Di Domenico Tempio (Miciu Tempio), catanese e poeta, si parla poco, o punto.
Eppure, in vita, nella sua Catania dove era nato nel 1750, era famoso. Dopo, è stato ricordato, quando lo è stato, solo per i suoi componimenti poetici che gli hanno valso l'attributo di "poeta pornografico". La sua opera maggiore, in due volumi", "La Caristia", racconta in venti canti ed in quartine di settenari la sommossa che divampò a Catania a cavallo fra il 1797 ed il 1798. Gli affamati, finalmente protagonisti, si mettono in scena ed irrompono, nella storia e nel poema, con le loro vite e con il desiderio di un mondo nuovo. Ognuno di quei "pezzenti rivoluzionari" racconta la propria triste storia, e tutte insieme - queste storie - danno unità e genuinità al poema. Solo un piccolo e breve aneddoto, riferito alla figura dell'uomo e del poeta, anticlericale proprio in forza del fatto che era rimasto chiuso in seminario per anni, destinato dal padre ad una carriera ecclesiastica che non avvenne mai. Leggenda vuole che la chiesa, negli anni, tentasse un riavvicinamento, commissionandogli un lavoro che celebrasse la natività. Dell'opera perduta, e ovviamente rifiutata, si conosce - tramandato a voce nei licei dell'isola - solo l'incipit. Una cosa del genere, fra l'italiano e il dialetto:
C'erano templi e c'erano palazzi
pi 'ffari nasciri lu re di la natura
Ma quali minchie, ma quali cazzi
'Appi a nasciri 'nna na mangiatura.
Nessun commento:
Posta un commento