martedì 6 maggio 2008

Ironia ferita



Nehwon è una terra desolata ma, come dire, non per questo "matrigna". Molti scriteriati turisti della fantasia, come Darrell Standing ("Il vagabondo delle stelle" di Jack London), firmerebbero per potervi passare una parte delle loro ferie o, almeno, un paio di week-end, come pure, in alternativa, le passerebbero nell'era "hyboriana" di Conan il barbaro. Mondi manichei. Finalmente!
Nehwon ha qualcosa in più, rispetto ai luoghi tradizionali della cosiddetta "heroic fantasy". Ironia e ancora ironia. Del resto, Fritz Leiber è scrittore dotato, capace di usare la scrittura come arma estetica. Eppure il mondo di Nehwon paga gli esercizi di bella calligrafia, propri del milieu "colpevolizzato" che assai spesso orbita anche intorno alla narrativa di consumo, col suo essere un mondo barbaro ad usum intellettuale. Bisogna dire che non è un bello spettacolo assistere alla messa in scena del senso di colpa degli scrittori di evasione: si dice che Francis Scott Fitzgerald, quando per breve tempo venne assunto come sceneggiatore dai produttori di "Via col vento", avesse raddoppiato la sua razione quotidiana di whiskey. E l'ironia ferita di Leiber, quando affronta le storie del "Gray Mouser", appartiene allo stesso repertorio. E non si può ridere! Come non si poteva ridere al funerale di Ettore sotto le mura di Troia. L'heroic fantasy non si pone problemi, eppure nei suoi cliché afferma che i problemi li conosce assai bene. Uno per uno.
Nei mondi dove gli eroi non solo servono ancora a qualcosa, a dispetto di Brecht, ma non sono d'ingombro a nessuno: con un pugnale in mano, o una spada, la si può ancora far finita con tutte le ingiustizie, e con prepotenze e iniquità perpetrate da parte dei potenti, in barba al povero Amleto. Tuttavia, i mondi barbari sono a conoscenza del fatto che il peggiore aldilà è già in atto e che il puro e semplice compiersi degli eventi è, in sé, demoniaco. Solo che c'è ancora una ... speranza (una parola che, qui, nel quotidiano, più nessuno pronuncia). I fantasmi possono essere respinti e dispersi con una semplice formula magica.
Quasi quasi, questa barbarie sembra preferibile di gran lunga al ... socialismo!
La barbarie immaginaria ed il socialismo realizzato, sia ben chiaro!
Così, a scapito della riottosità di Leiber, le storie del Gray Mouser sono piacevoli. La cattiva intenzione rimane lì, in disparte quasi, come uno stregone nell'ombra. La prima storia del ciclo risale al 1935, e venne scritta a quattro mani. Harry Fischer, co-autore, ben presto abbandonerà l'attività letteraria per intraprendere la bizzarra professione di "progettista di imballaggi" (ironia, ironia. Ironia dapertutto). E due sono i protagonisti, il Gray Mouser e Fafhrd, che si aggirano come Stanlio e Ollio, ma a ruoli invertiti e senza la loro vivacità, in una sorta di labirinto cinematografico a loro misura. Si scontrano con gli dei, vivono avventure nel gelido nord, conoscono maghi dalla pelle scura in possesso di segreti imparati in dimensioni sconosciute cui riescono ad accedere. Nel "film" si fa un po' troppo scialo di "primi piani", c'è da dire. E questi primi piani stanno sempre troppo attenti a mostrare il loro profilo migliore.
Un film di Charlot con protagonista ... John Wayne. Più o meno.
Ma può andar bene, e magari è facile scoprire, alla fine che il Gray Mouser ... è dei nostri!

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