mercoledì 27 settembre 2006

Convenienze


La guerra civile spagnola, vende! E questo è un fatto, a settant'anni di distanza. Tanti ne sono passati. Invano, verrebbe da dire a leggere la recensione che Enzo di Mauro ha pubblicato su “Alias” - supplemento del sabato del “manifesto”di sabato 16 Settembre 2006 - a proposito del bel libro di Ignacio Martinez de Pison, “Morte di un traduttore”.
L'incipit della recensione è solenne e letterario, da Bernanos ad Orwell e Koestler, fino ad Hemingway. Le bacchettate alla gestione stalinista del problema della cosiddetta ortodossia arrivano quasi subito, a colpi di “mano brutale”, “incompetenza morale”, “tendenza al fratricidio e illimitato cinismo”. Ma, subito dopo, tanto per far vedere che non bisogna esagerare con i giudizi, ecco che il “letterato” cede la penna allo “storico”, non prima di averci informato che, nel fronte repubblicano, il partito comunista spagnolo contava circa duecentocinquantamila iscritti (dimentico del fatto che la cifra da lui riportata però si riferisce al Gennaio del 1937, a proposito di un partito la cui base era del tutto insignificante e rimasta ai margini della rivoluzione del Luglio 1936):

“(...)Non che Mosca avesse torto nel chiedere una maggiore organizzazione tattica e strategica e dunque un esercito regolare in luogo del generoso slancio di milizie operaie (gli eventi successivi, di lì a poco, diedero ragione ai sovietici e in generale ai comunisti) E d'altra parte fu l'Unione Sovietica a predisporre i piani di reclutamento (mediante il Comintern) delle Brigate Internazionali; a inviare consiglieri militari e comandanti in campo; a fornire armi e carri armati e, in prestito, aiuti in denaro. (...)”

Davvero curioso! Ce n'è di tutto e per tutti, in questo breve passaggio. Ma il massimo lo si raggiunge con gli “aiuti in denaro”, e in prestito per di più! Chissà se il Di Mauro c'è o ci fa? Se ignora davvero le 510 (Cinquecentodieci) TONNELLATE di oro della riserva aurea della Banca di Spagna, finite a Mosca. Chissà se è a conoscenza del fatto che, mentre Stalin incassava e costringeva i lealisti spagnoli a servirsi dei ferrivecchi sovietici in luogo delle armi di fabbricazione statunitense che il Messico era disposto a vendere in cambio di quell'oro, e senza chiedere nessuna testa per sovrammercato, chissà se è a conoscenza del fatto che i “prestiti” provenivano dalle sottoscrizioni di solidarietà che gli operai sovietici strappavano via dal proprio magro salario? Chissà se lo sa, il prode stratega e tattico Di Mauro, che la benzina negata alle milizie spagnole finiva ben venduta nei mezzi da guerra di Mussolini impegnato nella sua avventura coloniale in Africa? E chissà se si è mai chiesto, fra una parola e l'altra, quale sia mai stato il motivo che ha impedito ad un governo di sinistra di riconoscere il diritto del Marocco all'indipendenza (sollecitato da una delegazione di nazionalisti marocchini giunti a Barcellona e neppure ricevuti)? Quello sì che avrebbe tagliato l'erba sotto i piedi di Francisco Franco, privandolo di una cospicua quota di mercenari marocchini! Ma no, molto meglio sostenere che la soluzione stava nel ricostruire un esercito in cui le donne non potevano fare altro che le cuciniere o le infermiere e dove i criteri di disciplina, ricalcati su quelli del vecchio esercito nazionalista e colonialista, comprendevano la pena di morte per l'insubordinazione (applicabile anche ai volontari!).

Così, a distanza di settant'anni, la rivoluzione spagnola continua ad essere “fatta fuori”. Fatta fuori perché, a conti fatti, non conviene oggi come non conveniva allora. Non conveniva a Stalin, che non poteva tollerare un moto rivoluzionario al di fuori della sua egemonia. Non conveniva al governo spagnolo. Ed è su tale base che si è verificata la convergenza di interessi fra la linea sovietica e i dirigenti della repubblica spagnola. Non conveniva, la rivoluzione!

Sì, anche oggi come allora, la rivoluzione spagnola vende. Vende, ma non conviene!

1 commento:

Anonimo ha detto...

Non si capisce perchè persino il racconto dei fatti storici, debba sopportare l'ingombro dell'Io narrante che antepone tutto a sè,in questo caso alla cattiva informazione si aggiunge anche un discreto utilizzo di espressioni a tinte forti..quando non improbabili "l'incompetenza morale"..Il tutto alla fine si risolve in una modalità comunicativa hardcore che pare fatta apposta per buttare fumo negli occhi.
Grazie per Jakobson/Majakowskij,una lettura interessante.
Tiziana