martedì 24 novembre 2015

Barbarie globalizzata

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Barbarie globalizzata
- Un tentativo di capire lo "Stato Islamico" -
di Tomasz Konicz

Un'altra volta. Ancora una volta, il presidente degli Stati Uniti mobilita una coalizione di coloro disposti a scendere in campo contro "il male" (Spiegel Online). Stavolta è il gruppo terroristico "Stato Islamico" che dev'essere sconfitto nel corso di una campagna di tre anni, la cui prima fase vedrà le forze aeree degli Stati Uniti estendere i loro attacchi sulla Siria. Al tempo stesso, la Casa Bianca chiede al Congresso la bagatella di 500 milioni di dollari, allo scopo di "addestrare ed armare ribelli siriani moderati", come ci informa la Reuters.
Quest'approccio ci fa tornare alla mente una fase precedente della guerra civile siriana, quando i servizi segreti occidentali, in stretta comunione con i dispotismi fondamentalisti del Golfo, quali l'Arabia Saudita, decisero di appoggiare l'opposizione siriana, appoggio da cui è sorto lo Stato Islamico, oltre tutta una varietà di altre milizie islamiche. E naturalmente dentro il movimento di opposizione siriana dominano proprio le fazioni fondamentaliste che sono in concorrenza con lo Stato Islamico e lottano contro di esso.
Uno dei principali gruppi ribelli siriani, ad esempio, è l'alleanza fondamentalista Fronte Islamico, il cui leader Hassan Abboud è stato recentemente ucciso in un attentato realizzato presumibilmente dallo Stato Islamico. Il Fronte Islamico rappresenta il più grande contingente nell'ambito dei ribelli siriani - ed è in stretto contatto con il gruppo jihadista al-Nusra.
E' questa filiale siriana di Al-Qaueda, la Jabhat al-Nusra, che sta cercando, dopo una pesante sconfitta, di distanziarsi dallo Stato Islamico, per mezzo del rilascio di ostaggi nordamericani. Di conseguenza, questi ribelli "moderati" in futuro andranno a completare la propria formazione militare su quel territorio democratico di riferimento che è l'Arabia Saudita.

Parlando chiaramente: l'Occidente si trova ancora una volta sulla strada di armare degli islamisti per combattere gli islamisti - e portare avanti, allo stesso tempo, i propri interessi geopolitici, che nel caso della Siria sono quelli di rovesciare il regime di Assad. Rimane solo la questione di sapere se quel gruppo jihadista, che adesso fa ancora parte della "opposizione moderata", nel giro di pochi anni non andrà ancora una volta fuori controllo e non dovrà essere eliminato attraverso un intervento militare. L'Occidente, nella sua lotta tipo mulini a vento contro il fondamentalismo islamico, è come il famoso apprendista stregone, che non riesce a liberarsi dagli spiriti che in questa regione frantumata dal fallimento statale lui stesso ha evocato per strumentalizzarli.
Non è soltanto la geopolitica dell'Occidente a dare forza ai jiahdisti. Anche i paesi occidentali servono da importante campo di reclutamento per lo Stato Islamico. Secondo la stampa americana, sono circa 3.000 i jihadisti provenienti dall'Europa Occidentale, Stati Uniti, Canada ed Australia che combattono nelle file dello Stato Islamico. Dei circa 31.500 combattenti che si sono uniti a questa struttura terroristica, circa un terzo è stato reclutato all'estero - soprattutto a mezzo di una sofisticata campagna di reclutamento.
Un aspirante attentatore suicida dello Stato Islamico, arrestato nelle regioni autonome curde della Siria, ha riferito ai rappresentanti dei media di un flusso costante di turisti jihadisti provenienti da tutto il mondo, i quali desiderano unirsi ai gruppi di combattimento di questo esercito terrorista:
"Ci sono nazionalità di tutto il mondo. Fra di loro ci sono molti inglesi. Vengono dai paesi asiatici, dall'Europa e dall'America. Vengono qui da tutte le parti."
Lo Stato Islamico, pertanto, rappresenta una sorta di sottoprodotto della globalizzazione capitalista in crisi. Qui non si tratta di un'insorgenza nativa, tradizionalista e nata dalle associazione dei "clan" e delle "tribù" regionali, ma di un esercito di occupazione globalizzato al grado più alto, che si è costituito nelle regioni in collasso socio-economico e politico della Mesopotamia. Ragion per cui, lo Stato Islamico massacra non solo gli "infedeli", ma anche i sunniti che osano opporsi al dominio straniero. A metà agosto, quasi 700 membri di un'associazione dei clan sunniti dell'Est della Siria sono stati letteralmente massacrati dallo Stato Islamico, dopo che i loro leader tribali si erano rifiutati di giurare fedeltà ai jihadisti.

Ma qual è la natura del "dominio straniero" che - almeno nella sua leadership - la truppa jihadista, in gran parte appena arrivata, cerca di costruire in questa regione al collasso? Quello che si è materializzato in Mesopotamia, sotto forma di Stato Islamico, è una caricatura infuriata, una sorta di negativo della forma più efficiente di organizzazione mai generata dal tardo capitalismo: le grandi imprese transnazionali. Lo Stato Islamico è una "macchina per fare soldi" (Bloomberg) altamente efficiente, che è riuscita a produrre un "flusso di entrate di cassa" permanente grazie alla ricetta del contrabbando di petrolio e di altri rami dell'azienda del crimine organizzato. "Lo Stato Islamico è, probabilmente, il gruppo terrorista più ricco che io abbia mai conosciuto", ha detto a Bloomberg un analista americano.
Quest'impresa terrorista che pubblica regolarmente "Relazioni e Bilanci", ha una struttura interna di comando altamente efficiente ed una macchina militare assai efficace, dispone di un dipartimento professionale di pubbliche relazioni , che si dedica con successo a reclutare nuovi membri - e che pratica la "Gestione Snella" dei territori conquistati, la cui amministrazione viene lasciata ai dignitari locali, a condizione che essi giurino fedeltà e forniscano vassallaggio al "Califfato". Le ramificazioni internazionali di questa "macchina per fare soldi" jihadista non si limitano alla sua struttura di affiliazione, il finanziamento iniziale dello Stato Islamico è stato realizzato con l'appoggio finanziario internazionale dei ricchi sponsor degli Stati del Golfo.
La differenza principale fra la grande impresa globale e lo Stato Islamico sta nel fatto che il fine in sé di tutte le grandi imprese transnazionali è l'accumulazione del capitale. E tutte le devastazioni e le distruzioni che il tardo capitalismo compie nei confronti delle persone e dell'ambiente, sono soltanto sottoprodotti della ricerca cieca e senza limiti della valorizzazione del capitale, che alla fine costituisce il nucleo irrazionale del modo di produzione capitalista. Per lo Stato Islamico, invece, l'accumulazione del capitale rappresenta solo un mezzo per un altro fine irrazionale, che consiste nel lavoro della distruzione e dell'annichilimento più efficiente possibile. Rappresentano solo questo le "Relazioni e Bilanci" dello Stato Islamico, che sono elenchi di operazioni terroriste svolte con successo da parte di questa "impresa". Pertanto, la tendenza implicita all'autodistruzione inerente al capitalismo, nel caso dello Stato Islamico viene apertamente alla luce, viene resa esplicita.
In questo modo, lo Stato Islamico usa le forme più efficaci ed i metodi di organizzazione più razionali, prodotti dal tardo capitalismo tormentato dalla crisi, al fine di raggiungere un obiettivo folle e allucinato; l'annichilimento letterale di tutti gli infedeli. Qui appare chiaramente un parallelo con quello che finora è stato il più grande collasso della civiltà nel corso della storia mondiale, il lavoro di annichilimento del nazionalsocialismo tedesco. Anche i nazisti fecero uso delle forme e dei metodi dell'organizzazione ch era allora la più moderna per creare ad Auschwitz qualcosa di simile ad una fabbrica fordista di morte, il cui "prodotto", fabbricato come in una catena di montaggio, era il fumo dei corpi umani bruciati che usciva dai forni crematori. Allo stesso modo in cui i nazisti, nel loro delirio razzista, costruirono un'efficiente fabbrica negativa di distruzione umana, per "pulire" il mondo dagli ebrei, dagli zingari, dai subumani slavi o bolscevichi, anche lo Stato Islamico si è costituito sotto la forma dell'organizzazione di una grande impresa negativa, per perseguire il suo folle obiettivo di un Califfato mondiale religiosamente puro. La razionalità strumentale e la razionalità economicista del capitalismo occidentale, che viene continuamente migliorata con il proposito di un'accumulazione più efficiente del capitale, nelle mani dello Stato Islamico diventa barbarie nuda e cruda.
Nella grande impresa terrorista impiantata dallo Stato Islamico si riflette, così, l'irrazionalità in crisi della socializzazione capitalista. Nel frattempo si vedono arrivare i primi franchising sul mercato globalizzato del terrore, che tentano di copiare la ricetta di successo dei massacri dello Stato Islamico. E' in atto una seconda ondata di globalizzazione della barbarie jihadista. La "popolarità crescente" dello Stato Islamico nel Sudest Asiatico potrebbe portare con sé minacce alla sicurezza a lungo termine, ha avvertito a metà luglio Aljaizira. Infatti, il gruppo terrorista delle Filippine, Abu Sayyaf, recentemente è entrato nello Stato Islamico. Anche jihadisti dell'Africa Occidentale di Boko Haram, che secondo il Newsweek controllano un "territorio delle dimensioni dell'Irlanda", hanno tentato di imitare lo Stato Islamico proclamando il loro "Califfato" africano.
Per cosa si fanno concorrenza i gruppi terroristici sul mercato globale del terrore? Oltre ai contributi finanziari dei ricchi sponsor del dispotismo della penisola arabica, si tratta soprattutto della merce che il tardo capitalismo espelle in quanto superflua: gli esseri umani. Molti degli attacchi e delle azioni spettacolari dello Stato Islamico - come ad esempio la recente occupazione della diga del Mosul - sono rivolti proprio ad un aspetto propagandistico, con il quale si propongono di accelerare il reclutamento di nuovo materiale umano. Con successo, come dimostra uno studio negli Stati Uniti. Così, in particolare i talebani afghani, che si trovano sotto un enorme pressione militare, stanno soffrendo di un'amara fuoruscita di combattenti stranieri che ora vanno in direzione della Siria e dell'Iraq per unirsi ai jihadisti locali:

"Combattenti uzbecki, dalla Cina e dalla Cecenia hanno poche possibilità di poter tornare ai loro paesi di origine, ma sanno di essere benvenuti in Siria ed in Iraq, dove Jabhat al-Nusra e lo Stato Islamico lottano contro il presidente siriano Assad, l'uno contro l'altro, e nel caso dello Stato Islamico, contro i curdi, gli iracheni e perfino contro l'Iran".

E' l'ammissione del fallimento totale della brutale "guerra contro il terrore" da parte dell'Occidente, che ha finito per essere realizzata utilizzando metodi terroristici. Dopo circa 13 anni, si è costituito uno strato globale composto da decine di migliaia di guerrieri religiosi senza patria, la cui patria è la "Guerra Santa". In contrasto con la rete globale di Al Qaeda, questa nuova generazione di jihadisti sta tentando di conquistare e di mantenere territori nelle aree al collasso del mercato mondiale, per realizzare i loro deliri di un Califfato globale.
Lo Stato Islamico, nuotando nel denaro, può fare ricorso ad una moltitudine di giovani economicamente "superflui" che nella periferia del sistema capitalista mondiale - e, sempre più, nei centri - conducono una vita marginale e miserabile. Una paga di poche centinaia di dollari al mese e la speranza di un paradiso nell'Aldilà, in molti casi sono sufficienti a motivare queste persone senza prospettive che vegetano nell'inferno degli Stati e delle società fallite, per unirsi alle file dello Stato Islamico.
Ma cosa ha portato migliaia di musulmani d'Occidente ad unirsi alle reti terroristiche jihadiste? Uno studio dell'Istituto di Difesa della Costituzione, ha analizzato i curriculum di circa 400 islamisti che dalla Germania si sono mossi verso la "Guerra Santa", ed è arrivato alla conclusione che i musulmani che si sono uniti ai jihadisti erano in gran parte emarginati. Solo il 12% di questi guerrieri religiosi avevano un'occupazione regolare, di cui la stragrande maggioranza nel settore dei bassi salari. Solo il 6% aveva portato a termine un corso professionale, e solo il 2% aveva un titolo di studio. Circa un terzo di questi islamisti aveva già avuto problemi con la legge, soprattutto in collegamento con la piccola criminalità tipica del ghetto. Quelli che hanno lasciato il paese erano in maggioranza membri degli strati più bassi, i quali conducevano una vita in condizioni precarie ai margini della legalità nei ghetti informali riservati agli stranieri in Germania - dove cadono nelle grinfie dei salafisti. E' significativo che solo nel 23% dei casi i padri di questi guerrieri religiosi erano praticanti di un Islam fondamentalista. Un buon esempio di una carriera dalla piccola criminalità del ghetto a guerriero religioso, è quello del rapper Denis Cuspert, che però arriverà al ristretto circolo dei vertici dello Stato Islamico.
Perciò, non sono in alcun modo i musulmani aggrappati alla tradizione, quelli che si uniscono alla guerra terrorista, come ha detto anche Tarfa Baghajati, presidente dell'Iniziativa degli Austriaci Musulmani, in un'intervista a Radio Free Europe. C'è una serie di fattori ai quali si deve il successo del reclutamento dello Stato Islamico in Europa, afferma Baghajati:

"C'è da notare, in primo luogo, che i giovani che si uniscono a questi gruppi non avevano in precedenza forti legami con l'Islam, né con altri musulmani. Non avevano mai visitato una moschea, ed alcuni di loro non sapevano nemmeno pregare. E' per questo che la loro esperienza religiosa ha una carica emotiva molto forte... Il secondo fattore è che tali giovani non si vedono come parte della società occidentale. Non sono stati in grado di coinvolgersi positivamente in questa società. Oltre a questo c'è anche la discriminazione e indirettamente la persecuzione contro l'Islam e contro i musulmano, soggiacente al concetto di islamofobia".

I musulmani reclutati dallo Stato Islamico nei paesi occidentali non vedono sé stessi come parte di queste società, in quanto non lo sono, perché sono esclusi dalla società capitalista del lavoro in crisi attraverso l'emarginazione economica ed il crescente razzismo. In tutta Europa, l'aumento del razzismo e dell'estrema destra, causato dalla crisi e che si manifesta con i successi elettorali dell'AfD tedesco, dell'UKIP inglese o del Fronte Nazionale francese, si propone infatti, in ultima analisi, l'esclusione economica di quei gruppi che non sono considerati parte della "comunità nazionale" ("posti di lavoro prima a chi è tedesco"). L'estrema destra che promuove l'esclusione di determinati gruppi di popolazione, rappresenta pertanto un'arma ideologica nella lotta della concorrenza in crescita a causa della crisi. Non sorprende, perciò, che a livello europeo lo Stato Islamico riesca a reclutare il suo maggior contingente di combattenti in Francia, il paese tormentato dalla crisi, il paese delle banlieues e del Fronte Nazionale.
Il volgersi verso l'estremismo islamico fra i musulmani europei rappresenta quindi uno sviluppo parallelo all'aumento dell'estrema destra in Europa provocato dalla crisi. Il Jihadismo militante e terrorista è, in ultima analisi, una modificazione dissimulata religiosamente dell'estrema destra, una sorta di fascismo clericale postmoderno e globalizzato. Mentre in Occidente l'identità nazionale serve da terreno fertile per la crescita delle ideologie fasciste e di estrema destra, nell'ambito culturale arabo è la religione che funziona essa stessa come terreno che produce fantasie di annichilimento. La categoria della razza, che aveva incendiato la furia distruttiva fascista in Europa, nel jihadismo clerico-fascista è stata sostituita dalla categoria degli "infedeli".
Sia l'islamismo che l'estrema destra europea rappresentano, inoltre, un estremismo di "centro", che porta all'estremo di una visione del mondo chiusa alle idee ed alle opinioni ideologiche dominanti nella società. Nel caso dell'Islam è la religione ad occupare una posizione egemonica al "centro" delle società arabe; nel caso dell'estrema destra, quel che viene portato all'estremo è l'identità nazionale, da tempo tramutata nell'idea di localizzazione dell'investimento economico. Entrambe le ideologie possono anche essere descritte come postmoderne, in quanto rappresentano un via di fuga ideale dalla crisi e dal fallimento della modernità capitalista.
L'estremismo di centro islamista in ultima analisi può anche esser visto come una variazione del fascismo clericale. Il fascismo - che sia il nazionalsocialismo tedesco, o il fascismo cattolico di Franco in Spagna, o la dittatura fascista di Pinochet in Cile - rappresenta una forma di crisi apertamente terrorista del dominio capitalista. Le tendenze di estrema destra e fasciste traggono sempre impulso quando la società capitalista borghese-liberale entra in una crisi economica o politica che minaccia il proseguimento di tutto il sistema, o anche se sembra solo minacciarlo (la crisi economica mondiale nel 1929, la vittoria del Fronte Popolare nel 1936 in Spagna o la vittoria elettorale di Allende nel Cile del 1970).
Sia nelle grandi città europee che nelle regioni al collasso della Mesopotamia - il processo di costituzione dell'estrema destra, sia razzista che clericale, si sviluppa lungo traiettorie molto simili. Come reazione allo shock della crisi, alla dissoluzione dell'ordine sociale esistente, nelle società interessate ha inizio assai spesso una produzione rafforzata dell'identità. Se tutto si dissolve ed entra in uno stato di disordine, gli individui predisposti all'autorità cercano un sostegno - e riescono a trovarlo soltanto nell'identità, nella quale si riconoscono: tedesca, francese, sunnita, sciita. La paura del futuro e le rotture incomprese portano alla nostalgia per precedenti situazioni sociali immaginate in maniera idilliaca; ossia lo Stato-nazione razzialmente puro o il Califfato medievale.
La grande auto-illusione di questa devozione alla politica dell'identità, chiaramente, consiste nel fatto che tali identità sono già costituite soltanto per mezzo dell'interazione con la società capitalista in crisi e, pertanto, sono solo espressioni identitarie del processo di crisi del tardo capitalismo. Quello che viene comunemente inteso per "identità tedesca", nella Germania contemporanea, ha assai poco a che vedere con la Germania dell'inizio dell'Impero, ed ancor meno con quella dell'Assemblea di Paulskirche [1848/1849, N.T.]. Lo stesso vale per l'Islam, che assai spesso era molto più tollerante, soprattutto all'inizio del Medioevo, cui vorrebbero riferirsi gli attuali combattenti religiosi ed i costruttori postmoderni del Califfato. Basta ricordare qui, a titolo di esempio, che gli ebrei di Spagna, soprattutto durante la fase iniziale del dominio dei Mori (dal 711 fino alla caduta del Califfato di Cordoba nel 1301), godevano di ampia libertà religiosa e certezza giuridica; vennero espulsi soltanto dai re cattolici dopo la riconquista definitiva del 1492.


L'attuale svolta, indotta dalla crisi, verso l'identità nazionale o religiosa, che viene vista in maniera allucinata come un continuum storico ed immutabile, viene quasi sempre associata con la personalità strutturata in maniera autoritaria degli individui interessati. L'islamista postmoderno si sottomette all'interpretazione rigida del Corano in maniera altrettanto cieca del modo in cui i partiti di destra postmoderni applicano le sacre leggi del mercato e del culto del capitale (sotto forma di una nazione ridotta alla localizzazione dell'investimento economico). In entrambi i casi, la sottomissione porta ad odiare tutti quelli che appaiono non applicare ciò allo stesso modo (infedeli, "parassiti sociali", disoccupati, ecc.).
La linea, di sottomissione e di odio, che caratterizza tanto il fascismo europeo quanto quello islamico, fa conseguire che tale sottomissione viene acquisita per mezzo della rinuncia all'istinto. I portatori di queste ideologie soffrono segretamente, sotto le direttive ed i comandamenti aberranti dettati dalla servitù al feticcio, nel Corano e nel capitale, di una situazione in cui la personalità strutturata in maniera autoritaria esclude la ribellione contro le fonti della sofferenza. E' per questo che la rabbia repressa viene diretta contro nemici esterni immaginari. Ad entrambe le ideologie, è inerente anche un'illusione di purezza tipica della fissazione anale, che nel caso dell'estrema destra diventa la difesa, contro i "parassiti", della purezza del popolo, della nazione, o della localizzazione dell'investimento economico, mentre nell'islamismo viene distorta attraverso la mania della preservazione del culto religioso.
Le modalità autoritarie che danno impulso all'estrema destra, sia araba che europea, vengono acquisite da subito nella prima infanzia nella famiglia patriarcale o della classe media, descritta dallo psicoanalista Wilhelm Reich, nel suo saggio "Psicologia di massa del fascismo" (1933) come la "cellula embrionale dello Stato autoritario". Lo Stato e la Chiesa continuano la strutturazione autoritaria dell'individuo iniziata nella famiglia patriarcale-autoritaria. Qui è centrale, come dice Reich, la repressione sessuale:

"La strutturazione autoritaria dell'essere umano... avviene centralmente per mezzo dell'ancoraggio all'inibizione sessuale ed alla paura a fronte del materiale vivo delle pulsioni sessuali. Vale a dire... la sessualità viene esclusa dalle traiettorie naturalmente date della soddisfazione per mezzo del processo di repressione sessuale, spingendo in tal modo a percorrere vie di soddisfazione sostitutive di vario tipo. Ad esempio, l'aggressione naturale fino al sadismo brutale".

Queste osservazioni, fatte in riferimento al nazionalsocialismo tedesco, si applicano anche, ovviamente, alla realtà della vita di molte persone nei paesi arabi in crisi. Non è soltanto nel trattamento brutale delle donne "rapite" dai combattenti dello Stato Islamico che si esprime il "sadismo brutale" costituito dalla repressione sessuale, ma anche i brutali attacchi contro le donne nel corso del sollevamento in Egitto sono stati alimentati dalla medesima frustrazione sessuale.
In parte, l'aumento negli ultimi decenni della pressione all'uso del velo in molte società islamiche può essere attribuito all'interazione fra la dinamica di crisi economica e l'islamizzazione relazionata alla crisi. L'Islam proibisce rigorosamente il sesso prima del matrimonio, ma simultaneamente la crisi della società del lavoro capitalista produce nel mondo arabo un esercito di giovani economicamente superflui, che semplicemente non possono pagarsi il fondare una famiglia. La repressione sessuale ideologicamente imposta dall'islamismo, pertanto, davanti all'aggravarsi della crisi sfocia nell'odio esuberante verso le donne, la cui visione l'islamista riesce a sopportare soltanto sotto il velo che copre interamente il volto, senza essere dominato dalla sua pulsione sessuale degenerata fino al mero sadismo.
La messa al bando delle donne dallo spazio pubblico attuato dall'islamismo, tuttavia, riceve impulso soprattutto da un altro fattore, che è l'effetto del fallimento della modernizzazione capitalista di questa regione periferica  del mercato mondiale. L'imposizione storica del capitalismo è stata accompagnata dalla "dissociazione" di tutte quelle sfere della riproduzione sociale che non potevano venire assorbite nel processo di valorizzazione del capitale, come la cura della casa e le attività domestiche, che sono state perciò attribuite alla sfera del "femminile". Il lavoro domestico e familiare è a tutt'oggi considerato senza valore, dal momento che non crea valore, non è direttamente parte del processo di valorizzazione del capitale. La sfera del lavoro creatore di valore, al contrario, è stata determinata fino a quasi tutto il 19° secolo come esclusivamente maschile; l'uomo "duro" e che agisce razionalmente deve affermarsi come capofamiglia sul mercato, mentre alla donna veniva attribuita la sfera del privato, del sensuale-irrazionale e del curare. Questa scissione tra sfera pubblica maschile del lavoro creatore di valore (così come della politica, dell'arte e della scienza) e la sfera privata femminile del lavoro "senza valore" ha costituito la base della discriminazione delle donne nei paesi capitalisti, che soltanto nella prima metà del 20° secolo si è riusciti a superare, almeno formalmente (suffragio femminile).

Nella famiglia patriarcale medievale - che in più del 90% dei casi era di fatto una famiglia di contadini - esisteva anche una divisione del lavoro fra marito e moglie, ma le loro attività erano ugualmente volte alla soddisfazione diretta delle necessità, e non all'accumulazione di capitale. Le categorie del valore e del lavoro astratto, puramente e semplicemente non esistevano, ragion per cui anche le attività femminili non dovevano essere sminuite. La demonizzazione della donna, del femminile sensuale, venne conosciuta in Europa solo all'inizio dell'era moderna, sulla scia del collasso dell'ordine sociale feudale medievale e della nascita dei primi inizi dell'economia capitalista; fu solo questa a portare con sé la dissociazione, mostruosa ed incompresa per le persone di quel tempo, della sfera del privato femminile relativamente al regime emergente della valorizzazione del capitale. La demonizzazione delle donne si espresse nella caccia alle streghe, che dominò con mano di ferro l'Europa e l'America del Nord dei secoli dal 16° al 18°, e di cui furono vittime decine di migliaia di donne e ragazze. Centrale, in quasi tutti i processi che in maggioranza si svolgevano in tribunali secolari, era l'accusa per cui le presunte streghe avevano praticato relazioni sessuali con il diavolo, o con demoni, al fine di ottenere i loro "poteri soprannaturali". Ed era proprio l'allucinata applicazione di queste demoniache forze femminili a venire incolpata del caos in cui si trovavano le società proto-moderne in via di trasformazione sistemica.
Oggi, non ci sono accuse che possano mettere in maggior pericolo di vita una donna in Afghanistan, in Libia, o in Arabia Saudita, di quanto possa fare un'accusa di relazioni sessuali extra-coniugali. La trasformazione sistemica verso il capitalismo e verso il mercato mondiale, attuata in Europa nel corso di secoli sanguinosi, ha colpito la periferia con l'intensità di un disastro naturale, completandosi in molto meno tempo (alcuni decenni), con la concomitante dissociazione delle sfere della vita connotate con il femminile e senza accesso alla valorizzazione del capitale - ed ha avuto, di conseguenza, una pressione ideologica per la sua legittimazione molto più elevata, pressione di fronte alla quale le strutture patriarcali tradizionali dovevano essere rese conformi alle "nuove" forme capitaliste di socializzazione.
La grande differenza storica fra l'Europa e l'Arabia consiste nel fatto che la modernizzazione capitalista fra l'Hindi Kush e le Montagne dell'Atlante ha fallito. In questi paesi colpiti dalla crisi, che spesso sono già stati colpiti dallo sgretolamento dello Stato, non va ormai più a stabilirsi nessuna società capitalista del lavoro funzionale, capace di promuovere la secolarizzazione di queste società. Il fallimento della modernizzazione e la dinamica di crisi che si diffondono porta anche ad un indurimento dell'ideologia di crisi islamista e ad un autentico tabù del femminile: come se l'occultamento totale e la totale messa al bando della donna dalla vita pubblica permettessero agli uomini, nonostante la crisi globale del capitale, di continuare ad operare come soggetti autocratici del mercato.
Nel barbaro presente dell'ideologia e delle pratiche islamiste, l'Occidente liberale capitalista trova, pertanto, echi del suo passato sanguinoso. Per di più: il nucleo barbaro della socializzazione capitalista viene a galla nell'islamismo estremista così come nell'estrema destra. Riflessa negli orrori dello Stato Islamico, la comunità occidentale del valore si vede allo specchio. Non ci potrebbe essere niente di più sbagliato che credere piamente nello "scontro di civiltà" proclamato dagli estremisti di entrambi i lati. La cultura occidentale non è il polo positivo opposto alla follia jihadista. Nell'attuale crisi sistemica, i centri occidentali liberali del sistema capitalista distillano sia l'estrema destra che l'islamismo.
Ovviamente, come si è detto all'inizio, sul piano geopolitico l'appoggio politico, finanziario e militare al jihadismo fin dagli anni 80 del secolo scorso - quando i fondamentalisti islamici entrarono in Guerra Santa contro il comunismo ateo in Afghanistan, con l'appoggio dell'Occidente - fa parte della geopolitica dell'Occidente. Un certo Osama Bin Laden ha potuto fare la sua prima esperienza militare in Afghanistan sotto la tutela della CIA. L'Arabia Saudita, il regime fondamentalista più brutale del mondo, è un alleato stretto dell'Occidente, armato al livello più alto per mezzo di rifornimenti di armi per migliaia di milioni di dollari.

Ma è soprattutto la crisi economica che promana dai centri e devasta la periferia che crea in primo luogo orde di giovani economicamente superflui che in mancanza di prospettive, sono pronti ad unirsi al culto di morte dei jihadisti. La difficile sopravvivenza nell'inferno delle economie al collasso dell'Iraq, della Siria o dell'Afghanistan è talmente insopportabile da renderli disposti a scambiarla con la prospettiva illusoria di un paradiso nell'altro mondo.
Alla fine, i riflessi ideologici ed identitari di questo processo di crisi sono molto simili sia in Occidente che in Oriente. C'è un ritorno autoritario all'identità religiosa o nazionale, che spinge fino ad un estremo ideologico le idee nazionali o religiose esistenti e porta ad una mobilitazione militante contro i nemici esterni o i dissidenti interni. L'islamismo è quindi - proprio come l'estrema destra - un prodotto della crisi mondiale del capitale.

- Tomasz Konicz - Pubblicato il 1°/10/2014 su Exit Onlinehttp://www.exit-online.org

fonte: EXIT!

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