mercoledì 31 dicembre 2008

un discorso attuale




Il nazismo e la svastica sul sole (1)
di Philp K. Dick
( traduzione di Maurizio Nati )
da franc'O'brain

Molte lune sono passate da quando l'uomo bianco (cioè Poul Anderson) (2) ha recensito il mio romanzo La Svastica sul Sole e molti (troppi per citarli tutti, con l'unica eccezione, però, di un certo John Boardman) hanno fatto commenti non sul mio libro o sulla recensione "in sé" ma sul nazismo... il che è giusto e corretto, perché è proprio quello il tema in discussione, più che in qualsiasi altro libro o recensione, e questo dimostra semplicemente che io ho ragione: noi tutti abbiamo ancora una gran paura, siamo ancora molto turbati e, come ha giustamente detto Harry Warner, ".....potremmo condividere il senso di colpa dei tedeschi per la guerra perché sono troppo simili a noi..."

Comunque, nonostante tutta questa discussione abbia avuto luogo in marzo, io ne sono venuto a conoscenza solo adesso, e mi piacerebbe dire la mia. John Boardman definisce il dottor Friedrich Foerster "il più grande critico moderno della Germania". Non esiste nessuno che sia "il più grande critico moderno", non importa di che cosa; è solo un modo per dire che si crede alla propria fonte, e naturalmente è giusto credere alla propria fonte... tuttavia, io voglio contestare la sua unicità, o qualsiasi pretesa che la sua perfezione platonica di tipo ideale sia la sua sola e unica fonte. Anche se, per dire la verità, condivido il passaggio che lui cita (cfr. i commenti di John Boardman su Niekas, marzo 1964). In effetti è proprio questo modo di pensare che mi preoccupa (comunque è mattina presto, ancora non ho fatto colazione, perciò mi preoccupa tutto; lasciamo perdere).

In ogni caso non possiamo affermare con certezza che esistano "due Germanie", nel senso di due tradizioni di pensiero, o che il nazismo sia il culmine assoluto, la logica conclusione di tutto ciò che è tedesco. Non lo sappiamo e, per favore, riconosciamo la nostra ignoranza. Noi sappiamo ciò che i nazisti hanno fatto, sappiamo quali erano le loro ideologie dichiarate... ma non sappiamo assolutamente quali siano stati i motivi profondi del loro comportamento. Davvero. Ho parlato con alcuni di loro. Tutto ciò che sapevano era che avevano paura... l'avevano come ne abbiamo noi, ma non delle stesse cose: avevano paura di noi, del Regno Unito, della Russia (e adesso ne abbiamo paura anche noi) e, soprattutto, degli ebrei, dei quali invece noi non abbiamo paura. E non riusciamo nemmeno a comprenderla, questa paura. Per esempio, per noi un ebreo è un bell'uomo alto con un bicchiere in mano che ci ritroviamo accanto a una festa. Per loro...be', qui cala la tela. Avevo un amico nazista, che viveva negli Stati Uniti dopo la guerra, e mentre stavamo per entrare a casa di un tizio io gli dissi: "A proposito, quello che abita qui si chiama Bob Goldstein," e il mio amico nazista impallidì visibilmente e si ritrasse; era letteralmente terrorizzato all'idea di entrare in quella casa... e per di più provava un'orribile avversione, di tipo somatico. Perché? Chiedetelo ad Hannah Arendt, che io considero "la più grande critica moderna della Germania", anche lei ebrea. Credo che nemmeno lei, cresciuta in mezzo ai tedeschi, conosca il perché. È subrazionale; è psicologico, non logico. Perché certa gente ha paura dei gatti o delle automobili o delle capre con la testa rossa? Non lo sanno nemmeno loro. Una fobia è una fobia; nasce, come hanno dimostrato Freud, Jung e H.S. Sullivan, dal profondo dell'io ignoto all'io. Ipse dixit.

Perdonatemi se sto divagando, ma vedete, risposte semplici e nette a queste domande ("Perché i nazisti hanno fatto quello che hanno fatto? Lo faremo anche noi? Siamo colpevoli anche noi") ci portano fuori strada; non esistono risposte semplici. Noi siamo colpevoli di quello che i folli programmatori" subrazionali di Washington stanno facendo adesso? Non lo so. E una qualsiasi donna tedesca di un qualsiasi paese tedesco era colpevole di una decisione presa a Berlino nell'ufficio di Eichmann?

Tuttavia esistono alcuni fatti definiti che bisogna ricordare. Primo: quando Himmler chiese e ottenne di poter assistere all'esecuzione di ebrei inermi e innocenti da parte di un plotone armato, provò un fortissimo senso di orrore; svenne, cadde a terra e rimase lì a contorcersi per l'angoscia; i suoi aiutanti lo rimisero in piedi. E in alcune occasioni successive, Himmler decretò che gli ebrei "non dovessero più essere fucilati", ma che fosse necessario escogitare "qualche sistema più pietoso, rapido e indolore". Quindi anche questa negazione dell'uomo, quest'essere reificato ai più alti livelli della gerarchia nazista, aveva dei "sentimenti" (Hitler non si sarebbe preso nemmeno la briga di assistere, e se lo avesse fatto, non avrebbe avuto nessuna reazione emotiva, o etica; ricordate anche questo). Inoltre, i Wermark Soldaten (i comuni militari tedeschi) detestavano gli Schwarzer, le SS... li consideravano degli assassini. Prendete nota. I cittadini tedeschi mettevano del pane nei vagoni piombati che trasportavano gli ebrei verso la morte attraverso il Reich; leggete e riflettete. Remarque racconta che un tedesco suonava il tema dal Fidelio di Beethoven, nel quale ci sono dei prigionieri - vittime innocenti di una tirannia - ai quali, per un attimo, viene concesso di vedere la luce, proprio mentre un gruppo di ebrei di un campo di concentramento passava nella strada sotto casa sua. Anche le prostitute tedesche si recavano nei pressi dei campi di concentramento, sperando di poter "fare qualcosa" per gli internati. In altre parole, impulsi di bontà (e non metto volutamente le virgolette) emergevano in continuazione nel tedesco medio, ogni volta che si rendeva conto di ciò che si stava compiendo ai danni degli ebrei; molti, è vero, sputavano agli ebrei, li prendevano a calci, li deridevano... ma non tutti. "Die Stille im Land", venivano definiti dai nazisti i tedeschi che non approvavano la politica razziale; quei tedeschi sapevano che se si fossero mostrati apertamente, avrebbero fatto la stessa fine degli ebrei. Prendete nota: i primi a essere inviati nei campi di concentramento furono tedeschi non ebrei. E durante la guerra qualunque cittadino tedesco che mostrasse dissenso per la politica ufficiale era destinato a morire. Per esempio, una donna tedesca venne imprigionata perché il giornale che aveva usato per rivestire il secchio dell'immondizia aveva una foto di Hitler; questo venne definito dal tribunale (il cosiddetto Reichs Gericht) "un delitto contro lo Stato". Ci andavano giù pesanti!

Eppure il popolo tedesco - o una buona parte di esso, certo più della metà - portò al potere Hitler attraverso elezioni regolari, ben conoscendo le sue convinzioni razziali. Basta leggere i primi diari di Goebbels; il Partei aveva il sostegno della classe operaia... non della borghesia. E notate anche questo: la classe operaia aveva abbandonato i comunisti e i socialisti moderati per sostenere i nazisti. Perché? Be', posso azzardare una risposta. I nazisti, come i capi politici delle grandi città, che governavano Chicago e New York e Boston, erano sempre "aperti", erano sempre lì, pronti ad ascoltare, ad aiutare, a distribuire cibo e aiuti... e i tedeschi morivano di fame e di stenti, venivano cacciati di casa perché non avevano i soldi per pagare l'affitto; insomma era un periodo di depressione, e la gente era disperata, così come lo erano anche gli americani. Uno dei nostri più noti cantanti folk di oggi, non solo allora (alla fine degli anni '30) cantava contro il nostro sostegno all'Inghilterra e contro ogni attività produttiva a scopi difensivi, ma diceva con il suo accento strascicato di essere una "spia dei giapponesi"; in altre parole questo grande cantante folk, che adesso è un liberale, "uno di noi", e le cui iniziali sono P.S., era a favore della Germania nazista a causa del patto russo-tedesco. Il comunismo mondiale e il nazismo collaborarono, per un po' di tempo; i nazisti non erano "di destra"... erano "al fianco delle sinistre", almeno finché i carri armati nazisti non invasero la parte controllata dai comunisti della ex Polonia.

Nel suo commento su Niekas, George H. Wells parla di "nazionalisti ebrei" e afferma che essi erano tenuti in poco conto. È un punto interessante anche questo: nel momento della nascita dell'ideologia antisemita tra i tedeschi non ebrei, i tedeschi ebrei cominciavano in gran parte a pensare non come tedeschi o come europei, ma come nazionalisti dello Stato di Israele che sarebbe rinato di lì a poco (Moses Mendelssohn preferiva che la gente rifiutasse quest'idea e che si sentisse invece "parte della comunità europea", ma senza grande successo).

E dunque abbiamo visto gli ebrei, in Germania, pervenire alla stessa idea dei "razzisti" pre-nazisti, come Wagner, e proprio Wagner sembra essere il capro espiatorio di tutto ciò; sarebbe stato lui a inventare l'idea che gli ebrei fossero degli esseri estranei, e ostili alla Germania. È una fesseria. Uno studio attento dell'ideologia di Wagner dimostra che alla fine lui ruppe con Nietzsche e vide la redenzione della Germania (cioè dell'uomo per sé) nell'amore cristiano, non nella retorica della guerra (vedi il Parsifal). Quindi anche fra i famosi teorici pre-nazisti non troviamo uniformità di vedute; troviamo invece gli inglesi Stuart House Chamberlain e Carl Rhodes... e naturalmente Nietzsche; ma troviamo, nel "cuore di tenebra", per così dire, dei pensatori pazzi inglesi. Che propugnano l'idea, come dice Hannah Arendt, di una ristretta élite di nordici sparsa in tutto il mondo, che alla fine comanderà su tutto e su tutti: una casta altolocata che dirà agli "scuri", cioè a tutti noi, dove devono andare... magari in bagni con docce che non sono docce, ma camere a gas.

Sì, Harry Warner, che scrive su Niekas, ha ragione: noi ci sentiamo in colpa e ricordiamo, perché non sono "loro", ma "noi" che abbiamo pensato quelle cose orribili, e quindi abbiamo istigato quelle azioni orribili; e in quel "noi" sono compresi anche i fanatici nazionalisti ebrei, alcuni dei quali vivono oggi in Israele, che invadono le scuole, e interrompono le lezioni nelle classi elementari con i loro sgherri quasi-militari (ma forse è meglio dire paramilitari) perché il
maestro non è "razzialmente" corretto. In questo caso, comunque, non sufficientemente ebreo, più che sufficientemente tedesco.

I sionisti hanno cacciato un milione di arabi da Israele, e questi arabi, sfamati dai quaccheri - quel tanto che basta perché non muoiano di fame -, costituiscono il più numeroso contingente di esuli che esista oggi sulla Terra. E non credete a chi vi dirà che quegli arabi (vale a dire non-ebrei, e dunque estranei, malgrado i loro antenati vivessero lì da duemila anni) volevano andarsene. Sono stati costretti con il terrore ad andarsene, e non possono più fare ritorno. Così le vittime della seconda guerra mondiale sono diventati gli arroganti nazionalisti pronti a entrare in guerra (vedi la crisi di Suez) contro i loro vicini, non appena sicuri di poter contare su un adeguato sostegno militare (ancora una volta l'Inghilterra, insieme alla Francia).

Tutto questo è terribile. Negli alloggiamenti dei profughi ebrei allestiti dai giapponesi ell'estremo Oriente durante la seconda guerra mondiale, molti ebrei hanno riproposto forme organizzative hitleriane, saluto nazista (o romano, se preferite) compreso. A noi piace pensare che le vittime della tirannia e della crudeltà siano innocenti (vedi Chessman). Ma spesso anche la vittima si è macchiata di sangue, cioè ha partecipato attivamente alla situazione che alla fine ha reclamato la sua vita.

Oggi molti ebrei non salirebbero mai su una Volkswagen, e alcuni non ascoltano nemmeno la musica di Beethoven; tutto ciò non è nevrotico e "malato" come lo erano le ideologie ottocentesche di sangue, razza e terra che venivano insegnate sia da tedeschi che da ebrei tedeschi? Personalmente io mi diverto a raccontare ai nazionalisti fanatici, agli amici ebrei orientati verso il sangue, un fatto che generalmente non conoscono: molti dei poeti-cavalieri del medioevo tedesco, i Minnesänger, erano ebrei. Così, caro dottor Friedrich Foerster, "il più grande critico moderno della Germania", al contrario, ci sono e ci sono sempre state almeno due, e probabilmente tre, sette, nove Germanie, ovvero visioni del mondo dei tedeschi. J.S. Bach si considerava un polacco (il suo monarca era sotto il feudo del re di Polonia). Però noi definiamo Bach tedesco perché parlava tedesco. Tony Boucher parla tedesco, e alla perfezione; è forse per questo un tedesco, e quindi un nazista? Gli ebrei tedeschi parlavano tedesco...e ricordate, un fanatico sionista spezzò la mano di un violinista ebreo con un tubo di piombo perché quel violinista aveva osato suonare un brano di Richard Strauss in un concerto in Israele... non è a suo modo un nazista anche lui?(3)

Quando un mio amico ebreo, piuttosto fanatico, mi definisce un "gentile"(4) io mi limito a dire, "Chiamami cristiano, e facciamola finita." Perché se io sono un "gentile", allora significa aver buttato via duemila anni di evoluzione del pensiero umano. E se non vuole salire sulla mia Volkswagen, che probabilmente è stata costruita a New York, e non in Germania, e di certo mi è stata venduta da un ebreo, Leon Felton di San Rafael, allora io non gli permetto di mangiare il pane azzimo in mia presenza (naturalmente sto scherzando; voglio solo cercare di dimostrare che non possiamo continuare a ritenere un popolo responsabile più di quanto possiamo ritenere responsabile qualsiasi altra entità mitica, semantica, non concreta. Il tedesco 1 non è il tedesco 2, e il tedesco 2 non è il tedesco 3, e così via dicendo. Così come, nel nostro paese, non siamo stati io e te a lanciare delle bombe contro quella scuola di bambini neri... tu lo sai benissimo che non siamo stati noi e se noi due, io e te, potessimo avere fra le mani quei bastardi bianchi - anzi solo bastardi - che lo hanno fatto, la nostra vendetta non sarebbe meno terribile di quella di una folla di neri.

Io non sono un "uomo bianco". I miei amici tedeschi non sono "tedeschi", né i miei amici ebrei sono "ebrei". Io sono un Nominalista. Per me esistono solo entità individuali, non entità collettive come razza, sangue, popolo, eccetera. Per esempio, io sono cattolico anglicano, eppure le mie vedute differiscono da quelle del mio parroco, e le sue differiscono - enormemente - da quelle del vescovo della diocesi, il vescovo Pike, con il quale invece io mi trovo perfettamente d'accordo. E così via. Non uscirei mai da una stanza in cui entra un tedesco, così come non l'ho mai fatto se entrava un ebreo. Né permetto ai miei amici ebrei di definirmi "gentile", cioè membro di una razza... Se non gli va bene, che mi colpiscano pure, dritto in faccia, come individuo; vediamo come fanno a colpire una razza, come hanno cercato di fare i nazisti, dritto in faccia. Non funzionerebbe; i nazisti non ci sono riusciti, Israele esiste ancora, gli ebrei esistono ancora. E diciamo la verità: la Germania esiste ancora.

Cerchiamo di vivere nel presente e nel futuro, senza rivangare nevroticamente gli oltraggi del passato. Ludwig van Beethoven non accese i forni di Dachau. Leonard Bernstein non colpì quel violinista ebreo sulla mano con un tubo di piombo. D'accordo? E salute a voi, come dicevano i romani. O, come diciamo noi cattolici anglicani, la pace e l'amore di Dio sia con voi. Tedeschi compresi. Ebrei anche, per favore.

Philip K. Dick, 1964

Note

1 Questo saggio apparve per la prima volta sul numero 9 della fanzine Niekas (settembre 1964). Come lo stesso Dick afferma in apertura, è chiaramente scritto in risposta alla recensione di Poul Anderson di La Svastica sul Sole apparsa in un numero precedente della fanzine e, particolarmente, alle lettere inviate dai lettori a commento dei temi sollevati da quell'intervento, e pubblicate sul numero del marzo 1964 di Niekas.
Niekas iniziò le pubblicazioni nel 1962, diretta dal fan del New Hampshire Edmund Meskys, vincendo il Premio Hugo nel 1967 nella categoria della miglior rivista amatoriale. Dopo aver sospeso le pubblicazioni dal 1968 al 1977 è tuttora attiva. Pur rivolgendo l'attenzione principalmente alla fantasy, ha ospitato una ricca varietà di contributi, spesso firmati da eminenti autori del settore: oltre a Philip K. Dick e Poul Anderson, ricordiamo Isaac Asimov, Algis
Budrys, Harry Harrison, e altri (N.d.C.).

2 Poul Anderson, nato nel 1926 in Pennsylvania da genitori scandinavi, è uno dei più importanti autori di fantascienza e fantasy del dopoguerra. Vale la pena di precisare che, nella sua autorevole biografia su Philip K. Dick, Lawrence Sutin sottolinea lo stretto rapporto di amicizia che negli anni '50 legava Dick e Anderson, i quali operavano entrambi nell'area di Berkeley; si scambiavano di frequente opinioni sul mondo della fantascienza e addirittura presero in considerazione l'ipotesi di scrivere un romanzo di fantascienza in collaborazione. Cfr. Lawrence Sutin, Divine Invasions: A Life of Philip K. Dick, New York, Harmony Books, 1989, p. 82 (N.d.C.).

3 In proposito, Lawrence Sutin precisa di non aver rintracciato alcuna prova fattuale a sostegno di queste affermazioni e che la fonte su cui Dick si è basato rimane ignota. Cfr. Lawrence Sutin, ed., The Shifting Realities of Philip K. Dick: Selected Literary and Philosophical Writings, New York, Pantheon Books, 1995, p. 111 (N.d.C.).

4 Nel Nuovo Testamento e nella letteratura giudaico-cristiana, il termine "gentile" designa chiunque non sia ebreo (N.d.C.).

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