lunedì 13 luglio 2009

Piranesi!



G.B.P. (1720 - 1778)

I.
Le marionette

Ogni incisione raffigura, da prospettive cangianti, un unico immenso
palcoscenico, sì intricato e vasto che gli attori, come lillipuziani,
nei suoi meandri si sperdono. Decidi ora tu stesso lettore, se
cavalieri sono, cortigiani, sfaccendati e giocatori d'azzardo, figure
d'una commedia del Goldoni, affacciate dai vertiginosi loggiati, o
invece figurine, burattini, giocattoli meccanici. La luce, in cui su
per le scale barcollano, è fioca o incerta, e sembra ch'essi si
muovano, funamboli, inconsapevoli sul ciglio di un abisso.
La commedia, che in queste sconfinate vedute si recita,
noi non la sappiamo.

Venezia Serenissima. La Repubblica è in bancarotta. Più allegro
di questo mai crollo vi fu; cala il commercio, aumenta il piacere.
Balli in maschera, ecoconcerti, stravaganze.
Il nostro artista, un giovinotto - apprezzate assi sono le gondole,
i pendoli, le macchine teatrali che progetta -, abbandona la città
e si reca a Roma. Roma è scura, sporca e stretta; la sua unica
fonte di guadagno è infatti la salvazione delle anime. Entrando da
Porta del Popolo il viandante non scorge marsine e crinoline,
bensì mulattieri, ladri, gobbi, storpi, e frati questuanti. Per
motivi che noi non conosciamo, egli vi assume dimora e incide,
quello che vede, nel rame.

II.
L'archeologia

Quelle che scorgi in queste immagini non sono delle quinte dipinte.
Quegli edifici non sono fatti di cartone. Sono di pietra, e dura:
marmo, basalto, granito. Non vedi dunque, come sono pesanti?
L'odore che senti non è di colla. Quel templi e acquedotti, quelle
terme e quei colonnati, dovettero un tempo essere interi. Ora sono
deserti e desolati; vi si avviticchiano ricordi, o presagi.
Testimoni paiono, d'una catastrofe. E quegli insetti che in essi
si smarriscono, devono essere accattoni, monelli, lavandaie. Cosa
significano quelle volte, noi non lo sappiamo. Archeologia: un
nuovo concetto in Europa, una nuova follia. Il passato vien
salvato, depredato. L'Antichità è un'utopia. Da esumare e
riprodurre. I turisti comprano facsimili. Il Classicismo
edifica le rovine del futuro. Il nostro artista traffica in
antichità. Pubblica un catalogo: Antichi vasi, piedistalli,
sarcofagi, treppiedi, lucerne e ornamenti.
Dalle cave della storia sgorga un fiume di falsi.

III.
Carceri d'Invenzione

T'inganni; ciò che mostrano queste immagini non sono dei monumenti.
Sono carceri; perché quell'interno di pietra non ha un esterno. I
muri sono impenetrabili. Forse non ti sei accorto delle grate e dei
trabocchetti. Il mondo è una galera, una Bastiglia. Benché in queste
segrete penetri la luce - donde, è arduo dire -, esse paioni sepolte
sotto terra, e da merli e feritoie assai remoti, guardiani, esigui
come mosche, scrutano i reclusi. O forse di loro non ti sei accorto?
Vero è che, chi è improgionato costì e perché, noi non lo sappiamo.

Un secolo che pensa alla libertà e fantastica sulle prigioni.
Il carcere come ossessione.
Il filantropo, novella apparizione, s'accorge che le galere, sparse
in tutta Europa, alloggiano vagabondi, infingardi, mendicanti,
ospitano donne di malaffare, servi riottosi, discoli, criminali,
pazzi e infermi.

IV.
Tortura e Industria

No, una prigione non è. Dev'essere un'officina. Qui si lavora.
Non devi trascurare quei grossi arnesi, gli argani, le piattaforme
mobili, i cavalletti. In queste sale si muovono delle gru,
scricchiolano delle catene, girano ruote e verricelli. Laggiù
luccica un fuoco, un vapore s'emana. Parrebbe una fucina. Certo,
quei chiodi e quei pali difficilmente si piegano, e quelle
impalcature di legno, se siano a uso di scorte o di morte, noi
non lo sappiamo.

La somiglianza tra gli strumenti di tortura di un'epoca e i suoi
utensili tecnici.
Primo grado: lo stritolamento dei due pollici tra morse dentate o
munite di spuntoni tronchi: la tortura di Bramberga.
Secondo grado: la violenta congiunzione delle braccia a mezzo di
legacci in crine e l'avvitamento congiunto delle gambe: lo
strumento meclemburgico.
Terzo grado: la tensione del corpo su un banco o una scala,
aggravata dall'ustionamento dei fianchi, delle braccia e delle
unghie: la lepre lardellata.
Siffatte torture perdurarono nei tribunali tedeschi sino alla
fine del diciottesimo secolo e in taluni casi più oltre.

V.
Il cervello

Ti smarrisci in queste stampe. Ai raggi e alle ombre devi far caso,
essi annunciano qualcosa d'altro. Non distingui dunque che questo
spazio, seppure chiuso, è tuttavia sconfinato? Il labirinto che
raffigura, è la tua coscienza. E questo è il motivo del tuo
capogiro, perché in esso ravvisi il tuo cervello stesso; eppure,
cosa sia il cervello e cosa la coscienza, noi non lo sappiamo.

Ora i dissettori si mettono all'opera: Malpighi, Vicq d'Azyr,
Haller e Reil. Anche l'anatomia ha il suo teatro, la salma
giace in proscenio.
La sezione del cervello mostra quanto segue:
Fossa, la cavità. Acquaeductus, l'acquedotto del Silvio. Pons,
il ponte di Varolio. Tectum, il tetto. Claustrum, il talamo.
Fornix, il fornice.
Encefalisti, filantropi, carnefici, archeologi e marionette.
Quanto simili lo scalpello e il bulino, il bisturi e il
raschietto dell'artista! E il suo punteruolo, non par forse
una sonda? Straordinario!

VI.
L'allucinazione

In questi inganni ottici, in questi tratteggi, ti perdi. Stai
sognando. Questo non è un cervello. E' un'esaltazione, un
delirio. Stai per somigliare tu stessoa quell'insetto che
barcolla su per quegl'interminabili gradini, che si destreggia
sulle balaustre. Ciò che ravvisi in queste incisioni, è un
altro mondo, e cosa significhi, noi non lo sappiamo.

Credo, che qualora mi fosse commesso di progettare un nuovo
universo, sarei bastevolmente insano da mettervi mano.


H.M. ENZENSBERGER - MAUSOLEUM -

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