L'impostore Althusser
- di Jean-Luc DEBRY -
C'è stato un tempo in cui ci veniva raccomandato con insistenza di rileggere Marx inforcando gli occhiali di Althusser (1918-1990) e Freud dal punto di vista di Lacan (1901-1981). A quei tempi, Jean Baudrillard (1929-2007) e Michel Foucault (1926-1984) battagliavano fermamente - "Dimenticare Foucault" (1976) - sulla questione del potere e della resistenza, di cui il dominio si serve per riprodursi. A quei tempi, gli apparati politici marxisti-leninisti enunciavano in maniera chiara che cos'era «il Bene, il Buono ed il Giusto» con l'ausilio di una pletora di concetti basati sul «materialismo storico» o fondati sulla distinzione fra «sovrastrutture ed infrastrutture.» Venivano santuarizzati in tal modo che emettere la più piccola riserva senza aver fatto ricorso alla dialettica, alla prassi ed alle altre fondamenta «della giusta linea», diventava rischioso.
È senza dubbio estremamente difficile afferrare, al giorno d'oggi, come e perché la «macchina da guerra» concettuale elaborata da Althusser suscitava, alla svolta degli anni 1970, un tale entusiasmo in una nuova generazione di militanti marxisti, soprattutto intellettuali, per i quali il maggio del 1968 era stata la prima battaglia. Ed è ovviamente per questo motivo che l'affondo di Edward P. Thompson [*1] contro Althusser potrà apparire esotica per chi la leggerà adesso. In realtà, era l'epoca, ad esserlo, esotica. La meticolosa analisi tracciata da Thompson è particolarmente istruttiva in quanto permette, proprio, lo smantellamento di un'impostura, «decostruendo», a partire da una lettura ferocemente critica dei suoi testi, la vera e propria fascinazione che ha esercitato ai suoi tempi l'autore di "Per Marx" e "Leggere il Capitale" su quella folla di dottorandi "in marxismo" e dei ragazzi che si nutrivano del loro lavoro. Agli uni la potenza de "la Teoria", agli altri la solidità del manico di piccone che per primi avevano usato con destrezza contro «anarchici, revisionisti e social-traditori di tutti i tipi» - in breve tutti coloro che non si allineavano, in nome della disciplina rivoluzionaria, sotto le bandiere di un'organizzazione quasi militare che, va detto, lasciava intravvedere una volontà di potenza che avrebbe trasformato il potere del militante in spettacolo dela propria libido. Insomma, la forza della seduzione; quella del discorso del Maestro. Quello che Lacan aveva indicato, nel 1969, nel corso di un intervento all'Università di Vincennes: «Ciò a cui voi aspirate come rivoluzionari, è un Maestro. Lo avrete.»[*2] In un periodo in cui l'estremismo cominciava a rifluire, quest'idea venne ripresa da François Fourquet, sotto forma di questionario, nel quattordicesimo numero della rivista Recherches (1974): «Forse non sappiamo che il Partito ha sempre prosperato nella cattiva coscienza, portandosi dietro un branco di giudici che portava con sé la verità?» [*3].
Nella versione di Althusser, lo strutturalismo reca in sé, come viene sottolineato con forza da Thompson, questa volontà di dominio che si propone di annientare le discipline che pretendeva di fagocitare - la storia in particolare, ma anche la filosofia e l'antropologia -, sia per strumentalizzarle, sia per farle uscire, a colpi di anatema, dal campo epistemologico che il teorico era impegnato a "ricostruire". Non si può negare che la verve, a volte molto divertente, spesso molto colta, di Thompson - pubblicato originariamente nel 1978, a Londra, e mai tradotto in francese - abbia un profumo un po' "retrò". E ciò soprattutto perché il nome di Althusser non evoca più grandi cose per i giovani lettori d'oggi, se ve ne sono, e non c'è più l'influenza decisamente dogmatica che il guru di "rue d'Ulm" esercitava sui suoi adepti - fra i quali "l'althusseriano" Badiou è ancora oggi molto letto.
Detto questo, per chi ha potuto constatarlo, anche da lontano, negli anni del dopo-1968, gli incredibili danni che ha provocato su degli spiriti apparentemente razionali, ma nel complesso privi di qualsiasi libertà, il sistema chiuso di Althusser - «l'ultimo mostro alla moda sulla scena intellettuale», scrive Thompson -, questo libro rigurgita di annotazioni critiche taglienti che hanno indiscutibilmente senso (e che, non leghiamo affatto, piacciono). Per esempio, egli sottolinea il "sillogismo assurdo" su sui si basa il Maestro (Althusser), teologizzando una verità senza prove, per operare un "cesura epistemologica" fra il Marx "filosofo" di prima del 1845 ed il Marx successivo "scienziato della storia". Cacciando allo stesso tempo il primo (il giovane Marx) nelle nebbie di un idealismo che denota una vicinanza troppo grande con gli ideali libertari ed un'incapacità a distinguere le contraddizioni "secondarie" rispetto alle contraddizioni "principali", Althusser, partendo dal solo Marx che aveva i suoi favori, si mette alla ricerca del nocciolo della Storia, una Storia incarnata nel trionfo della "Teoria", quella che elabora egli stesso, da vero idealista per una volta, in quanto, sotto molto aspetti, avevano tutto l'aspetto di una verità rivelata. La miseria della religione marxista...
E tuttavia "tale verità" non smetteva, in quel tempo, di agonizzare con il declino inesorabile dell'illusione "comunista" in URSS, con la dissoluzione granguignolesca del PCF, con i crimini a ripetizione della "Grande Rivoluzione Culturale" in ina, con l'ignominia sanguinante su cui si apre la presa del potere dei Khmer rossi in Cambogia. Più forte batteva il martello marxista-leninista, più la realtà insopportabile del potere alla quale dava la sua legittimità assassina somigliava alla caricatura dell'opera di Marx, soggetta essa stessa ad un'esegesi che doveva rivelare la natura escatologica di un'ermeneutica che non smette di distinguere gli amici dai nemici (di classe, delle masse, del Partito...) e gettando questi ultimi "nella pattumiera della storia". Quando il rifiuto dell'umanesimo confina con la disumanizzazione, cosa accade al progetto politico che lo sorregge? Si può affermare quanto segue: fare in modo, e con tutti i mezzi, di annientare ogni discorso critico perfino dentro lo spazio che ha cercato di mettere a tacere, il sistema Althusser ha preso le sembianze dello spasmo di un agonizzante, quello del marxismo elevato al rango di scienza, con le sue strutture meccaniche che descrivono le società umane come gli strumenti di una trascendenza di cui il marxismo-leninismo sarebbe il "fine ultimo". Come dice Edward P. Thompson: «Affinché si prendano delle idee sul serio, è difficile parlare di errori [...] senza che ci sia una certa amarezza nell'esprimerlo.» Pertanto ci si guarderà bene dal confondere l'opera di Marx con il "pensiero-Althusser" che ne fatto, dopo averlo ripulito, una terribile macchina di disumanizzazione.
Per Michel Henry (1922 -2002) [*4], ad esempio, l'economia, nel senso della realtà economica, è possibile solo attraverso la presupposizione di una seconda realtà, la "vita". Il ponte, talvolta molto fragile, che collega l'individuo al sociale, è appunto la vita - ed il desiderio che l'anima -, che è quello verso cui è importante rivolgersi. Ciò in cui l'economia affonda il bisturi, comprime e ci spinge a "positivizzare"; ciò che lo Stato normalizza, regolamenta, controlla, ispeziona "a profitto" della prima; ciò che la cultura di massa imprigiona nello spettacolo isterico che ci procurano le emozioni mediatizzate; quello che ripiega su dei segni di appartenenza vuoti di ogni altro significato che non sia l'adesione, nel più profondo del sé, all'economia come realtà della vita, per non dire come vita stessa, una vita divenuta alimento della macchina di produzione del valore, una vita che non è più fine in sé, ma un mezzo dell'economico - questo processo continuo, ininterrotto ed auto-centrico, di creazione del valore.
Di fronte a questa vita, "la Teoria" di Althusser, progetto paranoico se mai c'è stato, è oggi sepolto sotto le macerie dell'ideologia mortifera che l'ha prodotta. Ed proprio in queste rovine che noi cerchiamo ancora, insieme a Edward P. Thompson, di ritrovare il filo dello "umanesimo" - o dello "umano", per riprendere una distinzione operata da Henri Lefebvre [*5] – che è la sorgente dell'analisi critica di cui Marx è stato l'indiscusso artigiano. Dal momento che le ipotesi marxiane sono utili. ormai, solo nella misura in cui non fondano una teoria completa, ma laddove rimangono aperte e modificabili - attraverso il confronto con la loro critica, soprattutto la critica del materialismo storico e dell'idea di progresso. È solo così che esse possono ancora aiutarci a non cedere alla rassegnazione ed a resistere al sinistro destino che ci promette l'economia: trasformare "l'uomo" in strumento del suo dominio - in altre parole, in strumento della sua propria fine.
Jean-Luc DEBRY
NOTE:
[*1] - Su Edward P. Thompson (1924-1993), noto storico, marxista anti-dogmatico ed autore della New Left, si farà riferimento al saggio di Miguel Abensour – « La passion d’Edward P. Thompson » –, ripreso sul n°46, luglio 2013, di "A contretemps" [ http://acontretemps.org/spip.php?article486 ]
[*2] - Ripreso nel n°121 di Magazine littéraire [Spécial Lacan], février 1977.
[*3] - La rivista "Recherches" è stata diretta da Félix Guattari e dal gruppo del "Centre d’études, de recherches et de formation institutionnelles" (CERFI).
[*4] - Michel Henry, Marx. Vol. 1 : Une philosophie de la réalité ; Vol. 2 : Une philosophie de l’économie, Gallimard, 1976. Une note de lecture sur le livre de Michel Henry, Le Socialisme selon Marx – Arles, Sulliver, 2008 – [ http://acontretemps.org/spip.php?article242 ]
[*5] - Henri Lefebvre, Le Temps des méprises, Stock, 1975, p. 202.
fonte: A Contretemps
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