giovedì 20 novembre 2025

Lezioni di Stregoneria…

IL CAPITALISMO NON RIPETE
- di Robert Kurz -

   Nell'atteggiamento che abbiamo nei confronti della vita, il ricordo di tempi presumibilmente migliori - ad esempio quelli del miracolo economico - non è altro che... nostalgia. Questo fenomeno, nella cultura pop viene chiamato “RÈTRO”: avviene quando i produttori di idee non si ricordano altro, e allora si mettono a riscaldare delle vecchie pietanze, leggermente modificate. Ma quando però si torna sulla “scena del crimine” per la terza volta, allora bisogna prestare attenzione, e ricordarsi se questa proposta è già stata rivista pochi anni fa. Niente di nuovo sotto il sole, sembra essere il motto. In qualche modo si è diffusa la convinzione che chi vuole trovare una ricetta per il presente, non debba fare altro che limitarsi a guardare al passato. Per quale altro motivo, sennò, la politica, i media e l'economia, di fronte alla crisi che si è sviluppata negli ultimi anni, sarebbero sempre e solo alla ricerca di parallelismi storici? Chiunque apre un giornale, spesso finisce per credere di trovarsi di fronte a una lezione di storia. Quello che ci viene propinato sono speculazioni finanziarie allucinanti, crisi grandi e piccole, tutta una serie di fallimenti nazionali, e persino l'una o l'altra unione monetaria fallita: praticamente, gli storici dell'economia dei tempi moderni hanno tutto a disposizione.

   E la morale della storia? Tutto quanto è già successo prima, e a quanto pare la cosa dovrebbe significare anche che tutto sommato non c'è nulla che poi sia andato così male, e che alla fine tutto quanto può essere gestito sulla base dei fatti attuali. Qui non si tratta solo del desiderio di dare un padre al pensiero, ma in tal modo viene anche propinata una certa immagine del capitalismo, visto come eterno ritorno di sé stesso.  La congiuntura economica, ora fiorisce, e ora esplode; nel frattempo vediamo che c'è chi sale e c'è chi scende di divisione, ogni anno o ogni secolo. Ma bisogna credere, per principio, che sarà sempre così. E tuttavia, questo è un errore. Poiché non abbiamo a che fare con un sistema statico, ma con un sistema dinamico.

   Il capitalismo non si ripete, né tanto meno gira in tondo, dal momento che è esso stesso un processo storico irreversibile. La valorizzazione del capitale non ricomincia sempre da zero, ma al contrario, deve superare il suo ultimo livello nella scala sociale per poter andare oltre. Il grado di integrazione economica globale non può tornare indietro, né certamente può farlo lo sviluppo delle forze produttive. È la concorrenza universale che non lo permette! Ma se davvero globalizzazione e produttività si starebbero sviluppando sempre più, allora perché, e per quale motivo, il carattere, la profondità e la portata delle crisi dovrebbero continuare a essere sempre le stesse?

   La storia che si ama così tanto raccontare, quella in cui si parla della speculazione sui i bulbi di tulipano alla borsa di Amsterdam nel XVII secolo, non ha da insegnarci un bel niente per quel che riguarda la bolla immobiliare del 2008, o sul fallimento di Lehman Brothers. Per riuscire a capire che un fallimento statale avvenuto all'inizio del XIX° secolo sia stato qualcosa di completamente diverso da quello che sarebbe oggi, basta guardare alla partecipazione dello Stato al prodotto nazionale. La lezione di storia che ci viene impartita dagli esperti e dai commentatori, attualmente presenti nei media, non è altro che una lezione di stregoneria. Ci sentiamo ripetere spesso che la politica e la gestione avrebbero imparato così tanto dalle crisi del passato, da disporre oggi di strumenti e mezzi sufficienti per poterle affrontare. Le diagnosi, discutono soprattutto di decidere se la crisi attuale sarà come quella del 1872, o forse come quella del 1929, oppure solo come quella del 1973. La capacità di apprendimento sembra però essere minima, quando vediamo che i governi e le banche centrali ci stanno quotidianamente dimostrando che i loro piani di politica economica e monetaria sono altrettanto utili e competenti quasi quanto lo sarebbe la cassetta degli attrezzi di una locomotiva a vapore ai fini di poter attuare una riparazione di emergenza per un TGV. Chiunque parla tanto del futuro, così come fanno le élite attuali,  non dovrebbe contare troppo sui dei salvataggi del sistema che sono già avvenuti in passato. In ogni caso, i vecchi pacchetti di salvataggio, e le loro conseguenze, rimangono nella memoria dell'umanità soprattutto come delle catastrofi.

- Robert Kurz - Pubblicato su Neues Deutschland, 12.12.2011 -

mercoledì 19 novembre 2025

La Modernizzazione di Recupero !!!

   La cosiddetta modernizzazione ritardata ("nachholende Modernisierung"), viene ritenuta essere un fenomeno di modernizzazione, intrinseco alla società capitalistica, vale a dire, come l'implementazione forzata del Sistema del Lavoro Astratto in un contesto globale di quella che si presentava come un’Asincronia Storica tra tutte le diverse aree nazionali di accumulazione, al momento dell'instaurazione del Capitalismo. Il fenomeno del Recupero Ritardato della Modernizzazione, è consistito nel recuperare il ritardo accumulato rispetto, in primo luogo, al Regno Unito nel XIX secolo, e poi, in secondo luogo, agli Stati Uniti della metà del XX° secolo, e infine al blocco della Triade, (Europa USA Giappone), a partire dagli anni '70; ed è generalmente avvenuto introducendo - sotto l'egida di un interventismo statale, e in diversi modi (comunismo di Stato, apparati statali coloniali, Stati postcoloniali, politiche e aiuti allo “sviluppo”, nation building legato alla fase dell'imperialismo di esclusione) -  le forme e le categorie sociali capitalistiche (merce, lavoro astratto, forma-valore, forma-denaro, forma-capitale), oltre alle corrispondenti sfere sociali riproduttive secondarie e derivate (la sfere educativa, sanitaria, politico-giuridica, la sfera che si occupa del trattamento politico della relazione di capitale, ecc.) che non erano ancora state stabilite nei termini della strutturazione della vita sociale degli individui dei paesi "non sviluppati". In quelle periferie che non erano state danneggiate dalla prima e dalla seconda colonizzazione - come avvenuto in Russia e in tutta l'Unione Sovietica - il recupero ritardato della modernizzazione. ha potuto assumere la forma di un regime di accumulazione primitiva, arretrato, e costretto a riprodurre in breve tempo tutta la violenza originaria dell'accumulazione europea primitiva. Sul piano dell'interventismo statale, l'opera di Johann-Gottlieb Fichte, “Lo Stato commerciale chiuso” (1800) costituisce, sotto molti aspetti, il paradigma programmatico che è stato instancabilmente ripetuto in tutte le Modernizzazioni di Recupero degli ultimi due secoli; prima che l’ONU ne assumesse il controllo, nel dopoguerra, con il punto IV della dottrina Truman, mediante l’ideologia dello “sviluppo” ( cfr. Gilbert Rist, Lo sviluppo. Storia di una credenza occidentale).

   Ci sono state, storicamente, due grandi ondate di Modernizzazione di Recupero: nel primo, nel XIX° secolo, abbiamo visto i casi della Francia (sotto Napoleone III), della Germania (da Bismarck a Hitler secondo Robert Kurz), del Giappone (a partire dall'era Meiji) e dell'Italia (il Risorgimento). Mentre nel secondo, nel XX° secolo, abbiamo visto la Rivoluzione Russa del 1917 inaugurare una seconda ondata, ai margini del capitalismo, la quale poi, a sua volta, durante la Guerra Fredda, si è divisa in due movimenti collegati tra di loro: così, da un lato, a Oriente, si assistette all'arrivo del "vero socialismo", mentre, dall'altro, al Sud, per un certo periodo descritto come il "Terzo Mondo", abbiamo visto l'attuazione di politiche di sviluppo egocentriche, che promuovevano processi di Industrializzazione tramite la cosiddetta "Sostituzione delle Importazioni" (ISI) da parte di quegli Stati emersi dalla decolonizzazione avvenuta dopo il 1945. A partire dalla metà degli anni '70, e nel decennio successivo, molte di queste Modernizzazioni di Recupero crollarono sotto i colpi della Terza Rivoluzione Industriale, nel corso della “Crisi del debito” che colpì l’America Latina, il Medio Oriente e l’Africa mentre avveniva il crollo del blocco dell’Est e dell’URSS, a partire dalla metà degli anni ’80, fino alla brusca interruzione delle “emergenze” avvenuta negli anni 2010.

   Già negli anni '80, in assenza di una teoria basata sulla crisi fondamentale del capitalismo, i fallimenti delle ultime ondate di modernizzazione di recupero venivano spiegati in vari modi. Pertanto, i cosiddetti pensatori latinoamericani "decoloniali", che partecipano alla corrente "Modernità/Colonialità", seguendo André Gunder Frank,  ipostatizzarono, in maniera culturalista, l'idea di un sistema globale di disuguaglianze strutturali che organizzava un rapporto centro-periferia, nel quale il sottosviluppo indotto dal fallimento della modernizzazione di recupero non sarebbe stato dovuto alle contraddizioni insite nel capitalismo, bensì al cosiddetto rovescio della «modernità», vale a dire, alla "colonialità". All'interno di questa ideologia troviamo tanto una ontologizzazione quanto una culturalizzazione della teoria della dipendenza, dove: «L'opposizione strutturale centro-periferia, la quale configura il sistema globale, e che diventa il principio di interpretabilità per la teoria della dipendenza, viene tradotta - nel vocabolario decoloniale - come se fosse modernità/colonialità» (Restrepo, Eduardo, e Axel Rojas, 2010. "La  Inflexión decolonial". Popayán: Instituto Pensar).

Bibliografia: Sul concetto di "Modernizzazione di Recupero" [nachholende Modernisierung] si veda il capitolo 9 de "Il collasso della modernizzazione. Dal crollo del socialismo da caserma alla crisi dell’economia mondiale" di Robert Kurz (Mimesis); e Gilbert Rist, "Lo sviluppo. Storia di una credenza occidentale",Bollati Boringhieri..

da: Modernisation de rattrapage (Abécédaire de la Critique de la valeur-dissociation)
fonte: @Palim Psao

martedì 18 novembre 2025

Da una Rivoluzione all’Altra…

Rivolte senza rivoluzione
- Il seguente articolo si basa su un intervento pubblico tenuto il 3 ottobre 2025 a Montréal, Quebec. Ha rappresentato l'evento inaugurale di ottobre, una serie di discussioni di un mese sulle prospettive di una rivoluzione nel nostro presente - 
- di Adrian Wohlleben -

I. L'era delle rivolte non è finita
    Chi cerca una scienza rivoluzionaria del presente dovrebbe prepararsi alla delusione. Non esiste una bussola unica con cui navigare i nostri mari tempestosi, nessuna skeleton key, o formula magica, che possa rimettere in mare la nostra nave, e farci inequivocabilmente avviare sulla strada della rivoluzione. L'oscurità al nostro orizzonte, è più profonda e buia di qualsiasi altra che abbiamo mai conosciuto nella nostra vita. Tuttavia — anche se chi vive in Nord America potrebbe essere perdonato per pensarla così — quando allarghiamo lo sguardo, osservando la nostra situazione globale, vediamo che il movimento non manca, vediamo onde che si agitano e si infrangono a un ritmo così vertiginoso che è impossibile tenere il passo con tutte, anche per chi di noi ne fa pratica. Solo negli ultimi sei mesi, si sono verificati disordini e rivolte di massa in Turchia, Argentina, Serbia, Kenya, Indonesia, Nepal, Filippine e Perù. E prima di questi: in Bangladesh, Georgia, Nigeria, Bolivia... E una simile lista, è sicuramente incompleta. In ogni caso, si è trattato di mobilitazioni che hanno attirato decine di migliaia di persone, o più, e hanno portato a scontri sempre più intensi con le forze dell'ordine in molte città, innescando crisi di sicurezza nazionale. Proprio questo mese, il presidente del Madagascar ha sciolto il governo, in risposta a tre giorni di proteste mortali guidate dalla "Gen Z" - per i tagli all'acqua e all'energia e a causa della corruzione politica - dove si è vista la stessa bandiera pirata di One Piece che si era vista in Indonesia e in Nepal.[*1] Mentre scrivo, una nuova rivolta sta scoppiando in Marocco, mentre manifestazioni di massa, in undici città, si trasformano in feroci rivolte e in scontri. A queste vanno aggiunte tutte le precedenti sequenze, che sono ancora in corso, come la guerra civile in Myanmar, dove gli insorti continuano a avanzare, sottraendo alla Giunta intere città. In sintesi, sebbene la pandemia globale di COVID-19 sia apparsa ad alcuni teorici come se fosse stato un piano malvagio per sedare l'ondata di rivolte che aveva circondato il mondo tra il 2018 e il 2019, tali timori erano fortunatamente mal fondati, come hanno scoperto gli americani già nel maggio 2020. Nonostante un breve rallentamento dal 2021 al 2023, l'ultimo anno e mezzo ha confermato che la nuova "era delle rivolte" è arrivata [*2] (come l'aveva descritta il gruppo comunista greco Blaumachen nel 2011) ed è tutt'altro che finita. Qui, il lavoro che la riflessione deve svolgere è duplice: collocare queste rivolte all'interno delle rotture epocali di cui esse testimoniano, e identificarne quali sono le potenze non sviluppate, tracciando le fratture tra le pratiche che le popolano.

II. L'ordine mondiale neoliberista sta per finire, e tuttavia nessun nuovo regime lo ha ancora sostituito. Tutte le parti, sono state spinte su un piano strategico.
    Sebbene sotto il cielo ci sia un grande caos, difficilmente si può dire che la situazione sia eccellente. Stiamo vivendo un interregno. Per quasi due decenni, l'ordine globale neoliberista del capitalismo finanziario - che si era installato negli anni '80, e che poi si è diffuso in tutto il mondo negli anni '90 - è stato afflitto da crisi persistenti e crescenti di redditività. I partiti politici, incapaci di garantire la crescita economica con i soli mezzi del mercato, si trovano di fronte a una scelta: o essere sconfitti nel prossimo ciclo elettorale da degli avversari che promettono crescita, ma che allo stesso modo non la realizzano, oppure ottenere subito dei profitti attraverso strategie extra-economiche basate su guerra, saccheggi, conquista ed espropriazione. Per questo motivo, dalla crisi finanziaria del 2008, il ciclo di accumulazione non può più operare esclusivamente attraverso regole e sistemi immanenti, gerarchie e valori, dal momento che i suoi «stalli e le sue impasse... richiedono l'intervento di un ciclo strategico, che funzioni sulla base dei rapporti di forza, e di una relazione amico-nemico che non sia economica.» [*3] Ad esempio, qual è il piano di Trump per «deriskizzare l'economia statunitense» attraverso la reindustrializzazione? A partire da una combinazione di minacce economiche e militari (dazi per alcuni, invasioni per altri), l'obiettivo è quello di costringere i paesi alleati agli Stati Uniti a investire in fabbriche negli Stati Uniti. Come ha spiegato il Segretario al Tesoro Scott Bessent, in un'intervista a Fox News nell'agosto [*4], in cambio dell'«allentamento di alcuni dazi per gli alleati stranieri» (Giappone, Corea del Sud, Emirati Arabi Uniti e altre nazioni europee) «essi investiranno in aziende e industrie che noi dirigiamo; in gran parte a discrezione del Presidente. Così, in sostanza, gli altri paesi ci stanno fornendo un fondo sovrano.» Come ha riassunto il corrispondente di Fox News, «Il Presidente ama le nuove fabbriche [...] E se un paio di questi paesi dovranno pagare per il privilegio di aiutarci, va bene.» In altre parole, la crescita e la stabilità americana verranno acquistate direttamente attraverso intimidazioni economiche e ricatti militari.

III. Le rivolte contemporanee e il neo-autoritarismo, sono entrambi sintomi del crollo del capitalismo neoliberista.
    È in questo contesto, che bisogna collocare, non solo l'ondata di rivolte globali iniziata dal movimento delle piazze e dalla Primavera Araba nel 2010-2012, e che continua a prendere slancio, ma anche la reazione neo-autoritaria a essa; da Trump e Bolsonaro a Duterte, Orbán e Salvini. [*5] Mentre le rivolte sono guidate in gran parte da giovani e lavoratori poveri, infuriati per la sovraccarico dei prezzi neo-estroattivisti, e a causa dell'accapararsi di opportunità da parte delle cosiddette élite "corrotte", lasciando a molti della Generazione Z, o per il futuro, nessuna via, se non quella di partire per lavorare all'estero, vediamo come i potenti neo-populisti di oggi traggano sostegno da una piccola borghesia in discesa, ansiosa per la riduzione della crescita economica e per i rendimenti decrescenti di privilegi sociali detenuti a lungo. Parallelamente all'aggravarsi della crisi di crescita, il ciclo strategico delle relazioni di forza, necessario a sostenere il mercato, si dissolve gradualmente, causando la scomparsa del ruolo di mediazione, per tutte le parti, sia al vertice che alla base: i deficit commerciali, ora si risolvono con delle intimidazioni, guerre e saccheggi dall'alto, mentre dal basso anche le modeste tensioni socio-economiche sfociano direttamente in disordini e rivolte di massa. Queste dinamiche gemelle, procedono in sincronia tra di loro. Non passa mese senza che l'estrema destra ottenga risultati elettorali positivi o proclami apertamente politiche criminali in un nuovo paese; nel frattempo, ogni settimana scoppia una nuova ondata di disordini di massa, che incenerisce stazioni di polizia e edifici del parlamento, blocca strade e autostrade, occupa piazze, saccheggia palazzi e negozi, caccia i governanti dalle loro residenze e si rifiuta di disperdersi finché non viene sconfitta con la forza, o riesce a deporre un capo di Stato
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IV. La rinascita del piano strategico non costituisce una rottura con le istituzioni liberali, ma procede attraverso le sue istituzioni.
    A questo punto vanno evitate due confusioni. In primo luogo, che il momento attuale costituisca un rifiuto totale degli ordinamenti giuridici e politici liberaldemocratici che lo hanno preceduto. Molti liberali, hanno cercato di presentare le politiche interne dell'amministrazione Trump come una sovversione delle norme e delle politiche democratiche, e che pertanto devono essere difese. In realtà, sta succedendo il contrario. Ciò che distingue i "nuovi fascismi", da quelli del passato, non è il loro emergere all'interno del quadro della democrazia liberale; cosa vera per i loro predecessori del XX° secolo. Ma piuttosto (come hanno recentemente sostenuto i compagni in Cile), la differenza consiste nel come gli Stati liberali contemporanei «sono riusciti a perfezionare delle politiche fasciste, e a permettere che esse vengano applicate anche all'interno di un quadro democratico; e questo al punto di essere riusciti a costruire un'industria intorno al crimine e all'insicurezza, proponendola come giustificazione per l'istituzione di tali politiche.» [*6] Qualsiasi riconoscimento reale, di questo fatto, richiederebbe che le critiche alle tendenze fasciste dell'amministrazione Trump dovrebbero essere accompagnate da una critica approfondita della democrazia; al contrario, la sinistra progressista persiste nella sua convinzione errata che vede un'opposizione totale tra democrazia e fascismo. Allo stesso tempo, tuttavia, la dipendenza, dei fascismi latenti, da quelli che sono dei quadri giuridici democratici preesistenti, non deve portarci a credere che un ritorno alla democrazia liberale sia oggi ancora possibile. I sostenitori di Zohran Mandami che credono di aver invertito la rotta si stanno semplicemente affidando al caso. Infatti, la dipendenza transitoria che il fascismo ha nei confronti della democrazia liberale serve solo come presupposto necessario per riflettere sui requisiti di ciò che verrà dopo.

V. La sola certezza, condivisa da tutti, riguarda la necessità di un balzo.
    Il fatto che viviamo in un interregno tra un ordine morente e un altro non ancora stabilizzato, significa che l'unica certezza condivisa da tutte le parti contendenti, è quella secondo cui ci troviamo nel bel mezzo di una rottura, e che le contraddizioni del nostro presente non possono essere risolte per mezzo degli strumenti e delle procedure di quelle istituzioni che ci hanno portato fin qui, essene esse persistano in qualche modo ancora oggi. Ciò che serve è un «balzo che ci porti fuori dalla situazione.» [*7] Il bisogno di fare questo salto, si sente ovunque, a volte in modo in maniera inconsapevole, altre volte consapevolmente. È proprio questo balzo quello che si sta già preparando, e sta avendo caoticamente inizio intorno a noi, e che spiega l'audacia sorprendente che esplode in ogni angolo della società, dai gamer attentats al cinismo brutale a Gaza, fino ai giovani nepalesi e alla classe sociale inferiore che, per vendicare i 21 manifestanti uccisi dal loro governo, l'8 settembre, in un solo giorno hanno incendiato la loro Corte Suprema, il parlamento, la casa del primo ministro, e quella del presidente, così come dozzine di stazioni di polizia, supermercati e una sede mediatica, rovesciando un governo «in meno di 35 ore.» [*8] È proprio questo il salto, i cui preamboli si sentono già ovunque, e che deve essere pensato, organizzato e portato strategicamente avanti verso una rottura irreversibile che ci porti lontano dal dominio dell'economia.

VI. Le rivolte contemporanee, nel migliore dei casi, hanno prodotto una consapevolezza del capitale, ma non quella della sua superazione.
    In una condizione, nella quale le riforme costituzionali possono essere ottenute solo attraverso la rivolta, il problema di quale sia la loro relazione con la rivoluzione, deve essere ripensato. Le rivolte sono ovunque, eppure, con la possibile eccezione della guerra civile in Myanmar (ancora indeterminata), la stragrande maggioranza — scioccata dalla facilità delle vittorie sulle forze dell'ordine — finisce per chiedere poco più che un ritorno negoziato allo status quo. Questo schema, era già presente, in modo evidente, nella rivolta del 2022 in Sri Lanka: «Le lotte spesso vengono sconfitte non dallo Stato, ma dallo shock della propria vittoria. Una volta che hanno preso slancio, i movimenti tendono a raggiungere i loro obiettivi molto più rapidamente di quanto chiunque si sarebbe aspettato. La caduta del regime Rajapaksa avvenne così rapidamente che nessuno considerò seriamente cosa dovesse essere fatto. La finestra che si era aperta si chiuse ben presto. L'aria soffocante della normalità riempì di nuovo la stanza.» [*9] Un limite chiave delle rivolte contemporanee, risiede nel quadro stesso della lotta, la quale tende a interpretare le carenze di sussistenza come un sintomo di corruzione, di austerità e di clientelismo. [*10] Questo modo di vedere le cose, che non sfida il capitalismo stesso ma soltanto la sua attuale (cattiva) gestione, va inevitabilmente a finire con un rimbalzo della palla nel gioco: «Le critiche alla corruzione, travisano quale sia il ruolo che lo Stato effettivamente svolge nelle crisi economiche e sociali, dal momento che si presume che lo Stato possa sempre trovare una via d'uscita dalla crisi attuale, ovvero, che potrebbe scegliere di evitare l'attuazione dell'austerità, se solo lo volesse. [...] Dopo la caduta del regime, le persone si trovano di fronte al fatto che la logica strutturale della società capitalistica rimane in piedi. I governi introdotti dalla rivoluzione spesso si ritrovano ad attuare misure di austerità assai simili a quelle che avevano inizialmente scatenato le proteste.» [*11] Da un lato, questi fallimenti potrebbero essere essi stessi destinati a contribuire all'emergere di una critica più sistemica del capitalismo, o allo sviluppo della cosiddetta "coscienza di classe", man mano che la cosiddetta "unità essenziale degli interessi della classe dirigente" diventa chiara a chiunque ci presti attenzione. Tuttavia, come osserva Prasad, forse «… Potrebbe essere [più] corretto pensare a questo come allo sviluppo di una coscienza del capitale. Poiché se la rivolta fosse andata oltre, avrebbe dovuto affrontare l'incertezza circa il come il paese avrebbe mangiato e vissuto, mentre il suo rapporto con il mercato globale veniva interrotto. Dopotutto, è solo attraverso e all'interno delle relazioni della società capitalistica che i proletari possono riprodursi davvero. In altre parole, se una rivolta non affronta il problema di una rottura rivoluzionaria - e non lo fa mentre l'ordine è sospeso - la lezione interiorizzata rischia di essere quella della gabbia di ferro dell'economia: i partecipanti diventano consapevoli del capitale in quanto vincolo attuale alla vita, ma non riescono a immaginarne il superamento.» [*12]

VII. Le rivolte hanno generato forme alternative di auto-organizzazione e autonomia, attraverso le quali si poteva organizzare una rottura rivoluzionaria, senza tuttavia comprenderle come tali.
    Negli anni '50, il filosofo tecnologico tedesco Günther Anders descrisse quello che egli chiamò un "gap prometeico", che emergeva nelle società industriali, invertendo la relazione classica tra immaginazione e azione. Mentre l'utopismo si basava sull'idea che la nostra immaginazione fosse più grande di quanto esistesse attualmente, proiettandosi oltre la realtà, Anders sostiene invece che oggi accade l'esatto contrario: con l'invenzione della bomba nucleare, è emerso un divario prometeico, in cui gli atti fattuali ora superano la capacità che i loro agenti hanno di immaginarli, pensarli e percepirli. Non siamo più in grado di comprendere - figuriamoci assumerci la responsabilità - di ciò che stiamo già facendo.[*13] Siamo diventati "utopisti al contrario", incapaci di contemplare la portata o le ripercussioni delle nostre stesse pratiche. Siamo più piccoli delle nostre stesse azioni, le quali ora, dentro di esse, celano qualcosa di insondabile. L'immaginazione, non solo non riesce a superare il presente, ma addirittura non sa raggiungere la realtà. [*14] Un fenomeno analogo può verificarsi nelle lotte politiche. Anche quando perseguono fini riformisti, i partecipanti a volte ottengono scoperte la cui vera radicalità rimane sottovalutata all'epoca, specialmente quando non può essere integrata nei concetti e nelle categorie ereditate dalla lotta. Gli insorti quindi non riescono a comprendere tutte le implicazioni di ciò che stanno già facendo; Né se ne accorgeranno necessariamente, quando i futuri cicli di lotte prenderanno il controllo dei loro impulsi, e li spingeranno in una nuova direzione. È in questo divario, tra pratica e riflessione, tra mezzi e fini, tra gli impulsi di un ciclo e quelli che poi seguono, che la teoria può svolgere un ruolo di assistenza, tirando fuori l'eccesso nascosto nelle pieghe della storia, il suo Entwicklungsfähigkeit.[*15] Sotto questo aspetto, il movimento dei Gilets Jaunes fu esemplare: tra le sue molte caratteristiche creative, spiccano due progressi. Innanzitutto, nonostante i suoi fattori catalizzatori fossero pressioni sociali ben note, come l'aumento del costo della vita, la diminuzione della mobilità sociale, i tagli ai servizi pubblici, ecc., l'organizzazione della rivolta aggirava tuttavia quelle categorie tradizionali di identificazione politica e di identità sociale, a favore di un semplice e replicabile gesto di auto-inclusione: per aderire, bastava indossare il giubbotto giallo e andare a fare qualcosa. In tal modo, il movimento ha superato il problema trotzkista di una "convergenza" tra diversi movimenti sociali forgiati nella separazione (studenti, lavoratori, migranti, ecc.). Sebbene ogni lotta politica richieda un qualche metodo di formalizzazione, per delimitare l'appartenenza, l'uso di un oggetto quotidiano, come in questo caso un giubbotto ad alta visibilità, o un ombrello, assicurava efficacemente che la forza combattente fosse definita innanzitutto a partire dalle sue iniziative contagiose, e non tramite riferimenti a un particolare gruppo sociale, autorizzato a rappresentarla. Ciò ha permesso ai Gilet Gialli di aggirare con successo un meccanismo centrale di governance, il quale sfrutta quello che è il nostro attaccamento alle nostre identità sociali, per poter così contenere gli antagonismi tenendoli all'interno dei canali istituzionali (politiche universitarie, dispute sul posto di lavoro, ecc.). Dai primi combattenti di Hong Kong ai "terremoti giovanili" di oggi, riuniti tutti sotto il sigillo impersonale di una bandiera pirata manga (il Jolly Roger di One Piece) [*16], ora le rivolte esplodono con forza come contagi virali, o meme, invitando a esperimenti più aperti, e riducendo il loro potenziale di recupero. Tuttavia, incapaci di riconoscere la forza della propria innovazione, i Gilets Jaunes si rifugiarono nell'immaginario della rivoluzione francese. e sul suo simbolo fluttuante, "le peuple" [il Popolo], portando così molti a confondere la loro innovazione con un risorto populismo di destra. Così, sopra l'immanenza inappropriabile del meme, è stato riscritta la trascendenza simbolica del mito.[*17]  In secondo luogo, mentre molte rivolte finiscono per sentirsi attratti dai simboli del potere borghese, concentrando così le proprie forze ai piedi di istituzioni della classe dominante, quali tribunali, parlamenti e stazioni di polizia, i Gilets Jaunes stabilirono invece quali erano le basi da cui organizzare la loro lotta, pianificando e condividendo le proprie vite in stretta vicinanza con la vita quotidiana. Come si poteva osservare all'epoca: «Questa vicinanza alla vita quotidiana è la chiave del potenziale rivoluzionario del movimento: più i blocchi sono vicini alla casa dei partecipanti, più è probabile che questi luoghi possano diventare personali e importanti in mille altri modi. E il fatto che si tratti di una rotatoria occupata, piuttosto che di una foresta o di una valle, priva questi movimenti del loro contenuto prefigurativo o utopico.[...] Occupare la rotonda vicino a dove si vive assicura che la fiducia collettiva, l'intelligenza tattica e la sensibilità politica condivisa - che i Gilotti Gialli coltivano da un giorno all'altro - attraversino e contaminino le reti, le amicizie e i legami della vita sociale in queste stesse aree». [*18]  Sentimenti che rimarrebbero utopici, in una piazza occupata del centro o in uno spazio come lo ZAD (dove la maggior parte dei partecipanti non vive personalmente), una volta spostati alla rotonda, ora possono infiltrarsi nella vita quotidiana anziché restare separati. E quando tali basi vengono attaccate da delle forze repressive, ecco che le risorse della vita privata possono rifornirle e ricostruirle, come abbiamo visto a Rouen, dove le capanne improvvisate costruite sulla rotonda sono state distrutte e ricostruite una mezza dozzina di volte.[*19] L'innovazione non era solo una conseguenza della vicinanza alla vita quotidiana; in questo caso, poteva anche essere sufficiente occupare i centri dei villaggi in tutta la campagna. Posizionando la loro base operativa sulla soglia tra l'economia e la vita quotidiana — nel punto preciso in cui i camion che trasportavano merci sulle autostrade dovevano entrare in città — le rotatorie si posizionavano anche fungendo da blocchi di filtrazione, conferendo leva logistica agli insorti. Bloccando la circolazione, non nel punto di massima importanza per il capitale, ma nel punto in cui il capitale entra nello spazio della vita quotidiana, ecco che così politicizzarono la membrana tra vita e denaro, e facendolo in condizioni per loro gradevoli, non sul luogo dettato dai simboli del potere borghese, come aveva fatto Occupy Wall Street. In realtà, «il vero orizzonte strategico dei blocchi dell'entroterra non è sospendere completamente i flussi dell'economia, ma produrre delle basi territoriali abitate, che la riportino sulla mappa della vita quotidiana, a un livello in cui essa possa essere sfruttata e decisa.»[*20] Questa combinazione di un'intelligence logistica posizionata sulla soglia della vita quotidiana, e tuttavia federata a livello nazionale, attraverso consigli e assemblee regionali e nazionali [*21], offriva un paradigma originale e potente ai fini dell'auto-organizzazione insurrezionale. Eppure, anche così, non è stato chiaro se i Gilets Jaunes abbiano mai approfonditamente apprezzato il loro atto creativo per quello che era. Anziché riconoscere che stavano reinventando le medesime forme e pratiche mediante cui lo slogan "tutto il potere alle comuni" poteva essere adattato ai nostri tempi, abbiamo visto un focus ristretto che mirava a ottenere le dimissioni di Macron; cosa che così portò molti ad abbracciare semplicemente una forma diversa di proceduralismo parlamentare, ovvero la cosiddetta Iniziativa Referendum dei Cittadini (RIC).[*22] Per Jerôme Baschet, al contrario, la costruzione di questi "spazi liberati" — una volta portata a termine — avrebbe potuto invece servire come base per un assalto più ampio all'economia, che non solo approfondisse i «legami tra spazi liberati esistenti», ma combinasse … la moltiplicazione degli spazi liberati con dei blocchi generalizzanti. Nella misura in cui gli spazi liberati sono in grado di dispiegare le proprie risorse materiali, e le loro capacità tecniche, esse possono servire come nodi decisivi, sulla base dei quali diventa possibile amplificare la dinamica del blocco in momenti chiave, in varie forme. Più spazio liberato abbiamo, più dovremmo poter estendere la nostra capacità di blocchi. Al contrario, più i blocchi si estendono, più promuovono l'emergere di nuovi spazi liberati. [*23] Naturalmente, il pericolo sarebbe quello di pensare che ciò che serve sia semplicemente una ripetizione del momento dei Gilets Jaune. Questo errore, che sembrava permeare la bizzarra bolla speculativa, quest'estate, attorno all'iniziativa "Blocca tutto" del 10 settembre in Francia, deriva dalla tendenza a disconnettere il problema delle tattiche e delle pratiche dalla rottura quasi eventuale della loro emergenza. [*24] Coloro che vogliono costringere la storia a ripetersi, garantiscono solo la farsa!

VIII. Nei suoi impulsi pratici, la lotta contro l'ICE [la politica antimigratoria di Trump] indica il superamento delle separazioni che ostacolarono la rivolta di George Floyd del 2020.
    La capacità offensiva espressa dalla rivolta di George Floyd del 2020, è stata ostacolata da una separazione tra il suo impulso di creazione di luoghi, e la sua intelligence logistica. Le occupazioni che assediavano frontalmente le sale del potere ("rivolta politica") non riuscirono mai a combinare in modo significativo quelle forze con le carovane saccheggiatrici che affluivano ai centri commerciali e ai distretti commerciali, con manovre di attacco e ritirata (“storefront riot”).[*25] Di conseguenza, la coscienza logistica/infrastrutturale tendeva a rimanere relativamente depoliticizzata, e costituiva meramente un insieme di tecniche, mentre la coscienza politica rimaneva incollata a edifici evacuati che avevano in gran parte solo valore simbolico. [*26] Con la costruzione di hub di difesa, o "centros", combinata con altre pratiche di tracciamento autonomo, stalking e distruption, la lotta attuale contro l'ICE ha avviato una ri-politicizzazione dell'intelligence infrastrutturale, insieme a un'inversione del suo orientamento "cinegetico" (da preda a predatore). Questo fatto, unito alla notevole tendenza a riposizionare la politica negli spazi della vita quotidiana, indica a tutti un superamento dei limiti del 2020; e questo indipendentemente dal fatto che i suoi agenti lo abbiano tematizzato o meno. Dopo l'invasione di città statunitensi come DC, Chicago e Portland da parte delle forze federali, il magnetismo simbolico inizialmente posseduto da siti di potere come il Centro di Detenzione ICE a Broadview, IL, ha lasciato il posto a un'etica diffusa di auto-organizzazione di quartiere, superando persino improbabili barriere di classe e di razza. Il baricentro è stato spostato lontano dal tritacarne della guerra d'assedio intorno alle fortezze nemiche, e riportato così agli spazi della vita quotidiana. I residenti riempiono i loro isolati sentendo il richiamo della siepe e dei fischi, carovane di veicoli privati si spostano e disturbano gli agenti ICE lungo i viali locali, mentre i vicini del quartiere si radunano attorno a scuole, luoghi di lavoro e venditori ambulanti. I consigli di difesa dei quartieri si sono diffusi in tutta Chicago, così come in altre parti del paese, con attivisti che hanno allestito "centri di difesa" nei parcheggi di Home Depot e in altri spazi frequentati dai lavoratori giornalieri. Secondo una recente guida pratica, questi hub fungono da spazi di incontro che vanno ben oltre le affinità della sottocultura politica, o della vita lavorativa, «offrendo alle persone indignate relazioni basate sul luogo, le quali danno direzione alla loro rabbia.» [*27]  Man mano che il confine tra vita quotidiana e riproduzione sociale si politicizza sempre più, l'intelligenza logistica, solitamente riservata al saccheggio e alle operazioni di scasso, inizia a generalizzarsi, a de-specializzarsi e riesce a diventare accessibile a chiunque sia disposto a unirsi a un filo di segnalazione locale, e iniziare a pattugliare. Le pratiche di sorveglianza collettiva dal basso, unite a un insieme concreto di compiti - prevenire arresti, garantire il passaggio sicuro, molestare e sfrattare gli ostili - stanno lentamente realizzando ciò che due decenni di movimenti sociali hanno costantemente fallito: reintrodurre la partecipazione collettiva nello spazio metropolitano, su base partigiana e non economica. Le strategie politiche sono coerenti solo quanto lo sono le verità su cui si basano. Riconoscerlo, ha portato i partecipanti alla rivolta di Hong Kong del 2019 a dare importanza al controllo delle informazioni e al fact-checking. Queste pratiche hanno trovato nuova espressione nelle lotte anti-ICE odierne, che combinano la condivisione delle conoscenze infrastrutturali a un'etica collettiva di presenza nella propria situazione. In città di tutti gli Stati Uniti, una nuova forma di empirismo politico setaccia la vita quotidiana alla ricerca di segni del nemico. Per intervenire e prevenire i rapimenti, le reti di risposta rapida si affidano a informazioni di sorveglianza ottenute da attivisti che pattugliano le aree in auto o a piedi, oppure da segnalazioni pubblicate sui social media. Queste informazioni vengono poi filtrate attraverso grandi "thread Signal", che confrontano descrizioni dei veicoli e targhe, estraggono i numeri VIN e scambiano i dettagli delle località in tempo reale. Durante l'uso del protocollo SALUTE [*28] si garantisce che le informazioni siano complete e applicabili, e in queste pratiche c'è molto di più che la semplice circolazione di informazioni fattuali. Parallelamente alla produzione di queste informazioni logistiche, si sta forgiando una nuova sensibilità politica. L'esperienza individuale atomizzata della città lascia spazio a un potere di attenzione collettiva, espresso sia attraverso un continuo tracciamento e profilazione del nemico sia attraverso una sensibilità ai ritmi, ai flussi e alle relazioni qualitative che popolano i luoghi in cui abitiamo. Come osserva la stessa guida pratica, gli hub di difesa «avranno successo, o falliranno, a seconda che tu sia attento alle esigenze dell'area circostante.» [*29] Attraverso questo apprendistato con i cartelli, la lotta anti-ICE sta contribuendo a dare vita a un mondo in comune. La minaccia che questa politicizzazione logistica della vita quotidiana rappresenta per la legittimità delle forze di governo, è considerevole. Non c'è dubbio che sia stato per questo motivo che l'amministrazione Trump abbia cercato di anticipare la resistenza alla propria offensiva conferendole un'identità predigerita e una narrazione. Invece di riconoscere la lotta per ciò che è, cioè una circolazione memetica di pratiche diffuse di sovversione accessibili a tutti, indipendentemente da ideologie politiche o identità sociali, le forze dominanti proiettano il mito di un'organizzazione gerarchica ("Antifa") finanziata dalle élite liberali e organizzata militarmente in "celle", le quali prendono ordini dalle autorità centralizzate. Lo scopo di questa narrazione caricaturale e trasparentemente falsa non è quella di convincere della sua verità letterale (che non c'è), ma nascondere le prove sensate che diventano ogni giorno più forti: il binarismo cittadino/non cittadino è uno strumento intollerabile dell'apartheid violento. Quali altre potenzialità potrebbe contenere questa nuova ondata di contestazione, ancora invisibile ai suoi partecipanti? Cosa potrebbe ottenere una rete diffusa di consigli di quartiere alimentata da intelligenza logistica collettiva e da una capacità altamente mobile di interruzione e intervento se si ampliasse anche solo di tre passi? Per prevenire efficacemente gli arresti e proteggere i vicini, potrebbero essere necessarie forme di blocco logistico più ambiziose. Cosa servirebbe per iniziare a organizzare azioni coordinate in intere città, o per stabilire blocchi di filtro per garantire il controllo della comunità su zone o quartieri? Quali altre ambizioni potrebbero essere sfruttate per tali tecniche di potere popolare, se e quando l'ICE si ritirerà da queste città?

IX. La fine della mediazione potrebbe significare la fine della Sinistra. Sulla sua scia potrebbe prendere forma una nuova rivoluzionaria corrente clandestina.
    Mentre le forze contendenti competono per plasmare la direzione che prenderà il balzo che porterà oltre la democrazia liberale, le mediazioni continueranno a dissolversi. Come vettore principale del "soft power", il ruolo svolto dalla sinistra nel contenere l'energia ribelle attraverso la promessa di un riconoscimento e di una riforma statale, potrebbe cessare di funzionare. Mentre la destra continua il suo attacco frontale alle basi della cultura di sinistra - licenziando professori e criminalizzando attivisti e studenti, privando al contempo dei fondi per le ONG LGBTQ e per i diritti dei migranti - emerge un'opportunità per reinventare il sottosuolo politico. A tal proposito, il caso del Sudan potrebbe essere istruttivo. Come scrive Prasad: «Dopo una rivolta nel 2013, è emersa una proliferazione di comitati di resistenza che si sono posti il compito di prepararsi alla prossima ondata di lotte. In particolare, questo significava: mantenere i centri sociali di quartiere; costruire le infrastrutture e accumulare materiali che ritenevano necessari; sviluppare reti cittadine e nazionali di compagni e simpatizzanti; e testare la capacità di queste reti attraverso campagne coordinate. Quando la rivoluzione è arrivata, alla fine del 2018, questi gruppi sono riusciti ad agire come vettori di intensificazione. Anche i comitati di resistenza sono riusciti a sostenere la rivoluzione, nella fase successiva, dopo che il presidente Al-Bashir è stato costretto a dimettersi».[*30]  I compiti esatti che un underground post-sinistra deve affrontare, oggi restano da chiarire. Se la reazione pubblica a Luigi Mangione ha dimostrato qualcosa, è che non essa non deve trarre le sue coordinate politiche dalla classica guerra culturale tra sinistra e destra. È possibile che un movimento ampio, combattivo e audace, capace di sfruttare la storia recente per le sue lacune, e risvegliare le sue intuizioni con tatto, e perseguire le sue conclusioni senza pietà, possa risuonare ben oltre i confini dei silos culturali dell'ultrasinistra, godendo di ampia risonanza in un'epoca di profonda incertezza. Oltre un secolo fa, Kropotkin propose la seguente correzione: «"Comunque",» ci avvertono spesso i nostri amici, "fate attenzione a non andare troppo lontano! L'umanità non può essere cambiata in un giorno, quindi non bisogna avere troppa fretta, con i vostri schemi di espropriazione e anarchia, altrimenti rischiate di non ottenere un risultato permanente." Ora, ciò che temiamo, riguardo all'espropriazione, è esattamente il contrario. Temiamo di non andare abbastanza oltre, temiamo di portare a termine delle espropriazioni su scala troppo ridotta, e poco duratura. Non vorremmo che l'impulso rivoluzionario venisse fermato a metà carriera, esaurendosi in mezze misure, che non soddisferebbero nessuno, pur generando una grande confusione nella società e interrompendo le sue attività consuete, e non avrebbero alcun potere vitale — si limiterebbero a diffondere malcontento generale, e inevitabilmente preparare la strada al trionfo della reazione.» [*31] Se e quando la situazione si re-invertisse a loro favore, e se le stazioni di polizia staranno di nuovo bruciando e i politici si nasconderanno nei bunker o fuggiranno in elicottero, allora bisogna che gli insorti non debbano essere colti di sorpresa. Non devono permettere che la comune venga sostituita dal parlamento virtuale dei server Discord, ma devono sfruttare l'opportunità per promuovere esperimenti diffusi, e in presenza di condivisione comunista, in modo che attirino il maggior numero possibile di partecipanti. Sebbene nulla di immaginabile oggi sia adeguato, la storia contiene delle strade da percorrere che potrebbero ancora sorprenderci.

- Adrian Wohlleben, 14 novembre 2025 - Pubblicato su https://illwill.com/ - Immagini: https://christopher-thomas.de/pages/bittersweet  -

Note

1.Mentre il meme della bandiera di One Piece circola, si arricchisce di accessori locali. In Madagascar, ad esempio, il cappello di paglia è stato sostituito dal cappello a secchiello satroka, tradizionalmente indossato dal gruppo etnico Betsileo. Tuttavia, è significativo che l'identità nazionale cavalchi, come se fosse un accessorio, sopra il simbolo o sopra il sigillo contagioso, e non il contrario. Vedi Monica Mark, ''Gen Z' manifestanti in Madagascar chiamano allo sciopero generale," Financial Times, 9 ottobre 2025 (online).
 
2.Blaumachen, "La fase di transizione della crisi: l'era delle rivolte," 2011 (online)

3.Maurizio Lazzarato, "Gli Stati Uniti e il 'capitalismo fascista'", tradotto da Eric Aldieri, Ill Will, 7 ottobre 2025 (online).

4.Intervista citata su Vasudha Mukherjee: "Trump trasforma gli investimenti degli alleati in un 'fondo sovrano' statunitense da 10 trilioni di dollari," Business Standard, 14 agosto 2025 (online).

5.Il fatto che l'era delle rivolte sia arrivata prima sulla scena, e sia stata poi completata da uno sforzo fascista per reimporre un ordine centrato sugli Stati Uniti sia a livello nazionale che internazionale, non dovrebbe confonderci. Il bilancio del Comitato Invisibile del ciclo 2008-2013 si concludeva con queste parole: "Nulla garantisce che l'opzione fascista non sarà preferita alla rivoluzione." Il Comitato Invisibile, Ai nostri amici, tradotto da Robert Hurley, Semiotexte, 2014 (online qui).

6.Nueva Icaria, "Nuovi fascismi e la riconfigurazione della controrivoluzione globale, Malvolontà, 11 agosto 2025 (online).

7.Lazzarato, "'Capitalismo fascista.'"

8.Pranaya Rana, "La settimana dopo la rivoluzione," Kalam Weekly (Substack), 19 settembre 2025 (online).

9.S. Prasad, "Paper Planes," 31 agosto 2022 (online).

10.Phil Neel distingue tra le lotte sui "termini di sussistenza" economici/ecologici e quelle sull'"imposizione autoritaria di questi termini" ("Theory of the Party," Ill Will, 6 settembre 2025; online). La tendenza globale ultimamente è stata quella di catapultare movimenti sociali di massa e non violenti che chiedono termini riformati di sussistenza nel militantismo quando le forze dell'ordine reagiscono in modo eccessivo e aprono il fuoco, spostando così il quadro della lotta dalla prima alla seconda, dall'austerità all'autorità. Gli Stati Uniti sono un'eccezione a questo schema: mentre le misure di austerità influenzano l'opzione, negli ultimi decenni le lotte su questioni economiche quasi mai degenerano in disordini combati di massa, che vengono catalizzati solo da mezzi autoritari di applicazione. Sebbene qui difficilmente scoppierà una rivolta a causa dei tagli ai buoni pasto, della precarietà abitativa o della negazione di assistenza sanitaria in sé, le reti di attivisti create attraverso lotte di sussistenza contribuiscono comunque occasionalmente ad approfondire i disordini di massa anti-autoritari, come è avvenuto quando l'infrastruttura sindacale degli inquilini di Los Angeles è stata sfruttata per istituire centri di difesa anti-ICE dopo le rivolte di giugno 2025.

11.Prasad, "Aerei di carta."

12.In questo caso, la carenza di immaginazione è una conseguenza di esperimenti pratici che non sono stati intrapresi quando avrebbero dovuto esserlo. La tesi VII esplora lo scenario inverso, in cui sono stati condotti esperimenti la cui potenza è stata trascurata.

13.Günther Anders, "Tesi per l'era atomica," The Massachusetts Review, Vol. 3, n. 3 (primavera 1962), 496.

14.Ad esempio, definire le bombe nucleari "armi" e discuterne l'uso tattico equivale a paragonarle a uno strumento, a un mezzo per un fine; Eppure l'uso di tali bombe minaccia di distruggere il mondo stesso in cui si potrebbero raggiungere tutti i "fini". Il loro uso quindi annulla qualsiasi relazione mezzo-fine, rendendo tutte le considerazioni tattiche impertinenti. Eppure questo atteggiamento strumentale rimane l'unico modo in cui l'immaginazione riesce a pensarci, nonostante sia un errore di categoria. Vedi Gunther Anders, "Comandamenti nell'era atomica," in Burning Conscience, Monthly Review Press, 1962, 15-17.

15.Gilbert Simondon sosteneva che l'"artificialità" del nostro rapporto con gli oggetti tecnici poteva essere corretta solo a condizione che imparassimo a concepirne l'evoluzione geneticamente, cioè disaccoppiandola dagli scopi umani proiettati su di essi e comprendendo invece lo sviluppo dei loro elementi, insiemi e ambienti associati secondo i propri termini. In modo analogo, quando studiamo l'evoluzione, la mutazione e la circolazione di impulsi e gesti pratici attraverso diverse sequenze di lotta, può aiutare a sospendere metodologicamente i riferimenti agli obiettivi che i partecipanti a queste lotte si pongono e cercare di considerare la loro evoluzione da un ciclo all'altro secondo i propri termini. Alcuni hanno espresso preoccupazione che questa attenzione alla circolazione e all'evoluzione delle pratiche rischiasse di soccombere a ciò che Kiersten Solt chiama il "nichilismo della tecnica". In effetti, mi sembra che i pro-rivoluzionari non pensino ancora abbastanza in modo tecnico. Troppi continuano a reificare un concetto astratto e a-storico di azione politica in cui i metodi di lotta derivano immediatamente dagli scopi perseguiti o potrebbero essere semplicemente adottati volontariamente per puro decreto. In pratica, l'attualità precede la possibilità: tutte le lotte basano la loro esperienza di ciò che è politicamente possibile su un serbatoio di impulsi precedentemente in circolazione, innovando entro i limiti che vi sono fissati. È questo menù o repertorio esistente — quello che potremmo chiamare il phylum tattico — che stabilisce i confini di ciò che è immaginabile. E, lungi dal superarla, la nostra immaginazione spesso non lo raggiunge. Di conseguenza, invece di proiettare valori etici e politici davanti alla realtà e trattare la pratica solo come un mezzo per realizzarli, la nostra analisi della pratica può essere usata per stimolare la nostra immaginazione, rendendo così possibile nuovamente l'attualità. Ciò richiede di tracciare l'evoluzione degli impulsi pratici attraverso sequenze di lotta alla ricerca di fratture, svolte e momenti in cui i limiti sono stati superati.

16.Adottando il "Jolly Roger" come sua bandiera globale, l'ondata di rivolte del 2025 ha trasformato il termine "Gen Z" da una banale designazione demografica al simbolo di una espropriazione condivisa. Attraverso la sua circolazione virale da Indonesia e Nepal fino a Madagascar, Marocco e Perù, la bandiera pirata "Gen Z" testimonia oggi una tensione familiare tra Stato e capitale: con tutti i buoni posti di lavoro locali accumulati dai nepo-baby, bisogna viaggiare all'estero per guadagnare; eppure, mentre l'ordine neoliberista implode, gli stati stanno chiudendo i loro confini. Il risultato è un'esperienza contraddittoria: i lavoratori sono sradicati ma chiusi, con l'unico accesso rimasto al mondo che è online. La comunità virtuale della libertà dei pirati è proprio il riflesso negativo di questa condizione economica senza sbocco sul mare. Naturalmente, questa condizione non è affatto limitata ai giovani. L'enfasi sulla "gioventù" sembra avere più a che fare con una virtù paradossalmente negativa: non avere le mani sporche. Essere giovani significa non essere ancora al potere, non ancora gestire un racket, non ancora coinvolti in reti di condivisione del potere locale e globale, non ancora corrotti. È proprio questa negatività — e non il presupposto positivo dell'età — che ha permesso a una forza combattente di riunirsi attorno al simbolo "Gen Z".

17.Per una lettura contraria che conferma l'uso del mito da parte dei Gillet Gialli, vedi "Epistemologia del Cuore," in Liaisons Vol. 2: Horizons, PM Press, 2022 (online). Come ammettono gli stessi autori, tuttavia: "Il problema è che mentre la realizzazione del mito contribuisce alla forza della lotta, la tradizione dei sconfitti deve rimanere sconfitta per rimanere una tradizione" (375). Qui, come sempre, l'affermazione del mito si rivela inseparabile da un culto della morte esemplare, una religione mortis. Il comunismo, a mio avviso, deve essere una scommessa sulla vita terrena, non sull'eternità.

18.Adrian Wohllbeben e Paul Torino, "Meme con Forza. Lezioni dai Gillet Gialli," Mute, 26 febbraio 2019 (online).

19.Adrian Wohlleben, "La controrivoluzione sta fallendo," Commune, 16 febbraio 2019 (online).

20.Adrian Wohlleben, "Meme senza fine," Ill Will, 17 maggio 2021 (online). Ristampato in The George Floyd Uprising, a cura di Vortex Collective, PM Press, 2023, 224-47.

21.Anonimo, "Imparare a costruire insieme: i giubbotti gialli," Ill Will, 9 maggio 2019 (online).

22."Referendum d'initiative Citoyenne" (RIC) si riferisce a una proposta di "emendamento costituzionale in Francia per consentire la consultazione dei cittadini tramite referendum riguardante la proposta o l'abrogazione delle leggi, la revoca dei mandati dei politici e la modifica costituzionale." Wikipedia (online).

23.Jérôme Baschet e ACTA, "La storia non è più dalla nostra parte: un'intervista con Jérôme Baschet," Mute, 23 gennaio 2020 (online).

24.Critiche di Temps, "On the 10th of September," Ill Will, 10 settembre 2025 (online).

25.Questo argomento viene approfondito in Wohlleben, "Meme senza fine."

26.La lezione da trarre da sequenze come quella in Kazakistan nel 2022, o in Nepal quest'estate, non è che le sale del potere debbano essere ignorate o lasciate in pace, ma che non si può fare nulla se non raderle al suolo senza passione. Da questo punto di vista, anche la festa in piscina in Sri Lanka è durata un po' troppo a lungo, sminuendo le festività che avrebbero dovuto svolgersi nelle strade, nei quartieri e nei distributori di servizio in tutto il paese. Mentre i manifestanti nepalesi hanno ridotto in cenere i simboli fisici del potere borghese, non hanno ancora costruito basi di potere popolare indipendente in prossimità di zone abitate, rifugiandosi invece in forum virtuali sui canali Discord dove hanno pianificato di far ottenere posizioni di potere ai politici scelti. Nonostante la ferocia del loro attacco, il concetto parlamentare di politica emerse illeso.

27.Collettivo Effetto Lago, "Difendete i nostri vicini, difendetevi noi stessi! Autodifesa comunitaria da Los Angeles a Chicago," 4 (online). Sebbene il testo oscilli tra una postura "proattiva" di intervento autonomo (4) e una politica alleata limitata al "supporto e facilitazione" di ciò che fanno i cosiddetti "locali" (posizionando gli autori come extraterrestri) (5), offre un solido arsenale pratico per individui e collettivi che vogliono coinvolgersi nel momento presente.

28.SALUTE è un dispositivo mnemonico che sta per: dimensione/forza (S), azioni/attività (A), posizione e direzione (L), uniforme/abiti (U), ora e data di osservazione (T), equipaggiamento/armi (E). Questo quadro viene utilizzato per garantire che vengano fornite informazioni dettagliate e complete quando si riporta un'osservazione.

29.Collettivo dell'effetto lago, "Autodifesa comunitaria," 9.

30.Prasad, "Aerei di carta." Con la differenza che, mentre il movimento neo-consiglierista sudanese fu infine sconfitto dall'incapacità di difendersi, una rivolta americana dovrà invece esercitare tutta la sua inventiva semplicemente per prevenire la guerra armata che si nasconde sotto la superficie, affinché gli esperimenti di autonomia collettiva possano prosperare e rafforzarsi nel frattempo.

31.Peter Kropotkin, La conquista del pane e altri scritti, Cambridge University Press, 48.

lunedì 17 novembre 2025

MARX & GOGOL

Marx e Gogol' – Un approccio critico ai valori degli studi letterari
di Nils Meier - 25 settembre 2025 -

Introduzione
Il fatto che l'arte, sotto il capitalismo, sia  soggetta a una sorta di costrizione merceologica alla separazione, in questo caso alla "scissione dell'estetica", era già stato problematizzato da Robert Kurz nel 2002, nel suo saggio su "L'estetica della modernizzazione". L'unica cosa da aggiungere a questo è che Immanuel Kant, un "ideologo militante della socializzazione del valore" (Kurz 2004, 85), stabilisce, di nuovo e anche  qui, la sua direzione filosofica. Nel mentre che Kant ratifica la scissione soggetto-oggetto, nella forma di merce e razionalmente fondata sulla sua teoria della conoscenza (Meier 2025, 10), egli crea anche un piacere disinteressato, per mezzo della sua estetica. In tal modo, dichiara che l'arte è un rifugio dalle imposizioni della realtà mercantile, e così facendo ci serve uno zeitgeist che continua ancora oggi, e che, fin «da Schiller e dal Romanticismo», intende l'arte «come l'altro al mondo» (Kösser 2006, 19). Il prezzo che questo progetto richiede, tuttavia, è «l'isolamento" dell'arte [...] dalla realtà»; alcuni sono felici di pagarlo, poiché credono che così questo li avvicinerà all'ideale della "autonomia" artistica (ad esempio Mukarovský 1970, 31). Dal punto di vista della critica del valore, tuttavia, è inequivocabile che la separazione tra arte e realtà significhi solo che «l'arte [...] scimmiotta il fine in sé del capitale» (Kurz 2002). In questi casi si tratterà esclusivamente di opere d'arte linguistiche, vale a dire, la letteratura e gli studi letterari associati. In questo argomentazione, la comprensione borghese dell'arte si articola, tra le altre cose, nel fatto che l'ideale precedente della mimesi è stato sostituito dal suo opposto. La mimesi significa l'imitazione del resto della realtà tramite l'opera d'arte. Gli studi letterari borghesi, tuttavia, sono però favorevoli alla liberazione dell'opera d'arte linguistica dalle "catene della mimesi" (ad esempio Lachmann 1999, 21), e preferiscono sottolineare l'effetto anti-mimetico della letteratura. Si compiace nel respingere con tono didattico quegli ingenui che sperano ancora di poter ricavare dalle grandi opere della letteratura mondiale informazioni sul mondo reale (cfr. critica: Hermand 1978, 160 e segg.).Tuttavia, così facendo, gli studi letterari alimentano la convinzione secondo cui la letteratura sarebbe in realtà priva di significato. Una convinzione, questa, che sta guadagnando sempre più sostenitori, man mano che i media audiovisivi si diffondono, e via via che essa, a lungo termine, si rivela dannosa per il business degli studi letterari. Ed è per questo motivo che gli studi letterari devono perciò necessariamente rendere omaggio all'infelice e inespugnabile impulso di un' attribuzione realistica del significato. In definitiva, tutto ciò ha portato allo scioglimento degli studi letterari, a favore degli studi culturali, che tuttavia vengono accusati dai critici di essere solo una copia dilettantesca della sociologia, della storiografia o della psicologia. Senza approfondire questa critica, occorre qui prendere in considerazione solo un'obiezione genuinamente letteraria e questa volta giustificata: quella secondo cui gli studi letterari hanno giustamente riconosciuto che un'opera d'arte letteraria si rivela essere un'opera d'arte, proprio perché essa può comunque diventare immensamente importante per delle persone diverse e in tempi e contesti diversi, facendo in modo che il significato di un testo letterario non derivi semplicemente dal suo contesto socio-storico di origine. Marx, aveva già osservato che le opere d'arte, anche se provengono da tempi lontani, possono ancora «concedere il piacere dell'arte e in un certo senso essere considerate come delle norme e degli schemi irraggiungibili» (MEW 13:641). Una scienza culturale per la quale un'opera letteraria non è altro che una testimonianza del suo tempo di origine non riconosce, pertanto. la specificità dell'opera d'arte. Piuttosto, si può presumere che l'opera d'arte linguistica abbia un significato trans-storico, il quale proverrebbe dalla sua «diversa intelligibilità» (Šklovskij 1929, 214), o da quella che è la sua "pluralità" semantica (Lotman 1993, 43). Gli studi letterari convenzionali, invocano ora questo stato di cose al fine di poter giustificare la separazione ideologica dell'arte dalla realtà. Chiunque non voglia sapere nulla circa la mimesi, può rifiutare qualsiasi interpretazione del testo che qualcun altro propone per la discussione, in quanto idiosincratica, asserendo che essa può essere compresa in modi diversi. E pertanto decidere che si possono fare affermazioni vincolanti solo sulla forma, o sulla struttura estetica del testo; d'altra parte, ogni pensiero sul contenuto del testo è puro piacere privato, che forse può ancora essere tollerato, ma solo in chiacchiere banali o in un monologo; ma è solo la capacità di astenersi completamente da qualsiasi pensiero sul contenuto del testo, che distingue il vero maestro della disciplina letteraria. Per questo motivo, gli studi letterari moderni ai loro inizi, in particolare quelli riguardo il formalismo russo (cfr. Tihanov 2019, 4, 9-12), hanno avuto grande piacere riguardo l'opera letteraria di Nikolai Vasil'evic Gogol'. I suoi testi sono caratterizzati dal grottesco, e sono quindi costantemente considerati, fino a oggi, folli, bizzarri, assurdi, giocosi, fantastici; e vengono ancora in parte visti come delle esagerazioni satiriche, ma in ogni caso non sembrano essere, seriamente e definitivamente, compatibili con il resto della realtà. Ciononostante, i testi di Gogol' continuano a essere ancora oggi famosi in tutto il mondo. Apparentemente, da un lato, esistono sempre dei lettori, che in circostanze assai diverse, trovano questi testi significativi, mentre dall'altro lato, i testi sono dominati da  dei passaggi in cui non viene detto nulla di comprensibile sulla realtà – almeno, finora gli studi letterari hanno insistito su una simile lettura.

Il libro
Vorrei contraddire questa visione, per mezzo di un libro pubblicato nel 2025 da Lit-Verlag con il titolo "The Grotesque is Mimesis is Allegory". Partendo da un'interpretazione "Critica del Valore" dei "Racconti di Pietroburgo" di Gogol, esamina le fondamenta teoriche degli studi letterari poste dal formalismo. Cerca di mostrare come il grottesco possa essere inteso e visto, senza contorsioni interpretative, come un'immagine realistica della realtà modellata da una merce. In questa lettura, la specificità artistica delle diverse comprensibilità viene sospesa. Il tentativo di giocare la Critica del Valore come un nuovo paradigma per gli studi letterari, appare essere appropriato anche perché, a un esame più attento, il desiderio di tale paradigma si trova già nei documenti fondanti della teoria letteraria moderna: da un lato, l'allora portavoce del formalismo, Viktor Šklovskij, può essere interpretato, dal punto di vista odierno, come contrario all'astrazione merceologica, mentre dall'altro, però, non dispone dei concetti necessari per poter perseguire con coerenza il suo obiettivo [*1]. Se si vuole, la mia teoria torna a quegli inizi della teoria letteraria, quando, all'epoca, simili obiettivi non potevano essere realizzati, a causa di altre priorità. Di seguito, dal libro, sono riprodotte parti del quarto capitolo e dell'undicesimo capitolo. Il testo è stato abbreviato, in alcuni punti, senza una nota separata. Dove i passaggi più lunghi sono stati omessi, questo è stato contrassegnato con "{...}". Per brevità, qui si rinuncia anche alle citazioni originali in lingua russa, e si conservano solo le traduzioni delle citazioni in tedesco. La ristampa è stata realizzata per gentile concessione dell'editore.

4 "Il grottesco è il mondo alienato" (Wolfgang Kayser)
{…} 4.4 Astrazione. La preferenza che la merce ha per l'astratto, è motivata da un peculiare capovolgimento del rapporto tra l'astratto e il concreto. La forma-valore abitua l'uomo moderno a una concezione che è, a rigor di termini, assurda. Marx lo spiega usando l'esempio del mestiere di sarto: «all'interno del rapporto di valore e dell'espressione di valore in esso contenuto, l'universale astratto non conta in quanto proprietà del concreto, del sensibile-reale, ma, al contrario, come una mera manifestazione o una forma definita di realizzazione dell'universale-astratto. Il lavoro del sarto, che è contenuto nell'equivalente gonna , per esempio, non possiede, nell'ambito dell'espressione del valore della biancheria, la proprietà generale di essere lavoro umano. Al contrario. Il fatto che sia lavoro umano, viene considerato come la sua essenza, mentre essere lavoro sartoriale costituisce solo la manifestazione, o la forma certa di realizzazione della sua essenza. […] Questo capovolgimento, per cui il concreto sensibile è considerato solo come una manifestazione del generale-astratto - e non viceversa il generale-astratto come una proprietà del concreto - caratterizza l'espressione del valore. Rendendone così, allo stesso tempo, difficile la comprensione.» (Marx 2017, 141). Il "rovesciamento" del rapporto tra il "generale-astratto" e il "sensuale-concreto", domina la cognizione dell'uomo moderno, e diventa realtà, al di là del suo pensiero e della sua percezione, perché nel tempo si orientano in tal senso anche le sue azioni, le sue istituzioni, e gradualmente tutta la sua cultura. In questo modo, la realtà moderna, nel suo insieme, diventa una merce. Poiché la realizzazione della forma merce si basa su un orientamento all'astratto, di seguito si parlerà di rendere astratto, o più concisamente, di astrazione. L'opposizione fondamentale tra sensibile-concreto e generale-astratto rimanda all'“hylemorfismo” di Aristotele. Sin dai tempi di Aristotele, il pensiero occidentale si è familiarizzato con l'opposizione tra materia e forma, rappresentate rispettivamente da hyle ed eidos. Marx critica il fatto che, nel corso di una speciale inversione, la forma (e?d??, eîdos), a causa di un'importanza esagerata, sottopone la materia (???, hýle) a un'astrazione che tende a negarne la forma (µ??f?, morphe). Si deve parlare di una tendenza perché, sebbene inizialmente l'astrazione sia puramente cognitiva e quindi non possa negare efficacemente la forma materiale, in seguito, in base alla cognizione, si instaura un'azione che, nel segno dell'astrazione, tende a danneggiare incautamente la forma materiale (l'astrazione diventa astrazione). La forma criticata è la forma merce; Marx chiama ideologia la sopravvalutazione cognitiva della forma, in linea con la vicinanza concettuale tra eidos e idea (Horn/Rapp 2008, 120) [*2].

4.4.1 Velo ideologico
Il notevole sforzo, che Marx deve compiere per mostrare il nesso logico che si nasconde dietro i fenomeni dell'ambivalenza e della perversità - già nella sola totalità mercantile - rende evidente che tale nesso logico elude i modi di pensare e di percepire altrimenti consueti (cfr. Postone 2003, 211 s.). Ed è questo il motivo per cui è necessaria una teoria speciale, per poterlo comprendere. La comprensione della sua alternativa, vale a dire di una concezione pre-teorica della realtà, sviluppata a partire da questa teoria, risiede in una concezione pre-teoretica della realtà; la realtà merce viene ricevuta solo in maniera indistinta, e in modo essenzialmente fuorviante, come se la realtà si trovasse seminascosta dietro un velo ideologico. Ciò che qui si intende, è la metafora del velo di nebbia, quella che Marx ha sovente variato (Marx 2017, 128; MEW 23:86, 90, 94). Il racconto di Gogol', Šinel (in inglese: Il cappotto), è un esempio di come Gogol' renda tangibile l'astrazione per il lettore. A essere inerente all'astrazione, è la tendenza a impegnare qualcosa di concreto nell'incarnazione di un astratto, e quindi a invalidare la sua coincidenza significativa (ciò che si intende è la coincidenza di ciascuno dei suoi elementi, l'uno con l'altro, così come il loro inserimento in un contesto temporale, ideale o fattuale). Il lettore viene incoraggiato a compiere da solo questo capovolgimento, e ad aspettarsi che esso sia sbagliato: «Di cognome l’impiegato si chiamava Bašmàckin. E dal cognome stesso era evidente che il cognome doveva essere derivato, tempo prima, da bašmàk: ma quando, in che periodo e in che modo fosse derivato da bašmàk, non lo sapeva nessuno. E il padre, e il nonno, e perfino il cognato e proprio tutti i Bašmàckin portavano gli stivali, e li facevano risuolare solo tre volte l’anno.»(Gogol': Il cappotto. Russo originale: PSS 3:142). L'inversione mercantile del rapporto, tra l'astratto e il concreto, appare nel fatto che il significato generale del nome viene trasferito alle qualità individuali dei ciascun portatore. Il narratore misura le persone interessate in base all'aspettativa che possono avere rispetto a un'incarnazione concreta del significato generale e astratto del nome. (Risulta così che le persone non soddisfano questa aspettativa; il fattore decisivo, tuttavia, è che qui l'aspettativa è diretta a loro, in modo che essi incarnino l'universale-astratto in quanto individui concreti.) Le singole sezioni dell'affermazione, si trovano a essere costantemente collegate ai loro rispettivi diretti vicini, eppure la connessione tra l'inizio e la fine dell'affermazione - che viene involontariamente assunta durante la lettura - sembra essere priva di significato. Le consuete strategie di comprensione non vengono perciò immediatamente frustrate in quella che è la loro esecuzione, ma devono comunque apparire a un lettore, il quale voglia riflettere non solo sui brevi passaggi individuali della sua comprensione, ma anche sull'affermazione complessiva, vedendola come un fallimento, perché l'affermazione complessiva non trasmette un significato impeccabile. In questo modo, ecco che il testo letterario evoca un'esperienza di quel marxiano velo ideologico. Un altro esempio del capovolgimento del rapporto tra il generale-astratto e il sensuale-concreto, è l'azione concreta di un singolo ospite dell'hotel in "Mërtvye duši" ("Le anime morte"), introdotta dapprima come l'attributo di una descrizione universalmente valida di quelle che sarebbero le caratteristiche dell'hotel: « La camera era di un genere ben noto, giacché anche l’albergo era di un genere ben noto, cioè come sono solite essere le locande delle città di provincia, dove per due rubli al giorno i viaggiatori di passaggio si vedono assegnare una confortevole camera con scarafaggi che fanno capolino come prugne secche da tutti gli angoli, e con una porta comunicante con la stanza attigua, sempre barricata da un comò, dove i viaggiatori hanno una stanza tranquilla per due rubli al giorno, con una porta per la stanza vicina, in cui si stabilisce il vicino, sempre bloccata da una cassettiera, silenziosa e silenziosa. ma signore estremamente curioso, che mostra un grande interesse per il viaggiatore e la sua posizione». (Gogol': Le anime morte. Russo: PSS 6:8). La persona e l'azione del "prossimo" si concretizzano in maniera tale da diventare non plausibili, in quanto attributo universalmente valido, finendo per assumere un carattere individuale-concreto. Ciononostante, il narratore accetta il vicino solo come se fosse il dettaglio di una descrizione generalmente valida per tutte le «locande nelle città di provincia». Nel linguaggio convenzionale, una descrizione così universalmente valida, richiede un alto grado di astrazione. L'alienazione di Gogol' da quello che è l'uso convenzionale del linguaggio, qui non appare necessariamente come un gioco arbitrario fatto con il materiale linguistico; ci si può benissimo riconoscere in essa un'allusione alla realtà mercantile. In una seconda fase del pensiero, possiamo riconoscere che, data la totalità della merce, è del tutto possibile che "il prossimo" rappresenti ancora un tipo astratto, e questo perché gli individui concreti appaiono così prevedibili, fino ai dettagli più personali. Sotto il segno della forma merce, "l'uomo moderno" assume quei "tratti stereotipati" (Adorno 1973, 307) che altrimenti Gogol' tematizza come pošlost'. [*3] L'analisi del racconto "Nevskij prospekt" mostrerà che il pošlost' consiste in un rovesciamento del rapporto tra il generale-astratto e l'individuale-concreto, visto in senso socio-psicologico, e anche esso è prodotto da Gogol' con l'aiuto di un processo che replica strutturalmente il rovesciamento. Sempre nella "prospettiva Nevskij", un discorso caratteriale articola in una forma particolarmente pura il rovesciamento del rapporto tra il generale-astratto e il sensuale-concreto, in cui si richiede l'amputazione del naso a partire dalla speranza di poter risparmiare i costi per il tabacco da fiuto. Il naso, viene qui visto come una pura causa di costi, vale a dire che viene riconosciuto solo in quanto incarnazione di un valore di scambio astratto - in questo caso negativo - mentre non ha più alcun significato sensuale-concreto (PSS 3:37s.; vedi sotto capitolo "4.5.3 Schematizzazione della coscienza").

4.5 La totalizzazione della dualità
Per la letteratura, l'astrazione ha un significato che difficilmente può essere sopravvalutato, vale a dire, sia per la sua progettazione che per la sua ricezione, e inoltre anche per la concezione teorica di entrambe. Per quel che riguarda il legame tra la letteratura e l'altra realtà, diventa di importanza decisiva il fatto che l'astrattezza non è un «processo di astrazione meramente concettuale», ma è piuttosto un «vero e proprio processo sociale di astrazione» (Postone 2003, 235).

4.5.1 Realtà dell'astrattezza
L'affermazione, secondo cui l'astrattezza – al di là del puro pensiero – possa essere parte della realtà, contraddice le idee comuni sulla ragione quotidiana. La realtà dell'astrattezza, può essere spiegata a partire dal fatto che le persone moderne hanno creato delle forme di lavoro le quali ottimizzano lo svolgimento delle attività intellettuali e pratiche (così come ottimizzano le loro circostanze e condizioni) a favore della scambiabilità dei prodotti del lavoro, e quindi danno realtà all'aspetto del lavoro astratto (MEW 13:18s.). In particolare, grazie ai risultati del loro lavoro, sono le persone stesse a diventare intercambiabili tra loro. Nella modernità, scompare l'esperienza di creare qualcosa personalmente, o collettivamente, con le proprie forze, e che poi possa essere utilizzato anche da sé stessi, o da altre persone di fiducia. Invece, nella vita lavorativa, nella formazione e nel tempo libero, le persone vengono indirizzate verso l'una o l'altra azienda, la quale già funziona come tale anche senza il loro intervento individuale, e i cui prodotti o servizi vanno a beneficio di un gruppo target anonimo (cfr. GLW 2:263, 265, 268, 270s.). Così l'uomo moderno sperimenta la «peculiarità [...], per cui il lavoro concreto diventa la manifestazione del suo opposto, il lavoro umano astratto [... e per cui] il lavoro privato diventa la forma del suo opposto, il lavoro esistente in una forma direttamente sociale» (MEW 23:73). Anche se, inizialmente, il lavoro umano nell'industria era paradigmatico per un tale rapporto, bisogna dire che, nel tempo, quasi tutte le attività dell'uomo moderno sono diventate simili a esso. L'intercambiabilità, priva il soggetto del ruolo che l'Illuminismo gli aveva assegnato, di modo che il soggetto viene ora indicato, nel linguaggio della teoria dei sistemi, come «l'ambiente dei sistemi sociali» (Luhmann 2002, 234). Inoltre, nel corso della soppressione dell'agricoltura di sussistenza a favore dello scambio di merci, il confronto astratto con la forma-valore diventa una necessità quotidiana, e pertanto il capovolgimento del rapporto, che passa dal generale-astratto al sensuale-concreto, diventa un'abitudine: «È come se l'animale, l'incarnazione individuale di tutto il regno animale, esistesse insieme e accanto ai leoni, alle tigri, alle lepri e a tutti gli altri animali reali, che insieme formano i diversi sessi, specie, sottospecie, famiglie, ecc. del regno animale. Un simile individuo, che include in sé tutti i tipi realmente esistenti della stessa cosa, è un universale, come lo è l'animale, Dio, ecc.» (Marx 2017, 112) In questo senso, il lavoro astratto si oggettivizza in quanto moderna società industriale (cfr. Postone 2003, 227 s., 251; MEW 23:331-530) in quanto "sistema" (Postone 2003, 245; GLW 2:264), al quale l'individuo è inevitabilmente assoggettato (MEW 42:551).

4.5.2 Alienazione
Questo assoggettamento, si fonda sul carattere duale del lavoro che, inevitabilmente e involontariamente, bandisce ogni attività - qualunque sia il beneficio concreto che essa persegue - relegandola in una funzione di mediazione sociale (se non altro, proprio per i suoi presupposti, e le sue modalità, che sono sempre anche socialmente predeterminate). Ciò che Marx chiamava "alienazione" (MEW 23:455; 40:510-522) nasce a partire da una «società che, in quanto altro - e quasi indipendente, astratto, universale, contrapposto agli individui - esercita su questi ultimi una costrizione impersonale», e forma così una “struttura alienata” (Postone 2003, 246; cfr. anche 251, 423) . Questo tipo di regola "impersonale" è "storicamente nuova" (ibid., 246) e pertanto, per molto tempo, difficilmente viene compresa.  A livello intuitivo (e ancora al di sotto di un concetto pienamente valido), Wolfgang Kayser osserva, tuttavia in modo piuttosto pertinente, che esiste un Altro inquietante in grado di formare una struttura alienata: «Il grottesco è una struttura. Possiamo descriverne l'essenza per mezzo di una frase che spesso ci è stata come imposta: il grottesco è il mondo alienato. Ma tuttavia questo richiede ancora qualche spiegazione. Si potrebbe descrivere il mondo della fiaba [...] come strano e inconsueto. Ma non è un mondo alienato. Ciò include il fatto che tutto quello che ci era familiare e comune si rivela improvvisamente strano e inquietante. È il nostro mondo a essere cambiato. […] Ma chi è la causa dell'alienazione nel mondo, chi è che si annuncia con minacciosa ambiguità? Solo ora stiamo raggiungendo l'abisso dell'orrore di fronte al mondo trasformato. […] Dall'«abisso» emergono gli animali dell'Apocalisse, i demoni irrompono nella vita quotidiana. Non appena potessimo dare un nome alle forze e assegnare loro un posto nell'ordine cosmico, il grottesco perderebbe la sua essenza […]. Ciò che irrompe rimane incomprensibile, indecifrabile, impersonale.» (Kayser 1957, 198 e seguenti).  Il fatto che il mondo precedentemente "familiare" «appaia improvvisamente come straniero» e che «si sia trasformato», costituisce la percezione del Romanticismo, che avviene proprio al tempo della notevole affermazione della forma merce. A differenza di Marx, Kayser non allontana il concetto di società moderna dal suo approccio intuitivo, ma arriva invece al grottesco. Una caratteristica comune è la dualità contraddittoria, che Günther (1968, 23, 30, 33) definisce in quanto poli che si danneggiano a vicenda, mentre Marx invece analizza il carattere duale del lavoro e della merce e, di conseguenza, la "ambiguità" delle varie categorie (MEW 23:passim). Il potere "impersonale" che Kayser vede all'opera nella struttura alienata è - nella terminologia di Marx - il «soggetto automatico» della totalità delle merci (MEW 23:169). Il soggetto automatico fa sì che gli individui, che nella struttura alienata sono stati banditi, ora, nelle loro azioni, eseguano i bisogni sistemici, senza tuttavia pregiudicare il loro benessere individuale: «Non lo sanno, ma lo fanno» (MEW 23:88). In linea con tutto ciò, Gogol’ caratterizza sempre i suoi "tipi negativi" come «colpevoli innocenti» e come «innocenti colpevoli» […] «vittime dell'alienazione» (Günther 1968, 253; vedi anche PSS 8:351). La loro "libertà individuale" consiste nella «completa sottomissione dell'individualità a delle condizioni sociali che assumono la forma di [...] cose indipendenti» (MEW 42:551). Gli esseri umani moderni, calibrati sulla forma merci, ne eseguono la sua logica, come se essa fosse determinata esternamente, di modo che la sua controparte fittizia in Gogol' appare di conseguenza «simile a un burattino» (Günther 1968, 62). Il modo marionetta caratterizza anche lo stile linguistico del linguaggio dei personaggi. Si evita l'evocazione di un contesto di linguaggio interiore e di finzione, «è una lingua che le marionette potrebbero parlare» (Ejchenbaum 1969, 143).

4.5.3 Schematizzazione della coscienza
Nel racconto "Prospettiva Nevskij", di Gogol’, il personaggio di Šiller mostra la disposizione necessaria affinché la coscienza individuale possa adattarsi alla struttura alienata. Šiller vuole che il suo amico gli amputi il naso. Solo per caso il crimine viene prevenuto. Innanzitutto, il ragionamento di Šiller fornisce un esempio esplicito dell'inversione della relazione tra il generale-astratto e il sensuale-concreto, sotto il segno della forma mercimoniale: «“Non lo voglio, non mi serve il naso” diceva agitando le braccia. “A me, solo per il naso, mi ci vogliono tre libbre di tabacco al mese. E spendo, in un lurido negozio russo, perché in un negozio tedesco il tabacco russo non lo vendono, spendo, in un lurido negozio russo, quaranta copechi per ogni libbra. Cioè un rublo e venti copechi; dodici volte un rublo e venti copechi: quattordici rubli e quaranta copechi! E i giorni di festa annuso rapè, perché non voglio fiutare, nei giorni di festa, del lurido tabacco russo. In un anno fiuto due libbre di rapè, a due rubli la libbra. Sei e quattordici, venti rubli e quaranta copechi solo di tabacco. È un furto! Io ti chiedo, amico Hoffmann, non è così?” Hoffmann, che era ubriaco anche lui, aveva risposto che era così. “Venti rubli e quaranta copechi! Io sono un tedesco di Svevia; io ho un re in Germania. Il naso non lo voglio! Tagliami il naso! Ecco il mio naso!”» (Gogol': Nevskij prospekt. Russo. Originale: PSS 3:37 e seguenti.) Šiller identifica il suo naso come la causa dei costi sostenuti, e conclude pertanto che anche il valore di scambio negativo che il naso rappresenta in questo modo, dovrebbe essere annullato, cosa che, in questo caso, significa l'amputazione del naso. Il suo calcolo rapido, e apparentemente preciso, di una relazione complessa che culmina nel desiderio di separare il naso dal resto del corpo, mostra la tendenza alla “scomposizione razionale-calcolatoria”, con conseguente “distruzione [...] organica” (GLW 2:263) “dell'interrelazione” (ivi., 276), e in tal modo allegorizza la reificazione. nel senso definito da Lukács, ovvero allegorizza anche la mercificazione. Nella percezione di Šiller, il naso incarna solamente l'astratto valore di scambio (qui inteso come somma di denaro), ed è pertanto facilmente sacrificabile, in caso negativo, mentre la dimensione sensoriale e concreta del naso - in particolare la sua funzione di organo sensoriale - viene del tutto ignorata. Nel discorso figurativo, così, l'inversione merceologica del rapporto tra l'astratto generale e il concreto sensoriale ,viene realizzata in forma pura, quindi in modo estremo. [*4] Dall'inversione cognitiva deriva l'accettazione dell'alienazione da parte della coscienza: sebbene il fabbro Šiller non abbia alcuna voglia di fabbricare speroni per un potenziale cliente di nome Pirogov, e sebbene inizialmente lo esprima chiaramente, Šiller è comunque disposto a svolgere il lavoro in modo particolarmente accurato. Questo però non per Pirogov, né per il lavoro concreto, né per gli speroni. Nella citazione seguente sono riunite le due fasi del cambiamento: «“Per degli speroni non posso prendere meno di quindici rubli” aveva detto, sperando così di sbarazzarsi di Pìrogov perché, da onesto tedesco qual era [...] Il tedesco si era messo a pensare a come era possibile fare il proprio lavoro perché valesse effettivamente quindici rubli.».(Gogol': Nevskij prospekt. Russo. Originale: PSS 3:38 e seguenti.) L'idea del valore di scambio (qui inteso come il prezzo di "quindici rubli") costringe Šiller a compiere un lavoro che in realtà non ha alcuna voglia di fare. Non è uno sfruttatore a costringerlo, ma la cosa gli si impone; sebbene avvenga sulla base di un valore di scambio, la cui funzione socialmente mediatrice diventa evidente nell'avvio degli affari con Pirogov (PSS 3:38 e seguenti). Šiller figurativizza l'azione di quel potere “impersonale” la cui forma estetica si esprime nel grottesco (Kayser vedi sopra; 1957, 199). Rivelando la struttura mentale che costringe Šiller, la narrazione mostra l'alienazione sotto forma di merci. Nel caso del naso, così come in quello degli "speroni", la coscienza della figura, alienata nella forma di una merce, non percepisce più la dimensione sensuale-concreta della cosa, ma soltanto il suo valore di scambio. Questo tipo di coscienza contribuisce individualmente alla realtà dell'astrazione, poiché percepisce “le cose” solo “in base al numero”, in modo che esse «passano davanti a noi come se fossero state confezionate» (Šklovskij 1969, 13), e  sacrifica con leggerezza la forma materiale soggiacente a favore di un'astrazione, come ci mostra paradigmaticamente la scena sopra discussa relativa al desiderio di amputazione del naso (vedi sopra; PSS 3:37f.). La percezione ripetuta, delle cose, in base al loro valore di scambio, anche nei casi come quello del naso, laddove non può esserci la questione di una transazione, significa che, nella percezione di Šiller, le cose soccombono a uno schema rigido. Lo schema e la sua rigidità, si riflettono negativamente anche nella confusione che viene assunta dal discorso del personaggio, non appena cerca di uscire dallo schema abituale. Questi casi, sono caratterizzati da una non motivata ed enfatica auto-denominazione come "Tedesco di Svevia" ("Ja švabskij nemec", "Ja – švabskoj [sic] nemec" PSS 3:38; "u menja v Švabii mat' moja" PSS 3:44). Lo schema è quello del "packaging", del confezionamento di cui parla Šklovskij. Lo schema rigido è un concetto che viene imposto a un oggetto senza tener conto, per quanto possibile, delle sue caratteristiche oggettive, della sua mutevolezza e della sua condizionabilità. Se, nel corso dell'inversione merceologica del rapporto tra generale-astratto e sensibile-concreto, il sensibile-concreto viene considerato solo come l'incarnazione del generale-astratto, allora ogni concetto deve cristallizzarsi in uno schema che astragga il più possibile dalle caratteristiche sensibili-concrete. La cognizione astratta sfocia inevitabilmente in una “schematizzazione della coscienza” (GLW 2:511). La semantica del suono scoperta da Ejchenbaum (1969, 129) può essere intesa come uno dei metodi per la progettazione artistica della schematizzazione delle merci. La "confezione" schematica (Šklovskij) viene realizzata sotto forma del «guscio fonetico di una parola» (Ejchenbaum 1969, 129). Il parallelo con lo schema rigido, può essere visto in senso figurato, nel fatto che in entrambi i casi il vaso – il vaso fonetico, nel caso della semantica sonora, e il vaso concettuale solidificato nel caso dello schema – articola un significato che non tiene conto del significato del suo contenuto. Il contenuto di questa immagine è costituito dalla semantica, motivata lessicalmente nel caso della semantica del suono, o dalle proprietà concrete dell'oggetto presumibilmente previsto, nel caso dello schema. Come esempio, Ejchenbaum (1969, 136-139) cita la peculiare designazione del colore del viso della figura Akakij AkakievicQuindi, in un dipartimento lavorava un impiegato, un impiegato che non si può dire che fosse molto interessante: basso di statura, un po’ butterato, un po’ rossiccio, perfino un po’ miope, a guardarlo, con una grande stempiatura sulla fronte, con delle rughe sulle due guance e con quel colore del viso che si chiama emorroidale…»(Gogol': Il cappotto. Russo PSS 3:141). Ejchenbaum (1969, 137) nota il «potere emotivo-espressivo» della forma fonetica della parola gemoroidal (ing.: "emorroidario"), che pertanto viene percepita come un «gesto sonoro indipendente dal significato». L'effetto della procedura viene poi accresciuto dal fatto che l'orecchio è «sintonizzato sulla ricezione delle impressioni sonore» per mezzo della «intensificazione ritmica e della sequenza di finali dallo stesso suono nelle parole rjabovat, ryževat, podslepovat» (ibid., 139). Deviando dall'interpretazione di Ejchenbaum, va notato che – nonostante tutta l'insensatezza del lessico – la semantica del suono ha tuttavia il senso di una mimesi della schematizzazione mercantile della coscienza. Secondo la tradizione aneddotica, Gogol' ha visto, attraverso la natura schematica dell'uomo moderno chiuso nella forma di merce, a tal punto che può (o pensa di poterlo fare) estrapolare la sua intera biografia a partire dall'indicazione di alcune caratteristiche simili a maschere di una persona. Si dice che Gogol' abbia sviluppato la figura del consigliere titolare Akakij Akakievic a partire da un aneddoto su un altro funzionario statale, in modo molto simile (Günther 1968, 163).

4.6 Šinel' (Il cappotto)
Nel caso del personaggio principale del racconto, Šinel, in primo piano vengono messi i tratti decisivi dell'essere umano modellato da una merce. Akakij Akakievic dedica interamente la sua vita a quella che, negli affari burocratici, è una funzione poco brillante. La sua unica attività consiste nel copiare documenti (PSS 3:144). Lo svolgimento individuale di tale attività ha poco senso, a lungo termine e nell'immediato, ma realizza il suo scopo nel contesto sociale di una burocrazia estesa. La sua attività raffigura quindi quel «lavoro in una forma direttamente sociale» (MEW 23:73), che aiuta l'astrattezza a diventare realtà. Akàkij ha subordinato la propria individualità all'impresa burocratica, a tal punto che continua la sua attività anche nel tempo libero (PSS 3,145s.); nel mondo, non si accorge quasi di nulla, se non di questa attività (PSS 3,145) e rifiuta espressamente di impegnarsi in un'attività che sia, anche solo un po', più ingegnosa (PSS 3,145). Dopo la morte di Akakij, il narratore sottolinea la sua insignificanza oggettiva a livello umano, e la sua fluida sostituibilità nell'operazione burocratica (PSS 3:169). La semplice sostituibilità di Akakij, conferisce alla sua esistenza la sensazione di un modulo funzionante puro. La figura incarna in modo estremo l'essere umano simile a una merce, poiché rifiuta un significato individuale delle sue attività, e pertanto può così incarnare solamente la funzione socialmente mediatrice del suo lavoro. Di conseguenza, la vita di Akakij consiste interamente in tempo di lavoro, in modo che così il personaggio viene allontanato dal naturale corso di crescita e di cambiamento: «Quando e in che periodo fosse entrato nel dipartimento e chi l’avesse assunto, era una cosa che nessuno poteva ricordare. Per quanti direttori e capufficio fossero cambiati, lo avevano visto sempre nello stesso identico posto, nello stesso atteggiamento, con gli stessi compiti, sempre impiegato copista; tanto che poi assicuravano che era come se lui fosse venuto al mondo già pronto, con la divisa e con la calvizie in testa.» (Gogol': Il cappotto. Russo: PSS 3:143). Visto in questo modo, la figura rappresenta il destino moderno nel quale una persona viene completamente assorbita dal proprio lavoro, e ciò avviene nel senso problematico per cui la sua potenziale individualità è «subordinata alla produzione sociale», mentre, al contrario, la «produzione sociale [...] non è subordinata agli individui» (MEW 42:92). Ne consegue che, in definitiva, la figura ha assunto la forma di una cosa a favore del servizio, e quindi assume le caratteristiche decisive dell'essere umano modellato dalla merce. Si può affermare - soprattutto contro le letture ispirate dalla critica sociale - che attraverso la figura il lavoro moderno appare, non tanto come oggetto di dominio (come ha problematizzato il marxismo tradizionale), quanto piuttosto come una forma stessa di dominazione. Akakij incarna «l'alienazione in quanto dominazione auto-generata» (Postone 2003, 199) e quindi rappresenta l'opera di quel potere "impersonale" a cui il grottesco dà forma estetica (Kayser vedi sopra; 1957, 199). Con la caratteristica di essere ridotto a un funzionamento astratto sul posto di lavoro, Akakij non forma un contrasto, ma rappresenta soltanto la logica continuazione dei suoi concittadini, i quali non vanno al di là dello status di attività insensata, o di distrazione nel loro tempo libero (PSS 3:146). Nell'universalità di questo destino, appare la socialità, la quale fa sì che in primo luogo l'adattamento, che altrimenti sarebbe solo puramente individuale, della condotta della vita a un funzionamento astratto, diventi qualcosa che deve poi essere considerato come la realtà dell'astrazione. Come generalmente accade, la marionetta non è di per sé grottesca. Il grottesco si instaura solo nel momento in cui l'aspetto simile a un burattino si trova a essere sovrapposto a dei tratti di umanità (Günther 1968, 25; Kayser 1957, 209f. EN 27). Un tema ricorrente nella storia della comprensione dell'opera di Šinel' è il riferimento ai suoi «passaggi umani». Il seguente brano evoca aspetti fondamentali dell'umanità: « I giovani funzionari ridevano di lui e facevano gli spiritosi ai suoi danni, per quanto glielo permetteva l’umorismo burocratico [...] Akàkij Akàkevic a questo non rispondeva una parola, come se, di fronte a lui, non ci fosse nessuno [...] Solo se lo scherzo era troppo pesante, se gli davano un colpo sul braccio impedendogli di fare il proprio lavoro, lui diceva “Lasciatemi stare, perché mi offendete?” E c’era qualcosa di strano, in queste parole e nella voce con cui erano dette. Vi si sentiva qualcosa che induceva talmente alla compassione, che un giovanotto, assunto da poco, che, secondo l’esempio degli altri, si era permesso di prenderlo in giro, si era fermato d’un tratto, come fulminato, e da quel momento era come se tutto fosse cambiato, ai suoi occhi, e gli sembrasse in tutt’altro modo. Come se una qualche forza non naturale lo allontanasse dai suoi compagni che aveva conosciuto come persone per bene, di mondo. E a lungo, poi, nei momenti più allegri della sua vita, gli era tornato in mente il piccolo impiegato con la calvizie sulla fronte, e le sue toccanti parole: “Lasciatemi stare, perché mi offendete?”, e in queste parole toccanti risuonavano altre parole: “Io sono tuo fratello”. E quel povero ragazzo si copriva la faccia con la mano, e molte volte era trasalito, nella sua vita, vedendo quanta disumanità c’è nell’uomo, quanta furiosa volgarità sia nascosta nel raffinato, educato uomo di mondo, e Dio mio!, anche nell’uomo che il mondo giudica nobile e onesto.» (Gogol': Il capotto. russo: PSS 3:143s.) Per un effetto sentimentale, la comicità e l'ironia praticate prima e dopo appaiono qui volutamente spezzate. Nel discorso del "fratello" e nelle espressioni di coscienza del collega, compare una norma umanistica che fa apparire il personaggio di Akakij, che per il resto viene trattato con poco rispetto dal narratore, come un essere umano la cui tragedia può essere vissuta attraverso la simpatia suggerita al lettore. È solo nell'apparizione del burattino, tuttavia predisposto alla tragedia e all'umanità, o dell'essere umano, che viene però controllato dagli altri come fosse un burattino, che si realizza il duplice carattere della prestazione mercantile della vita, e che ha trovato la sua forma estetica nel grottesco. Nel corso successivo della trama, il personaggio sembra acquisire ancora più umanità, nel comprare un cappotto nuovo. Tuttavia, non è altro che la produzione artistica di un aspetto superficiale, creato dalla negazione sotterranea dell'apparenza. Akakij potrà permettersi il nuovo cappotto solo a causa di alcune privazioni. Tuttavia, non è un carattere forte, il suo, che gli permetta di fare quelle privazioni a favore di una ricompensa successiva, ma invece le sopporta in modo concepibilmente impersonale, in cui «in qualche modo si è abituato alle privazioni, e la cosa ha funzionato» ("kak-to privyklos' i pošlo na-lad" PSS 3:154). In superficie, il cappotto nuovo cambia la vita di Akakij ancora prima di poter finalmente essere acquisito: « [...] si nutriva, però, spiritualmente, portando nei propri pensieri l’eterna idea del futuro cappotto. Da quel momento era come se la sua stessa esistenza fosse diventata in un certo senso più piena, come se si fosse sposato, come se ci fosse stata un’altra persona, sempre con lui, come se non fosse solo, ma una piacevole compagna avesse acconsentito a percorrere con lui il cammino della vita, e questa compagna non era nient’altro che un cappotto ben imbottito, con una fodera robusta che non si sarebbe consumata. Era diventato quasi più vivace, più fermo, di carattere, come un uomo che abbia determinato e si sia prefisso uno scopo. Dalla sua faccia e dai suoi atti erano scomparsi il dubbio, l’indecisione, cioè tutti i tratti indeterminati e incerti. Ogni tanto una fiamma brillava nei suoi occhi, in testa gli balenavano perfino i pensieri più insolenti e arditi: perché non mettere della martora, nel colletto?» (Gogol': Il cappotto. Russo: PSS 3:154 e seguenti.) Il quadruplo «come se» indica che il nuovo cappotto deve servire a compensare tutte le carenze di vitalità di Akakij e che le dimensioni di vitalità che devono essere raggiunte sono solo pseudo-qualità. Appare la normalità moderna, problematizzata da Marx, della venalità di tutto, comprese le qualità umane (MEW 40:565f.). Anche nel passaggio citato, la presunta nuova forza di carattere di Akakij viene assunta, ad absurdum, secondo l'osservazione  secondo cui l'"audacia" dei suoi pensieri si esaurisce nel considerare la riorganizzazione della bozza del cappotto. Questo significa che anche in questo caso non sta cercando una via d'uscita dalla totalità delle merci, ma rimane al suo centro. La diffusa opinione che "grazie al cappotto, Akakiy inizia a superare la totale limitazione e disumanità dell'esistenza del suo scrittore." (Günther 1968, 176), deve quindi essere contraddetto nella misura in cui l'inumanità dell'esistenza di Akakij è resa riconoscibile proprio dal fatto che crede di poterla superare con l'aiuto di un mantello idolatrato. Infatti, dopo aver acquisito il testimone, la crescita di Akakij si rivela insignificante. In effetti, i suoi contemporanei apprezzano il nuovo cappotto solo in lui, mentre Akakiy è alienato e isolato dal mondo – in breve, alienato – come prima (PSS 3:157-160). Il possibile climax della sua vita sociale finisce con lui che si allontana di nascosto dalla casa del padrone di casa senza che nessuno se ne accorga (PSS 3:160). Quello che appare qui è l'individuo per cui la società "come l'Altro quasi indipendente, astratto, universale [...] " (Postone 2003, 246); e se si considerano anche le altre caratteristiche del personaggio già analizzate, si può aggiungere che in Akakij si manifesta quella che Marx definiva «la scomparsa del soggetto concreto» nell'«astrazione diventata reale» (Schlaffer 1981, 53). La fine della storia, spesso considerata misteriosa, mostra come in Akakij, dopo la sua morte, la forma di merce divenga "spettrale", alla stregua della cosa a forma di merce in Marx (MEW 23:52). La lettura diffusa, che si tratti di "giustizia" nel senso di "umanesimo sociale" (Günther 1968, 164) o di "compassione sociale" (ivi., 166) (ibid., 164) dev'essere messa in dubbio per le seguenti ragioni: poiché, come un fantasma, Akakij continua indiscriminatamente l'avidità violenta da lui messa in atto contro altre persone (PSS 3:169s., 172). Anche quella "persona importante" ("znacitel'noe lico" Sals 3:170), che non ha rubato il cappotto di Akakij, ma che anzi, seppur tardivamente, prova "pietà" per lui, e gli invia un'offerta di aiuto ("sožalenija. Sostradanie" (SAL 3,171), viene da lui derubato. Lo spettrale Akakij, cerca di giustificare la ripetizione dell'ingiustizia subita, con una breve spiegazione: «"Ah, eccoti, finalmente! Finalmente, questo, ti ho preso per il colletto! Mi serve il tuo cappotto! Non ti sei preoccupato del mio, mi hai anche strapazzato, perfino, adesso mi dai il tuo, ecco!”». (Gogol': Il cappotto. russo: PSS 3:172). L'ipocrisia dell'autore del reato, risiede nel fatto che ha già tanti altri cappotti rubati, e ruba anche il cappotto alla persona importante. Così facendo, sta compiendo un atto contro contro la persona importante su cui una volta aveva detto che fosse inammissibile  (SAL 3:166s.). Non si tratta più di un atto di giustizia, ma – soprattutto da quando egli stesso è morto, dopo essere stato derubato della protezione del suo cappotto, nel clima invernale di San Pietroburgo – si tratta piuttosto di una vendetta esagerata dovuta al fatto che la persona importante una volta gli ha parlato in modo scortese. In linea con il significato del termine dato da Marx e anche nel senso di «incarnazione individuale […] di un univerrsale» (Marx 2017, 112), l'apparizione spettrale che si manifesta dopo la morte di Akakij, si rivela intercambiabile. In modo elaborato, e smentendo anche il richiamo alla giustizia spesso ipotizzato, il narratore spiega che il fantasma può essere identificato sempre meno chiaramente in Akakij: è possibile che altri abbiano già preso il suo posto, ma che svolgano un ruolo simile (PSS 3:170, 173f). Il fatto che il motivo per cui questo fantasma, astratto e simile a una merce, coincida con l'avidità che in precedenza aveva spinto i ladri a rubare il cappotto di Akakij, viene suggerito dal fatto che il fantasma - proprio come i ladri - ha dei “baffi” e, se necessario, minaccia con un "pugno" innaturalmente grande (“us[y]” “kulak” PSS 3:161, 174). Un altro aspetto del duplice carattere del personaggio Akakij, è quello per cui egli non è solo una vittima dell'avidità, ma è anche lui stesso un carnefice. La trasformazione in una figura criminale avviene sotto il segno della spettralità, ovvero sotto il segno della sua astrattezza merceologica o, in altre parole, sotto il segno di quella funzione di mediazione sociale che la forma merceologica impone a ogni uomo moderno come componente permanente della sua esistenza (e che di solito non viene consapevolmente riflessa). Akakij definisce questa avidità “disumana” (“bescelovecnym” PSS 3:166), facendo eco al discorso iniziale del narratore, che presenta Akakij al lettore come un ‘animale’ (tuttavia solo nella prima versione del racconto) (“životnoe” PSS 3:446). Un altro aspetto della dualità è che con il discorso sull'animale non si intende l'animale in senso stretto, ma l'uomo ricondotto al suo elemento animale, motivo per cui il narratore definisce il personaggio non solo un “animale”, ma nello stesso respiro anche un “uomo ben disposto” (“blagonamerennyj celovek” ibid.). Il parallelo con la teoria di Marx consiste nel fatto che anche quest'ultima deduce che la forma merce rimandi l'uomo al suo elemento animale. L'uomo ricondotto alla sua natura animale è fondamentalmente ostile al mondo (MEW 40:514f.), così come accade nel caso di Akakij, la cui intera vita (“vsë” PSS 3:143) è segnata da un pianto precoce con cui egli accoglie il mondo da neonato, «come se avesse intuito in anticipo» il suo destino di amministratore delegato («predcuvstvoval» PSS 3:142), continuamente tormentato dai suoi colleghi (PSS 3:143, 147) e derubato del suo cappotto nuovo (PSS 3:161). {…}

11 Sintesi: la grottesca mimesi della forma merce
11.1  L'alienazione romantica rispetto alla mimesi
Con l'avvento, l'affermarsi e la generalizzazione della modernità merceologica durante il periodo oggi denominato Sattelzeit (Koselleck), la società diventa per l'uomo una “seconda natura” (Lukács GLW 2:260). Karl Marx, quasi coetaneo di Gogol, ha trovato, in un modo oggi considerato classico, i concetti per analizzare quei cambiamenti radicali che hanno caratterizzato il periodo tra il 1750 e il 1850, e ai quali anche l'arte ha saputo reagire. La mimesi, intesa all'epoca come “imitazione della natura” (Erhart 2007, 598), è stata dapprima inizialmente tenuta a orientarsi proprio verso questa seconda natura creata dall'uomo (cfr. ibid.), e questo prima che il Romanticismo, a causa del vuoto di significato subito dalla seconda natura (Lukács 1963, 55, 60f., 115) abbandonasse del tutto una tale mimesi così intesa. Il Romanticismo invece coltiva il grottesco (Kayser 1957, 50-107), il quale estetizza l'insensatezza della quotidianità moderna, talvolta, da una parte, con intento compensatorio (ibid., 36, 130; Haaser/Oesterle 2007, 747) mentre, dall'altra, sembra escludere la mimesi (Petersen 2000, 231-233; Bode 2007, 69; Drubek-Meyer 1998, 131). In questo contesto storico-sociale e teorico, un ricorso alla mimesi nella teoria letteraria è possibile solo se si considera più da vicino quella seconda natura che sembra essere artisticamente difficile da digerire.

11.2 Analogia strutturale della forma merceologica, grottesca, allegoria
I concetti necessari a questo, sono i concetti di Marx, di forma merce, alienazione e reificazione; alcuni dei quali Hans Günther (1968) ha già utilizzato nella sua definizione di grottesco nell'opera di Gogol', ma senza tuttavia sfruttarne appieno il potenziale concettuale. Solo un'applicazione più coerente di questi concetti, ha dimostrato che la forma della merce non solo caratterizza quelle «caratteristiche essenziali della realtà» e che «il grottesco di Gogol vuole rendere consapevoli» (Günther 1968, 235), ma che tale forma coincide anche con la struttura del grottesco. Il grottesco, pertanto, può essere visto come una forma d'arte estetica appropriata alla mercificazione, nella misura in cui, nel grottesco, il montaggio di elementi disparati viene consapevolmente creato dall'autore; e che altrimenti, tale montaggio si verifica involontariamente nel mondo capovolto simile alla mercificazione. L'assemblaggio di elementi disparati, equivale alla dissociazione e alla spietata ricombinazione in cui si traduce l'astratta equiparazione della forma-valore. In questa analogia strutturale, così come nella caratteristica dell'ambivalenza strutturale, non solo il grottesco e la forma-merce coincidono, ma coincidono anche l'allegoria e la forma-merce. Lo studio ripercorre e traccia la corrispondenza strutturale tra il grottesco e la forma merce nella loro rispettiva dualità, ovvero riconducendoli al duplice carattere delle manifestazioni mercificanti. Il principio fondamentale, della supremazia del valore di scambio sul valore d'uso, viene realizzato da Gogol' sia stilisticamente che tematicamente come insensatezza che reclama significato e costituisce il tema della pošlost'. Nell'immagine letteraria della pošlost', la forma merce non solo trova la sua corrispondenza stilistica, cioè formale, ma nell'immagine della pošlost' diventa anche tematica l'impronta merceologica della società. Con questo risultato di ricerca viene soddisfatta pertanto la richiesta formulata da Günther (1968, 4), di una «sintesi tra approccio letterario-formale e approccio contenutistico-sociale».

11.3  L'estetizzazione della forma merce come elemento dominante dei Racconti di Pietroburgo
Dall'analisi è emerso che alla mimesi grottesca della forma merce si aggiungono altri espedienti e procedimenti caratteristici di Gogol', i quali creano un'analogia diretta con momenti centrali della forma merce: la digressione, il mosaico, il salto di categoria mascherato da una grammatica intatta, la tecnica della maschera anche in riferimento alla rappresentazione dei personaggi, la pseudo-individualizzazione, il tropo rivolto verso il basso, la dissoluzione stilistica della logica espressiva con il contemporaneo mantenimento della logica linguistica, la semantica fonetica. In questo caso, la specificità artistica dell'ambiguità non esclude a priori l'ipotesi che la forma merce sia il modello reale di una mimesi, ovvero che il concetto teorico di forma merce sia il pretesto di un'allegoria. Ciò per due motivi: in primo luogo, la forma merce stessa provoca un'ambivalenza della realtà; in secondo luogo, il concetto teorico di forma merce è motivato in modo critico e dialettico per sfuggire alla schematizzazione e all'univocità della forma merce. Sia nel discorso su una realtà in forma merce che nei concetti necessari alla sua riflessione, nei quali quindi è già insito il momento dell'ambiguità.

11.4 Ambiguità della Merce nella teoria e nella letteratura
La spiegazione dialettica dei concetti teorici da un lato, e l'ambiguità strutturale del grottesco e dell'allegoria dall'altro, si completano a vicenda nel momento in cui entrambi gli aspetti si incontrano nell'allegoria letteraria. L'esempio dell'identificazione della mercificazione nella figura di Akakij Akakievic (vedi sopra capitolo “4.6 Šinel'”) ha dimostrato che l'identificazione concettuale non mira a un'eccessiva univocità della rappresentazione letteraria, poiché il concetto dialettico in quanto tale si oppone a questo. È emerso che il personaggio di Akakij Akakievic può essere ricondotto al concetto di forma merce proprio poiché si vede che il personaggio oscilla tra essere umano, marionetta, animale, modulo operativo, fantasma, e quell'altro indefinito che il fantasma forse rappresenta. Allo stesso modo, lo studio ha scoperto altri passaggi nell'opera di Gogol, in cui l'autore crea, con procedure speciali, un'ambiguità che può facilmente farle intendere come mimesi di determinati momenti di ambivalenza merceologica. In tutti i casi, l'effetto estetico è quello del grottesco. I concetti marxiani possono essere considerati come quadro di riferimento allegorico (o almeno come contesto di lettura), perché sono autoriflessivi, a causa del loro motivo critico o dialettico, ed escludono una rigida univocità. Forse questo spiega anche la corrispondenza tra la teoria di Marx e l'arte di Gogol, in termini di storia dei loro effetti, ovvero che entrambe hanno goduto di un significato movimentato ma, proprio per questo motivo, duraturo, fin dalla loro creazione (su Marx: R. Kurz 2010, 15). L'ambivalenza nell'arte di Gogol, che si basa su forma e contenuto, può quindi certamente essere vista come una componente realistica di un'immagine dell'alienazione dell'uomo reso simile a una merce, e in cui l'uomo e la realtà che crea, soccombono a una dualità d una merce totalizzata. Oltre alla specificità artistica, ancora non influenzata dall'ambiguità, è importante tenere conto dell'ambivalenza quasi mercenaria del mondo capovolto, che può benissimo riprodursi nell'opera d'arte, in modo che così abbia una qualità mimetica proprio sotto quegli aspetti dei quali di solito meno si sospetta. E questo è particolarmente vero per quegli approcci che, ispirati dallo strutturalismo e dal post-strutturalismo francese, reinterpretano la dualità della merce in quanto proprietà del linguaggio. (Kristeva la definisce "doppia"). Tale visione è già stata criticata da Marx (MEW 26.3:134).  A causa delle somiglianze, tra la struttura formale o stilistica da un lato, e la struttura logica dall'altro, sia l'allegoria che il grottesco possono essere attribuiti a un potenziale mimetico. I Racconti di Pietroburgo di Gogol diventano mimesi poiché il loro materiale è assai ricco di allusioni alle caratteristiche del modernismo delle merci. La combinazione, senza soluzione di continuità, tra contenuto materiale e forma stilistica, costituisce la mimesi della forma merci.

11.5 Diversi Aspetti della Mimesi
Nella mimesi della forma merci, il grottesco si fonde con l'allegoria. Questo può essere spiegato dal fatto che la forma della merce forma una totalità [*5]. Non appena la realtà, in quanto totalità, potrà semplicemente essere concettualizzata oppure, in altre parole, non appena tutto ciò che è sensuale-concreto sarà (tendenzialmente) solo l'incarnazione di un generale astratto, la mimesi dovrà diventare allegoria. Nei testi esaminati, il grottesco ha la funzione di mimesi allegorica e allegoria mimetica. La forma della merce evoca una realtà di astrazione. La coscienza, simile a una merce, tende a schematizzarla e a fraintenderla. Per quanto riguarda la realtà dell'astrazione, che presenta le caratteristiche dell'irreale, e questo a causa della cognizione tradizionalmente modellata, e poiché risente ancora della inaffidabilità della coscienza schematizzata, vediamo che c'è un incentivo a trovare significativo, nell'arte letteraria, proprio ciò che rinuncia all'imitazione di una realtà; sebbene questa sia una cosa che viene erroneamente intesa. Tutto ciò spiega perché il Romanticismo, in particolare, si preoccupò di liberare l'arte dalla mimesi. D'altra parte, è stato ora dimostrato che si tratta proprio di una forma di irrealtà presunta particolarmente espressiva, ovvero il grottesco, quello che trae la sua qualità mimetica dal fatto che stilizza, in riconoscibilità, le specifiche strutturali della forma merce . Nel riconoscimento del fatto che da un lato il grottesco, precedentemente considerato irrealistico, agisce come una mimesi della forma della merce e che, dall'altro, la forma della merce totalizzata conferisce alla realtà un carattere apparentemente irreale; una formula, questa, che è stata virulenta fin da Kant: «L'arte non può essere "realistica".» (Gerigk 2016, 147), e che va a braccetto con la formula marxista che afferma che il realismo sarebbe «la base di tutta la letteratura» (GLW 4:501).

- Nils Meier - 25 settembre 2025 - pubblicato su https://www.exit-online.org/

NOTE:

[1] Questo viene discusso in dettaglio nel dodicesimo capitolo del libro qui presentato.

[2] Per la discussione filosofica tecnica delle allusioni di Marx ad Aristotele, si veda Pike (1995, 9, 43, 47, 56, 99, 187) e i singoli contributi di McCarthy (1992).

[3] La parola "pošlost'" deriva dalla parola pošlyj, la quale a sua volta significa qualcosa come “banale”, ‘triviale’, “trite e ritrite”, “insipide”. Le diverse direzioni della ricerca su gogol' sono accomunate dalla consapevolezza che il pošlost' consiste in un vuoto o in un nulla, e che tuttavia, allo stesso tempo, richiede un significato in un modo o nell'altro.

[4] Si può osservare un errore di calcolo in Šiller, formulato in modo un po' fragile. In ogni caso, due per due rubli equivalgono a quattro rubli, e non "sei rubli". Questo errore permette una ricezione che rende intuitivamente comprensibile l'inevitabile incoerenza della cognizione simile alla merce qui rappresentata. L'esperienza intuitiva del disaccordo può avvenire senza pregiudizio del fatto che l'irritazione si innesca, a livello cognitivo, che la cognizione di merce domina più affidabilmente, cioè a livello di calcolo.

[5] Nel discorso della totalità della merce, la critica implicita, è che la totalità sia problematica in quanto a rigore non tutto può adattarsi completamente alla forma della merce, ma significa comunque che la realtà moderna è soggetta a una tendenza potente che costringe tutto alla forma della merce, o altrimenti la condanna.

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