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GIOVANNI SALERNO
Un epitaffio anche per lui, il farnetico savio che parlava solo in versi, ora d'invettiva cortese ("Tu si crastu - e ccu tia nun ci cuntrastu", "Tu sei becco e non litigo con te"), ora d'amore, di straziato ineffabile amore ("Ahi, ahi, l'orologino al polso - che io ti ho regalato con amore convolso!"). Consumando pennini e quaderni senza numero, accanto all'amica lucerna, nella sua cella di solitario, mise in distici rimati l'universo. Fu triste tutta una sera quando uno studente cattivo lo sfidò a trovare un'impossibile rima con "fegato".
Qualche anno più tardi una cirrosi epatica tornò a proporgli l'enimma.
Gesualdo Bufalino - da "Museo d'Ombre" -
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