Estate 2016: 80° anniversario della rivoluzione spagnola.
In quest'occasione, assisteremo sicuramente a delle "commemorazioni" dove si mescoleranno reportage (colorati o meno), discorsi (storici ed agiografici), ritratti di "grandi figure" (eroi o canaglie), sfilate, concerti, libri, verranno poste lapidi e fiori, verranno vendute magliette ed altro merchandising...
Saremo tutti invitati a rivivere "Barcellona 36", a partecipare a seminari durante i quali si potrà immaginare "cosa sarebbe stata la vittoria della rivoluzione, se solo non fosse stata sconfitta", e ancora una volta verrà discusso l'oro di Mosca, la Morte di Durruti, la Ghepeù, la Retirada e l'esilio...
Mentre continuiamo ad aspettare che vengano resi pienamente accessibili gli archivi della CNT spagnola, il gruppo dei Giménologues continua intanto nel suo lavoro di ricerca e di analisi sulla rivoluzione spagnola, sugli anarchici e sugli anarcosindacalisti spagnoli, per poter "arrivare a discernere ciò che appartiene alle aberrazioni di un'epoca da ciò che può essere imputabile ai limiti intrinsechi al movimento".
In tale logica, che studia il passato per illuminare il presente, e che sottoscriviamo senza riserve in attesa di un futuro capitolo intitolato "Insegnamenti dell'esperienza rivoluzionaria spagnola", riportiamo il testo che segue, pubblicato inizialmente sul sito dei Giménologues. (Qui scaricabile per intero)
Da "La lotta per Barcellona" a "L'elogio del lavoro"
- L'anticapitalismo degli anarchici e degli anarcosindacalisti spagnoli degli anni trenta -
Presentazione:
Quando il 21 luglio 1936 a Barcellona, una buona parte dei leader anarchici stima che la situazione non è favorevole all'applicazione immediata del comunismo libertario, viene continuamente invocato l'argomento delle "circostanze": non è stata liberata tutta la Spagna dalle truppe ribelli; non bisogna spaventare le democrazie che potrebbero aiutare la Repubblica spagnola; bisogna innanzitutto riprendere Saragozza, ecc.. Ma la base già organizzata in comitati di quartiere e di difesa prende possesso della città senza aspettare alcuna consegna, e mette in moto la rete di approvvigionamento, il miglioramento delle condizioni di vita, l'espropriazione delle fabbriche e dei negozi ecc.. Alla stessa maniera, nelle località rurali, l'appropriazione delle terre dei grandi proprietari segue logicamente alla vittoria contro i militari ribelli. Tutto ciò rappresenta l'evidente fase preliminare a quella socializzazione promossa dalla CNT nel congresso di Saragozza del maggio 1936.
Come ricorda in suo recente libro [*1] Edouard Waintrop, "in questo contesto sorgono di nuovo le differenze teoriche che coesistevano da sempre all'interno della CNT e che riguardavano sia il modo di organizzare la lotta contro il capitalismo e lo Stato che la costruzione della società egualitaria dell'avvenire".
Nel corso delle settimane, la creazione e l'attività del Comitato Centrale delle Milizie Antifasciste non riesce veramente a mascherare il riflusso rivoluzionario in corso: lo Stato non sarebbe stato abolito, gli anarchici ne avrebbero fatto parte come ministri; il comunismo libertario non era ancora all'ordine del giorno e, nelle fabbriche più o meno collettivizzate, il controllo operaio si era trasformato in controllo degli operai.
Se una parte della militanza anarchica si sentiva tradita da una CNT sempre più verticalizzata, per la grande massa degli affiliati che combattevano nelle milizie o che lavoravano nelle fabbriche, il prestigio e la fiducia riposta nei valorosi ed apprezzati militanti contribuiva a rendere ancora più opaca la lettura della strategia circostanzialista, e più difficile la sua critica; tanto più che quelli che difendevano il mantenimento dello Stato e la collaborazione fra le classi continuavano a fare ricorso alla fraseologia rivoluzionaria.
Se ci immergiamo nella lettura del libro e del materiale utilizzato da Michael Seidman [*2], troviamo che c'è un dato importante che ci permette di meglio comprendere quest'apparente contraddizione: per la corrente anarcosindacalista, divenuta maggioritaria in seno al movimento libertario dopo il 1933 [*3], fare la rivoluzione significava adattare l'anarchismo alle esigenze della società industriale, al posto della borghesia che veniva considerata incapace di farlo. Perciò, è assai prima del luglio 1936 che il progetto di comunismo libertario viene rimesso in discussione, e non solo in funzione delle circostanze venutesi a creare nella guerra civile.
Nell'apparato critico e nella postfazione a "I figli della notte", abbiamo affrontato alcuni importanti conflitti interni che erano apparsi in seno al movimento libertario nel 1936 e nel 1937. Siamo anche risaliti ai fondamenti dell'anticapitalismo degli anarchici spagnoli dell'epoca, fra cui c'è anche quello di voler abolire il denaro salvando l'onore del lavoro, cosa che ha fatto parecchio infuriare alcuni:
"I Giménologues, incoraggiati dalla loro assidua frequentazione dei testi dei profeti dell'ipercritica, ci rifilano alcune pesanti riflessioni sul "valore", sul "lavoro" e sulla "merce" al fine di dimostrare che, malgrado la grandezza d'animo dei suoi militanti e al di là del tradimento dei suoi dirigenti, l'anarchismo spagnolo era anticapitalista in maniera troppo superficiale, per poter intraprendere un'autentica rivoluzione" (José Fergo, recensione de I figli della notte, in A Contretemps, n° 25, gennaio 2007).
Mentre il nostro approccio è stato ben accolto da altri:
"Nel loro testo i Giménologues attuano una lettura aperta che osserva i fatti nel loro svolgimento. [...] [questa] lettura aperta ci permette di interrogarci ancora sulla possibilità della rivoluzione, sul modo di cambiare le basi della nostra società capitalista: lavoro, denaro, Stato..." (Recensione apparsa sulla rivista Etcetera, n° 41, Barcellona, dicembre 2006).
Su invito dei nostri compari del bollettino "Sortir de l'economie", mi sono basato sull'emergere de "l'utopia della liberazione dal posto di lavoro" [*4] nella sua versione anarchica, non per dare delle lezioni ai rivoluzionari degli anni trenta, ma perché una tale mancanza di critica rimane attuale.
Se molte opere hanno trattato le questioni politiche e dottrinarie, ci sono pochi libri, per quanto ne sappiamo, che propongono una critica molto spinta delle scelte economiche della CNT, e soprattutto della sua gestione delle imprese, cosa sulla quale ha avuto mano libera fino alla fine della guerra.
Questo non viene fatto per recare offesa al movimento libertario spagnolo ma per procedere ancora e sempre a mettere sul tavolo le opzioni e le strategie, senza paura di rompere quell'eccesso di romanticismo [*5] che confonde le carte; e senza limitarsi alla spiegazione del tradimento o alla critica ad hominem dei leader della CNT-FAI. Tutto ciò per arrivare a discernere ciò che appartiene alle aberrazioni di un'epoca da ciò che può essere imputabile ai limiti intrinsechi al movimento
- Myrtille, Giménologue, 6 giugno 2012 (leggermente aggiornato al 2016) -
NOTE:
[*1] Les Anarchistes espagnols 1868-1981, Denoe¨l, 2012, p. 337.
[*2] Ouvriers contre le travail. Barcelone et Paris pendant les fronts populaires. Editions Senonevero, Marseille 2010
[*3] L'altra corrente, comunalista ed individualista, riteneva che il capitalismo e l'industrialismo fossero consustanziali, e che dovesse essere la comune, e non il sindacato, a farsi carico della socializzazione.
[*4] Secondo l'espressione di Michael Seidman.
[*5] Non si tratta pertanto di indulgere alla smitizzazione per la smitizzazione
fonte: AutreFuture
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