giovedì 15 ottobre 2015

Guardare in primo piano

manet berthe

Nel suo libro su Manet, Georges Bataille afferma che il pittore è stato responsabile dell'inizio di quello che avrebbe portato al crollo della "retorica della rappresentazione", nella pittura. In Manet, sostiene Bataille, non c'è emozione, né costruzione dell'ambiente o apprezzamento per i dettagli; insomma, in breve, non c'è contenuto. La pittura è quello che è: uno studio sull'attività dello sguardo, un esperimento - ed in tal senso, la lettura tecnica fatta da Bataille, riguardo l'opera di Manet, rimanda al suo "La storia dell'occhio" (ed anche all'indifferenza di Madame Edwarda), che è a sua volta un esercizio di distanziamento dal contenuto (violenza, shock, atti estremi) ed un'esplorazione dell'attività del guardare considerata come fenomeno auto-sufficiente.

manet aira

Anche l'opera dello scrittore argentino César Aira pretende di essere un attacco alla retorica della rappresentazione. Aira parla della sua narrativa come di una sorta di macchina che si costruisce da sé sola, che si moltiplica a partire dal procedere stesso della scrittura. In molti dei suoi libri, la storia che vi viene raccontata attua questo gesto di moltiplicazione quasi casuale. Storie assai spesso bizzarre che seguono un flusso, seppure un flusso erratico. Come nella pittura di Manet, manca uno sfondo. Anche per Aira, come per Manet e la sua pittura, la scrittura è quello che è, ed anche di lui si può quello che Bataille dice di Manet: lavora a partire da una "suprema indifferenza".

Manet_bouquet_violets

Claude Lévi-Strauss, in "Guardare ascoltare leggere", parla di Rimbaud, della sua capacità di distanziarsi rispetto al contenuto e trasmettere la contingenza stessa della scrittura. Lévi-Strauss parla della trama, della tessitura della scrittura, della sinestesia, della possibilità che ha la parola di evocare colori: "Quando Rimbaud usa il nero, esso appare come uno scandalo fonetico e visuale, che può essere attribuito ad una volontà di provocazione che viene rivelata per mezzo di altri esempi da parte del poeta". E Lévi-Strauss, nella pagina seguente, arriva a Manet: "Riferendosi al ritratto di Berthe Morisot con il mazzo di violette, anche Valéry avrebbe utilizzato aggettivi eclatanti: 'Il nero che solo Manet possedeva [...] gli spazi risplendenti di nero intenso [...] il potere assoluto di questi neri' ". Pertanto, Valéry e Lévi-Strauss sottolineano quegli spazi che enfatizzano, non il contenuto, ma la sostanza che cattura l'occhio, che permette lo sguardo, che fonda la storia del guardare in primo piano.


fonte: Um túnel no fim da luz

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