La tigre predatrice e l'antilope terrorizzata
- Dal teatro estivo della politica fiscale al prossimo smantellamento sociale -
di Robert Kurz
La statalizzazione della crisi non risolve il problema, ma lo sposta solamente. Già in passato, la base regolare delle finanze di Stato in materia fiscale dei rendimenti ottenuti dalla produzione reale di plusvalore, era fragile, come dimostra l'espansione storica del credito pubblico. Sotto le condizioni dell'economia delle bolle finanziarie si è arrivato a considerare, ingenuamente, di farla finita con l'indebitamento pubblico. Dopo il crack finanziario globale una tale opzione è diventata un rifiuto irriciclabile. Il finanziamento dei pacchetti di salvataggio e di sostegno alla crisi lasciano il il debito pubblico in una situazione esplosiva senza precedenti. Sorge così un dilemma. Lo sfrenato eccesso di denaro delle banche centrali creerebbe un'inflazione incontrollabile. Pe evitarlo, le imposte dovrebbero aumentare drasticamente. Però, una tale misura contribuirebbe ulteriormente allo strangolamento del contesto economico. Situazione, questa, che, all'inverso, potrebbe essere evitata se le imposte venissero ridotte.
Si tratta della quadratura de cerchio, come dimostra il teatro estivo della politica fiscale in Germania. Durante i mesi di campagna elettorale c'è stato tutto un succedersi di idee e di promesse infondate. L'FDP (Partito Liberale Democratico) e l'ala industriale della CDU/CSU (Unione Cristiana Democratica) esigono drastiche riduzioni fiscali, il cui impatto sulle finanze pubbliche viene nascosto. L'ala più statale dell'Unione definisce tutto questo poco serio e promette riduzione delle imposte "dopo la crisi", qualunque sia questo "quando". SPD (socialisti) e verdi discorrono circa una "trasformazione ecologica e sociale" del sistema fiscale, ma rimangono ad annaspare e ad affogare nelle idee concrete. Vagamente, e come tattica elettorale, anche al Linkspartei (Partito di Sinistra) piacerebbe "obbligare i ricchi a pagare la crisi", senza però chiamare col suo nome quella che è una situazione di crisi sistemica.
E' chiaro che il dilemma va ad assumere una forma di sviluppo, ma il peggio arriverà solo dopo le elezioni in autunno, ed è prevedibile. E' una vecchia regola d'oro. Per la politica fiscale pubblica, dipendente dal processo di valorizzazione, il capitale non è in alcun modo una tigre predatrice ma, come si sa, una timida antilope, che non dev'essere impaurita, per non farla scappare. Perciò, il fisco preferisce gozzovigliare col consumo di massa e con i rendimenti salariali. La Germania, il paese più orientato, in tutto i mondo, verso l'esportazione, si permette già ora la più alta pressione fiscale, di tutta l'Unione Europea, sui redditi più bassi. Una tale situazione si accompagna ad un settore sproporzionalmente grande di bassi salari e di precarizzazione. Il tasso di povertà, secondo i dati della Paritätischen Gesamtverband (Associazione delle Organizzazioni di Solidarietà Sociale) è fortemente aumentato a partire dal 2007, nel corso della situazione di disavanzo, ed assistiamo anche ad una crescente disparità regionale, tra il 10% della Baden-Wuerttemberg ed il 24% della Mecklenburg-Pomerania Anteriore.
La speranza per cui il nuovo orientamento statalista possa porta ad un miglioramento sociale è illusoria. Dopo le elezioni, non essendoci più alcuna necessità di legittimazione, il keynesismo dello stato di necessità potrà rivelarsi come la continuazione della politica neoliberista con altri mezzi. I tagli delle tasse sui profitti da impresa e sui gruppi con i redditi più elevati, effettuati da una coalizione giallo-nera (mascherata da una "politica familiare" di consolazione, anche nei confronti dei redditi più bassi) potrebbe solo aggravare il problema finanziario. Poiché, dato l'eccesso di capacità, il risparmio fiscale delle imprese non affluirebbe verso investimenti, né alle banche per la svalutazione del credito, dal momento che queste si basano ancora su bilanci malsani. La speranza che, in questo modo, il motore economico torni a girare e che il problema del finanziamento si possa risolvere accontentando tutti, è abbastanza presuntuosa. Al contrario, a fronte dei problemi per l'esportazione, una coalizione guidata dall'SPD non avrà il coraggio di rivolgere la macchina fiscale contro le imprese industriali e finanziarie, ossia, non lascerà che la timida antilope si spaventi. Dopo le elezioni, ci si aspetta, invece, di dover "attraversare una valle di lacrime" in nome della gestione della crisi.
Il prossimo governo, indipendentemente dalla sua composizione, dovrà fare il cane da caccia. Quello che verrà messo in questione saranno le rovine dei servizi sociali, che verranno presentante come purtroppo "non finanziabili". Se ad un uomo nudo non si può più togliere niente dalle tasche, allora ci sono la pelle e la carne. Le opzioni di una politica di stato di necessità vanno da un nuovo aumento dell'IVA e ad una riduzione delle pensioni, passando per la riduzione dei sussidi di disoccupazione e reddito minimo, fino all'aumento di tutte le tasse pubbliche, alla riduzione del bilancio per l'istruzione e al razionamento dell'assistenza medica. Si può anche pensare ad una riduzione delle rimanenti infrastrutture, a tagli salariali e licenziamenti in massa nei servizi pubblici. Un simile catalogo di misure, su cui non si deve dire niente fino all'autunno, non riuscirà realmente a finanziare i pacchetti di salvataggio, né a risolvere la crisi incombente delle finanze pubbliche. Ma, sotto la bandiera della "responsabilizzazione del capitalismo", è la forma di sviluppo più probabile per i problemi della politica fiscale e di bilancio. Il fatto che il capitalismo sia la ricchezza che genera povertà può essere ammesso se questo viene generalmente vissuto come una condizione naturale e come una fatalità inevitabile.
- Robert Kurz - Pubblicato il 29/5/2009 sul settimanale Freitag, Berlino -
fonte: EXIT!
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