«Il movimento operaio del Novecento non è stato schiacciato dalla repressione fascista né corrotto dai transistor e dai frigoriferi, ma si è autodistrutto in quanto forza di cambiamento, poiché esso mirava a conservare la condizione proletaria piuttosto che a superarla […] Il fine del movimento operaio era quello di impadronirsi del vecchio mondo e di gestirlo in modo nuovo: mettere gli improduttivi al lavoro, sviluppare la produzione, instaurare (quantomeno in teoria) la democrazia operaia. Soltanto una piccola minoranza, «anarchica» o «marxista», affermava che una nuova società avrebbe dovuto implicare la distruzione dello Stato, della merce e del lavoro salariato, benché soltanto raramente abbia definito tale distruzione come un processo, rappresentandosela, piuttosto, come un programma da mettere in pratica attraverso la conquista del potere […]»
G.Dauvé, Out of the Future, in Eclipse and Reemergence of the Communist Movement,
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