, in maniera differente, anche con l'antiziganismo. Elementi di queste attribuzioni razziste, sotto forma particolare, sono riuscite ad universalizzarsi nella storia della modernizzazione. In questo modo, a partire dal razzismo europeo dell'Illuminismo, si sono sviluppati in tutto il mondo razzismi fatti di molteplici divisioni, non solo contro le popolazioni vicine o i migranti di ogni tipo, ma perfino sul piano interno degli Stati, in connessione con le relazioni di concorrenza o con i livelli di sviluppo; com'è avvenuto, per esempio, con il Nord Italia contro il Sud dell'Italia. Anche in Israele si è venuto a creare un razzismo degli ebrei europei contro quelli non europei, così come degli ebrei nel loro insieme contro gli arabi israeliani.
Al contrario, il moderno antisemitismo ha acquisito un carattere sempre più universale in sé, attraverso un'attribuzione proiettiva della negatività della relazione di capitale in generale. Sta qui la sua relazione complementare con le ideologie razziste differenziate in maniera molteplice. Nella misura in cui le categorie reali della "ricchezza astratta" venivano interiorizzate, ergendosi come condizioni naturali, cominciava la costruzione ideologica del moderno antisemitismo che, in connessione con i pogrom cristiani premoderni contro gli ebrei, incolpava "il giudeo" in generale della violenza dell'astrazione reale sociale, e delle sofferenze a questa legate. Seppure questa proiezione poteva anche essere stata mobilitata per le relazioni di concorrenza immanente, essa germogliava simultaneamente nella totalità della costituzione sociale; per cui non c'era un fantasma della cospirazione razzista mondiale particolarizzata, bensì un fantasma della cospirazione mondiale antisemita universale. La proiezione antisemita faceva degli ebrei, in quanto "altri", non dei sub-valorizzatori bensì dei sovra-valorizzatori, l'oggetto di ripulsa della formazione nazionale e di un'interpretazione fantasmaticamente aggressiva della modernizzazione capitalista, in Europa e oltre. Proprio per questo, l'odio contro gli ebrei, sulla strada dello sviluppo del mercato mondiale, ha potuto ancorarsi nell'inconscio collettivo, anche per mezzo di contesti culturali completamente differenti.
A causa di questa storia, la relazione con il capitalismo della costituzione dello Stato e della nazione ebrea, inclusi i momenti inconsci, è una relazione oggettivamente frazionata. Lo Stato d'Israele ha assunto un duplice carattere. Da un lato, in quanto Stato, può soltanto riprodurre la relazione di capitale, come fa qualsiasi altro Stato, e sviluppare le relative contraddizioni all'interno ed all'esterno; dall'altro lato, come "ebreo fra gli Stati", esso rappresenta la contraddizione immanente alla sindrome antisemita della modernità, nonostante che gli stessi ebrei, nella loro esistenza statale, pretendano di essere solo normali fra i normali, nel senso della soggettività capitalista. Questa costituzione statale, con il suo carattere duplice, ha guadagnato pieno vigore solo attraverso l'Olocausto.
Lo statuto dello Stato d'Israele nella società mondiale, determinato a partire da questo, include diversi aspetti, non tutti di pari importanza. Così, appartiene alla storia della fondazione il ruolo dei Kibbutz, la cui forma cooperativa si deve alle idee emancipatrici nel contesto dei movimenti sociali del 19° secolo e dell'inizio del 20°. Questo paradigma non poteva mantenersi nello sviluppo capitalista posteriore; non è avvenuta la sua trasformazione in una critica pratica della forma merce sul piano della sintesi sociale. Non c'è dubbio che i kibbutz siano collassati e che oggi non svolgono alcun ruolo in Israele, oppure si sono trasformati in imprese sul mercato. Ma, né questo crollo dev'essere imputato soprattutto allo sviluppo avvenuto in Israele, né il carattere duplice di questo Stato dipende da ciò. E' di maggior importanza per questo carattere, Israele come luogo di rifugio sempre aperto per gli ebrei perseguitati dall'antisemitismo globale. Questo aspetto rimane, ma viene messo in discussione da due lati. Da un lato, gli attentatori suicidi, il lancio sempre più frequente di razzi, ed in generale la coscienza di essere circondato da forze fondamentalmente nemiche trasforma simultaneamente lo Stato-rifugio in luogo di insicurezza vitale. Tuttavia, sarebbe paradossale, contro il carattere duplice dello Stato d'Israele, addurre proprio quest'insicurezza fondamentale; al contrario, proprio da qui deriva la giustificazione e la necessità di un'azione anche militare conto questa minaccia.
Dall'altro lato, il conflitto permanente è legato ad un indurimento della situazione interna di Israele, nella quale i fanatici nazionalisti e gli ultra-ortodossi vanno guadagnando forza. Per i migranti ebrei su posizioni di sinistra e laiche, questa tendenza può diventare un requisito poco ragionevole; fa crescere l'insicurezza sociale ed economica in rapporto al peso dei costi di auto-affermazione in un ambiente nemico, cosa che si aggrava con la crisi mondiale. Se, quindi, per alcuni ebrei la vita in Israele appare più insicura che negli Stati Uniti o in Europa occidentale, tale situazione evidenzia lo statuto sempre più precario di questo Stato, ma fondamentalmente non ne smentisce il suo carattere duplice, che consiste proprio nel fatto che la ragione della sua costituzione è in contraddizione con la sua forma capitalista (non consistendo, quindi, soltanto nella precarietà della sua funzione di luogo di rifugio). Del resto, anche in Europa occidentale ed in altri luoghi, la situazione può mutare rapidamente se i gravi attacchi della crisi risveglieranno l'ideologia assassina dell'antisemitismo; già si sono verificati attacchi a sinagoghe e ad abitazioni di residenti ebrei (ad esempio, in Francia).
Il carattere duplice dello Stato d'Israele non può, tuttavia, essere messo in discussione per ragioni pragmatiche di insicurezza empirica; esso deriva dall'opposizione alla violenza materiale dell'ideologia antisemita di crisi del capitalismo mondiale in generale e, in tal misura, permane in quanto permane questa relazione mondiale. Se questa relazione sociale si dissolve in maniera catastrofica, e l'universalità astratta degli Stati si trasforma dappertutto in Stati falliti, anche Israele non può restare indenne. E' possibile che nella crisi mondiale Israele venga distrutta, sia a partire dall'esterno che a partire dal di dentro; il che significherebbe, tuttavia, che il suo carattere duplice non può resistere al processo di crisi, ma questo in nessun modo significherebbe che non sia esistito in sé. Purtroppo vi sono buone possibilità di una caduta nella barbarie generale; ma negare per questo tale carattere duplice, senza mediazione e a priori, sarebbe appoggiare implicitamente il punto di vista dei nemici di Israele, i quali pretendono di legare il problema generale all'esistenza dello Stato ebraico, in quanto rappresentante di questo duplice carattere. Dal punto di vista della critica radicale, la minaccia di una caduta in relazioni barbarizzate non può essere affermata, in primo luogo ed in maniera esemplare, contro il carattere duplice di Israele. Questo contesto è stato da tempo, teoricamente e storicamente, esposto sotto diversi aspetti, e con più insistenza nel corso della polarizzazione globale della crisi degli ultimi dieci anni; ma continua ad essere evitato per classificare invece Israele, in questa polarizzazione, in maniera identitaria.
- Robert Kurz – 4 di 15 – (continua…)
fonte:EXIT!
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