mercoledì 15 luglio 2009

Riflessione



Ci sono cose che si fanno, prima, e poi ci si ripensa, e ci si rimugina. A cose fatte. Non sto ad enumerare quante e quali siano, queste cose, ché non importa farlo. Si fanno, quasi sulle ali di un empito. Sfuggono, in qualche modo, alle categorie giusto/sbagliato. Somigliano un po' a quella storiella che Vin (Steve McQueen) racconta ne "I magnifici sette", a proposito di un tizio che si era spogliato e si era seduto su un cactus: "Perché l'hai fatto" - gli chiesero. "E lui?". "Bah, in principio mi era sembrata una buona idea" - rispose.
Così, lo ... sciopero.
Sciopero, si fa perché non si riesce a non farlo, sciopero si fa perché si è ... scioperati! Considerato che, oramai, sembra improponibile, quanto meno, con buona pace di Sorel, la strategia per cui si dovrebbe passare dallo sciopero generale alla rivoluzione, allora ecco che lo scopo dello sciopero diventa lo sciopero, un po' come il viaggiare per il viaggio. E torna in mente Baudrillard, quando affermava che, in quest'epoca, si dovrebbe scioperare per avere il diritto al pagamento delle ore di sciopero!
Detto tutto ciò, è decisamente ovvio che lo "sciopero" dei blogger(s) di ieri non ha niente a che fare con quanto suesposto. Per motivi chiari e lampanti. E qui, mi riferisco a meccanismi di conflitto che parlano di controparti, di ostruzionismo, di sabotaggio, di salario e della pratica del "a salario di merda, lavoro di merda", ecc.
Niente di tutto questo.
Rimane solo la disperata coerenza di uno scioperato (io) che non riesce a non scioperare!

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