Solo un blog (qualunque cosa esso possa voler dire). Niente di più, niente di meno!
giovedì 30 ottobre 2008
"A volte il male ha un volto familiare"
Mai avrei pensato che il titolo dell'ultimo romanzo di Girolamo De Michele, "Con la faccia di cera", potesse essere tratto da una canzone, oramai quasi dimenticata, di Adriano Celentano, "Un albero di trenta piani"!
Però, a pensarci bene, considerato l'argomento e le ... edizioni, se parliamo di ecologia, bisogna dare a Celentano quel che è di Celentano. E andiamo avanti.
Si comincia da "Lost" (sì, proprio il telefilm-cult) e da un libro, per un attimo dimenticato sul sedile di un treno, e si finisce in un condominio di provincia, a Ferrara. E non c'è niente di meglio di un "isterigramma", per cercare di padroneggiare una situazione che, ad ogni pagina, scolora nella follia. Poi, a complicare le cose, una donna (e le donne, le cose, le complicano, e non poco), una donna che ... sembra che nelle foto non venga. Sarà perché si muove velocemente!?
E dire che il protagonista, e fotografo, con le immagini ci mangia!
Ma c'è anche una zia, per non parlar dello zio, una zia-che-non-ci-sta-tanto-con-la-testa che è scomparsa insieme al gatto, oppure, forse, no. Forse è solo la nebbia. E la nebbia evoca fantasmi. Allora, è - potrebbe essere - la fotografia la maniera per fermare e illustrare il racconto di quello che è realmente esistito. Prima che venga inghiottito per sempre dalla nebbia. C'è anche un'alzata di ingegno, nel libro, quando si fa dire che Ferrara non ha niente da invidiare, in bellezza, a Firenze! Ma, forse, è solo che a Ferrara, come a Firenze, a Taranto come a Siracusa, siamo diventati tutti, in qualche modo, dei fantasmi. Ed è per questo che ci fotografiamo!
Mi ero abituato alle lezioni di Girolamo su come si deva fare il caffé e su come si possano usare i gusci delle cozze come se fossero dei cucchiai per mangiare il riso. Ma, stavolta, la lezione è assai più "seria", fatta a base di chimica e distoria, di polimeni e di sigle di morte che suonano CVM e PVC. L'odore di mandorle amare non è quello che aleggia improbabile sul luogo del delitto in un altrettanto improbabile romanzo di Agatha Christie, con qualche piccolo omicidio. E' un olezzo che oramai impregna tutte le nostre belle città di morte.
Non manca come sempre, per non deludermi, la citazione da una canzone; dal giudice di De André. Non manca la musica.
E tutto sembra, e si muove, come se Bilal avesse sceneggiato "Il segno del comando".
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