giovedì 28 aprile 2016

Antidoti

khayati

Mustapha Khayati, allora membro dell'Internazionale Situazionista, scrisse "Les Marxismes : Idéologies et révolution" per la "Encyclopédie du monde actuel", pubblicata nel gennaio del 1970. Ritengo che la concisa presentazione della critica rivoluzionaria di Marx fatta da Khayati sia un eccellente complemento a "Il proletariato come soggetto e rappresentazione", quarto capitolo de "La società dello spettacolo" di Debord. Di sicuro è un antidoto alle diverse letture "ortodosse" di Marx. Secondo un altro ex situazionista, Donald Nicholson-Smith,  La partecipazione del 'gruppo situazionista' all'Enciclopedia del Mondo attuale [EDMA] non era ufficiale. Ci sono stati alcuni lavori pagati-poco cui alcuni membri dell'IS si sono dedicati. Il lavoro consisteva nel redigere delle "schede EDMA" e, eventualmente, degli opuscoli mensili. (Ogni scheda includeva un testo di 500 parole; ogni opuscolo conteneva all'incirca 30 pagine illustrate). [...] Alcuni di quegli opuscoli vennero scritti da situazionisti - anche dopo la dissoluzione del movimento avvenuta nel 1972. Guy Debord redasse "Il surrealismo" nel settembre del 1968. "La Poesia francese dal 1945 ai nostri giorni" è attribuita a Raoul Vaneigem. Ci sono stati altri articoli scritti dai situazionisti per "L'Enciclopedia del mondo attuale", inclusi "La pittura moderna", pubblicata nel novembre del 1968; "I marxismi", pubblicato nel gennaio 1970; "L'Affiche", nel settembre 1974; "Il Golfo Persico", nell'ottobre del 1974.

Nel testo originale di "Marxismi", Khayati fa riferimento a due importanti lettere di Marx. Alla prima lettera si riferisce una sezione nella prima parte - Lavoro, "essenza" dell'uomo. Si tratta della lettera di Marx a Vera Zasulic, scritta l'8 marzo del 1881 (due anni prima della sua morte) nella quale Marx afferma chiaramente che la sua descrizione della "genesi della produzione capitalista" non è una teoria generale della "inevitabilità storica" ma è piuttosto un "processo espressamente limitato ai paesi dell'Europa occidentale". Perciò Marx continuava dicendo che la comune contadina russa, il Mir, e la sua forma di proprietà comunale era di fatto il "fulcrum" dello sviluppo della rivoluzione comunista in Russia, piuttosto che un impedimento. Nello scrivere questo, Marx si è messo contro ogni corrente del marxismo che si è sviluppata nei 40 anni successivi.
La seconda lettera appare fra la fine della sezione su Marx e l'inizio della seconda sezione sulle "Ideologie della Seconda Internazionale". Si tratta effettivamente di una sorta di avvertimento per il futuro da parte di Marx. La lettera indirizzata a Maurice La Chatre è del 18 marzo 1872 (un anno dopo la Comune di Parigi). Nella lettera Marx plaude all'idea di dividere il Capitale in "uscite periodiche [...] più accessibili alla classe operaia". Tuttavia Marx fa anche notare che il suo "metodo di analisi" (la famigerata concezione materialista dialettica della storia) rende alquanto ardua la lettura dei primi capitoli. Marx così continua:
"c'è da temere che il pubblico francese, sempre impaziente di arrivare alle conclusioni ed ansioso di sapere come i principi generali si rapportano alle questioni immediate che lo intrigano, potrebbe scoraggiarsi in quanto non è stato in grado di proseguire. Questo è uno svantaggio, rispetto al quale non posso opporre altro che una continua cautela ed avvertire quei lettori preoccupati dicendo loro la verità. Non c'è alcuna strada maestra per imparare e le uniche persone che hanno una possibilità di scalare le vette luminose sono quelle che non hanno paura di stancarsi quando intraprendono i sentieri scoscesi che portano a quelle vette.

"Les Marxismes" di Khayati non dovrebbe essere letto come un'alternativa alla lettura di Marx, o come un sostituto al fine di sviluppare oggi una critica radicale. E' piuttosto un contributo alla critica svolta da Marx, in particolare alla sua continua rilevanza (e quindi deve essere letto ed usato), ed alla critica del problematico sviluppo dei marxismi che hanno fatto così tanto sia per far avanzare che per oscurare il progetto del superamento rivoluzionario del capitalismo.

(annotazioni di Anthony Hayes, Canberra, Aprile 2016)


I Marxismi: Ideologie e Rivoluzione
- di Mustapha Khayati -
(Pubblicato la prima volta nel Cahiers de l'Encyclopédie du monde actuel, Numéro 51, Janvier 1970)

A partire da più di un secolo dopo la pubblicazione de Il Capitale, Karl Marx ha preso posto fra i grandi autori classici. Il marxismo ha ottenuto un posto legittimo in tutti i campi del pensiero, e sono rari i suoi avversari che non ammettano di concordare con qualcuna delle sue idee. Questo successo è dovuto alla sua ambiguità? Può trionfare il marxismo mentre fallisce la rivoluzione? Quali sono le relazioni che si sono stabilite nella storia recente fra il marxismo e Karl Marx? E come possiamo catalogare i diversi marxismi, relazionando gli uni agli altri?

I. I fondatori e la loro teoria
Storia del concetto
1.
Karl Marx una volta ci ha rassicurato circa il fatto che "Io non sono un marxista". Per dare seguito al paradosso di una simile epigrafe, qualcuno sostiene che il "marxismo" ed il pensiero di Karl Marx sono lontani dal coincidere. Utilizzato dai nemici politici di Marx nell'Associazione Internazionale dei Lavoratori [AIT, la Prima Internazionale], l'epiteto di "marxista" serviva a designare i partigiani dei metodi "autoritari" in seno al movimento dei lavoratori, in opposizione agli "anti-autoritari" anarchici adepti di Bakunin. Il termine apparve per la prima volta, su un libro, nel 1882 quando Paul Brousse pubblicò il suo opuscolo dal titolo "Le Marxisme dans l’Internationale" [Il marxismo nell'Internazionale].
2. Brousse, come la maggioranza dei suoi compagni bakuninisti, non metteva in discussione il pensiero di Marx, ma piuttosto denunciava lo stesso Marx come il "leader del partito" a capo di una consorteria di "agenti" e di "abili individui" nell'Internazionale: "Il marxismo non consiste nell'essere un partigiano delle idee di Marx. Ad esempio, molti dei suoi attuali avversari, e soprattutto l'autore di queste righe, a tal proposito potrebbero essere marxisti... Il marxismo consiste soprattutto in un sistema che tende non a diffondere la dottrina marxista, ma ad imporla in tutti i suoi aspetti."
3. L'amico ed il teorico più vicino a Marx, Friedrich Engels, cercò di fare di tale attributo peggiorativo un'arma ed un appellativo prestigioso - con riluttanza, a dire il vero. Ma a quel tempo, sia lui che tutti i discepoli di Marx avevano assunto una convinzione incrollabile. Gli anarchici "si mangeranno le mani per averci dato questo nome". dichiarava Engels. Da quel momento era nato il marxismo.

Il pensiero di Marx
1.
Al di là dell'apparente diversità - che continua ad alimentare la moltitudine di scoperte da parte di differenti specialisti - la profonda unità della teoria sviluppata da Karl Marx consiste del suo spirito critico e rivoluzionario. La critica radicale di tutto quel che esiste, la critica totale "che non ha paura dei suoi risultati", è il nucleo costante e fondamentale dell'opera di Marx. Ogni tentativo di suddividere quest'opera in domini separati appare perciò subito condannata al fallimento ("Marx il filosofo", "Marx il sociologo", "Marx l'economista" o "Marx il politico", ecc.) in quanto contrario al vero spirito del suo autore.
2. Per Marx la "critica della religione è il presupposto di ogni critica". L'abolizione della religione diventa un requisito essenziale per arrivare al mondo reale. E' l'uomo che fa la religione e non il contrario. L'uomo "è il mondo dell'uomo", il che vale a dire che è la società e lo Stato a produrre la religione, "la coscienza capovolta del mondo" in quanto sono essi stessi "un mondo a rovescio". Una volta che "l'oppio del popolo" è denunciato e rivelato nella sua vera dimensione, "la critica dei Cieli diventa la critica della Terra, la critica della religione diventa la critica della legge, e la critica della teologia la critica della politica.
3. Per poter realizzare la critica reale della religione, dobbiamo agire praticamente per abolire le condizioni sociali in cui l'uomo è "un essere degradato, schiavizzato, spogliato, miserabile". Una volta arrivati alla critica teorica dell'alienazione religiosa, ossia alla filosofia che ha solo interpretato il mondo (delineata da Hegel e formulata da Feuerbach), d'ora in poi dev'essere allo stesso tempo "trascesa" e "realizzata" nella trasformazione cosciente di tutto ciò che esiste - in breve, diventando la "prassi" cosciente del suo obiettivo. L'agente cosciente responsabile di tale compito è la classe oppressa, quelli in cui si concentra tutta l'alienazione di questo mondo, e la cui abolizione darà inizio a quella di tutte le altre classi.
4. Nel realizzare la "critica della filosofia", la critica della religione ha scoperto che tutte le sfere dell'attività umana, materiale e spirituale, sono in realtà lo sfondo malato di queste morbose rappresentazioni della sfera religiosa. A tal proposito, "La questione ebraica" ha rivelato una profonda analogia fra l'alienazione religiosa e l'alienazione politica nella società borghese e nel suo regime democratico formale. Il cittadino è una "forma profana", un essere straniato, "differente dall'uomo reale". La verità reale dell'uomo non è "la mente" [o lo "spirito"] dei filosofi (quella "forma astratta dell'uomo straniato"), tanto meno neppure la sua essenza religiosa, ma fondamentalmente e soprattutto il lavoro e la produzione.

Il lavoro, "essenza" dell'uomo
1.
"Si possono distinguere gli uomini dagli animali per la coscienza, per la religione, per tutto ciò che si vuole; ma essi cominciarono a distinguersi dagli animali allorché cominciarono a produrre i loro mezzi di sussistenza," scrive Marx ne L'Ideologia Tedesca. Il lavoro non è un'attività economica separata e parziale, ma è letteralmente l'essenza dell'uomo. Tutta l'autentica attività umana "finora è stato lavoro - cioè, industria" (Manoscritti filosofico-economici del 1844). Quindi tutta la storia dell'uomo non è nient'altro che il processo della sua attività, concepito come un'incessante lotta contro la natura, e come i ripetuti tentativi di dominare la propria natura. "Si vede come la storia dell'industria e l'esistenza oggettiva già formata dell'industria sia il libro aperto delle forze essenziali dell'uomo, la psicologia umana, presente ai nostri occhi in modo sensibile."
2. Questo è quel che a volte viene chiamato "economicismo", oppure al contrario è un nuovo concetto dell'uomo e della storia - dell'uomo e della natura? Marx, in ogni caso, lo ha definito un "nuovo materialismo" che andava oltre il "vecchio materialismo" filosofico di cui l'ultimo rappresentante è stato Feuerbach. Il materialismo può essere soltanto "storico", considerando il mondo sensibile come il prodotto della "attività totale vivente sensibile degli individui che lo compongono."
3. Da questo momento sono state gettate le basi teoriche di una critica reale del mondo esistente, e la critica del "cielo ideologico" si è trasformata in critica della "Terra" capitalista - ossia della religione, filosofia, legge, Stato politico, ecc.. Se il lavoro è l'essenza dell'uomo allora la proprietà privata, fondamento del capitalismo borghese, condanna il produttore ad un'esistenza contraria alla sua essenza, dacché il lavoratore è obbligato a "fare della sua attività vitale, del suo essere essenziale, un mero mezzo della sua esistenza". Tutta la "alienazione" capitalista si trova riassunta in questa formula. La critica del lavoro salariato, vale a dire dell'esistenza proletaria, viene dunque svolta alla luce del progetto rivoluzionario della realizzazione dell' "uomo totale" - l'alienazione e la sua fine [la disalienazione] seguono un solo e medesimo percorso.
4. Tale fine dell'alienazione [disalienazione] non è altro che l'oggetto del "progetto comunista". Il comunismo, secondo Marx, è la fine della preistoria umana e l'inizio del controllo della storia da parte dell'uomo. Ciò porta ad una fine del conflitto fra l'uomo e la natura, fra l'uomo e l'uomo. E' "la trascendenza positiva di ogni straniamento - vale a dire, il ritorno dell'uomo dalla religione, dalla famiglia, dallo Stato, ecc., al suo essere umano, ossia all'esistenza sociale". Questo comunismo così inteso è la vera soluzione a tutti gli antagonismo: "è l'enigma della storia che viene risolto, e sa di essere questa soluzione."

La necessità della rivoluzione
1.
Il capolavoro di Marx, Il Capitale, non è tanto un trattato economico quanto piuttosto "una critica dell'economia politica", come indicato dallo stesso sottotitolo dell'opera. Nonostante i riferimenti al rigore scientifico, Marx non segue la moda di un'opera economica, né tantomeno quindi di arricchire la scienza economica. La teoria esposta nel Capitale è finalizzata soprattutto a smantellare le base dell'economia politica, la "scienza" borghese per eccellenza. La critica della merce, della forma-merce della produzione, ne costituisce il suo nucleo. Ed il "feticismo" è il concetto che riassume questa critica.
2. La rivoluzione proletaria diviene una necessità inerente all'essenza stessa del proletariato. Per cui esso "o è rivoluzionario o non è niente". Il suo internazionalismo non è un'opzione "ideologica" bensì il risultato della forza stessa delle circostanze. La borghesia ed il suo sistema della merce hanno unificato il mondo, e perciò la lotta contro di loro può essere portata avanti solo a livello globale. L'ultima rivoluzione di classe, la rivoluzione socialista ha come scopo l'abolizione definitiva delle classi e la costituzione di una società nella quale non può più esistere niente "indipendentemente dagli individui". Perché questo avvenga, l'abolizione dello Stato è una condizione indispensabile. D'ora in poi la "auto-emancipazione dei lavoratori", la liberazione della classe può essere effettuata solo in maniera collettiva, senza nessuna rappresentanza (ossia il principio borghese). Questa "dittatura del proletariato" abolirà simultaneamente la proprietà privata, il principio gerarchico, le classi e lo Stato, la merce ed il lavoro salariato.
3. Era questo il nocciolo fondamentale della teoria di Marx quando è apparsa. Per più di un secolo, raramente è stata accettata nella sua totalità, da tutti i suoi discepoli. Già quando era ancora in vita, Marx dovette protestare, contro la deformazione del suo pensiero, "Io non sono marxista". Da un lato, il marxismo sarebbe diventato non solo un'ideologia (nel senso che Marx dava al termine) ma anche una giustificazione per la politica dei partiti operai riformisti e stalinisti. Dall'altro lato, il marxismo non avrebbe mai smesso di ispirare, fuori dagli apparati politici e dalle lotte operaie, una riflessione "critica e rivoluzionaria" fedele alle sue origini se non ai suoi obiettivi.
4. Il processo di "ideologizzazione" del pensiero di Marx era cominciato con Engels, il suo più fedele compagno, verso la fine della sua vita. L'accordo stabilitosi fra lui ed i leader del più potente partito dei lavoratori del tempo, la socialdemocrazia tedesca, contribuì alla creazione della scuola e divenne la giustificazione di numerosi compromessi politici. Nell'ammettere il parlamentarismo come un mezzo possibile per arrivare al socialismo, Engels - in quello che è noto come il suo testamento - sembrava approvare la politica riformista dei leader del movimento dei lavoratori. Anche se dapprima aveva insistito sul carattere "scientifico" del socialismo, aveva poi aperto la strada a tutti gli ideologhi della Seconda Internazionale (essenzialmente al kautskismo) - in una parola, all'ideologia marxista.

II. Le ideologie della Seconda Internazionale
Kautskismo - ovvero, la "ortodossia"
1.
Nel 1883, lo stesso anno della morte di Marx, Karl Kautsky (nato nel 1855), fondava una rivista teorica, Die Neu Zeit, che nel corso degli anni sarebbe diventata la tribuna internazionale del socialismo marxista. Istituzionalizzandosi, il marxismo da allora in poi è conosciuto come una "scienza". Il suo "spirito rivoluzionario" declina a favore del "rigore" e della "obiettività". Non è più la "teoria del movimento reale", l'analisi critica di "tutto ciò che si svolge sotto i nostri occhi", bensì la "scienza" che il movimento dei lavoratori deve rigorosamente comprendere ed applicare per raggiungere il suo obiettivo. Il socialismo battezzato come scientifico è una cosa, ed il movimento dei lavoratori un'altra; il loro coincidere sarà il lavoro degli specialisti della socialdemocrazia.
2. Per Kautsky, il marxismo non è tanto una teoria rivoluzionaria che esprime lo sviluppo della lotta proletaria, quanto piuttosto un metodo scientifico da applicare a tutti i campi dell'attività umana. Da qui, due direzioni di ricerca, o meglio di applicazione: nella pratica, nel mondo politico, [con] il partito dei lavoratori nel cuore della società borghese; nella teoria, colmando tutte le lacune che le opere di Marx ed Engels non erano state in grado di affrontare.
3. Dal 1891, al congresso di Erfurt, il Partito Socialdemocratico Tedesco aveva adottato un programma marxista dovuto essenzialmente a Kautsky. Ma nella misura in cui era diventato ufficialmente marxista, il movimento dei lavoratori sembrava allontanarsi sempre più dal percorso rivoluzionario per adottare un riformismo che era allo stesso tempo sindacalista e parlamentare. La proclamata fedeltà a Marx non escludeva una pratica spesso in opposizione al pensiero di Marx. Il kautskismo è l'ideologia della gestione del partito dei lavoratori tedesco, la prima ideologia della "burocrazia operaia".
4. Nei paesi dove questa burocrazia doveva ancora formarsi e dove il movimento dei lavoratori era ancora organicamante debole, la "ortodossia" rimaneva assai più fedele alle intenzioni rivoluzionarie di Marx. In Russia, Plekhanov (soprannominato il padre del marxismo russo) guidava la lotta contro il populismo ed istruiva nel suo paese un'intera generazione di giovani rivoluzionari. Aveva fondato il primo partito socialdemocratico russo. In Italia c'era soprattutto Antonio Labriola che avrebbe introdotto un marxismo ripulito da ogni traccia ideologica (economicismo e scientismo).

Bernstein - o, del "revisionismo"
1.
Studente di Engels (ed anche il beneficiario del suo testamento), Edouard Bernstein era anche il maestro di Kautsky. Coautore del programma socialista di Erfurt, aveva scritto anche numerose opere storiche (soprattutto sulle origine del cristianesimo e sulla rivoluzione inglese). Ma la sua opera più celebrata - sia maledetta che incensata - sarebbe stata una collezione di articoli scritti fra il 1896 ed il 1899 e raccolti sotto il titolo di "Socialismo teorico e socialdemocrazia pratica", un'opera che avrebbe fatto di lui il leader della scuola "revisionista".
2. Bernstein aveva l'ambizione - il primo - di trarre le conclusioni finali dalle lezioni pratiche e teoriche offerte dall'esperienza della socialdemocrazia tedesca. Basando la sua analisi sull'esempio inglese e sulla situazione reale del partito tedesco, si dispose ad attuare un'ampia "revisione" del pensiero marxista alla luce degli ultimi sviluppo del capitalismo. Denunciando le flagranti contraddizioni fra l'ideologia rivoluzionaria del suo partito e la sua pratica decisamente riformista, Bernstein invitava i suoi compagni ad avere il coraggio "di emanciparsi da una fraseologia che è attualmente logora e decidersi ad apparire per quello che in realtà ogni giorno siamo: un partito democratico, socialista delle riforme."
3. Rivendicando il "testamento" di Engels, Bernstein e poi anche i suoi discepoli tedeschi e russi, metteva in discussione la teoria marxista del valore, la concentrazione di capitale, il plusvalore e la pauperizzazione. A livello politico, contestava l'idea della dittatura del proletariato e riteneva che fosse segnata dal "blanquismo".
4. Nonostante le proteste contro il "revisionismo bernsteiniano" in tutta l'Internazionale socialdemocratica, il partito dei lavoratori non cessò comunque la sua pratica riformista; al contrario, essa divenne sempre più evidente. La "ortodossia rivoluzionaria" venne ridotta ad una ripetizione meccanica di formule prive di contenuto.

Sorel - ovvero, il sindacalismo rivoluzionario
1.
Molti storici ritengono che ad introdurre veramente il marxismo in Francia non siano stati né Paul Lafargue o Jules Guesde, fondatori del primo partito marxista dei lavoratori (il Parti Ouvrier Français nel 1879) ed autori di alcuni testi di propaganda socialista e divulgatori del "materialismo storico", né Gabriel Deville, autore di una sintesi assai chiara e fedele del primo volume del Capitale (come detto da Engels). Il pensiero di Marx venne reso noto ed utilizzato in Francia per mezzo due riviste di breve durata: L'Ere Nouvelle (1893-94) e Le Devenir Social (1895-98). Uno dei principali animatori di queste riviste fu un giovane filosofo - Georges Sorel.
2. A partire da un totale rifiuto della politica riformista dei partiti socialdemocratici, Sorel propose di ristabilire l'idea fondamentale del marxismo: la lotta di classe. Bloccato nel parlamentarismo e nell'illusione che un giorno avrebbe conquistato lo Stato, Sorel riteneva che i socialisti avessero abbandonato la strada della rivoluzione proletaria. Di conseguenza, il parlamentarismo era non solo "utopico" ma addirittura controrivoluzionario. [Perciò] L'erede della politica marxista della lotta di classe poteva essere solamente il "sindacalismo rivoluzionario".
3. Secondo Georges Sorel, il proletariato non poteva in alcun modo auto-emanciparsi costituendosi "sul modello delle vecchie classe sociali, andando a scuola dalla borghesia". Se, come aveva detto Marx, i proletari potevano impadronirsi delle forze produttive solo abolendo "l'attuale modo di appropriazione", "come si poteva accettare che preservassero la quintessenza del modo borghese di appropriazione, vale a dire le forme di governance tradizionali?" Le uniche forze organizzate e sviluppate, in grado di impedire "il ritorno del passato" sono i sindacati. Queste organizzazioni puramente operaie - che devono "rimanere esclusivamente operaie" - devono strappare alla municipalità ed allo Stato, uno per uno, tutti i loro attributi, al fine di arricchire le organizzazioni proletarie nel loro processo di formazione. I sindacati sono già il seme ed il nucleo della futura società socialista in seno alla società capitalista.
4. "Per riassumere il mio pensiero in una formula, dico che l'intero futuro del socialismo risiede nello sviluppo autonomo dei sindacati dei lavoratori." E' questo il tema ricorrente che si può ritrovare nell'opera di Georges Sorel, da "Avvenire socialista dei Sindacati", fino a "Decomposizione del marxismo" e "Riflessioni sulla violenza".

Il marxismo rivoluzionario tedesco
1.
Già, verso la fine del 19° secolo, si andava sviluppando una corrente di sinistra all'interno della socialdemocrazia. Tuttavia, la sua prima dichiarazione teorica venne fatta in risposta a Bernstein. Nel 1899, Rosa Luxemburg aveva pubblicato "Riforme o Rivoluzione", dove aveva sostenuto il rovesciamento violento del sistema capitalista ed aveva rifiutato la "la teoria dell'adattamento del capitalismo". Per lei era solamente la lotta di classe, insieme allo sviluppo delle contraddizioni interne del sistema, che avrebbe portato alla "crisi generale" ed avrebbe così facilitato il "passaggio al socialismo" per mezzo di una rivoluzione. Riassumendo, la sua teoria prendeva la famosa frase di Bernstein e la rovesciava: "Il movimento è niente, il fine è tutto."
2. E' la corrente "Luxemburghiana" che, il giorno dopo la notte del 4 agosto 1914 e dopo l'adesione da parte della socialdemocrazia tedesca al programma di guerra del Secondo Reich, innalza la bandiera dell' "internazionalismo proletario" e combatte per svegliare la classe operaia. Rosa Luxembourg, Clara Zetkin, Karl Liebknecht e Franz Mehring creano insieme ad altri gruppi rivoluzionari tedeschi la Spartakusbund e chiamano all'instaurazione del potere dei consigli degli operai e dei soldati, proclamando che la rivoluzione proletaria può essere solo il risultato della "azione della grande massa di milioni di persone, destinata a compiere una missione storica e a trasformare in realtà la necessità storica."
3. Fedele alla sua idea di auto-emancipazione dei lavoratori, Rosa Luxemburg dopo aver fortemente criticato la concezione "ultra-centralista" dell'organizzazione leninista salutava la rivoluzione russa del 1917, ma sottoponendola a critica ("La rivoluzione russa", 1918). Alcuni mesi più tardi sarebbe caduta insieme a Liebknecht, vittima della repressione socialdemocratica guidata da Noske contro gli insorti spartachisti nel gennaio del 1919 a Berlino. Ciò nonostante, queste tendenze in seno al proletariato tedesco non saranno eliminate ed il "marxismo rivoluzionario tedesco" riapparirà negli anni 1920.

Il marxismo rivoluzionario russo
1.
Nel 1902 con il suo "Che fare?" Lenin aveva aperto un importante dibattito in seno alla socialdemocrazia, un dibattito che si sarebbe concluso con la scissione del Partito Operaio Socialdemocratico Russo in due fazioni: i Bolscevichi (la maggioranza) guidati da Lenin, ed i Menscevichi (la minoranza) guidati da Plekhanov e Martov. Sebbene tale scissione avesse avuto luogo a partire dalla "questione organizzativa", le due tendenze dovevano divergere sempre più riguardo al vero significato della rivoluzione in Russia e all'interpretazione del marxismo. Dopo lo scoppio della guerra del 1914, la loro separazione sarà definitiva.
2. Parallelamente alla corrente di sinistra in Germania, si sviluppa in Russia una corrente ostile al riformismo e al compromesso con la borghesia liberale. Nonostante le esitazioni di Lenin, Trotsky difende le tesi della "rivoluzione permanente". Per lui, solo i lavoratori potranno realizzare l'insurrezione rivoluzionaria in Russia. Guidare il movimento contro l'autocrazia zarista sarebbe ricaduto sul proletariato dal momento che la borghesia russa era troppo debole. "Immaginare che la dittatura del proletariato sia in qualche modo automaticamente dipendente dallo sviluppo tecnico e dalle risorse di un paese è un pregiudizio del materialismo 'economico' semplificato fino all'assurdo. Questo punto di vista non ha niente in comune con il marxismo" (Trotsky, "Risultati e Prospettive").
3. Lenin ha risposto a queste tesi solo quando, nell'aprile 1917 ha proclamato "Tutto il potere ai Soviet". Dopo aver esortato ad un'analisi marxista sulla questione chiave dello Stato, contro ciò che chiamava la deformazione opportunista dei leader della Seconda Internazionale, l'autore di "Stato e Rivoluzione" abbandona la sua teoria del partito e si impegna nella lotta per la conquista del potere da parte dei consigli operai e contadini. Ma, da 1918, ritorna al primato del partito sulla classe, e tocca all'opposizione difendere i principi dell'autonomia dei lavoratori (la quale sarebbe stata al centro di tutte le nuove correnti del marxismo non ortodosso, mentre il marxismo-leninismo diventava l'ideologia ufficiale del Comunismo Internazionale, ora guidato da Stalin).

III. Marxismo-Leninismo
Prima dello Stalinismo

1. In quanto prima rivoluzione proletaria a trionfare, la rivoluzione russa produce un effetto eccezionale sul movimento operaio internazionale. Salutata con entusiasmo dai rivoluzionari di tutto il mondo, diventa l'esempio da seguire per tutto il proletariato, per cui costituisce la "avanguardia". Dal 1918, i bolscevichi vivevano nell'attesa della rivoluzione in Occidente: i segni della decomposizione capitalista, che entrava nella sua fase finale della "putrefazione imperialista", erano ovunque.
2. La rivoluzione ungherese dei soviet, guidata da Bela Kun (1918), trovava il suo miglior teorico nella persona del giovane filosofo Georg Lukács (nato nel 1885). Attraverso una serie di articoli pubblicati fra il 1919 ed il 1923 Lukács era diventato uno dei principali rappresentati del marxismo rivoluzionario nella Terza Internazionale. Quando nel 1924 pubblicava la sua opera "Storia e Coscienza di Classe", il suo libro aveva l'effetto di una bomba. Condannato come revisionista dalla nuova ortodossia comunista, l'autore inaugurava la sua carriera come pensatore "marxista-leninista" - caratterizzata da una serie di autocritiche - e rinnegava la sua opera precedente. L'idea fondamentale di tale opera precedente aveva sfidato su ogni punto il materialismo meccanico del Lenin di "Materialismo ed Empiriocriticismo" (1908).
3. Contemporaneamente nel Nord Italia il movimento operaio dell'occupazione delle fabbriche a Torino aveva il suo principale teorico in Antonio Gramsci, fondatore del Partito Comunista d'Italia. Appassionato lettore di Machiavelli, Gramsci aveva scoperto nel partito rivoluzionario il "Principe" dei tempi moderni e nei consigli dei lavoratori la forma adeguata per realizzare il potere proletario. E' per mezzo del partito che la classe accede alla coscienza dei propri compiti, ed il marxismo, anziché essere una scienza neutrale (per spiegare l'economia e la società), è piuttosto la "filosofia della prassi" che dev'essere realizzata. Il partito rivoluzionario può solo esprimere la verità della classe, ma questa verità può essere affermata praticamente soltanto nei consigli, "dove tutti diventano sia maestri che discepoli".
4. Per Gramsci, preparare la classe operaia a realizzare effettivamente il suo compito storico significava "organizzare il proletariato in quanto classe dominante". La scoperta dei consigli operai da parte del proletariato nella rivoluzione è il fatto principale delle rivoluzioni del 20° secolo. I consigli operai sono "l'organismo più adatto [...] che il proletariato è riuscito a sviluppare dalla viva e fertile esperienza della comunità del lavoro". E' alla base dell' "Ordine Nuovo".

Lo Stalinismo
1.
La metamorfosi della rivoluzione russa e lo sviluppo della burocrazia in una nuova classe dirigente aveva trasformato la teoria rivoluzionaria di Marx in un'ideologia che serviva a giustificare il sistema politico installato in Russia. Il marxismo-leninismo ortodosso e dogmatico avrebbe avuto i suoi sacerdoti e i suoi fedeli. Zhdanov, in nome del Partito Comunista dell'Unione Sovietica, aveva legiferato in materia di dottrina per tutto il movimento comunista internazionale - sia per l'arte che per la scienza e la filosofia. "Diamat" (Materialismo dialettico) e "realismo sociale" costituivano la "favolosa scienza" che aveva ridotto a niente le scoperte "cosmopolite ed oggettivamente borghesi" (come la psicoanalisi, la teoria della relatività di Einstein, la pittura impressionista, ecc.).
2. Due esempi francesi possono illustrare questo modello di ortodossia marxista: Roger Garaudy e Louis Althusser. Il primo ha seguito un itinerario politico ed ideologico più o meno fedele all'evoluzione del Partito Comunista Francese di cui è stato uno dei principali membri fra il 1945 ed il 1969. La prima opera filosofica con la quale si è distinto era la tesi di dottorato presentata alla Sorbona nel 1953. "La Teoria materialista della conoscenza" si inscriveva in un'ortodossia zdanovista che definiva il marxismo come una filosofia "scientifica". Sostenendo un dogmatismo ideologico contro le tendenze critiche che si erano sviluppate dopo la morte di Stalin, Garaudy si sarebbe convertito al liberalismo solo molti anni più tardi. Autore di "Umanesimo e Marxismo, Che cos'è la morale marxista?" e di "Dio è morto" (un importante lavoro su Hegel), diviene il direttore del "Centro Studi e Ricerche sul Marxismo" e l'organizzatore delle "Settimane del pensiero marxista". Con "Per un realismo senza limiti" apriva all'arte "borghese" e difendeva Kafka, Saint John-Perse e Picasso. Nello stesso tempo si impegnava in un importante dialogo con i cristiani e partecipava a molti dibattiti con teologhi cattolici e protestanti cercando un'intesa ed una convergenza. Campione di un "socialismo aperto ed umanista", Garaudy si univa alla causa di Dubcek e del suo esperimento in Cecoslovacchia e condannava fermamente l'intervento sovietico, cosa che gli valeva la reprimenda del suo partito.
3. Louis Althusser, senza accedere alla gerarchia di partito, sviluppava in relativa indipendenza una nuova interpretazione dell'opera di Marx. Docente alla Scuola Normale Superiore, dove riuniva molti allievi, si allineava alla grande tradizione filosofica del "socialismo scientifico": “Marx – Engels – Lenin – Stalin – Mao Zedong”. Pur rimanendo membro del partito, Althusser non aveva timore a proclamare che "Stalin è uno dei più grandi filosofi del nostro tempo". Nelle sue due opere, "Per Marx" e "Leggere il Capitale", si proponeva di fondare una "filosofia marxista", per completare la teoria scientifica della storia scoperta dai fondatori. In questo progetto prendeva in prestito dai moderni filosofi, in genere strutturalisti (come Claude Levi-Strauss, Jacques Lacan e perfino Gaston Bachelard), dei nuovi concetti al fine di illustrare una nuova lettura di Marx.
4. Secondo Althusser, tutta l'opera del giovane Marx non è ancora "marxista", e rimane influenzata da Hegel e Feuerbach - perciò anche il concetto fondamentale di "alienazione". L'opera scientifica, e quindi specificamente "marxista", di Marx comincia con Il Capitale, vale a dire dopo il 1867. Negando ogni aspetto umanistico nel pensiero di Marx ed insistendo sul suo carattere scientifico, Althusser metteva in atto un ritorno alla vecchia ortodossia, in gran misura fedele allo stalinismo. La sua influenza nei confronti dei giovani studenti e dell'ambiente intellettuale di sinistra, a quanto pare gli è valsa una certa tolleranza da parte di un settore della leadership del PCF che teme il rafforzamento delle correnti pro-cinesi dentro e fuori il partito.

Il revisionismo post-stalinista
1.
Prima la morte di Stalin e poi il "rapporto Krusciov" del 20 ° Congresso del Partito Comunista dell'Unione Sovietica hanno innescato un'immensa campagna di critica in tutto il tutto il movimento comunista internazionale. Ma è stata soprattutto l'insurrezione di Budapest ad aver segnato l'era del "disgelo". Gli intellettuali dei paesi dell'Est hanno fornito la miglior introduzione ai temi fondamentali del pensiero marxista al fine di attraversare la vasta critica che i "revisionisti" di questi paesi avevano prodotto nel corso degli anni 1956 e 57. Attraverso la loro critica del totalitarismo stalinista hanno preparato le armi con cui equipaggiare gli insorti della Polonia e dell'Ungheria contro la dittatura burocratica. Secondo tale critica tutte le alienazioni analizzate da Marx sono state rilevate nella società socialista e sono state denunciate come tali. La lotta per la "disalienazione" totale dell'umanità significa l'ingresso in una nuova fase storica.
2. La repressione dell'insurrezione ungherese ha provocato una profonda crisi della coscienza fra gli intellettuali comunisti europei. Molti hanno lasciato il partito ed hanno scoperto la "fresca aria della critica". In Francia, tutti i partecipanti alla rivista Arguments sono passati attraverso l'esperienza dello stalinismo ed il dramma della destalinizzazione. Arguments voleva essere la tribuna di un "Nuovo Marxismo", aperto, umanista ed anti-dogmatico. Mettendo tutto in discussione, si era specializzato nello "interrogarsi". I suoi principali editori: Kostas Axelos, Edgar Morin, Jean Duvignaud, [Pierre] Fougeyrollas, F[rançois] Châtelet, L[ucien] Goldmann, G[eorges] Lapassade ed Henri Lefebvre, hanno tutti contribuito all'elaborazione di questo nuovo marxismo, "de-dogmatizzato" e "rivisto".
3. Henri Lefebvre, ex membro del PCF, passa per essere quello che molti specialisti considerano il più brillante di questa scuola. Operando una sorta di ritorno alle fonti, con "Problemi attuali del marxismo" (1958), ha poi scritto un'autobiografia critica, "La somme et le Reste", in cui ha aggiornato i temi tratteggiati nei suoi primi libri (La Conscience mystifiée, 1936, e Critique de la Vie quotidienne, 1947). Insistendo sull'importanza del concetto di alienazione nel pensiero di Marx e sulla critica del mondo moderno, Henri Lefebvre ha dichiarato guerra al dogmatismo ed ha analizzato il fenomeno stalinista. Tutto questo lavoro lo ha reso degno di essere considerato dalla "ortodossia" il "leader del revisionismo internazionale". Seppur focalizzato sulla critica della società moderna e sul ripristino della verità originale della teoria marxista, alcuni fra gli studenti di Lefebvre ritengono che la sua opera soffra di concessioni ai pensatori alla moda, soprattutto nei settori sociologico e linguistico.

IV. "Marxismo tedesco"
La "sinistra tedesca"
1.
L'ondata rivoluzionaria che aveva travolto l'Europa dopo la prima guerra mondiale, dal 1921 aveva cominciato a defluire. Questa contro-rivoluzione occidentale aveva avuto ripercussioni sulla rivoluzione russa, a sua volta trasformata dalla "restaurazione del capitalismo" in forma burocratica. I rivoluzionari tedeschi, eredi diretti di  Rosa Luxemburg e Liebknecht, furono i primi a segnalare amaramente questo nuovo corso della storia. La scissione nel Partito Comunista Tedesco, avvenuta alcuni mesi dopo la sua creazione, in due fazioni, permise alla "sinistra" di organizzarsi in un nuovo partito: il KAPD (Partito degli Operai Comunisti Tedeschi). I suoi teorici ed i sostenitori stranieri cercarono di rinnovare il marxismo rivoluzionario facendo rivivere il suo nucleo "critico e rivoluzionario".
2. Partendo dallo slogan "tutto il potere ai consigli dei lavoratori", la sinistra assumeva il bolscevismo-leninismo come il suo bersaglio principale, considerandolo come l'erede dell'ortodossia socialdemocratica e del suo riformismo. E' questa la corrente stigmatizzata con l'etichetta di "ultra-sinistra" da Lenin nel suo "Estremismo: malattia infantile del comunismo". I "comunisti dei consigli" pensavano che subordinando il movimento comunista internazionale alle esigenze nazionali della Russia - vale a dire dello Stato - la Terza Internazionale ripeteva la storia della Seconda. Sacrificava "l'internazionalismo proletario all'imperialismo nazionale".
3. Il teorico che più di tutti ha segnato la scuola tedesca è stato Karl Korsch (1886-1961). Quando nel 1923 ha pubblicato il suo saggio "Il marxismo e la filosofia" si è scontrato frontalmente sia con Kautsky ed i suoi discepoli sia con il bolscevismo trionfante. La comune disapprovazione riguardo Korsch ed il suo libro consisteva nel fatto che poteva portare a credere che il movimento leninista fosse ancora parte integrante dell'ortodossia kautskiana. Denunciato in quanto eresia "revisionista", "Il marxismo e la filosofia" aveva l'ambizione di ristabilire la relazione dialettica che esiste fra il movimento rivoluzionario attualmente in corso e la sua espressione teorica, al di là della scienza e della filosofia borghese. Elevare il "materialismo dialettico" a legge invariabile dei processi storici e cosmici - così come avevano fatto Engels e Lenin - è, secondo Korsch, in contrasto con il pensiero di Marx. E' all'origine della trasformazione della teoria della rivoluzione proletaria in una "visione del mondo", senza un collegamento alla lotta di classe.

Il Freudo-Marxismo
1.
Parallelamente allo sviluppo della contro-rivoluzione, nella Repubblica di Weimar fioriva un movimento intellettuale prodigioso. Dal confronto fra il marxismo e la psicoanalisi sarebbe nato tutto un nuovo pensiero conosciuto col nome di Scuola di Francoforte, il cui capostipite era Wilhelm Reich.
2. Psicoanalista eretico e membro non ortodosso del Partito Comunista, Reich vide le sue opere bruciate simultaneamente in Unione Sovietica, nella Germania di Hitler e negli Stati Uniti. La sua opera era considerata da Herbert Marcuse come "il più serio tentativo di sviluppare la teoria critica sociale implicita in Freud". Reich è stato attivo per anni sia nei circoli psicoanalitici di Vienna che fra i giovani comunisti di Berlino. Finendo per essere escluso da entrambi. Per l'autore de "La rivoluzione sessuale" solo una radicale trasformazione della società può mettere fine alle nevrosi: il futuro della psicoanalisi non sta nelle clinica ma nella rivoluzione sociale. Marxismo e psicoanalisi hanno un solo e medesimo fine, è questa la conclusione degli scritti di Reich fra il 1930 ed il 1933, soprattutto ne "La Lotta Sessuale della Gioventù".
3. Sono queste le idee che vengono riprese e sviluppate alla luce della filosofia tedesca (soprattutto Hegeliana) e delle fiorenti scienze sociali, da coloro che promuovono la ricerca sociale a Francoforte: Adorno, Horkheimer, Marcuse e Fromm. L'Autorità e la Famiglia forniscono i temi alle loro prime investigazioni, che sarebbero proseguite in America attraverso gli Studi sulla Personalità e la Famiglia. Nel 1947 Adorno ed Horkheimer pubblicano Dialettica dell'Illuminismo, in sostanza dedicato ad Hegel, filosofo della rivoluzione borghese. Denunciando la "mistificazione filosofica" di Heidegger, "erede della decadenza nazionalsocialista", Adorno attacca tutte le forme di totalitarismo, fra cui pone il marxismo stalinista.
4. Herbert Marcuse inagura la sua opera con una riflessione su Hegel. Pubblicando "L'ontologia di Hegel e la fondazione di una teoria della storicità" nel 1932, contribuisce con Adorno ed Horkheimer ad un approfondimento della relazione fra Marx e Freud. Nel 1941 pubblica "Ragione e Rivoluzione", un'interpretazione marxista di Hegel. Fa i conti con il marxismo ufficiale nel marxismo sovietico, definito come la "sovrastruttura ideologica" di una società repressiva dominata dalla burocrazia stalinista. "Se c'è una differenza fondamentale fra le società occidentali e quella sovietica, c'è anche un forte tendenza all'assimilazione", scrive Marcuse. Ma l'opera che lo ha reso più celebre in tutto il mondo è "Eros e Civiltà", in cui critica il pessimismo di Freud a proposito del futuro della cultura ed attacca violentemente il culturalismo di Eric Fromm, accusandolo di predicare l'adattamento all'oppressione. Ne "L'uomo ad una dimensione" descrive in maniera disperata le strutture totalitarie nella società moderna, senza opposizione né prospettiva rivoluzionaria.

I Situazionisti
1.
Creata nel 1957 da un gruppo internazionale di artisti rivoluzionari, l'Internazionale Situazionista è diventata dall'inizio degli anni 1960, dopo varie esclusioni, "un gruppo internazionale di teorici", con radici in Dada e nel Surrealismo, ma soprattutto nel pensiero storico di Hegel e Marx. Riprendendo da Marx alcuni temi fondamentali, hanno sviluppato una critica unitaria del mondo contemporaneo, allo stesso tempo geografica - denunciando tutti i poteri che esistono nel mondo moderno in quanto oppressivo - e storica - criticando tutte le "alienazioni" sviluppate dal capitalismo moderno, sia nell'Occidente borghese che nell'Est burocratico.
2. Il tema centrale sviluppato ne "La società dello spettacolo" di Guy Debord è la critica oggettiva dell'attuale mondo capitalista concepito come "spettacolo". La teoria dello spettacolo riprende l'analisi della merce svolta nel primo capitolo de Il Capitale. Nello spettacolo tutto si trova invertito, il reale diventa ideologia, e quest'ultima è "materializzata" diventando una sorta di realtà nella misura in cui invade tutti i campi della vita sociale ed individuale. L'assenza della vita reale è il modo dominante dell'esistenza nella società moderna. Lo spettacolo è in realtà soltanto un momento dello sviluppo della produzione di merce, in cui "il vero è un momento del falso". Come la religione, lo spettacolo separa l'uomo dal suo essere, e lo fa muovere nel mondo irreale dell'immagine.
3. Dopo aver svolto la critica dell'urbanismo, della cultura e dell'ideologia, Debord evoca, nel movimento rivoluzionario del proletariato che ritorna all'assalto della società capitalista, la prospettiva della liberazione. Solamente una rivoluzione proletaria, consapevole dei suoi obiettivi, può porre fine alle alienazioni che dominano la vita di tutti. Una tale rivoluzione deve avere come suo programma la realizzazione del potere assoluto dei consigli dei lavoratori e l'abolizione di tutte le separazioni: lo Stato, le classi, la famiglia, la religione e l'ideologia, ecc..
4. Pubblicato alla fine del 1967, il libro di Raoul Vaneigem, "Trattato del saper vivere ad uso delle giovani generazioni", è diventato uno dei punti di riferimento della gioventù ribelle del maggio 1968. Partendo da una critica totale del nostro mondo, Raoul Vaneigem ha tentato di definire a partire dalla tradizione del rifiuto e dalla contestazione contemporanea le nuove linee di forza rivoluzionarie. Laddove Debord partiva dalla critica spassionata dello spettacolo, Vaneigem, a partire dalla prospettiva della "soggettività radicale", denunciava la sopravvivenza che si oppone alla vera vita, e che è la sorte di ciascuno nel mondo dell'oppressione. Ma entrambi convergono nel rifiuto radicale di tutto ciò che esiste indipendentemente dall'uomo, e nell'approfondimento del progetto dell' "uomo totale". La "Autogestione generalizzata" è l'obiettivo ed il mezzo per realizzare un simile progetto, il proletariato (vale a dire tutti quelli "che non hanno potere sulle loro vite e che lo sanno") sarà il soggetto.

- Mustapha Khayati -

fonte: Notes from the Sinister Quarter

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