
Marx e Gogol' – Un approccio critico ai valori degli studi letterari
di Nils Meier - 25 settembre 2025 -
Introduzione
Il fatto che l'arte, sotto il capitalismo, sia soggetta a una sorta di costrizione merceologica alla separazione, in questo caso alla "scissione dell'estetica", era già stato problematizzato da Robert Kurz nel 2002, nel suo saggio su "L'estetica della modernizzazione". L'unica cosa da aggiungere a questo è che Immanuel Kant, un "ideologo militante della socializzazione del valore" (Kurz 2004, 85), stabilisce, di nuovo e anche qui, la sua direzione filosofica. Nel mentre che Kant ratifica la scissione soggetto-oggetto, nella forma di merce e razionalmente fondata sulla sua teoria della conoscenza (Meier 2025, 10), egli crea anche un piacere disinteressato, per mezzo della sua estetica. In tal modo, dichiara che l'arte è un rifugio dalle imposizioni della realtà mercantile, e così facendo ci serve uno zeitgeist che continua ancora oggi, e che, fin «da Schiller e dal Romanticismo», intende l'arte «come l'altro al mondo» (Kösser 2006, 19). Il prezzo che questo progetto richiede, tuttavia, è «l'isolamento" dell'arte [...] dalla realtà»; alcuni sono felici di pagarlo, poiché credono che così questo li avvicinerà all'ideale della "autonomia" artistica (ad esempio Mukarovský 1970, 31). Dal punto di vista della critica del valore, tuttavia, è inequivocabile che la separazione tra arte e realtà significhi solo che «l'arte [...] scimmiotta il fine in sé del capitale» (Kurz 2002). In questi casi si tratterà esclusivamente di opere d'arte linguistiche, vale a dire, la letteratura e gli studi letterari associati. In questo argomentazione, la comprensione borghese dell'arte si articola, tra le altre cose, nel fatto che l'ideale precedente della mimesi è stato sostituito dal suo opposto. La mimesi significa l'imitazione del resto della realtà tramite l'opera d'arte. Gli studi letterari borghesi, tuttavia, sono però favorevoli alla liberazione dell'opera d'arte linguistica dalle "catene della mimesi" (ad esempio Lachmann 1999, 21), e preferiscono sottolineare l'effetto anti-mimetico della letteratura. Si compiace nel respingere con tono didattico quegli ingenui che sperano ancora di poter ricavare dalle grandi opere della letteratura mondiale informazioni sul mondo reale (cfr. critica: Hermand 1978, 160 e segg.).Tuttavia, così facendo, gli studi letterari alimentano la convinzione secondo cui la letteratura sarebbe in realtà priva di significato. Una convinzione, questa, che sta guadagnando sempre più sostenitori, man mano che i media audiovisivi si diffondono, e via via che essa, a lungo termine, si rivela dannosa per il business degli studi letterari. Ed è per questo motivo che gli studi letterari devono perciò necessariamente rendere omaggio all'infelice e inespugnabile impulso di un' attribuzione realistica del significato. In definitiva, tutto ciò ha portato allo scioglimento degli studi letterari, a favore degli studi culturali, che tuttavia vengono accusati dai critici di essere solo una copia dilettantesca della sociologia, della storiografia o della psicologia. Senza approfondire questa critica, occorre qui prendere in considerazione solo un'obiezione genuinamente letteraria e questa volta giustificata: quella secondo cui gli studi letterari hanno giustamente riconosciuto che un'opera d'arte letteraria si rivela essere un'opera d'arte, proprio perché essa può comunque diventare immensamente importante per delle persone diverse e in tempi e contesti diversi, facendo in modo che il significato di un testo letterario non derivi semplicemente dal suo contesto socio-storico di origine. Marx, aveva già osservato che le opere d'arte, anche se provengono da tempi lontani, possono ancora «concedere il piacere dell'arte e in un certo senso essere considerate come delle norme e degli schemi irraggiungibili» (MEW 13:641). Una scienza culturale per la quale un'opera letteraria non è altro che una testimonianza del suo tempo di origine non riconosce, pertanto. la specificità dell'opera d'arte. Piuttosto, si può presumere che l'opera d'arte linguistica abbia un significato trans-storico, il quale proverrebbe dalla sua «diversa intelligibilità» (Šklovskij 1929, 214), o da quella che è la sua "pluralità" semantica (Lotman 1993, 43). Gli studi letterari convenzionali, invocano ora questo stato di cose al fine di poter giustificare la separazione ideologica dell'arte dalla realtà. Chiunque non voglia sapere nulla circa la mimesi, può rifiutare qualsiasi interpretazione del testo che qualcun altro propone per la discussione, in quanto idiosincratica, asserendo che essa può essere compresa in modi diversi. E pertanto decidere che si possono fare affermazioni vincolanti solo sulla forma, o sulla struttura estetica del testo; d'altra parte, ogni pensiero sul contenuto del testo è puro piacere privato, che forse può ancora essere tollerato, ma solo in chiacchiere banali o in un monologo; ma è solo la capacità di astenersi completamente da qualsiasi pensiero sul contenuto del testo, che distingue il vero maestro della disciplina letteraria. Per questo motivo, gli studi letterari moderni ai loro inizi, in particolare quelli riguardo il formalismo russo (cfr. Tihanov 2019, 4, 9-12), hanno avuto grande piacere riguardo l'opera letteraria di Nikolai Vasil'evic Gogol'. I suoi testi sono caratterizzati dal grottesco, e sono quindi costantemente considerati, fino a oggi, folli, bizzarri, assurdi, giocosi, fantastici; e vengono ancora in parte visti come delle esagerazioni satiriche, ma in ogni caso non sembrano essere, seriamente e definitivamente, compatibili con il resto della realtà. Ciononostante, i testi di Gogol' continuano a essere ancora oggi famosi in tutto il mondo. Apparentemente, da un lato, esistono sempre dei lettori, che in circostanze assai diverse, trovano questi testi significativi, mentre dall'altro lato, i testi sono dominati da dei passaggi in cui non viene detto nulla di comprensibile sulla realtà – almeno, finora gli studi letterari hanno insistito su una simile lettura.
Il libro
Vorrei contraddire questa visione, per mezzo di un libro pubblicato nel 2025 da Lit-Verlag con il titolo "The Grotesque is Mimesis is Allegory". Partendo da un'interpretazione "Critica del Valore" dei "Racconti di Pietroburgo" di Gogol, esamina le fondamenta teoriche degli studi letterari poste dal formalismo. Cerca di mostrare come il grottesco possa essere inteso e visto, senza contorsioni interpretative, come un'immagine realistica della realtà modellata da una merce. In questa lettura, la specificità artistica delle diverse comprensibilità viene sospesa. Il tentativo di giocare la Critica del Valore come un nuovo paradigma per gli studi letterari, appare essere appropriato anche perché, a un esame più attento, il desiderio di tale paradigma si trova già nei documenti fondanti della teoria letteraria moderna: da un lato, l'allora portavoce del formalismo, Viktor Šklovskij, può essere interpretato, dal punto di vista odierno, come contrario all'astrazione merceologica, mentre dall'altro, però, non dispone dei concetti necessari per poter perseguire con coerenza il suo obiettivo [*1]. Se si vuole, la mia teoria torna a quegli inizi della teoria letteraria, quando, all'epoca, simili obiettivi non potevano essere realizzati, a causa di altre priorità. Di seguito, dal libro, sono riprodotte parti del quarto capitolo e dell'undicesimo capitolo. Il testo è stato abbreviato, in alcuni punti, senza una nota separata. Dove i passaggi più lunghi sono stati omessi, questo è stato contrassegnato con "{...}". Per brevità, qui si rinuncia anche alle citazioni originali in lingua russa, e si conservano solo le traduzioni delle citazioni in tedesco. La ristampa è stata realizzata per gentile concessione dell'editore.
4 "Il grottesco è il mondo alienato" (Wolfgang Kayser)
{…} 4.4 Astrazione. La preferenza che la merce ha per l'astratto, è motivata da un peculiare capovolgimento del rapporto tra l'astratto e il concreto. La forma-valore abitua l'uomo moderno a una concezione che è, a rigor di termini, assurda. Marx lo spiega usando l'esempio del mestiere di sarto: «all'interno del rapporto di valore e dell'espressione di valore in esso contenuto, l'universale astratto non conta in quanto proprietà del concreto, del sensibile-reale, ma, al contrario, come una mera manifestazione o una forma definita di realizzazione dell'universale-astratto. Il lavoro del sarto, che è contenuto nell'equivalente gonna , per esempio, non possiede, nell'ambito dell'espressione del valore della biancheria, la proprietà generale di essere lavoro umano. Al contrario. Il fatto che sia lavoro umano, viene considerato come la sua essenza, mentre essere lavoro sartoriale costituisce solo la manifestazione, o la forma certa di realizzazione della sua essenza. […] Questo capovolgimento, per cui il concreto sensibile è considerato solo come una manifestazione del generale-astratto - e non viceversa il generale-astratto come una proprietà del concreto - caratterizza l'espressione del valore. Rendendone così, allo stesso tempo, difficile la comprensione.» (Marx 2017, 141). Il "rovesciamento" del rapporto tra il "generale-astratto" e il "sensuale-concreto", domina la cognizione dell'uomo moderno, e diventa realtà, al di là del suo pensiero e della sua percezione, perché nel tempo si orientano in tal senso anche le sue azioni, le sue istituzioni, e gradualmente tutta la sua cultura. In questo modo, la realtà moderna, nel suo insieme, diventa una merce. Poiché la realizzazione della forma merce si basa su un orientamento all'astratto, di seguito si parlerà di rendere astratto, o più concisamente, di astrazione. L'opposizione fondamentale tra sensibile-concreto e generale-astratto rimanda all'“hylemorfismo” di Aristotele. Sin dai tempi di Aristotele, il pensiero occidentale si è familiarizzato con l'opposizione tra materia e forma, rappresentate rispettivamente da hyle ed eidos. Marx critica il fatto che, nel corso di una speciale inversione, la forma (e?d??, eîdos), a causa di un'importanza esagerata, sottopone la materia (???, hýle) a un'astrazione che tende a negarne la forma (µ??f?, morphe). Si deve parlare di una tendenza perché, sebbene inizialmente l'astrazione sia puramente cognitiva e quindi non possa negare efficacemente la forma materiale, in seguito, in base alla cognizione, si instaura un'azione che, nel segno dell'astrazione, tende a danneggiare incautamente la forma materiale (l'astrazione diventa astrazione). La forma criticata è la forma merce; Marx chiama ideologia la sopravvalutazione cognitiva della forma, in linea con la vicinanza concettuale tra eidos e idea (Horn/Rapp 2008, 120) [*2].
4.4.1 Velo ideologico
Il notevole sforzo, che Marx deve compiere per mostrare il nesso logico che si nasconde dietro i fenomeni dell'ambivalenza e della perversità - già nella sola totalità mercantile - rende evidente che tale nesso logico elude i modi di pensare e di percepire altrimenti consueti (cfr. Postone 2003, 211 s.). Ed è questo il motivo per cui è necessaria una teoria speciale, per poterlo comprendere. La comprensione della sua alternativa, vale a dire di una concezione pre-teorica della realtà, sviluppata a partire da questa teoria, risiede in una concezione pre-teoretica della realtà; la realtà merce viene ricevuta solo in maniera indistinta, e in modo essenzialmente fuorviante, come se la realtà si trovasse seminascosta dietro un velo ideologico. Ciò che qui si intende, è la metafora del velo di nebbia, quella che Marx ha sovente variato (Marx 2017, 128; MEW 23:86, 90, 94). Il racconto di Gogol', Šinel (in inglese: Il cappotto), è un esempio di come Gogol' renda tangibile l'astrazione per il lettore. A essere inerente all'astrazione, è la tendenza a impegnare qualcosa di concreto nell'incarnazione di un astratto, e quindi a invalidare la sua coincidenza significativa (ciò che si intende è la coincidenza di ciascuno dei suoi elementi, l'uno con l'altro, così come il loro inserimento in un contesto temporale, ideale o fattuale). Il lettore viene incoraggiato a compiere da solo questo capovolgimento, e ad aspettarsi che esso sia sbagliato: «Di cognome l’impiegato si chiamava Bašmàckin. E dal cognome stesso era evidente che il cognome doveva essere derivato, tempo prima, da bašmàk: ma quando, in che periodo e in che modo fosse derivato da bašmàk, non lo sapeva nessuno. E il padre, e il nonno, e perfino il cognato e proprio tutti i Bašmàckin portavano gli stivali, e li facevano risuolare solo tre volte l’anno.»(Gogol': Il cappotto. Russo originale: PSS 3:142). L'inversione mercantile del rapporto, tra l'astratto e il concreto, appare nel fatto che il significato generale del nome viene trasferito alle qualità individuali dei ciascun portatore. Il narratore misura le persone interessate in base all'aspettativa che possono avere rispetto a un'incarnazione concreta del significato generale e astratto del nome. (Risulta così che le persone non soddisfano questa aspettativa; il fattore decisivo, tuttavia, è che qui l'aspettativa è diretta a loro, in modo che essi incarnino l'universale-astratto in quanto individui concreti.) Le singole sezioni dell'affermazione, si trovano a essere costantemente collegate ai loro rispettivi diretti vicini, eppure la connessione tra l'inizio e la fine dell'affermazione - che viene involontariamente assunta durante la lettura - sembra essere priva di significato. Le consuete strategie di comprensione non vengono perciò immediatamente frustrate in quella che è la loro esecuzione, ma devono comunque apparire a un lettore, il quale voglia riflettere non solo sui brevi passaggi individuali della sua comprensione, ma anche sull'affermazione complessiva, vedendola come un fallimento, perché l'affermazione complessiva non trasmette un significato impeccabile. In questo modo, ecco che il testo letterario evoca un'esperienza di quel marxiano velo ideologico. Un altro esempio del capovolgimento del rapporto tra il generale-astratto e il sensuale-concreto, è l'azione concreta di un singolo ospite dell'hotel in "Mërtvye duši" ("Le anime morte"), introdotta dapprima come l'attributo di una descrizione universalmente valida di quelle che sarebbero le caratteristiche dell'hotel: « La camera era di un genere ben noto, giacché anche l’albergo era di un genere ben noto, cioè come sono solite essere le locande delle città di provincia, dove per due rubli al giorno i viaggiatori di passaggio si vedono assegnare una confortevole camera con scarafaggi che fanno capolino come prugne secche da tutti gli angoli, e con una porta comunicante con la stanza attigua, sempre barricata da un comò, dove i viaggiatori hanno una stanza tranquilla per due rubli al giorno, con una porta per la stanza vicina, in cui si stabilisce il vicino, sempre bloccata da una cassettiera, silenziosa e silenziosa. ma signore estremamente curioso, che mostra un grande interesse per il viaggiatore e la sua posizione». (Gogol': Le anime morte. Russo: PSS 6:8). La persona e l'azione del "prossimo" si concretizzano in maniera tale da diventare non plausibili, in quanto attributo universalmente valido, finendo per assumere un carattere individuale-concreto. Ciononostante, il narratore accetta il vicino solo come se fosse il dettaglio di una descrizione generalmente valida per tutte le «locande nelle città di provincia». Nel linguaggio convenzionale, una descrizione così universalmente valida, richiede un alto grado di astrazione. L'alienazione di Gogol' da quello che è l'uso convenzionale del linguaggio, qui non appare necessariamente come un gioco arbitrario fatto con il materiale linguistico; ci si può benissimo riconoscere in essa un'allusione alla realtà mercantile. In una seconda fase del pensiero, possiamo riconoscere che, data la totalità della merce, è del tutto possibile che "il prossimo" rappresenti ancora un tipo astratto, e questo perché gli individui concreti appaiono così prevedibili, fino ai dettagli più personali. Sotto il segno della forma merce, "l'uomo moderno" assume quei "tratti stereotipati" (Adorno 1973, 307) che altrimenti Gogol' tematizza come pošlost'. [*3] L'analisi del racconto "Nevskij prospekt" mostrerà che il pošlost' consiste in un rovesciamento del rapporto tra il generale-astratto e l'individuale-concreto, visto in senso socio-psicologico, e anche esso è prodotto da Gogol' con l'aiuto di un processo che replica strutturalmente il rovesciamento. Sempre nella "prospettiva Nevskij", un discorso caratteriale articola in una forma particolarmente pura il rovesciamento del rapporto tra il generale-astratto e il sensuale-concreto, in cui si richiede l'amputazione del naso a partire dalla speranza di poter risparmiare i costi per il tabacco da fiuto. Il naso, viene qui visto come una pura causa di costi, vale a dire che viene riconosciuto solo in quanto incarnazione di un valore di scambio astratto - in questo caso negativo - mentre non ha più alcun significato sensuale-concreto (PSS 3:37s.; vedi sotto capitolo "4.5.3 Schematizzazione della coscienza").
4.5 La totalizzazione della dualità
Per la letteratura, l'astrazione ha un significato che difficilmente può essere sopravvalutato, vale a dire, sia per la sua progettazione che per la sua ricezione, e inoltre anche per la concezione teorica di entrambe. Per quel che riguarda il legame tra la letteratura e l'altra realtà, diventa di importanza decisiva il fatto che l'astrattezza non è un «processo di astrazione meramente concettuale», ma è piuttosto un «vero e proprio processo sociale di astrazione» (Postone 2003, 235).
4.5.1 Realtà dell'astrattezza
L'affermazione, secondo cui l'astrattezza – al di là del puro pensiero – possa essere parte della realtà, contraddice le idee comuni sulla ragione quotidiana. La realtà dell'astrattezza, può essere spiegata a partire dal fatto che le persone moderne hanno creato delle forme di lavoro le quali ottimizzano lo svolgimento delle attività intellettuali e pratiche (così come ottimizzano le loro circostanze e condizioni) a favore della scambiabilità dei prodotti del lavoro, e quindi danno realtà all'aspetto del lavoro astratto (MEW 13:18s.). In particolare, grazie ai risultati del loro lavoro, sono le persone stesse a diventare intercambiabili tra loro. Nella modernità, scompare l'esperienza di creare qualcosa personalmente, o collettivamente, con le proprie forze, e che poi possa essere utilizzato anche da sé stessi, o da altre persone di fiducia. Invece, nella vita lavorativa, nella formazione e nel tempo libero, le persone vengono indirizzate verso l'una o l'altra azienda, la quale già funziona come tale anche senza il loro intervento individuale, e i cui prodotti o servizi vanno a beneficio di un gruppo target anonimo (cfr. GLW 2:263, 265, 268, 270s.). Così l'uomo moderno sperimenta la «peculiarità [...], per cui il lavoro concreto diventa la manifestazione del suo opposto, il lavoro umano astratto [... e per cui] il lavoro privato diventa la forma del suo opposto, il lavoro esistente in una forma direttamente sociale» (MEW 23:73). Anche se, inizialmente, il lavoro umano nell'industria era paradigmatico per un tale rapporto, bisogna dire che, nel tempo, quasi tutte le attività dell'uomo moderno sono diventate simili a esso. L'intercambiabilità, priva il soggetto del ruolo che l'Illuminismo gli aveva assegnato, di modo che il soggetto viene ora indicato, nel linguaggio della teoria dei sistemi, come «l'ambiente dei sistemi sociali» (Luhmann 2002, 234). Inoltre, nel corso della soppressione dell'agricoltura di sussistenza a favore dello scambio di merci, il confronto astratto con la forma-valore diventa una necessità quotidiana, e pertanto il capovolgimento del rapporto, che passa dal generale-astratto al sensuale-concreto, diventa un'abitudine: «È come se l'animale, l'incarnazione individuale di tutto il regno animale, esistesse insieme e accanto ai leoni, alle tigri, alle lepri e a tutti gli altri animali reali, che insieme formano i diversi sessi, specie, sottospecie, famiglie, ecc. del regno animale. Un simile individuo, che include in sé tutti i tipi realmente esistenti della stessa cosa, è un universale, come lo è l'animale, Dio, ecc.» (Marx 2017, 112) In questo senso, il lavoro astratto si oggettivizza in quanto moderna società industriale (cfr. Postone 2003, 227 s., 251; MEW 23:331-530) in quanto "sistema" (Postone 2003, 245; GLW 2:264), al quale l'individuo è inevitabilmente assoggettato (MEW 42:551).
4.5.2 Alienazione
Questo assoggettamento, si fonda sul carattere duale del lavoro che, inevitabilmente e involontariamente, bandisce ogni attività - qualunque sia il beneficio concreto che essa persegue - relegandola in una funzione di mediazione sociale (se non altro, proprio per i suoi presupposti, e le sue modalità, che sono sempre anche socialmente predeterminate). Ciò che Marx chiamava "alienazione" (MEW 23:455; 40:510-522) nasce a partire da una «società che, in quanto altro - e quasi indipendente, astratto, universale, contrapposto agli individui - esercita su questi ultimi una costrizione impersonale», e forma così una “struttura alienata” (Postone 2003, 246; cfr. anche 251, 423) . Questo tipo di regola "impersonale" è "storicamente nuova" (ibid., 246) e pertanto, per molto tempo, difficilmente viene compresa. A livello intuitivo (e ancora al di sotto di un concetto pienamente valido), Wolfgang Kayser osserva, tuttavia in modo piuttosto pertinente, che esiste un Altro inquietante in grado di formare una struttura alienata: «Il grottesco è una struttura. Possiamo descriverne l'essenza per mezzo di una frase che spesso ci è stata come imposta: il grottesco è il mondo alienato. Ma tuttavia questo richiede ancora qualche spiegazione. Si potrebbe descrivere il mondo della fiaba [...] come strano e inconsueto. Ma non è un mondo alienato. Ciò include il fatto che tutto quello che ci era familiare e comune si rivela improvvisamente strano e inquietante. È il nostro mondo a essere cambiato. […] Ma chi è la causa dell'alienazione nel mondo, chi è che si annuncia con minacciosa ambiguità? Solo ora stiamo raggiungendo l'abisso dell'orrore di fronte al mondo trasformato. […] Dall'«abisso» emergono gli animali dell'Apocalisse, i demoni irrompono nella vita quotidiana. Non appena potessimo dare un nome alle forze e assegnare loro un posto nell'ordine cosmico, il grottesco perderebbe la sua essenza […]. Ciò che irrompe rimane incomprensibile, indecifrabile, impersonale.» (Kayser 1957, 198 e seguenti). Il fatto che il mondo precedentemente "familiare" «appaia improvvisamente come straniero» e che «si sia trasformato», costituisce la percezione del Romanticismo, che avviene proprio al tempo della notevole affermazione della forma merce. A differenza di Marx, Kayser non allontana il concetto di società moderna dal suo approccio intuitivo, ma arriva invece al grottesco. Una caratteristica comune è la dualità contraddittoria, che Günther (1968, 23, 30, 33) definisce in quanto poli che si danneggiano a vicenda, mentre Marx invece analizza il carattere duale del lavoro e della merce e, di conseguenza, la "ambiguità" delle varie categorie (MEW 23:passim). Il potere "impersonale" che Kayser vede all'opera nella struttura alienata è - nella terminologia di Marx - il «soggetto automatico» della totalità delle merci (MEW 23:169). Il soggetto automatico fa sì che gli individui, che nella struttura alienata sono stati banditi, ora, nelle loro azioni, eseguano i bisogni sistemici, senza tuttavia pregiudicare il loro benessere individuale: «Non lo sanno, ma lo fanno» (MEW 23:88). In linea con tutto ciò, Gogol’ caratterizza sempre i suoi "tipi negativi" come «colpevoli innocenti» e come «innocenti colpevoli» […] «vittime dell'alienazione» (Günther 1968, 253; vedi anche PSS 8:351). La loro "libertà individuale" consiste nella «completa sottomissione dell'individualità a delle condizioni sociali che assumono la forma di [...] cose indipendenti» (MEW 42:551). Gli esseri umani moderni, calibrati sulla forma merci, ne eseguono la sua logica, come se essa fosse determinata esternamente, di modo che la sua controparte fittizia in Gogol' appare di conseguenza «simile a un burattino» (Günther 1968, 62). Il modo marionetta caratterizza anche lo stile linguistico del linguaggio dei personaggi. Si evita l'evocazione di un contesto di linguaggio interiore e di finzione, «è una lingua che le marionette potrebbero parlare» (Ejchenbaum 1969, 143).
4.5.3 Schematizzazione della coscienza
Nel racconto "Prospettiva Nevskij", di Gogol’, il personaggio di Šiller mostra la disposizione necessaria affinché la coscienza individuale possa adattarsi alla struttura alienata. Šiller vuole che il suo amico gli amputi il naso. Solo per caso il crimine viene prevenuto. Innanzitutto, il ragionamento di Šiller fornisce un esempio esplicito dell'inversione della relazione tra il generale-astratto e il sensuale-concreto, sotto il segno della forma mercimoniale: «“Non lo voglio, non mi serve il naso” diceva agitando le braccia. “A me, solo per il naso, mi ci vogliono tre libbre di tabacco al mese. E spendo, in un lurido negozio russo, perché in un negozio tedesco il tabacco russo non lo vendono, spendo, in un lurido negozio russo, quaranta copechi per ogni libbra. Cioè un rublo e venti copechi; dodici volte un rublo e venti copechi: quattordici rubli e quaranta copechi! E i giorni di festa annuso rapè, perché non voglio fiutare, nei giorni di festa, del lurido tabacco russo. In un anno fiuto due libbre di rapè, a due rubli la libbra. Sei e quattordici, venti rubli e quaranta copechi solo di tabacco. È un furto! Io ti chiedo, amico Hoffmann, non è così?” Hoffmann, che era ubriaco anche lui, aveva risposto che era così. “Venti rubli e quaranta copechi! Io sono un tedesco di Svevia; io ho un re in Germania. Il naso non lo voglio! Tagliami il naso! Ecco il mio naso!”» (Gogol': Nevskij prospekt. Russo. Originale: PSS 3:37 e seguenti.) Šiller identifica il suo naso come la causa dei costi sostenuti, e conclude pertanto che anche il valore di scambio negativo che il naso rappresenta in questo modo, dovrebbe essere annullato, cosa che, in questo caso, significa l'amputazione del naso. Il suo calcolo rapido, e apparentemente preciso, di una relazione complessa che culmina nel desiderio di separare il naso dal resto del corpo, mostra la tendenza alla “scomposizione razionale-calcolatoria”, con conseguente “distruzione [...] organica” (GLW 2:263) “dell'interrelazione” (ivi., 276), e in tal modo allegorizza la reificazione. nel senso definito da Lukács, ovvero allegorizza anche la mercificazione. Nella percezione di Šiller, il naso incarna solamente l'astratto valore di scambio (qui inteso come somma di denaro), ed è pertanto facilmente sacrificabile, in caso negativo, mentre la dimensione sensoriale e concreta del naso - in particolare la sua funzione di organo sensoriale - viene del tutto ignorata. Nel discorso figurativo, così, l'inversione merceologica del rapporto tra l'astratto generale e il concreto sensoriale ,viene realizzata in forma pura, quindi in modo estremo. [*4] Dall'inversione cognitiva deriva l'accettazione dell'alienazione da parte della coscienza: sebbene il fabbro Šiller non abbia alcuna voglia di fabbricare speroni per un potenziale cliente di nome Pirogov, e sebbene inizialmente lo esprima chiaramente, Šiller è comunque disposto a svolgere il lavoro in modo particolarmente accurato. Questo però non per Pirogov, né per il lavoro concreto, né per gli speroni. Nella citazione seguente sono riunite le due fasi del cambiamento: «“Per degli speroni non posso prendere meno di quindici rubli” aveva detto, sperando così di sbarazzarsi di Pìrogov perché, da onesto tedesco qual era [...] Il tedesco si era messo a pensare a come era possibile fare il proprio lavoro perché valesse effettivamente quindici rubli.».(Gogol': Nevskij prospekt. Russo. Originale: PSS 3:38 e seguenti.) L'idea del valore di scambio (qui inteso come il prezzo di "quindici rubli") costringe Šiller a compiere un lavoro che in realtà non ha alcuna voglia di fare. Non è uno sfruttatore a costringerlo, ma la cosa gli si impone; sebbene avvenga sulla base di un valore di scambio, la cui funzione socialmente mediatrice diventa evidente nell'avvio degli affari con Pirogov (PSS 3:38 e seguenti). Šiller figurativizza l'azione di quel potere “impersonale” la cui forma estetica si esprime nel grottesco (Kayser vedi sopra; 1957, 199). Rivelando la struttura mentale che costringe Šiller, la narrazione mostra l'alienazione sotto forma di merci. Nel caso del naso, così come in quello degli "speroni", la coscienza della figura, alienata nella forma di una merce, non percepisce più la dimensione sensuale-concreta della cosa, ma soltanto il suo valore di scambio. Questo tipo di coscienza contribuisce individualmente alla realtà dell'astrazione, poiché percepisce “le cose” solo “in base al numero”, in modo che esse «passano davanti a noi come se fossero state confezionate» (Šklovskij 1969, 13), e sacrifica con leggerezza la forma materiale soggiacente a favore di un'astrazione, come ci mostra paradigmaticamente la scena sopra discussa relativa al desiderio di amputazione del naso (vedi sopra; PSS 3:37f.). La percezione ripetuta, delle cose, in base al loro valore di scambio, anche nei casi come quello del naso, laddove non può esserci la questione di una transazione, significa che, nella percezione di Šiller, le cose soccombono a uno schema rigido. Lo schema e la sua rigidità, si riflettono negativamente anche nella confusione che viene assunta dal discorso del personaggio, non appena cerca di uscire dallo schema abituale. Questi casi, sono caratterizzati da una non motivata ed enfatica auto-denominazione come "Tedesco di Svevia" ("Ja švabskij nemec", "Ja – švabskoj [sic] nemec" PSS 3:38; "u menja v Švabii mat' moja" PSS 3:44). Lo schema è quello del "packaging", del confezionamento di cui parla Šklovskij. Lo schema rigido è un concetto che viene imposto a un oggetto senza tener conto, per quanto possibile, delle sue caratteristiche oggettive, della sua mutevolezza e della sua condizionabilità. Se, nel corso dell'inversione merceologica del rapporto tra generale-astratto e sensibile-concreto, il sensibile-concreto viene considerato solo come l'incarnazione del generale-astratto, allora ogni concetto deve cristallizzarsi in uno schema che astragga il più possibile dalle caratteristiche sensibili-concrete. La cognizione astratta sfocia inevitabilmente in una “schematizzazione della coscienza” (GLW 2:511). La semantica del suono scoperta da Ejchenbaum (1969, 129) può essere intesa come uno dei metodi per la progettazione artistica della schematizzazione delle merci. La "confezione" schematica (Šklovskij) viene realizzata sotto forma del «guscio fonetico di una parola» (Ejchenbaum 1969, 129). Il parallelo con lo schema rigido, può essere visto in senso figurato, nel fatto che in entrambi i casi il vaso – il vaso fonetico, nel caso della semantica sonora, e il vaso concettuale solidificato nel caso dello schema – articola un significato che non tiene conto del significato del suo contenuto. Il contenuto di questa immagine è costituito dalla semantica, motivata lessicalmente nel caso della semantica del suono, o dalle proprietà concrete dell'oggetto presumibilmente previsto, nel caso dello schema. Come esempio, Ejchenbaum (1969, 136-139) cita la peculiare designazione del colore del viso della figura Akakij Akakievic:«Quindi, in un dipartimento lavorava un impiegato, un impiegato che non si può dire che fosse molto interessante: basso di statura, un po’ butterato, un po’ rossiccio, perfino un po’ miope, a guardarlo, con una grande stempiatura sulla fronte, con delle rughe sulle due guance e con quel colore del viso che si chiama emorroidale…»(Gogol': Il cappotto. Russo PSS 3:141). Ejchenbaum (1969, 137) nota il «potere emotivo-espressivo» della forma fonetica della parola gemoroidal (ing.: "emorroidario"), che pertanto viene percepita come un «gesto sonoro indipendente dal significato». L'effetto della procedura viene poi accresciuto dal fatto che l'orecchio è «sintonizzato sulla ricezione delle impressioni sonore» per mezzo della «intensificazione ritmica e della sequenza di finali dallo stesso suono nelle parole rjabovat, ryževat, podslepovat» (ibid., 139). Deviando dall'interpretazione di Ejchenbaum, va notato che – nonostante tutta l'insensatezza del lessico – la semantica del suono ha tuttavia il senso di una mimesi della schematizzazione mercantile della coscienza. Secondo la tradizione aneddotica, Gogol' ha visto, attraverso la natura schematica dell'uomo moderno chiuso nella forma di merce, a tal punto che può (o pensa di poterlo fare) estrapolare la sua intera biografia a partire dall'indicazione di alcune caratteristiche simili a maschere di una persona. Si dice che Gogol' abbia sviluppato la figura del consigliere titolare Akakij Akakievic a partire da un aneddoto su un altro funzionario statale, in modo molto simile (Günther 1968, 163).
4.6 Šinel' (Il cappotto)
Nel caso del personaggio principale del racconto, Šinel, in primo piano vengono messi i tratti decisivi dell'essere umano modellato da una merce. Akakij Akakievic dedica interamente la sua vita a quella che, negli affari burocratici, è una funzione poco brillante. La sua unica attività consiste nel copiare documenti (PSS 3:144). Lo svolgimento individuale di tale attività ha poco senso, a lungo termine e nell'immediato, ma realizza il suo scopo nel contesto sociale di una burocrazia estesa. La sua attività raffigura quindi quel «lavoro in una forma direttamente sociale» (MEW 23:73), che aiuta l'astrattezza a diventare realtà. Akàkij ha subordinato la propria individualità all'impresa burocratica, a tal punto che continua la sua attività anche nel tempo libero (PSS 3,145s.); nel mondo, non si accorge quasi di nulla, se non di questa attività (PSS 3,145) e rifiuta espressamente di impegnarsi in un'attività che sia, anche solo un po', più ingegnosa (PSS 3,145). Dopo la morte di Akakij, il narratore sottolinea la sua insignificanza oggettiva a livello umano, e la sua fluida sostituibilità nell'operazione burocratica (PSS 3:169). La semplice sostituibilità di Akakij, conferisce alla sua esistenza la sensazione di un modulo funzionante puro. La figura incarna in modo estremo l'essere umano simile a una merce, poiché rifiuta un significato individuale delle sue attività, e pertanto può così incarnare solamente la funzione socialmente mediatrice del suo lavoro. Di conseguenza, la vita di Akakij consiste interamente in tempo di lavoro, in modo che così il personaggio viene allontanato dal naturale corso di crescita e di cambiamento: «Quando e in che periodo fosse entrato nel dipartimento e chi l’avesse assunto, era una cosa che nessuno poteva ricordare. Per quanti direttori e capufficio fossero cambiati, lo avevano visto sempre nello stesso identico posto, nello stesso atteggiamento, con gli stessi compiti, sempre impiegato copista; tanto che poi assicuravano che era come se lui fosse venuto al mondo già pronto, con la divisa e con la calvizie in testa.» (Gogol': Il cappotto. Russo: PSS 3:143). Visto in questo modo, la figura rappresenta il destino moderno nel quale una persona viene completamente assorbita dal proprio lavoro, e ciò avviene nel senso problematico per cui la sua potenziale individualità è «subordinata alla produzione sociale», mentre, al contrario, la «produzione sociale [...] non è subordinata agli individui» (MEW 42:92). Ne consegue che, in definitiva, la figura ha assunto la forma di una cosa a favore del servizio, e quindi assume le caratteristiche decisive dell'essere umano modellato dalla merce. Si può affermare - soprattutto contro le letture ispirate dalla critica sociale - che attraverso la figura il lavoro moderno appare, non tanto come oggetto di dominio (come ha problematizzato il marxismo tradizionale), quanto piuttosto come una forma stessa di dominazione. Akakij incarna «l'alienazione in quanto dominazione auto-generata» (Postone 2003, 199) e quindi rappresenta l'opera di quel potere "impersonale" a cui il grottesco dà forma estetica (Kayser vedi sopra; 1957, 199). Con la caratteristica di essere ridotto a un funzionamento astratto sul posto di lavoro, Akakij non forma un contrasto, ma rappresenta soltanto la logica continuazione dei suoi concittadini, i quali non vanno al di là dello status di attività insensata, o di distrazione nel loro tempo libero (PSS 3:146). Nell'universalità di questo destino, appare la socialità, la quale fa sì che in primo luogo l'adattamento, che altrimenti sarebbe solo puramente individuale, della condotta della vita a un funzionamento astratto, diventi qualcosa che deve poi essere considerato come la realtà dell'astrazione. Come generalmente accade, la marionetta non è di per sé grottesca. Il grottesco si instaura solo nel momento in cui l'aspetto simile a un burattino si trova a essere sovrapposto a dei tratti di umanità (Günther 1968, 25; Kayser 1957, 209f. EN 27). Un tema ricorrente nella storia della comprensione dell'opera di Šinel' è il riferimento ai suoi «passaggi umani». Il seguente brano evoca aspetti fondamentali dell'umanità: « I giovani funzionari ridevano di lui e facevano gli spiritosi ai suoi danni, per quanto glielo permetteva l’umorismo burocratico [...] Akàkij Akàkevic a questo non rispondeva una parola, come se, di fronte a lui, non ci fosse nessuno [...] Solo se lo scherzo era troppo pesante, se gli davano un colpo sul braccio impedendogli di fare il proprio lavoro, lui diceva “Lasciatemi stare, perché mi offendete?” E c’era qualcosa di strano, in queste parole e nella voce con cui erano dette. Vi si sentiva qualcosa che induceva talmente alla compassione, che un giovanotto, assunto da poco, che, secondo l’esempio degli altri, si era permesso di prenderlo in giro, si era fermato d’un tratto, come fulminato, e da quel momento era come se tutto fosse cambiato, ai suoi occhi, e gli sembrasse in tutt’altro modo. Come se una qualche forza non naturale lo allontanasse dai suoi compagni che aveva conosciuto come persone per bene, di mondo. E a lungo, poi, nei momenti più allegri della sua vita, gli era tornato in mente il piccolo impiegato con la calvizie sulla fronte, e le sue toccanti parole: “Lasciatemi stare, perché mi offendete?”, e in queste parole toccanti risuonavano altre parole: “Io sono tuo fratello”. E quel povero ragazzo si copriva la faccia con la mano, e molte volte era trasalito, nella sua vita, vedendo quanta disumanità c’è nell’uomo, quanta furiosa volgarità sia nascosta nel raffinato, educato uomo di mondo, e Dio mio!, anche nell’uomo che il mondo giudica nobile e onesto.» (Gogol': Il capotto. russo: PSS 3:143s.) Per un effetto sentimentale, la comicità e l'ironia praticate prima e dopo appaiono qui volutamente spezzate. Nel discorso del "fratello" e nelle espressioni di coscienza del collega, compare una norma umanistica che fa apparire il personaggio di Akakij, che per il resto viene trattato con poco rispetto dal narratore, come un essere umano la cui tragedia può essere vissuta attraverso la simpatia suggerita al lettore. È solo nell'apparizione del burattino, tuttavia predisposto alla tragedia e all'umanità, o dell'essere umano, che viene però controllato dagli altri come fosse un burattino, che si realizza il duplice carattere della prestazione mercantile della vita, e che ha trovato la sua forma estetica nel grottesco. Nel corso successivo della trama, il personaggio sembra acquisire ancora più umanità, nel comprare un cappotto nuovo. Tuttavia, non è altro che la produzione artistica di un aspetto superficiale, creato dalla negazione sotterranea dell'apparenza. Akakij potrà permettersi il nuovo cappotto solo a causa di alcune privazioni. Tuttavia, non è un carattere forte, il suo, che gli permetta di fare quelle privazioni a favore di una ricompensa successiva, ma invece le sopporta in modo concepibilmente impersonale, in cui «in qualche modo si è abituato alle privazioni, e la cosa ha funzionato» ("kak-to privyklos' i pošlo na-lad" PSS 3:154). In superficie, il cappotto nuovo cambia la vita di Akakij ancora prima di poter finalmente essere acquisito: « [...] si nutriva, però, spiritualmente, portando nei propri pensieri l’eterna idea del futuro cappotto. Da quel momento era come se la sua stessa esistenza fosse diventata in un certo senso più piena, come se si fosse sposato, come se ci fosse stata un’altra persona, sempre con lui, come se non fosse solo, ma una piacevole compagna avesse acconsentito a percorrere con lui il cammino della vita, e questa compagna non era nient’altro che un cappotto ben imbottito, con una fodera robusta che non si sarebbe consumata. Era diventato quasi più vivace, più fermo, di carattere, come un uomo che abbia determinato e si sia prefisso uno scopo. Dalla sua faccia e dai suoi atti erano scomparsi il dubbio, l’indecisione, cioè tutti i tratti indeterminati e incerti. Ogni tanto una fiamma brillava nei suoi occhi, in testa gli balenavano perfino i pensieri più insolenti e arditi: perché non mettere della martora, nel colletto?» (Gogol': Il cappotto. Russo: PSS 3:154 e seguenti.) Il quadruplo «come se» indica che il nuovo cappotto deve servire a compensare tutte le carenze di vitalità di Akakij e che le dimensioni di vitalità che devono essere raggiunte sono solo pseudo-qualità. Appare la normalità moderna, problematizzata da Marx, della venalità di tutto, comprese le qualità umane (MEW 40:565f.). Anche nel passaggio citato, la presunta nuova forza di carattere di Akakij viene assunta, ad absurdum, secondo l'osservazione secondo cui l'"audacia" dei suoi pensieri si esaurisce nel considerare la riorganizzazione della bozza del cappotto. Questo significa che anche in questo caso non sta cercando una via d'uscita dalla totalità delle merci, ma rimane al suo centro. La diffusa opinione che "grazie al cappotto, Akakiy inizia a superare la totale limitazione e disumanità dell'esistenza del suo scrittore." (Günther 1968, 176), deve quindi essere contraddetto nella misura in cui l'inumanità dell'esistenza di Akakij è resa riconoscibile proprio dal fatto che crede di poterla superare con l'aiuto di un mantello idolatrato. Infatti, dopo aver acquisito il testimone, la crescita di Akakij si rivela insignificante. In effetti, i suoi contemporanei apprezzano il nuovo cappotto solo in lui, mentre Akakiy è alienato e isolato dal mondo – in breve, alienato – come prima (PSS 3:157-160). Il possibile climax della sua vita sociale finisce con lui che si allontana di nascosto dalla casa del padrone di casa senza che nessuno se ne accorga (PSS 3:160). Quello che appare qui è l'individuo per cui la società "come l'Altro quasi indipendente, astratto, universale [...] " (Postone 2003, 246); e se si considerano anche le altre caratteristiche del personaggio già analizzate, si può aggiungere che in Akakij si manifesta quella che Marx definiva «la scomparsa del soggetto concreto» nell'«astrazione diventata reale» (Schlaffer 1981, 53). La fine della storia, spesso considerata misteriosa, mostra come in Akakij, dopo la sua morte, la forma di merce divenga "spettrale", alla stregua della cosa a forma di merce in Marx (MEW 23:52). La lettura diffusa, che si tratti di "giustizia" nel senso di "umanesimo sociale" (Günther 1968, 164) o di "compassione sociale" (ivi., 166) (ibid., 164) dev'essere messa in dubbio per le seguenti ragioni: poiché, come un fantasma, Akakij continua indiscriminatamente l'avidità violenta da lui messa in atto contro altre persone (PSS 3:169s., 172). Anche quella "persona importante" ("znacitel'noe lico" Sals 3:170), che non ha rubato il cappotto di Akakij, ma che anzi, seppur tardivamente, prova "pietà" per lui, e gli invia un'offerta di aiuto ("sožalenija. Sostradanie" (SAL 3,171), viene da lui derubato. Lo spettrale Akakij, cerca di giustificare la ripetizione dell'ingiustizia subita, con una breve spiegazione: «"Ah, eccoti, finalmente! Finalmente, questo, ti ho preso per il colletto! Mi serve il tuo cappotto! Non ti sei preoccupato del mio, mi hai anche strapazzato, perfino, adesso mi dai il tuo, ecco!”». (Gogol': Il cappotto. russo: PSS 3:172). L'ipocrisia dell'autore del reato, risiede nel fatto che ha già tanti altri cappotti rubati, e ruba anche il cappotto alla persona importante. Così facendo, sta compiendo un atto contro contro la persona importante su cui una volta aveva detto che fosse inammissibile (SAL 3:166s.). Non si tratta più di un atto di giustizia, ma – soprattutto da quando egli stesso è morto, dopo essere stato derubato della protezione del suo cappotto, nel clima invernale di San Pietroburgo – si tratta piuttosto di una vendetta esagerata dovuta al fatto che la persona importante una volta gli ha parlato in modo scortese. In linea con il significato del termine dato da Marx e anche nel senso di «incarnazione individuale […] di un univerrsale» (Marx 2017, 112), l'apparizione spettrale che si manifesta dopo la morte di Akakij, si rivela intercambiabile. In modo elaborato, e smentendo anche il richiamo alla giustizia spesso ipotizzato, il narratore spiega che il fantasma può essere identificato sempre meno chiaramente in Akakij: è possibile che altri abbiano già preso il suo posto, ma che svolgano un ruolo simile (PSS 3:170, 173f). Il fatto che il motivo per cui questo fantasma, astratto e simile a una merce, coincida con l'avidità che in precedenza aveva spinto i ladri a rubare il cappotto di Akakij, viene suggerito dal fatto che il fantasma - proprio come i ladri - ha dei “baffi” e, se necessario, minaccia con un "pugno" innaturalmente grande (“us[y]” “kulak” PSS 3:161, 174). Un altro aspetto del duplice carattere del personaggio Akakij, è quello per cui egli non è solo una vittima dell'avidità, ma è anche lui stesso un carnefice. La trasformazione in una figura criminale avviene sotto il segno della spettralità, ovvero sotto il segno della sua astrattezza merceologica o, in altre parole, sotto il segno di quella funzione di mediazione sociale che la forma merceologica impone a ogni uomo moderno come componente permanente della sua esistenza (e che di solito non viene consapevolmente riflessa). Akakij definisce questa avidità “disumana” (“bescelovecnym” PSS 3:166), facendo eco al discorso iniziale del narratore, che presenta Akakij al lettore come un ‘animale’ (tuttavia solo nella prima versione del racconto) (“životnoe” PSS 3:446). Un altro aspetto della dualità è che con il discorso sull'animale non si intende l'animale in senso stretto, ma l'uomo ricondotto al suo elemento animale, motivo per cui il narratore definisce il personaggio non solo un “animale”, ma nello stesso respiro anche un “uomo ben disposto” (“blagonamerennyj celovek” ibid.). Il parallelo con la teoria di Marx consiste nel fatto che anche quest'ultima deduce che la forma merce rimandi l'uomo al suo elemento animale. L'uomo ricondotto alla sua natura animale è fondamentalmente ostile al mondo (MEW 40:514f.), così come accade nel caso di Akakij, la cui intera vita (“vsë” PSS 3:143) è segnata da un pianto precoce con cui egli accoglie il mondo da neonato, «come se avesse intuito in anticipo» il suo destino di amministratore delegato («predcuvstvoval» PSS 3:142), continuamente tormentato dai suoi colleghi (PSS 3:143, 147) e derubato del suo cappotto nuovo (PSS 3:161). {…}
11 Sintesi: la grottesca mimesi della forma merce
11.1 L'alienazione romantica rispetto alla mimesi
Con l'avvento, l'affermarsi e la generalizzazione della modernità merceologica durante il periodo oggi denominato Sattelzeit (Koselleck), la società diventa per l'uomo una “seconda natura” (Lukács GLW 2:260). Karl Marx, quasi coetaneo di Gogol, ha trovato, in un modo oggi considerato classico, i concetti per analizzare quei cambiamenti radicali che hanno caratterizzato il periodo tra il 1750 e il 1850, e ai quali anche l'arte ha saputo reagire. La mimesi, intesa all'epoca come “imitazione della natura” (Erhart 2007, 598), è stata dapprima inizialmente tenuta a orientarsi proprio verso questa seconda natura creata dall'uomo (cfr. ibid.), e questo prima che il Romanticismo, a causa del vuoto di significato subito dalla seconda natura (Lukács 1963, 55, 60f., 115) abbandonasse del tutto una tale mimesi così intesa. Il Romanticismo invece coltiva il grottesco (Kayser 1957, 50-107), il quale estetizza l'insensatezza della quotidianità moderna, talvolta, da una parte, con intento compensatorio (ibid., 36, 130; Haaser/Oesterle 2007, 747) mentre, dall'altra, sembra escludere la mimesi (Petersen 2000, 231-233; Bode 2007, 69; Drubek-Meyer 1998, 131). In questo contesto storico-sociale e teorico, un ricorso alla mimesi nella teoria letteraria è possibile solo se si considera più da vicino quella seconda natura che sembra essere artisticamente difficile da digerire.
11.2 Analogia strutturale della forma merceologica, grottesca, allegoria
I concetti necessari a questo, sono i concetti di Marx, di forma merce, alienazione e reificazione; alcuni dei quali Hans Günther (1968) ha già utilizzato nella sua definizione di grottesco nell'opera di Gogol', ma senza tuttavia sfruttarne appieno il potenziale concettuale. Solo un'applicazione più coerente di questi concetti, ha dimostrato che la forma della merce non solo caratterizza quelle «caratteristiche essenziali della realtà» e che «il grottesco di Gogol vuole rendere consapevoli» (Günther 1968, 235), ma che tale forma coincide anche con la struttura del grottesco. Il grottesco, pertanto, può essere visto come una forma d'arte estetica appropriata alla mercificazione, nella misura in cui, nel grottesco, il montaggio di elementi disparati viene consapevolmente creato dall'autore; e che altrimenti, tale montaggio si verifica involontariamente nel mondo capovolto simile alla mercificazione. L'assemblaggio di elementi disparati, equivale alla dissociazione e alla spietata ricombinazione in cui si traduce l'astratta equiparazione della forma-valore. In questa analogia strutturale, così come nella caratteristica dell'ambivalenza strutturale, non solo il grottesco e la forma-merce coincidono, ma coincidono anche l'allegoria e la forma-merce. Lo studio ripercorre e traccia la corrispondenza strutturale tra il grottesco e la forma merce nella loro rispettiva dualità, ovvero riconducendoli al duplice carattere delle manifestazioni mercificanti. Il principio fondamentale, della supremazia del valore di scambio sul valore d'uso, viene realizzato da Gogol' sia stilisticamente che tematicamente come insensatezza che reclama significato e costituisce il tema della pošlost'. Nell'immagine letteraria della pošlost', la forma merce non solo trova la sua corrispondenza stilistica, cioè formale, ma nell'immagine della pošlost' diventa anche tematica l'impronta merceologica della società. Con questo risultato di ricerca viene soddisfatta pertanto la richiesta formulata da Günther (1968, 4), di una «sintesi tra approccio letterario-formale e approccio contenutistico-sociale».
11.3 L'estetizzazione della forma merce come elemento dominante dei Racconti di Pietroburgo
Dall'analisi è emerso che alla mimesi grottesca della forma merce si aggiungono altri espedienti e procedimenti caratteristici di Gogol', i quali creano un'analogia diretta con momenti centrali della forma merce: la digressione, il mosaico, il salto di categoria mascherato da una grammatica intatta, la tecnica della maschera anche in riferimento alla rappresentazione dei personaggi, la pseudo-individualizzazione, il tropo rivolto verso il basso, la dissoluzione stilistica della logica espressiva con il contemporaneo mantenimento della logica linguistica, la semantica fonetica. In questo caso, la specificità artistica dell'ambiguità non esclude a priori l'ipotesi che la forma merce sia il modello reale di una mimesi, ovvero che il concetto teorico di forma merce sia il pretesto di un'allegoria. Ciò per due motivi: in primo luogo, la forma merce stessa provoca un'ambivalenza della realtà; in secondo luogo, il concetto teorico di forma merce è motivato in modo critico e dialettico per sfuggire alla schematizzazione e all'univocità della forma merce. Sia nel discorso su una realtà in forma merce che nei concetti necessari alla sua riflessione, nei quali quindi è già insito il momento dell'ambiguità.
11.4 Ambiguità della Merce nella teoria e nella letteratura
La spiegazione dialettica dei concetti teorici da un lato, e l'ambiguità strutturale del grottesco e dell'allegoria dall'altro, si completano a vicenda nel momento in cui entrambi gli aspetti si incontrano nell'allegoria letteraria. L'esempio dell'identificazione della mercificazione nella figura di Akakij Akakievic (vedi sopra capitolo “4.6 Šinel'”) ha dimostrato che l'identificazione concettuale non mira a un'eccessiva univocità della rappresentazione letteraria, poiché il concetto dialettico in quanto tale si oppone a questo. È emerso che il personaggio di Akakij Akakievic può essere ricondotto al concetto di forma merce proprio poiché si vede che il personaggio oscilla tra essere umano, marionetta, animale, modulo operativo, fantasma, e quell'altro indefinito che il fantasma forse rappresenta. Allo stesso modo, lo studio ha scoperto altri passaggi nell'opera di Gogol, in cui l'autore crea, con procedure speciali, un'ambiguità che può facilmente farle intendere come mimesi di determinati momenti di ambivalenza merceologica. In tutti i casi, l'effetto estetico è quello del grottesco. I concetti marxiani possono essere considerati come quadro di riferimento allegorico (o almeno come contesto di lettura), perché sono autoriflessivi, a causa del loro motivo critico o dialettico, ed escludono una rigida univocità. Forse questo spiega anche la corrispondenza tra la teoria di Marx e l'arte di Gogol, in termini di storia dei loro effetti, ovvero che entrambe hanno goduto di un significato movimentato ma, proprio per questo motivo, duraturo, fin dalla loro creazione (su Marx: R. Kurz 2010, 15). L'ambivalenza nell'arte di Gogol, che si basa su forma e contenuto, può quindi certamente essere vista come una componente realistica di un'immagine dell'alienazione dell'uomo reso simile a una merce, e in cui l'uomo e la realtà che crea, soccombono a una dualità d una merce totalizzata. Oltre alla specificità artistica, ancora non influenzata dall'ambiguità, è importante tenere conto dell'ambivalenza quasi mercenaria del mondo capovolto, che può benissimo riprodursi nell'opera d'arte, in modo che così abbia una qualità mimetica proprio sotto quegli aspetti dei quali di solito meno si sospetta. E questo è particolarmente vero per quegli approcci che, ispirati dallo strutturalismo e dal post-strutturalismo francese, reinterpretano la dualità della merce in quanto proprietà del linguaggio. (Kristeva la definisce "doppia"). Tale visione è già stata criticata da Marx (MEW 26.3:134). A causa delle somiglianze, tra la struttura formale o stilistica da un lato, e la struttura logica dall'altro, sia l'allegoria che il grottesco possono essere attribuiti a un potenziale mimetico. I Racconti di Pietroburgo di Gogol diventano mimesi poiché il loro materiale è assai ricco di allusioni alle caratteristiche del modernismo delle merci. La combinazione, senza soluzione di continuità, tra contenuto materiale e forma stilistica, costituisce la mimesi della forma merci.
11.5 Diversi Aspetti della Mimesi
Nella mimesi della forma merci, il grottesco si fonde con l'allegoria. Questo può essere spiegato dal fatto che la forma della merce forma una totalità [*5]. Non appena la realtà, in quanto totalità, potrà semplicemente essere concettualizzata oppure, in altre parole, non appena tutto ciò che è sensuale-concreto sarà (tendenzialmente) solo l'incarnazione di un generale astratto, la mimesi dovrà diventare allegoria. Nei testi esaminati, il grottesco ha la funzione di mimesi allegorica e allegoria mimetica. La forma della merce evoca una realtà di astrazione. La coscienza, simile a una merce, tende a schematizzarla e a fraintenderla. Per quanto riguarda la realtà dell'astrazione, che presenta le caratteristiche dell'irreale, e questo a causa della cognizione tradizionalmente modellata, e poiché risente ancora della inaffidabilità della coscienza schematizzata, vediamo che c'è un incentivo a trovare significativo, nell'arte letteraria, proprio ciò che rinuncia all'imitazione di una realtà; sebbene questa sia una cosa che viene erroneamente intesa. Tutto ciò spiega perché il Romanticismo, in particolare, si preoccupò di liberare l'arte dalla mimesi. D'altra parte, è stato ora dimostrato che si tratta proprio di una forma di irrealtà presunta particolarmente espressiva, ovvero il grottesco, quello che trae la sua qualità mimetica dal fatto che stilizza, in riconoscibilità, le specifiche strutturali della forma merce . Nel riconoscimento del fatto che da un lato il grottesco, precedentemente considerato irrealistico, agisce come una mimesi della forma della merce e che, dall'altro, la forma della merce totalizzata conferisce alla realtà un carattere apparentemente irreale; una formula, questa, che è stata virulenta fin da Kant: «L'arte non può essere "realistica".» (Gerigk 2016, 147), e che va a braccetto con la formula marxista che afferma che il realismo sarebbe «la base di tutta la letteratura» (GLW 4:501).
- Nils Meier - 25 settembre 2025 - pubblicato su https://www.exit-online.org/
NOTE:
[1] Questo viene discusso in dettaglio nel dodicesimo capitolo del libro qui presentato.
[2] Per la discussione filosofica tecnica delle allusioni di Marx ad Aristotele, si veda Pike (1995, 9, 43, 47, 56, 99, 187) e i singoli contributi di McCarthy (1992).
[3] La parola "pošlost'" deriva dalla parola pošlyj, la quale a sua volta significa qualcosa come “banale”, ‘triviale’, “trite e ritrite”, “insipide”. Le diverse direzioni della ricerca su gogol' sono accomunate dalla consapevolezza che il pošlost' consiste in un vuoto o in un nulla, e che tuttavia, allo stesso tempo, richiede un significato in un modo o nell'altro.
[4] Si può osservare un errore di calcolo in Šiller, formulato in modo un po' fragile. In ogni caso, due per due rubli equivalgono a quattro rubli, e non "sei rubli". Questo errore permette una ricezione che rende intuitivamente comprensibile l'inevitabile incoerenza della cognizione simile alla merce qui rappresentata. L'esperienza intuitiva del disaccordo può avvenire senza pregiudizio del fatto che l'irritazione si innesca, a livello cognitivo, che la cognizione di merce domina più affidabilmente, cioè a livello di calcolo.
[5] Nel discorso della totalità della merce, la critica implicita, è che la totalità sia problematica in quanto a rigore non tutto può adattarsi completamente alla forma della merce, ma significa comunque che la realtà moderna è soggetta a una tendenza potente che costringe tutto alla forma della merce, o altrimenti la condanna.
BIBLIOGRAFIA:
Adorno, Theodor W. 1973: Studien zum autoritären Charakter. Frankfurt a.M.: Suhrkamp.
Bode, Christoph 2007: „Ambiguität“. In: Weimar et al. [Hgg.]: Reallexikon der deutschen Literaturwissenschaft. Berlin: de Gruyter, 67-70.
Drubek-Meyer, Natascha 1998: Gogol’s eloquentia corporis. München: Sagner.
Ejchenbaum, Boris 1969: „Kak sdelana «Šinel'» Gogolja / Wie Gogol’s «Mantel» gemacht ist“. In: Striedter, Jurij; Stempel, Wolf-Dieter [Hgg.]: Texte der russischen Formalisten, Bd. 1. München: Fink, 123-159.
Erhart, Walter 2007: „Mimesis 2“. In: Weimar et al. [Hgg.]: Reallexikon der deutschen Literaturwissenschaft. Berlin: de Gruyter, 595-600.
Gerigk, Horst-Jürgen 2016: Lesendes Bewusstsein. Berlin, Boston: de Gruyter.
Günther, Hans 1968: Das Groteske bei N. V. Gogol‘. Frankfurt a.M.: Peter Lang.
Haaser, Rolf; Oesterle, Günter 2007: „Grotesk“. In: Weimar et al. [Hgg.]: Reallexikon der deutschen Literaturwissenschaft. Berlin: de Gruyter, 745-748.
Hermand, Jost 1978: Synthetisches Interpretieren. Zur Methodik der Literaturwissenschaft. München: Nymphenburger Verlagshandlung.
Horn, Christoph; Rapp, Christof 2008: Wörterbuch der antiken Philosophie. München: Beck.
Kayser, Wolfgang 1957: Das Groteske. Tübingen: Stauffenburg.
Kösser, Uta 2006: Ästhetik und Moderne. Erlangen: Filos.
Kurz, Robert 2002: Die Ästhetik der Modernisierung.
URL https://www.exit-online.org/die-aesthetik-der-modernisierung/ ; überprüft am 25.8.2025.
Kurz, Robert 2004: Blutige Vernunft. Bad Honnef: Horlemann-Verlag.
Kurz, Robert 2010: Marx lesen! Frankfurt am Main: Eichborn.
Lachmann, Renate 1999: „The Semantic Construction of the Void“. In: Spieker, Sven [Hg.]: Gøgøl. Bloomington, Ind.: Slavica, 17-34.
Lotman, Jurij Michajlovic 1993: Die Struktur literarischer Texte. München: Wilhem Fink Verlag.
Luhmann, Niklas 2002: Soziale Systeme. Grundriß einer allgemeinen Theorie. Frankfurt a.M.: Suhrkamp.
Lukács, Georg 1963 [¹1920]: Die Theorie des Romans. Neuwied: Luchterhand.
Marx, Karl 2017: Das Kapital 1.5. Berlin: K. Dietz.
McCarthy, George E. [Hg.] 1992: Marx and Aristotle. Savage, Md.: Rowman & Littlefield.
Meier, Nils 2025: Das Groteske ist Mimesis ist Allegorie. Eine wertkritische Revision literaturwissenschaftlicher Begriffe am Beispiel der Erzählungen von Gogol'. Berlin: Lit-Verlag.
Mukarovský, Jan 1970: Kapitel aus der Ästhetik. Frankfurt a.M.: Suhrkamp.
Petersen, Jürgen H. 2000: Mimesis - Imitatio - Nachahmung. München: Fink.
Pike, Jonathan E. 1995: Marx, Aristotle and beyond. Glasgow: University of Glasgow.
Postone, Moishe 2003: Zeit, Arbeit und gesellschaftliche Herrschaft. Freiburg: Ça Ira.
Schlaffer, Heinz 1981: Faust zweiter Teil. Die Allegorie des 19. Jahrhunderts. Stuttgart: Metzler.
Šklovskij, Viktor Borisovic 1929: O teorii prozy. Moskva: Federacija.
Šklovskij, Viktor Borisovic 1969: „Iskusstvo kak priëm / Die Kunst als Verfahren“. In: Striedter, Jurij; Stempel, Wolf-Dieter [Hgg.]: Texte der russischen Formalisten, Bd. 1. München: Fink, 2-35.
Tihanov, Galin 2019: The Birth and Death of Literary Theory. Stanford: Stanford Univ. Press.