Montserrat Capdevilla aveva ricevuto un regalo insolito il giorno delle sue nozze. Suo padre, che aveva perso tutto durante la Guerra Civile, aveva potuto dare alla figlia solo un ricevuta, come dote. Montserrat non sapeva che dieci anni di sogni e di illusioni della sua famiglia erano stati sequestrati e rinchiusi in quella ricevuta. Una ricevuta rilasciata dalla Banca di Spagna nel 1938, quando Franco aveva vietato "la circolazione della carta-moneta emessa dal nemico" e Joan Capdevila, il padre di Montserrat, fu costretto a consegnare il suo denaro repubblicano, 1265 pesetas, tutto quello che gli era rimasto per affrontare la lunga guerra. Joan sperava che un giorno glielo avrebbero restituito in valuta autorizzata dalla dittatura. Ma non fu così.
La ricevuta che Joan diede a sua figlia era la prova di un saccheggio perpetrato dal regime, che costringeva migliaia di cittadini a consegnare il denaro che portava il sigillo della Seconda Repubblica. Il denaro rosso, come lo chiamava Franco.
Montserrat adesso ha 81 anni, ma sta ancora lottando per ottenere la sua dote. E come lei, più di 2.000 famiglie conservano ancora una ricevuta logora e ingiallita. Molte altre l'hanno persa, o magari ignorano che si trova, dimenticata, in un cassetto. Si tima che Franco sequestrò 3.500 milioni di pesetas repubblicane (pari a 5.300 milioni di euro). Coloro che ancora conservano la ricevuta da 75 anni, si sono uniti in un'Associazione(APIGF), presiedutA da Montserrat, e reclamano che venga loro restituito il denaro legalmente emesso che venne rubato da Franco.
"Non chiediamo la carità, vogliamo solo ciò che è nostro", spiega Lidia Jimenez, figlia di Montserrat e portavoce dell'APIGF. "Franco ha sepolto la democrazia a colpi di leggi che ha decretava a suo piacere. Vietare "il possesso della carta moneta in circolazione dal nemico" è stato uno dei suoi primi ordini lanciati da Burgos. In base al decreto del 27 agosto 1938, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 17 settembre dello stesso anno, la pena sarebbe stata la morte per aver commesso un reato di contrabbando. Così la società civile e le municipalità sono andate nelle banche a consegnare i loro soldi repubblicani e ricevere, in cambio, denaro autorizzato dal regime. Ma il denaro non venne dato. La banca diceva che quando ci sarebbe stata sufficiente moneta a corso legale in circolazione, allora avrebbero potuto restituire l'importo pagato, ma non è mai successo", dice Lidia.
Nonostante il saccheggio, le famiglie riuscirono a sopravvivere. "Ricominciammo con niente. Mio padre dovette consegnare 6.000 pesetas, i risparmi di una vita. Ed eravamo nel bel mezzo della guerra senza denaro né cibo", dice Conchita Oriol, 84 anni. "Abbiamo davvero sofferto la fame. Mia madre era sola, ma siamo sopravvissuti grazie alla solidarietà dei vicini", dice Maria Casals, 71 anni. Dei soldi che ora reclamano, non ne hanno bisogno come allora . "Ma lo facciamo anche perché siamo più vecchi e abbiamo bisogno di aiuto", conclude Conchita.
Il regime utilizzò i risparmi dei cittadini soprattutto per finanziarsi. "Coi nostri soldi curavano i feriti di guerra", si lamenta Germain, membro dell'APIGF, che conserva una ricevuta di suo nonno per 4.000 pesetas. Con il denaro rosso vennero pagate le pensioni alle vittime del bando nazionale e si fecero affari con l'estero, presso cui le banconote della Seconda Repubblica rimasero valide fino al 1939. Franco non solo sequestrò i beni dei cittadini. Fece lo stesso con i partiti politici ed i sindacati. Si finanziò col loro patrimonio e li spogliò dei loro immobili. Ma con la transizione e le leggi di riparazione, si potrebbe recuperare qualcosa di quello che venne rubato da Franco.
"Vogliamo che il patto venga mantenuto. Non stiamo chiedendo qualcosa che non ci appartiene. Questa gente sta per morire e non possono godersi i soldi che un giorno hanno guadagnato con il loro lavoro e la loro e fatica ", dice Lidia. La Legge della Memoria Storica, approvato su istanza del governo socialista nel 2007, non contempla il risarcimento individuale.
"I partiti si sono dimenticati della società civile. Chiediamo giustizia sociale ", dice Lidia. L'APIGF, che dipende dal Memorial Democratico mantiene i contatti con tutti i gruppi parlamentari perché la sua storia è legata al Congresso. Nel 2009, è stato fatto un primo passo per fare approvare una proposta per compensare le espropriazioni franchiste. Ma il PP e il PSOE si sono opposti.
"Se necessario, andremo alla Corte europea dei diritti dell'uomo di Strasburgo", dice Laura Cervera, storica e vittima delle espropriazioni. La disperazione ha fatto sì che molte famiglie si sono recate alla Banca di Spagna con la ricevuta in mano. "Se ce l'hanno tolto, ce lo devono restituire", dice Germain. Ma le agenzie si rimettono al decreto franchista. "Sorprendentemente tuttora in vigore," esclama Germain.
"Pensavamo che la democrazia avrebbe rimesso tutto a posto, ma nessuno offre una soluzione", si lamenta Conchita. Anche così, i membri dell'APIGF continueranno a lottare. E se no, lo faranno i loro figli e nipoti. " Lo faremo le nostre famiglie , che sono riusciti a farci crescere nonostante abbiano sofferto l'umiliazione costante del regime franchista."
fonte: http://www.publico.es/espana/389577/esperanza-en-un-recibo
Nessun commento:
Posta un commento