Solo un blog (qualunque cosa esso possa voler dire). Niente di più, niente di meno!
lunedì 12 novembre 2007
"Io non rinuncerò alla mia parte di violenza!"
A volte si prova il bisogno di parlare anche del libro (ma potrebbe essere qualsiasi "manifestazione" dell'essere umano, un film, una canzone, anche una...manifestazione) che non ti è propriamente piaciuto! Forse la cosa attiene al dovere esprimere un disagio, magari proprio nel tentativo di alleviarlo, il disagio, comprendendolo. Ci provo.
Di Domenico Starnone sapevo poco e, con ogni probabilità, continuo a saperne poco. Lo sapevo insegnante "militante" e l'ho letto sul Manifesto sotto le "spoglie" (mentite o meno) di giornalista. Le versioni cinematografiche dei suoi libri, che non ho letto, non mi avevano convinto più di tanto all'epoca. Storie di scuola, laddove non mi scattava nessun meccanismo identitario, né con gli studenti, né con gli insegnanti recanti le fattezza dei Silvio Orlando di turno.
Mi fermo qui.
Poi ho voluto leggere questo libro, fuorviato da qualcosa letto sul "web". Un rimprovero, più che una critica, che qualcuno gli rivolgeva circa l'aver messo in scena il voler assumere, in quanto buone ragioni, le ragioni della "violenza armata", quella storica degli anni settanta. Sì, certo, c'è anche questo nel libro, e non solamente contestualizzato a quegli anni. Però c'è dell'altro, al di là della rivelazione, oramai stantìa (Erri De Luca l'ha ripetuto così tante volte!), che negli anni settanta siamo stati tutti degli assassini potenziali. Tutti noi, ovviamente, che correvamo per andare da qualche parte. E poi abbiamo smesso di correre. Ecco, Stasi (ma perché il cognome del protagonista deve richiamare il nome della polizia segreta della Germania Est?) è uno che ha smesso di correre, un po' come tutti, anche se, leggendo, spesso ti si insinua il dubbio che non abbia mai corso davvero, limitandosi a tifare per chi correva.
E' invecchiato, è vecchio il giovane che doveva essere stato Stasi. Sgradevolmente quasi.
Sgradevolmente proprio perché - ed è questo "l'altro che c'è" di cui parlavo prima - il suo indugiare a sprazzi alla violenza mai sopita si concretizza, nelle pagine del libro, nella rabbia ... di un vecchio. E qualcuno ha detto, a ragione, che non esiste niente di più sgradevole della rabbia di un vecchio!
Starnone prova a mettere in scena - non senza scivolare nell'avvertimento - nelle pagine di un romanzo quasi "circolare" nel suo incedere, nel saltare dalla scrittura alla realtà alla scrittura, la terribile affermazione di Raoul Vaneigem che ho messo per titolo a questa cosa.
E ci riesce!
Domenico Starnone - Prima Esecuzione - Feltrinelli . 12 euri
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